giovedì 31 gennaio 2013

Nuove sorprese dalla tomba di Djehuty

Decorazioni della tomba di Djehuty
All'interno della tomba di Djehuty, sulla riva occidentale di Luxor, è stato trovato, dagli archeologi della missione spagnola, un sarcofago della XVII Dinastia appartenente ad un bambino e 18 statuine di ushabti.
Il sarcofago non reca incisioni o decorazioni e nemmeno contiene alcuna mummia, gli archeologi sono riusciti a scoprire che si tratta del sarcofago di un bambino morto durante la XVII Dinastia. Accanto ad esso sono stati ritrovati una collezione di utensili da cucina di legno ed anche una serie di ushabti in legno scolpito, avvolti in un lenzuolo.
Mansour Boreik, supervisore per le antichità di Luxor, ha affermato che le figurine ushabti hanno caratteristiche fisiognomiche simili al volto del sacerdote Ahmose Saya Ir, una figura di primo piano all'interno del palazzo reale durante la XVIII Dinastia.
Djehuty era, invece, un importante funzionario vissuto durante il regno di Hatshepsut, ma morto sotto Thutmosis III, poiché i nomi di entrambi i faraoni sono stati trovati scritti sulle mura della tomba. Il nome di Hatshepsut è stato leggermente scalpellato. Djehuti sembra abbia partecipato alla costruzione e decorazione della maggior parte degli edifici monumentali eretti da Hatshepsut a Tebe. Il suo ritratto compare nel tempio funerario della regina a Deir el-Bahari.
Parte della decorazione parietale della tomba di Djehuty
La tomba di Djehuty è stata scoperta nel 2003. Da allora fino ad oggi sono stati rinvenuti, al suo interno, oggetti appartenenti a diversi periodi dinastici, tra i quali otto mummie di falchi. Un disegno su una delle pareti della sepoltura suggerisce che quest'ultima fu utilizzata in epoca greco-romana. In una fossa poco distante, ad appena 70 centimetri di profondità, sono stati trovati 42 vasi di argilla e 42 mazzi di fiori utilizzati durante la cerimonia funebre di Djehuti, insieme alla tomba di una donna della classe media, vissuta nel Medio Regno, sepolta con una collana di ceramica.
Un'altra tomba è stata riportata alla luce, durante lo scavo di quella di Djehuti, si tratta di una sepoltura risalente al'inizio della XVIII Dinastia e destinata ad un uomo di nome Hery, morto durante il regno di Amen-hotep I, che era stato, in vita, il supervisore del tesoro della regina Iya-Hotep, madre di Ahmose I.

martedì 29 gennaio 2013

Il Clivius Vetrarius di Pozzuoli

Il macellum di Pozzuoli
Nei pressi di Napoli è stata ritrovata un'antica strada dove, nel I secolo d.C., fiorivano le botteghe che vendevano oggetti di vetro. La strada è stata chiamata Clivius Vitrarius ed è emersa a Pozzuoli durante i lavori di manutenzione di una strada moderna.
La moderna arteria viaria è sprofondata in seguito ad un violento nubifragio. Gli operai chiamati per ripararla si sono imbattuti nei reperti archeologici ed hanno immediatamente allertato gli esperti dell'ufficio del Soprintendente di Napoli. Sono state, in questo modo, riportate alla luce strutture antiche accanto alle terme romane di Pozzuoli.
Gli ultimi scavi, pertanto, hanno aggiunto informazioni storiche sul Clivius Vitrarius, la strada degli artigiani del vetro, famosi in tutto l'Impero Romano.

Una corona d'oro ritrovata a Salonicco

La corona d'oro ritrovata a Salonicco
Durante i lavori per la costruzione di una nuova linea metropolitana a Salonicco, è stata scoperta un'antica corona d'oro, seppellita assieme alla sua proprietaria circa 2300 anni fa.
La preziosa collana è uno dei 23.000 reperti riemersi durante gli scavi della metropolitana, iniziati nel 2006. Il gioiello ritrovato ultimamente riproduce una corona d'ulivo. La tomba che l'ospitava era piuttosto semplice. Il tutto risale al IV-III secolo a.C.
Quattro anni fa emersero altre otto corone d'oro da una singola sepoltura, sempre durante i lavori per la costruzione della linea metropolitana.

