Una
moneta che cambia la storia dell'
eruzione del Vesuvio del 79 d.C.: un
denario di
Tito, che i numismatici datano al
settembre del 79 d.C., un mese dopo l'eruzione che da sempre viene fissata al 24 agosto. E' uno dei pezzi della
mostra "
Tesori sotto il lapillo" aperta fino al 31 maggio all'
Auditorium degli Scavi.
La morte di Pompei, dunque, non sembra più potersi datare al 24 agosto del 79 d.C., ma un mese - se non due - dopo. E' una teoria sulla quale si discute da tempo e una delle prove è proprio questo
denario romano, uno dei
175 d'argento (accanto ai
40 d'oro) ritrovati nel "tesoretto" di un pompeiano in fuga.
E' un suo particolare che fa discutere gli studiosi e gli archeologi: accanto al volto dell'imperatore Tito (79-81 d.C.), sul soldo appare la scritta "
Imp XV", che sanciva la
quindicesima acclamazione imperiale del "princeps". Un rinnovo che avvenne solo nel settembre del 79 d.C., quindi dopo la canonica eruzione del Vesuvio. La moneta, assieme a un'altra quarantina di reperti, per anni stipati nei depositi della Soprintendenza e del Museo Archeologico di Napoli, sono al centro di "
Tesori sotto i lapilli", mostra appena inaugurata nell'Antiquarium degli Scavi e visitabile fino al 31 maggio 2018.
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Il bracciale d'oro che dà nome all'omonima casa (Foto: napoli.repubblica.it) |
Al centro dell'esposizione, a cura del
direttore generale della Soprintendenza Massimo Osanna e dell'
archeologa Luana Toniolo, un'area degli scavi chiusa al pubblico: l'
Insula occidentalis, paradiso residenziale nel
I secolo a.C. per raffinati signori. Quei quattro terrazzamenti che degradavano sul mare, con
domus costruite sopra le mura della città, costituivano un belvedere privilegiato su tutto il golfo. La mostra presenta
decorazioni provenienti da due delle residenze più rappresentative del quartiere, quella di
Marco Fabio Rufo e quella attigua, che deve il suo nome a un sontuoso
bracciale d'oro, ritrovato al polso di una delle vittime lì sepolte dall'eruzione. E' un'
armilla dal peso di 610 grammi, raffigurante
due teste di serpente che reggono un
disco con il volto di Selene, dea della Luna. "
Questa mostra - spiega Osanna -
riguarda un'area di grande fascino, che rappresenta un aspetto importante del gusto pompeiano".
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I calchi in gesso degli sfortunati abitanti della Casa del Bracciale d'Oro (Foto: napoli.repubblica.it) |
L'
Insula occidentalis è una zona "
chiusa per troppo tempo - aggiunge il direttore -
ma che nel giro di un anno e mezzo potrà aprire ai visitatori: il Grande Progetto Pompei prevede, infatti, un piano già chiuso e presto a gara, per tracciare un percorso all'interno del settore". Si prevede il restauro di
domus, la riproposizione dei loro giardini e un percorso per disabili in collaborazione con l'Università Federico II di Napoli.
La sala principale dell'Antiquarium presenta il
ninfeo staccato dal triclinio della Casa del Bracciale d'Oro (a lungo studiata dagli archeologi del Suor Orsola Benincasa). E' composto da
conchiglie e
pasta vitrea colorata: un'opera di artigianato eccelso, che si accompagna ai
due affreschi laterali del triclinio, raffiguranti rispettivamente le
nozze di Alessandro Magno con Roxane e
Arianna abbandonata a Nasso da Teseo.
Ancora: spiccano
anfore,
ampolle, una
caldaia,
lucerne e
tavoli di bronzo, una
meridiana e il
sigillo di Marco Fabio Rufo, così come un
sovraporta affrescato con una menade, rubato nel 1975 e recuperato nel 2008 dal Comando dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale. Bellezza e ricchezza danno n'idea dei soggiorni e dei giardini a cui appartenevano, che includevano anche affreschi in trompe l'oleil, uno dei quali è conservato a Boscoreale.
Tra disegni, foto degli scavi e video interattivi, una bacheca è dedicata ai
calchi di quattro pompeiani (
due adulti maschi e due bambini), rinvenuti in un sottoscala della Casa del Bracciale d'Oro. Si ritiene che fossero una famiglia o dei servitori in cerca di riparo. Accanto a loro fu ritrovata un'altra vittima, proprio quella che indossava il bracciale.