
L'
Heraion alla foce del
Sele è un antico santuario della Magna Grecia, dedicato ad
Hera, situato, anticamente, alla foce del fiume Sele, a 9 chilometri dalla città di
Paestum.
Nel tempo la linea di costa è avanzata per il deposito di sedimenti alluvionali, per cui oggi il santuario si trova a circa 1,5 chilometri da essa. La sua esistenza è stata testimoniata da fonti storiche che, per lungo tempo, però, non poterono essere suffragate da ritrovamenti concreti.
Strabone colloca il santuario di
Hera Argiva al
confine settentrionale della Lucania e ne attribuisce la fondazione a
Giasone, di ritorno dalla
spedizione degli Argonauti.
Plinio il Vecchio, invece, colloca il santuario sulla sponda opposta del fiume, rispetto a Strabone.
Il santuario di
Hera Argiva venne fondato nel
VI secolo a.C. dai navigatori greci provenienti da
Sibari.
Hera Argiva era la divinità protettrice della navigazione e della fertilità. All'inizio il culto alla dea si svolgeva prevalentemente all'aperto, in un'area sacra, delimitata da portici per accogliere i pellegrini, dove era posto un altare. Alla fine del VI secolo si cominciò a costruire un
grande tempio periptero che, probabilmente, doveva avere otto colonne sulla facciata, ad una certa distanza dal quale vennero eretti due altari monumentali.
Il santuario conobbe la sua massima fortuna alla
fine del V secolo a.C., dopo l'arrivo dei
Lucani. Vennero, allora, costruiti nell'area altri edifci che, in parte, riutilizzarono i materiali di quelli più antichi: un nuovo portico ed un edificio per le riunioni. Più distante da questi ultimi venne edificata una costruzione a pianta quadrata, nella quale sono stati rinvenuti ben
300 pesi da telaio. Era, probabilmente, il luogo in cui le fanciulle da marito si dedicavano alla
tessitura del peplo destinato alla statua di culto, peplo che veniva offerto alla dèa ogni anno nel corso di una processione cerimoniale. In questo edificio è stata ritrovata una
statua in marmo di Hera, seduta in trono, con in mano un melograno.
Con l'avvento dei romani, nel
273 a.C., l'edificio destinato alla tessitura fu distrutto e l'area sacra venne circondata da un recinto. Il santuario sopravvisse fino al II secolo d.C., in sempre più netta decadenza. Poi l'impaludamento della zona fece sì che se ne perdesse completamente memoria.
Il culto di
Hera, però, sopravvisse all'oblìo che colpì l'area sacra. Esso fu trasferito nella religione cristiana con il culto per la
Madonna del granato, nell'omonimo e non lontano santuario, che nella sua raffigurazione riprende i tratti di Hera con il melograno.
Il santuario di
Hera Argiva fu riportato alla conoscenza degli uomini dagli archeologi
Umberto Zanotti Bianco e
Paola Zancani Montuoro,
tra il 1934 ed il 1940. Negli scavi sono state trovate circa
settanta metope, con raffigurazioni scolpite nell'arenaria locale. Circa
quaranta di queste metope appartengono al
ciclo più antico e, probabilmente, decoravano gli edifici che oggi non si riesce più ad identificare. Esse recano le raffigurazioni di
episodi del mito di Eracle e del
ciclo troiano, ma anche di
Giasone ed
Oreste. Probabilmente dovevano essere anche colorate. Il
ciclo più recente di metope sono oggi collocate nel
Museo Archeologico Nazionale di Paestum, sorto nel 1952 proprio per ospitare questi ritrovamenti.
Dagli scavi sono emersi anche moltissimi
doni votivi, per lo più costituiti da
statuette in terracotta raffiguranti la dèa
Hera. Questi doni venivano ritualmente seppelliti in alcuni depositi, il primo dei quali è stato individuato nei pressi del tempio, costituito da cinque fosse rivestite da lastroni di pietra e con coperchio in pietra. Le tracce di bruciato tuttora visibili sono dovute ai sacrifici offerti all'atto del seppellimento. I materiali ritrovati rimandano, per la datazione, ad un periodo compreso
tra il VI ed il II secolo a.C.. E' stata rinvenuta anche una seconda fossa, molto grande, contenente circa seimila oggetti tra statuette in terracotta e manufatti in bronzo, databili tra il IV ed il II secolo a.C..
L'ipotesi di un
tempio arcaico, antecedente a quello dedicato ad
Hera alla fine del VI secolo a.C., fu avanzata già durante gli scavi del
1930, quando furono individuati numerosissimi reperti arcaici sotto la fondazione del tempio. La documentazione vera e propria, però, è stata portata alla luce durante le indagini archeologiche degli anni Novanta. Lo scavo ha restituito larghe
trincee di fondazione (2 metri di lunghezza per 2 metri di profondità), riempite di
sabbia finissima, che disegnano, sul terreno, l'impianto di un tempio. Le misure corrispondono a quelle di un
hekatompedon (100 piedi di lunghezza) e le proporzioni (lunghezza il doppio della larghezza) appartengono ai canoni dell'architettura greca arcaica.