Sacrifici umani vicino Teotihuacan

Il luogo del ritrovamento dei teschi
Gli archeologi messicani hanno riportato alla luce moltissimi teschi umani, probabilmente appartenenti a vittime di sacrifici umani. I teschi sono stati datati ad un periodo compreso tra il 600 e l'850 d.C.
Il Dottor Christopher Morehart, archeologo presso la Georgia State University, stava utilizzando, con i suoi colleghi, immagini satellitari per individuare le mappe degli antichi canali e delle reti di irrigazione che circondavano il regno di Teotihuacan, sede della Piramide del Sole, a circa 50 chilometri da Città del Messico. Proprio durante questa prospezione, in un lago ora prosciugato, chiamato Xaltocan, Morehart si è imbattuto in un sito che mostrava segni di precedenti interventi umani.
Quando la squadra di Morehart ha iniziato a scavare nel terreno, ha scoperto una serie di teschi umani con solamente uno o due vertebre ancora in situ. Ad oggi sono più di 150 i teschi scoperti in questa località, che ospita anche un santuario contenente statuette della divinità preposta all'acqua e ceramiche di ispirazione agricola, come raffigurazioni della pannocchia di mais, che suggeriscono dei riti legati alla coltivazione del terreno.
Taloc, il dio dell'acqua delle popolazioni precolombiane
La datazione al carbonio ha attribuito ai teschi un'età di circa 1100 anni. Il sito non è associato a Teotihuacan o ad altre città-stato della regione e questo è un vero dilemma per gli archeologi. I sacrifici umani erano praticati in tutta la regione, sia a Teotihuacan che in altre città. La maggior parte di questi riti, però, si svolgevano all'interno delle città, nelle grandi piramidi che vi sorgevano ed erano legati alla conservazione del potere.
Il luogo dove sono stati rinvenuti i teschi umani, invece, è piuttosto piccolo e il fatto che i reperti ritrovati appartenessero per lo più a maschi, fa pensare che le vittime siano state scelte con cura e non siano il risultato di un indiscriminato massacro della popolazione di qualche piccolo villaggio.

Il palazzo di Natakami, faraone nubiano

Forma di argilla cotta per tondi
di faience che decoravano il
palazzo di Natakamani
Archeologi italiani hanno riportato alla luce l'area delle cerimonie sacre del palazzo del faraone Natakamani (I secolo d.C.) nell'antica città nubiana di Napata.
La direzione degli scavi è affidata all'Università Ca' Foscari di Venezia, nella persona del professor Emanuele Marcello Ciampini. L'area cerimoniale è pertinente l'ultima fase dell'antica città. Gli scavi hanno riportato alla luce anche un ampio tratto del muro esterno, decorato con una lesena intonacata in bianco, blu, rosso e giallo ed anche frammenti di medaglioni in faience.
La scoperta più rilevante è un podio in muratura, eretto subito a sud delle scale di ingresso ovest. La struttura era stata costruita in mattoni cotti con un nucleo in mattoni crudi. Originariamente era intonacata e dipinta di giallo. Tra il muro perimetrale e il podio si è conservata un'ampia sezione della facciata esterna del palazzo.
Nel sito sono già emersi, in passato, frammenti di colonne in stile greco ionico e diverse fondazioni in mattoni crudi. Il palazzo di Natakamani è stato già indagato nel 2004, restituendo una struttura architettonica monumentale assimilabile ad un peristilio ed un edificio in mattoni cotti, oltre ad un bacino di pietra già individuato poiché situato più in superficie. Sono emersi anche frammenti di tubazioni che servivano una stanza con resti di bacini in pietra e, inserite nelle murature, due vasche da bagno in arenaria perfettamente levigata ed intonacate all'interno ed all'esterno. Entrambe le vasche possedevano fori per l'uscita dell'acqua.

La nave dell'Axum

L'imbarcazione riemersa dal fiume Stella
Sulle sponde dell'antico fiume Anaxum, oggi Stella, presso il paese di Precenicco, in Friuli, è stato rinvenuto uno scafo di imbarcazione risalente all'XI secolo d.C.. Si tratta di un ritrovamento raro, poiché, a livello internazionale, non esistono ritrovamenti di imbarcazioni di tipo fluviale databili all'anno 1000.
L'imbarcazione è stata individuata nel settembre 2012. Ad un prima osservazione sulla tecnica costruttiva e all'analisi di alcuni campioni di legno, gli archeologi si sono resi conto dell'eccezionalità del reperto, largo due metri per circa dieci di lunghezza. Al momento l'imbarcazione deve essere ancora scavata e si presume che i tempi saranno piuttosto lunghi, dal momento che il legno, impregnato d'acqua, tende a collassare quando quest'ultima evapora.
Si sa che lo scafo è piatto, senza chiglia ma non ci sono confronti diretti da fare, in quanto l'imbarcazione, come detto, è un unicum. L'archeologo Massimo Capulli, docente presso l'Università di Udine, che sta studiando il relitto, ha tentato una prima ricostruzione virtuale, che sarà perfezionata una volta riemerso completamente lo scafo.

