Flavio Claudio Giuliano fu l'ultimo imperatore pagano e l'ultimo discendente di Costantino. Fu anche colui che ripercorse, all'inverso, il cammino di suo zio Costantino e per questo si guadagnò, da parte dei cristiani, il soprannome di Apostata. Ma i giudizi su questa figura antica non sono concordi, tant'è che alcuni contemporanei lo soprannominarono anche "l'Augusto vittorioso, flagello di tutte le tribù barbare" o anche "il pio e venerabile imperatore, maestro di tutte le virtù".
Giuliano nacque nel 331 da Giulio Costanzo, fratellastro di Costantino, e dalla sua seconda moglie Basilina. Dopo diversi anni di contrasti familiari, Costantino elevò Giulio Costanzo alla carica di console, determinando anche il futuro del giovane Giuliano, la cui vita cambiò radicalmente con la morte di Costantino, nel 337. Giuliano aveva solo sei anni e rimase vittima delle faide per il potere tra i tre figli del defunto imperatore.
Dalla lotta per il potere si salvarono solo Giuliano e il fratellastro Gallo, nato nel 325 da un precedente matrimonio di Giulio Costanzo con Galla. Gallo venne inviato a Efeso mentre Giuliano venne recluso a Nicomedia, dove fu affidato alle cure del vescovo di Costantinopoli Eusebio ed istruito dall'eunuco Mardonio, precettore della madre. Questi alimentò, nel giovane Giuliano la passione per la letteratura classica greca.
Nel 341 Costanzo inviò Gallo e Giuliano nel palazzo imperiale di Macellum, in Cappadocia. Qui Giuliano visse per sei anni in un difficile isolamento in cui gli fu imposto lo studio dell'Antico e del Nuovo Testamento. Tra i suoi insegnanti vi era il vescovo ariano di Alessandria d'Egitto Giorgio di Cappadocia, il quale permise, al giovane Giuliano, di leggere anche autori non cristiani. Egli fu anche iniziato al mitraismo, antica religione misterica proveniente dall'area indo iranica.
Nel 351 Costanzo, temendo il tradimento dei suoi comandanti, aveva dato in moglie sua sorella Costantina a Gallo, capo dei territori orientali dell'Impero. A tre anni dal matrimonio, Gallo venne accusato di cospirazione e giustiziato. Nel 355 Giuliano venne convocato dall'imperatore a Milano. Durante il viaggio si fermò a Troia, per ammirare i resti della città cantata da Omero, accompagnato dal vescovo Pegasio che, pur definendosi cristiano, venerava gli dei e gli eroi del passato. A Milano Giuliano venne incarcerato per aver tramato contro Gallo e per altri reati che si rivelarono a tal punto inconsistenti che l'imperatrice Eusebia riuscì a farlo scarcerare. Giuliano ebbe, allora, il permesso di studiare ad Atene. Qui conobbe i sofisti e fu iniziato ai misteri eleusini.
Ben presto, però, Costanzo lo richiamò al suo fianco per combattere le tribù germaniche che premevano alle frontiere dell'impero. Prima di partire, Giuliano fu indotto a sposare Elena, sorella di Costanzo e fu elevato al rango di Cesare. Ad appena 24 anni Giuliano, che non aveva alcuna esperienza bellica, si trovò ad affrontare una seria minaccia ai confini dell'impero. Con grande sorpresa di tutti, egli riuscì a pacificare l'intera provincia, liberò ventimila prigionieri romani catturati dai Germani, rafforzò le difese della frontiera del Reno e, nell'agosto 357 riuscì a sconfiggere gli Alemanni a Strasburgo ed a catturarne il comandante. Nemmeno in questi frangenti Giuliano smise di venerare gli antichi dèi, alzandosi nella notte per pregare Ermes per il bene delle sue truppe.
Costanzo si preoccupò di questo nuovo, giovane e valoroso rivale, al punto che decise di togliergli il potere decidendo di inviare in Oriente le truppe ausiliarie per combattere i Persiani che minacciavano le provincie mediorientali dell'Impero. Giuliano accettò l'ordine, ma non così i suoi soldati che non volevano abbandonare le terre e le famiglie. Giuliano cercò di trattare con l'imperatore. Nell'estate 361 partì per Costantinopoli. Giunto a Naisso, in Illiria (oggi in Serbia), città natale di Costantino, inviò missive per Roma, Sparta, Corinto e Atene in cui dava spiegazioni della sua condotta nei confronti di Costanzo in Cilicia.
L'11 dicembre 361 Giuliano fece il suo ingresso trionfale da imperatore a Costantinopoli. La corruzione e l'eccessiva sfarzosità della corte lo nausearono al punto da ridurre al minimo indispensabile le spese di corte. Si scelse, come collaboratori, degli amici fidati e si mostrò impietoso nei confronti dei consiglieri dell'imperatore Costanzo, oramai defunto.