domenica 27 gennaio 2013

Un monumento alla vittoria, Nikopolis

Nikòpolis
La notte che precedette la battaglia di Azio, Ottaviano si aggirava nell'accampamento romano. Scorse un uomo che saliva il sentiero verso di lui, spingendo davanti a sé un asino. Ottaviano lo fermò e gli chiese chi fosse. L'uomo rispose "Eutychos", cioè Fortunato. Ottaviano lo considerò un presagio e chiese come si chiamasse l'asino che accompagnava l'uomo e questi rispose che l'asino si chiamava Nikon, cioè Vincitore.
Il 2 settembre del 31 a.C., dopo una burrasca, il mar Ionio apparve tranquillo e le navi di Ottaviano e quelle di Marco Antonio cominciarono a disporsi per la battaglia. Oggi un tunnel sotterraneo unisce le due sponde dello stretto. Sul promontorio di Azio oggi sorge la città greca di Prèveza.
La battaglia di Azio pose fine alle guerre civili che avevano insanguinato Roma per un secolo e consacrò Ottaviano padrone assoluto dell'Urbe. La sconfitta delle forze unite di Marco Antonio e di Cleopatra consegnò a Roma l'Egitto dei Tolomei.
Nikòpolis, ninfeo
Per celebrare questa importantissima vittoria, tra il 29 e il 27 a.C., Ottaviano volle costruire un complesso monumentale sul promontorio di Azio, sacro ad Apollo. Durante gli scavi che hanno riportato alla luce l'intero santuario, scavi condotti dall'archeologo Konstantinos Zàchos, sono stati scoperti anche due basamenti in pietra quadrangolare che erano, forse, i piedistalli di due statue in bronzo. Le fonti antiche tramandano che si trattava delle statue dell'umile Eutychos e del suo asino Nikon.
L'attrattiva maggiore, però, erano i trofei delle navi nemiche, qui collocati da Ottaviano. Il colle venne consacrato alle tre divinità che avevano favorito la vittoria del futuro primo imperatore dell'Urbe, Marte, Nettuno ed Apollo. I trofei delle navi erano costituiti da ben trentasei speroni in bronzo, a tre punte, inseriti nel podio del monumento voluto da Ottaviano. Di questi rostri bronzei, purtroppo, oggi rimane davvero ben poco.
Nikòpolis, fortificazioni cittadine
Il santuario della vittoria di Azio era una stoà a forma di pi greco, con cornici in terracotta che riproducevano delfini, lupe capitoline e gemelli romulei. Sono stati ritrovati frammenti di rilievi con processioni simili a quella della gens Iulia, con quadrighe trionfali, elementi vegetali e sacrifici di animali. Sul capo di Azio sorgeva, poi, un tempio più antico di quello voluto da Ottaviano. Si trattava del tempio dedicato ad Apollo che, secondo Virgilio, aveva aiutato Ottaviano facendo saettare le frecce dal suo arco durante la battaglia di Azio.
Ma non è tutto: il nuovo padrone di Roma fece svuotare intere città dell'Epiro e dell'Arcadia, smantellare gli edifici pubblici che contenevano e reimpiegare il materiale per edificare una nuova città che doveva ricordare per sempre la fortunata battaglia, i presagi e gli attori di questa storia. Si trattava della città di Nikòpolis, la Città della Vittoria. La città era impiantata attorno ad un cardo e a un decumano ed era circondata da ben 5 chilometri di mura. Al termine delle due strade ortogonali si aprivano porte protette da torri che davano origine a strade che collegavano Nikòpolis al resto della Grecia.
Nikòpolis, teatro
Lungo il cardo e il decumano di Nikòpolis, gli archeologi hanno individuato ricche costruzioni funerarie, simbolo dell'opulenza raggiunta dalla nuova cittadina. Ottaviano istituì, inoltre, le festività degli Aktia, a cadenza quadriennale, in onore di Apollo. Durante queste festività si svolgevano gare atletiche e ginniche, competizioni musicali e artistiche.
Nikòpolis crebbe in ricchezza per tre secoli, arrivando ad ospitare ben 300.000 persone. Fu capoluogo dell'Epiro e dell'Arcadia e fu visitata da Nerone ed Adriano, ma anche da filosofi come Epitteto. Il primo grave colpo Nikòpolis lo ebbe dall'invasione degli Eruli, anche se Diocleziano continuò a mantenerla come capitale della provincia dell'Epirus Vetus.
Nikòpolis, mura cittadine
Il monumento più grande e impressionante, però, fu opera di Giustiniano: si tratta delle fortificazioni cittadine. Le mura si erano rese necessarie a causa delle devastanti scorrerie dei Vandali, nel 474 d.C.. Le mura, per tecnica costruttiva, sono state paragonate a quelle di Costantinopoli e di Tessalonica. Erano in opus incertum mixtum. Comunque, benché grandiose, le mura occupavano solo un sesto della Nikòpolis augustea.
L'età più difficile per la città arrivò tra il IX e l'XI secolo e segnò il definitivo spopolamento di Nikòpolis. Gli scavi di Kostantinos Zàchos hanno provato che la distruzione e lo spoliazione dei monumenti furono sistematici. Nikòpolis tornò a far sentire il suo nome solamente nel 1913, quando l'Epiro fu restituito alla Grecia e gli uomini cominciarono ad interessarsi del grande passato della loro terra.

Un tempio per San Vigilio

Il Duomo di San Vigilio
Tra il 1964 e il 1975, sotto il Duomo di Trento, dedicato a San Vigilio, vennero condotte una serie di indagini archeologiche estremamente fruttuose. Le indagini sotto il Duomo duecentesco hanno permesso di capire le diverse fasi costruttive della chiesa.
La chiesa di San Vigilio era una chiesa martiriale e cimiteriale extraurbana, mentre la parrocchiale di Santa Maria Maggiore custodisce quanto rimane di un edificio di culto urbano, sorto tra il IV e il V secolo d.C., in cui fu collocata la prima sede episcopale. La Passio di San Vigilio menziona entrambi gli edifici sacri.
Il Duomo sorse su un'area già urbanizzata in età romana, vicino ad una porta detta Veronese, erette durante il regno di Claudio. La basilica primitiva aveva una superficie rettangolare irregolare, di 14 metri per 44 ed era preceduta da un avancorpo e da ambulacri. L'edificio venne eretto per ospitare le spoglie dei tre martiri della Val di Non: Sisinio, Martirio e Alessandro. Tuttavia, alla fine, conservò solo le spoglie del trentino Vigilio.
Pianta del Duomo
Nel V secolo l'aula acquistò un carattere eminentemente funerario, ospitando diverse tombe terragne, poste le une accanto alle altre e separate da muratura. Per accoglierle fu demolito il pavimento dell'aula primitiva. Le lastre di calcare che coprivano le sepolture, spesso iscritte, funsero da pavimento della chiesa.
Proprio grazie a queste iscrizioni, gli archeologi hanno potuto disporre di una cronologia abbastanza certa, che colloca i primordi di vita della chiesa di Trento tra il V e il VI secolo d.C.. Le epigrafi, inoltre, menzionano sacerdoti e un diacono ed anche fedeli laici, uno dei quali originario della Siria che esercitava la sua attività a Trento. Rimane l'interrogativo su dove fossero sepolti i vescovi di Trento.
Dopo un certo periodo di tempo, sulle sepolture venne steso uno strato di malta e posti in opera dei mosaici a motivi geometrici (550-575 d.C.). Nella complessa vita del Duomo, gli archeologi sono riusciti a riconoscere anche un parziale rifacimento del pavimento musivo nella zona del presbiterio. Purtroppo le tessere sono cadute. Contemporaneamente furono costruiti due ambienti absidali esterni che conferirono al complesso un aspetto cruciformi.
Nel IX secolo venne rifatto il pavimento dell'aula a lastre di calcare e questo coprì i lacerti musivi precedenti e suddivise, per la prima volta, la chiesa in tre navate. Tutti questi interventi sono attribuibili al vescovo Iltigario e gli studiosi pensano che fu proprio in questo periodo che la chiesa mutò d'uso e di funzione. Cominciarono ad esservi sepolti anche personaggi d'alto rango, come il duca  Ermanno IV di Svevia, parente di Corrado II, morto nel 1038. Sempre nel IX secolo il Duomo fu ristrutturato ulteriormente. Fu riconfermata la suddivisione dell'interno in tre navate, con una campata mediana quadrangolare. Furono anche accorpati due sacelli preesistenti e venne costruita una cripta, della quale è visibile, oggi, solo una parte. Accanto alla chiesa sorse la nuova residenza del vescovo.
Pilastrini romani del Duomo
Ulteriori interventi vennero condotti tra l'XI e il XII secolo, quando venne stesa una decorazione pittorica e realizzato un coro con cinque absidi. Nel 1145, sotto il vescovo Altemanno, originario della Corinzia, e alla presenza di Pellegrino, patriarca di Aquileia, fu consacrato il nuovo Duomo di San Vigilio che custodì le spoglie del santo in modo definitivo.
Dopo meno di un secolo venne deciso di ricostruire il nuovo Duomo, fondamentalmente quello romanico conservato fino ad oggi, tranne per quel che riguarda la cripta e il soprastante presbiterio, rifatti nel 1740. Vi operarono le maestranze di Adamo d'Arogno, maestro campionese. I lavori terminarono nel XIII secolo.

sabato 26 gennaio 2013

Decapitazioni primitive in Inghilterra

La sepoltura dell'uomo decapitato ritrovata in Inghilterra
Gli archeologi hanno ritrovato, in Inghilterra, resti di un uomo decapitato a Soham. Gli studiosi stanno scavando un sito dove, un tempo, sorgeva un insediamento romano. Tra i reperti rinvenuti in gran quantità, sono emerse anche delle sepolture che sono risultate precedenti all'insediamento romano. Tra queste sepolture vi era quella dell'uomo decapitato.
Andrew Peachey, specialista in ceramica preistorica e romana, ha dichiarato: "Prima dell'insediamento romano, il luogo è stato intensamente sfruttato dai coloni preistorici. Uno di questi è stato decapitato prima di essere sepolto, in posizione rannicchiata, in un pozzo".
Si attendono, ora, i risultati delle analisi sul corpo per stabilire se sia stata la decapitazione a provocare la morte dell'uomo o se sia intervenuta post-mortem.