Il 14 febbraio 362 emnò un editto che proclamava la libertà di culto in tutto l'impero romano. Il paganesimo aveva, a questo punto, lo stesso valore del cristianesimo. Giuliano, designato Pontifex Maximus, supremo sacerdote della religione pagana, si dedicò a comporre opere ispirate al neoplatonismo. Fece tornare a corte i filosofi Prisco e Massimo di Efeso. Restaurò i santuari pagani, utilizzati come cave per nuovi edifici e spronò i suoi seguati a praticare la pietas, la carità e l'amore per il prossimo. Giuliano abolì l'esenzione dai tributi e altri privilegi precedentemente conferiti al clero ed appoggiò gli ebrei, nemici dei cristiani, promuovendo il loro culto e la ricostruzione del tempio di Gerusalemme. Con un editto, poi, vietà l'insegnamento della retorica ai professori cristiani, poichè la riteneva una materia di tradizione classica.
Sul piano bellico, Giuliano, per rafforzare il prestigio conquistato in Gallia, decise di sferrare l'attacco decisivo ai Persiani. Si trasferì ad Antiochia per preparare l'attacco. Anche qui si mostrò insofferente alla vita di corte, fatta di sfarzo e di futili passatempi. Inoltre la città, in maggioranza cristiana, si opponeva alla restaurazione del paganesimo. Quando un incendio ridusse in cenere il tempio di Apollo e Dafne, Giuliano ne attribuì la responsabilità ai cristiani.
Nel 336 l'imperatore mosse contro i Persiani e conquistò città e piazzeforti sull'Eufrate. Il 26 giugno in una battaglia a Maranga, in Mesopotamia, contro le truppe di re Shapur II, Giuliano, accorso in aiuto dei suoi uomini privo della corazza, fu colpito a morte da una lancia. Spirò alla mezzanotte di quello stesso giorno, assistito dai filosofi Massimo di Efeso e Prisco. Aveva solo 32 anni.
Aveva accompagnato Giuliano, in quest'ennesima avventura, il suo medico personale, Oribasio di Pergamo, che aveva studiato medicina nella famosa Scuola di Alessandria. Su ordine dell'imperatore, Oribasio aveva compilato la più importante raccolta di pratica medica, la celebre Synagogae Medicae, un'enciclopedia completa del sapere medico del tempo, in 70 volumi. Lo storico Ammiano Marcellino riferisce che la lancia di un soldato a cavallo, dopo aver ferito di striscio un braccio di Giuliano, gli perforò le costole per poi conficcarsi nel lobo inferiore del fegato. L'imperatore tentò di strappar via la lancia con la mano destra quando sentì i tendini delle dita tagliati dalla lama affilata a doppio taglio. Allora cadde da cavallo e fu portato nell'accampamento dove fu soccorso.
Giuliano ha lasciato un vasto patrimonio di scritti, con i quali si riprometteva di porre le basi della controriforma pagana.
Giuliano nacque nel 331 da Giulio Costanzo, fratellastro di Costantino, e dalla sua seconda moglie Basilina. Dopo diversi anni di contrasti familiari, Costantino elevò Giulio Costanzo alla carica di console, determinando anche il futuro del giovane Giuliano, la cui vita cambiò radicalmente con la morte di Costantino, nel 337. Giuliano aveva solo sei anni e rimase vittima delle faide per il potere tra i tre figli del defunto imperatore.
Dalla lotta per il potere si salvarono solo Giuliano e il fratellastro Gallo, nato nel 325 da un precedente matrimonio di Giulio Costanzo con Galla. Gallo venne inviato a Efeso mentre Giuliano venne recluso a Nicomedia, dove fu affidato alle cure del vescovo di Costantinopoli Eusebio ed istruito dall'eunuco Mardonio, precettore della madre. Questi alimentò, nel giovane Giuliano la passione per la letteratura classica greca.
Nel 341 Costanzo inviò Gallo e Giuliano nel palazzo imperiale di Macellum, in Cappadocia. Qui Giuliano visse per sei anni in un difficile isolamento in cui gli fu imposto lo studio dell'Antico e del Nuovo Testamento. Tra i suoi insegnanti vi era il vescovo ariano di Alessandria d'Egitto Giorgio di Cappadocia, il quale permise, al giovane Giuliano, di leggere anche autori non cristiani. Egli fu anche iniziato al mitraismo, antica religione misterica proveniente dall'area indo iranica.
Nel 351 Costanzo, temendo il tradimento dei suoi comandanti, aveva dato in moglie sua sorella Costantina a Gallo, capo dei territori orientali dell'Impero. A tre anni dal matrimonio, Gallo venne accusato di cospirazione e giustiziato. Nel 355 Giuliano venne convocato dall'imperatore a Milano. Durante il viaggio si fermò a Troia, per ammirare i resti della città cantata da Omero, accompagnato dal vescovo Pegasio che, pur definendosi cristiano, venerava gli dei e gli eroi del passato. A Milano Giuliano venne incarcerato per aver tramato contro Gallo e per altri reati che si rivelarono a tal punto inconsistenti che l'imperatrice Eusebia riuscì a farlo scarcerare. Giuliano ebbe, allora, il permesso di studiare ad Atene. Qui conobbe i sofisti e fu iniziato ai misteri eleusini.