Tracce di urne megalitiche in India

Frammenti dell'urna ritrovata in India
Il Dipartimento di Archeologia di Stato dell'India ha riportato alla luce pezzi di un'urna risalente, presumibilmente, a 2500 anni fa, a Srirangam. Contemporaneamente sono stati ritrovati una serie di manufatti a Panchakarai.
I frammenti dell'urna sono stati ritrovata a 10-15 metri di profondità, assieme ad altri manufatti più recenti. La ceramica era nera e rossa e giaceva con un anello per pozzo e parti dell'imboccatura di un vaso d'argilla bruciato. E' la prima volta che pezzi di un'urna megalitica sono stati ritrovati a Srirangam, e stanno ad indicare che la zona venne intensamente abitati tra 2500-2000 anni fa.
Sono state ritrovate anche icone del XII-XIII secolo, utilizzate per il culto familiare privato. 

Mummie, capelli e... denti

Ricostruzione del volto e della capigliatura
della donna ritrovata in Egitto
Duemila anni fa, quando la terra d'Egitto era stata posta sotto il controllo di Roma, una giovane donna fu seppellita, adorna di gioielli e di una elaborata pettinatura. La sua sepoltura è stata ritrovata a pochi metri di distanza da una piramide. La donna aveva vent'anni, quando morì, e la sua bara era decorata dal suo volto scolpito nel legno e dorato. Fu sepolta da Hawara.
L'esame alla TAC della mummia della giovane donna ha rilevato tracce dell'elaborata capigliatura, facilmente individuabile attraverso quest'esame. I capelli della donna erano stati acconciati a trecce, a loro volta attorcigliate a formare uno chignon sulla sommità della testa. Era una pettinatura piuttosto popolare, al tempo in cui è vissuta la giovane, e, forse, si ispirava a quella di Faustina I, imperatrice romana.
Oggi, con le moderne tecniche di indagine, è stato possibile ricostruire il volto della donna e di altre due mummie che, in questo modo, sono quasi tornate a vivere. Capelli e volti sono stati ricostruiti tridimensionalmente da una professionista forense, Victoria Lywood, del John Abbott College.
Quando la mummia della giovane donna è stata ritrovata, i ricercatori che l'hanno sottoposta a TAC hanno riconosciuto tre segni di puntura di piccolissime dimensioni sul lato destro della parete addominale. Queste punture potrebbero averne determinata la morte, ma la domanda è: come se li è procurati la giovane? I ricercatori pensano che le microscopiche punture siano legate alla morte della donna.
Il sarcofago della mummia dalla complessa acconciatura
Un'altra delle mummie esaminate, soprannominata "la matrona dai capelli bianchi", è una donna vissuta a sufficienza per vedere i suoi capelli imbiancarsi, tra i 30 e i 50 ani di età. La datazione al radiocarbonio ha restituito una datazione risalente ad un periodo compreso tra il 230 e il 380 d.C., quando il cristianesimo stava avanzando, in Egitto, e la mummificazione era un processo in via di progressivo abbandono. La mummia della donna anziana è stata ritrovata nei dintorni di Tebe. La donna soffriva di una patologia abbastanza comune, nell'antico Egitto: mal di denti, con ascessi diffusi. La condizione della sua dentatura non era delle migliori, insomma.
La terza mummia era un uomo, vissuto alcuni secoli prima rispetto alle due donne, quando a governare l'Egitto era una dinastia di origine greca. Anche lui aveva seri problemi dentari, dal momento che nella sua bocca sono presenti diverse cavità, una delle quali, forse, è stata causa di una severa infezione che ha portato alla morte dello sfortunato "proprietario". La condizione dell'uomo era talmente critica, che negli ultimi giorni di vita gli era stato praticato una sorta di bendaggio intriso di medicina e posto nelle cavità dentarie. L'uomo è morto intorno ai 20-30 anni di età.

Incisioni rupestri messicane

Le incisioni rupestri ritrovate a Cantil de las animas, Messico
Gli archeologi dell'Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH), hanno ritrovato un complesso insieme di incisioni rupestri, scolpite, probabilmente, tra l'850 e il 1350 d.C.. Le incisioni si trovano in Messico, in un sito chiamato Cantil de las animas, poco lontano dalla città di Jesus Maria Cortes.
I bassorilievi, attribuiti all'antica cultura di Aztlan, si trovano in una zona nuova alle ricerche archeologiche, la regione montuosa di Nayarit e si estendono su una superficie di circa 4 metri di lunghezza per 2 di altezza. Le rappresentazioni simboliche si dipanano su due registri e sono legate alla tradizione pittoria della cultura di Aztlan che, nel corso dell'850-1350 d.C., era stanziata nelle regioni costiere del nord di Nayarit.

venerdì 25 gennaio 2013

Ritrovata parte di una statua di Giulia

La testa della statua di Giulia, figlia di Augusto
In località Aranova, non lontano da Fiumicino, torna alla luce, in una monumentale villa romana riemersa a dicembre, un delicato ritratto femminile in marmo. L'acconciatura della testa in marmo conferma l'origine imperiale della testa e si fa già il nome, tra gli studiosi, della "scandalosa" Giulia, figlia di Augusto e moglie di Agrippa.
Giulia era la figlia che Augusto aveva avuto dalla sua prima moglie, Scribonia. Dell'identità del ritratto è sicura la Dottoressa Alfonsina Russo Tagliente, della Soprintendenza per l'Etruria Meridionale, che ora sta studiando il reperto nei laboratori di restauro del Museo Etrusco di Villa Giulia. "Lo stile dell'acconciatura richiama modelli di personaggi illustri della famiglia Giulio Claudia. - Afferma la Soprintendente. - Sulla fronte due ciocche scendono in grandi onde morbide lungo le tempie, mentre sulla nuca i capelli appaiono in bande lisce divise da una riga in mezzo e raccolte in fitte trecce racchiuse in una crocchia bassa. Inoltre, una tenia, ossia un nastro a doppio giro intrecciato ai capelli, si annoda sul capo con un effetto diadema".
La testa è a grandezza natura ed era nascosta da una zolla di terra in un grande ambiente che veniva utilizzato come magazzino per conservare il cibo. La villa in cui è stata ritrovata la splendida testa è stata datata dagli archeologi ad un periodo compreso tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.. La villa era sicuramente degna di un imperatore, con terrazze sulla collina e se sarà confermata la sua appartenenza imperiale, sarebbe la prima testimonianza del genere sul litorale.

L'Età del Rame nel Bresciano in mostra

Vaso campaniforme
Apre, al Museo Diocesano di Brescia, una mostra dedicata all'Età del Rame: la Pianura Padana e le Alpi al tempo di Otzi. Sarà visitabile fino al 15 maggio 2013.
All'interno della mostra sarà possibile vedere l'equipaggiamento che l'Uomo di Similaun portava con sé e le ricostruzioni della sua fisionomia e del suo stato di salute. Oltre a questo sarà possibile apprendere qualcosa della vita dell'uomo durante l'Età del Rame (Eneolitico, 3400-2200 a.C.), quando si sviluppò la metallurgia con la lavorazione del rame spesso fuso in lega con l'arsenico, quando si inventò l'aggiogamento degli animali, l'aratro, la ruota, il carro.
In mostra anche la ceramica, presente nel Bresciano con la cultura del Vaso Campaniforme (2500-2200 a.C.), che si esprime in vasi a campana con decorazione a pettine. Diffuse le sculture provenienti dalla Penisola Iberica e dalle steppe sul Mar Nero: statue-menhir, stele a forma umana ed anche incisioni rupestri. Le stele di Aosta e di Sion (capitale del cantone Vallese, in Svizzera) e le statue-stele del Trentino raffigurano personaggi maschili (riconoscibili dalle armi) e personaggi femminili (recanti gioielli ed abiti elaborati.
A questo periodo risalgono i noti massi decorati della Val Camonica e della Valtellina, con incisioni di armi e dischi solari come indicatori di personaggi maschili; mantelline e pendagli a spirale simboli del femminile.
L'Uomo di Similaun fu casualmente ritrovato da due escursionisti tedeschi che si erano persi. I resti di Oetzi erano in eccezionale stato di conservazione, aveva capelli ed occhi castani ed il suo sangue apparteneva al gruppo zero. Sul corpo erano presenti 57 tatuaggi, tra i più antichi conosciuti, ottenuti da minuscole incisioni coperte con carbone vegetale. Aveva 45-50 anni e gli studiosi hanno scoperto che era intollerante al lattosio, aveva il colesterolo alto, l'arteriosclerosi, la predisposizione all'infarto. Recava tracce di rame e arsenico tra i capelli e nei polmoni. Fu ucciso da una freccia di selce conficcata nella spalla sinistra, probabilmente si trattò di un agguato.
Oetzi recava con sé un ombrello a graticcio, indossava un perizoma, la sopravveste e dei gambali di pelle di capra. Le scarpe avevano la suola di pelle di orso, con il pelo nell'interno. L'uomo era armato di un pugnale in lama di selce in un fodero di corda, arco, faretra contenente 14 frecce ed una lama trapezoidale.

giovedì 24 gennaio 2013

Quei "barbari" dei Celti...

La tomba della principessa celta
Per molto tempo i Celti hanno goduto di una pessima fama: popolazioni barbare e violente. Nuove scoperte, però, soprattutto grazie al ritrovamento di una sepoltura di 2600 anni fa, hanno indotto gli studiosi a correggere le loro affermazioni.
Al di là degli abitanti dei dintorni, fino al 2010 quasi nessuno conosceva il piccolo ruscello di Bettelbuhl, non lontano dal Danubio. Ma proprio nel 2010 è stata fatta una sensazionale scoperta, proprio accanto al torrente. Qui vi era, un tempo, un insediamento celtico e, poco lontano da questo, gli archeologi hanno riportato alla luce una tomba dalla fattura elaborata, appartenente ad una principessa celta. Nella tomba sono stati trovati oro ed ambra ed una camera sepolcrale nella quale non era penetrato nessuno da 2600 anni. Il terreno in cui giaceva la tomba era asciutto ed il legno intatto.
Heuneburg, non lontano dalla zona in cui è stata scoperta la sepoltura regale, era un centro di cultura celtica. Nel suo momento di massimo splendore aveva mura gigantesche, erette a proteggere una città di 10.000 abitanti. I cittadini più ricchi conducevano una vita lussuosa, utilizzavano gioielli d'oro forgiati in Etruria, bevevano vino greco e spagnolo. Anche i ritrovamenti nella tomba della principessa celta supportano questa visione della vita dei "barbari" dell'epoca. Tra il corredo della defunta si contano orecchini di perle, elaborati fermagli in oro massiccio, una collana di ambra ed una cintura di bronzo.
Un'altra caratteristica tutt'altro che trascurabile della sepoltura è il fatto di essere intatta. Accanto al corpo della principessa giaceva quello di un bambino che ancora non è stato identificato. Gli studiosi stanno lavorando alla datazione ed allo studio del materiale ritrovato, nella speranza di fare più luce sul mondo dei Celti che, a quanto pare, non erano i barbari che abbiamo finora creduto.