Ben presto, però, Costanzo lo richiamò al suo fianco per combattere le tribù germaniche che premevano alle frontiere dell'impero. Prima di partire, Giuliano fu indotto a sposare Elena, sorella di Costanzo e fu elevato al rango di Cesare. Ad appena 24 anni Giuliano, che non aveva alcuna esperienza bellica, si trovò ad affrontare una seria minaccia ai confini dell'impero. Con grande sorpresa di tutti, egli riuscì a pacificare l'intera provincia, liberò ventimila prigionieri romani catturati dai Germani, rafforzò le difese della frontiera del Reno e, nell'agosto 357 riuscì a sconfiggere gli Alemanni a Strasburgo ed a catturarne il comandante. Nemmeno in questi frangenti Giuliano smise di venerare gli antichi dèi, alzandosi nella notte per pregare Ermes per il bene delle sue truppe.
Costanzo si preoccupò di questo nuovo, giovane e valoroso rivale, al punto che decise di togliergli il potere decidendo di inviare in Oriente le truppe ausiliarie per combattere i Persiani che minacciavano le provincie mediorientali dell'Impero. Giuliano accettò l'ordine, ma non così i suoi soldati che non volevano abbandonare le terre e le famiglie. Giuliano cercò di trattare con l'imperatore. Nell'estate 361 partì per Costantinopoli. Giunto a Naisso, in Illiria (oggi in Serbia), città natale di Costantino, inviò missive per Roma, Sparta, Corinto e Atene in cui dava spiegazioni della sua condotta nei confronti di Costanzo in Cilicia.
L'11 dicembre 361 Giuliano fece il suo ingresso trionfale da imperatore a Costantinopoli. La corruzione e l'eccessiva sfarzosità della corte lo nausearono al punto da ridurre al minimo indispensabile le spese di corte. Si scelse, come collaboratori, degli amici fidati e si mostrò impietoso nei confronti dei consiglieri dell'imperatore Costanzo, oramai defunto.
Il 14 febbraio 362 emnò un editto che proclamava la libertà di culto in tutto l'impero romano. Il paganesimo aveva, a questo punto, lo stesso valore del cristianesimo. Giuliano, designato Pontifex Maximus, supremo sacerdote della religione pagana, si dedicò a comporre opere ispirate al neoplatonismo. Fece tornare a corte i filosofi Prisco e Massimo di Efeso. Restaurò i santuari pagani, utilizzati come cave per nuovi edifici e spronò i suoi seguati a praticare la pietas, la carità e l'amore per il prossimo. Giuliano abolì l'esenzione dai tributi e altri privilegi precedentemente conferiti al clero ed appoggiò gli ebrei, nemici dei cristiani, promuovendo il loro culto e la ricostruzione del tempio di Gerusalemme. Con un editto, poi, vietà l'insegnamento della retorica ai professori cristiani, poichè la riteneva una materia di tradizione classica.
Sul piano bellico, Giuliano, per rafforzare il prestigio conquistato in Gallia, decise di sferrare l'attacco decisivo ai Persiani. Si trasferì ad Antiochia per preparare l'attacco. Anche qui si mostrò insofferente alla vita di corte, fatta di sfarzo e di futili passatempi. Inoltre la città, in maggioranza cristiana, si opponeva alla restaurazione del paganesimo. Quando un incendio ridusse in cenere il tempio di Apollo e Dafne, Giuliano ne attribuì la responsabilità ai cristiani.
Nel 336 l'imperatore mosse contro i Persiani e conquistò città e piazzeforti sull'Eufrate. Il 26 giugno in una battaglia a Maranga, in Mesopotamia, contro le truppe di re Shapur II, Giuliano, accorso in aiuto dei suoi uomini privo della corazza, fu colpito a morte da una lancia. Spirò alla mezzanotte di quello stesso giorno, assistito dai filosofi Massimo di Efeso e Prisco. Aveva solo 32 anni.
Aveva accompagnato Giuliano, in quest'ennesima avventura, il suo medico personale, Oribasio di Pergamo, che aveva studiato medicina nella famosa Scuola di Alessandria. Su ordine dell'imperatore, Oribasio aveva compilato la più importante raccolta di pratica medica, la celebre Synagogae Medicae, un'enciclopedia completa del sapere medico del tempo, in 70 volumi. Lo storico Ammiano Marcellino riferisce che la lancia di un soldato a cavallo, dopo aver ferito di striscio un braccio di Giuliano, gli perforò le costole per poi conficcarsi nel lobo inferiore del fegato. L'imperatore tentò di strappar via la lancia con la mano destra quando sentì i tendini delle dita tagliati dalla lama affilata a doppio taglio. Allora cadde da cavallo e fu portato nell'accampamento dove fu soccorso.
Giuliano ha lasciato un vasto patrimonio di scritti, con i quali si riprometteva di porre le basi della controriforma pagana.
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