L'industria tessile dell'antica Assos

I pesi da telaio ritrovati ad Assoss, Turchia
La provincia nordoccidentale di Canakkale, distretto di Ayvacik, è una delle più importanti aree del settore tessile della Turchia. La città di Assos è oggi famosa per i tappeti kilim, prodotti in diversi colori e disegni, ma già nell'antichità qui si trovava un'industria tessile. Sono stati, infatti, ritrovati dei pesi da telaio nell'antica città di Assos.
La regione di Canakkale, con il distretto di Ayvacik, sono ambienti deputati all'allevamento di piccole e grandi razze bovine. Il mezzo di sostentamento più importante, ad Assos, oggi come nei tempi passati, è l'allevamento del bestiame, dal quale si ricavava e si ricava sia la carne che il cuoio.
Ovviamente l'arte della tessitura oggi praticata differisce non poco da quella del passato. Gli archeologi hanno rinvenuto dei pesi da telaio, utilizzati negli antichi telai e chiamati agirsak. Questi pesi sono stati forgiati nella terracotta ed erano appesi a delle corde.
Ricerche di superficie hanno evidenziato che nel luogo in cui sono stati ritrovati i pesi da telaio , in una zona vicino al Teatro Antico, doveva esserci una piccola bottega di fabbricazione di tessuti. Per quel che riguarda i pesi da telaio, alcuni sono tondi ed altri cubici. Sono stati riutilizzati anche pezzi di ceramica di scarto ai quali è stato praticato un foro. I pesi risalgono a 2500 anni fa.
Assos è stata anche una città portuale, una delle più importanti del passato. E' menzionata nei documenti ottomani

mercoledì 23 gennaio 2013

Campo militare romano sul Carso

Nascosti dagli alberi del Carso sono state riscoperte le fortificazioni di un campo militare romano del II secolo a.C.. Si tratta del più antico campo tra quelli individuati finora in tutta Europa, con i suoi 165 metri per 134, di forma rettangolare ed orientato nord-sud, con all'interno un perimetro più piccolo.
Ad effettuare la scoperta sono stati un gruppo di ricercatori guidati dall'archeologo Federico Bernardini, del Laboratorio Multidisciplinare del Centro Internazionale di Fisica Teorica di Trieste.

Nuove scoperte in Inghilterra

Parte di una ceramica figurata
Gli scavi archeologici hanno dimostrato che i primi insediamenti umani hanno iniziato a stanziarsi a Didcot, Inghilterra, già 9000 anni fa.
Gli scavi di due anni e mezzo hanno permesso di riportare alla luce i resti di una villa romana e punte di freccia risalenti alla prima Età del Bronzo, ma la scoperta sicuramente più importante è quest'ultima. Si tratta di centinaia di punte di selci risalenti al Mesolitico.
I ritrovamenti includono punte di freccia dell'Età del Bronzo che provengono da un tumulo sepolcrale e un pezzo di ceramica romana con il disegno di un volto. Tra i reperti venuti alla luce nel 2011 c'è una ciotola completa risalente al 3600 a.C., nell'Età Neolitica. Sono emersi anche centinaia di pozzi che fungevano da deposito per il grano, rifiuti domestici, sepolture, ceramica e ossa di animali.

Hermes riemerge dal sottosuolo turco

La statua di Hermes ritrovata
a Patara, in Turchia
Nella città di Patara, nella provincia meridionale di Antalya, Turchia, è stata ritrovata una statua in bronzo raffigurante Hermes, risalente all'epoca romana.
Il responsabile degli scavi, il professor Havva Iskan Isik, ha affermato che la statua era alta quattro metri ed un unicum, finora, sia per la Turchia che per il mondo. Si stima che risalga al periodo di Costantino.

lunedì 21 gennaio 2013

Ritratto di antico Romano

Il defunto romano di Caerleon
E' stato svelato il volto di un antico romano che viveva nel sud del Galles a quasi due millenni dalla sua morte.
Utilizzando la più recente tecnologia, gli esperti hanno riprodotto il volto di un uomo il cui scheletro fu scoperto 18 anni fa a Caerleon, vicino a Newport. Gli archeologi si sono serviti delle più avanzate tecniche forensi utilizzate dalla polizia.
I resti dell'omo sono stati scoperti dai costruttori che stavano lavorando alla costruzione del campus universitario di Newport nel novembre 1995. Le analisi hanno dimostrato che il defunto, quando era ancora in vita, era un uomo ben piantato di circa 40 anni di età. Il suo scheletro è diventato uno dei pezzi più popolari del Museo di Newport.
Le analisi dei denti del defunto hanno dimostrato che l'uomo era nativo di Newport, in un momento in cui la fortezza romana di Caerleon era al suo apice. Il fatto che l'uomo sia stato inumato e non bruciato è indice del suo elevato status sociale. Gli scienziati si sono riservati di estrarre il Dna dallo scheletro per completare il ritratto del defunto.

Ancora sui graffiti del Colosseo

Graffiti del Colosseo appena riscoperti
Oramai tutti sanno dei graffiti ritrovati durante la pulizia del Colosseo. I restauratori hanno grattato via anni ed anni di residui di inquinamento e calcare ed hanno riportato alla luce resti di affreschi di color rosso vivo, blu, verde, bianco.
Gli archeologi hanno scoperto anche disegni antichi, dipinti da spettatori, quali corone e palme, simbolo di vittoria e di successo. E' stata ritrovata, incisa, anche la parola Vind, riferentesi alla vittoria o alla vendetta. E' stato riportato alla luce anche un affresco in un passaggio che porta al livello più alto dei posti a sedere, una galleria con posti in legno riservati alle classi più basse, situati lontano dall'arane.
Gli affreschi sono stati scoperti durante il primo restauro completo del monumento in 73 anni. Dopo il completamento del restauro, il 25 per cento in più di questo prestigioso e famoso monumento sarà visibile a visitatori, con particolare riguardo al reticolo di percorsi sotterranei di gallerie, magazzini e gabbie.

Scoperto un palazzo in Arabia

I resti del palazzo omayyade di al-Madinah
Gli scavi archeologici di un team della Commissione Araba per il Turismo e le Antichità, hanno consentito di rivelare un palazzo risalente al VII secolo d.C. nella valle di al-Ateeq, nella regione di al-Madinah.
Oltre alle strutture del palazzo sono state rinvenute ceramiche, vetro, utensili in pietra e steatite. Si pensa che il palazzo sia stato edificato durante il regno Omayyade, il secondo dei quattro grandi califfati islamici che si sono succeduti alla morte del profeta Maometto.

Un tumore archeologico...

La sepoltura femminile
ritrovata a Lleida
In una necropoli in Spagna, gli archeologi hanno ritrovato i resti di una donna romana, morta all'età di 30 anni circa, che presenta un tumore calcificato al bacino, un osso e quattro denti deformati incorporati al suo interno. Due dei denti erano ancora attaccati alla parete di quello che agli occhi degli archeologi e dei paleontologi era un tumore.
La donna è morta circa 1600 anni fa e soffriva di teratoma ovarico. Teratoma è un termine che deriva dal greco Teras, che vuol dire "mostro", e onkoma che vuol dire gonfiore. Il tumore riscontrato nella defunta era di circa 44 millimetri di diametro nel punto più grande. I teratomi ovarici sono tumori che si generano da cellule germinali, che formano ovuli umani e in grado di creare capelli, denti, ossa ed altre strutture. Questa è la prima volta che gli scienziati hanno scoperto questo tipo di teratoma nel mondo antico.
La defunta era sepolta in una necropoli vicino a Lleida, nella regione della Catalogna. C'erano pochissimi oggetti, nel suo corredo funebre: alcune piastrelle (tegulae), poste sul suo corpo a formare un tetto a doppio spiovente. Non si trattava di una persona ricca e importante ma, piuttosto, di un'appartenente ad una classe sociale piuttosto bassa.
I ricercatori hanno affermato che la donna potrebbe non aver mai avuto sintomi del male del quale soffriva che, pur essendo un tumore benigno, l'ha uccisa.

domenica 20 gennaio 2013

Ritrovata la tomba del fondatore di Veio?

Veio, particolare del Tempio di Portonaccio
Veio, acerrima nemica della nascente potenza di Roma, fu la prima città a cadere sotto le grinfie di quest'ultima, nel 396 a.C.. Della sua passata grandezza, piangeva il poeta latino Properzio, non rimasero che ruderi.
La città o, meglio, quel che restava dell'antica città, tornarono alla luce grazie alle ricerche dell'Università di Roma La Sapienza, condotte in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Etruria Meridionale nell'ambito del Progetto Veio. Sono tornate alla luce tombe principesche intorno all'abitato e molte sculture in terracotta, tra le quali il celebre Apollo, che decoravano il tempio del Santuario di Portonaccio.
Sul pianoro tufaceo su cui sorgeva l'area urbana sono emerse altre rovine che hanno confermato, negli anni, l'importanza dell'antico centro urbano e il suo precoce sviluppi. Più recenti indagini saranno oggetto di un prossimo convegno, organizzato dalla British School at Rome.
Veio, abitato di Piazza d'Armi
Tra le ultimissime novità, emerse dai recenti scavi sull'altura di Piazza d'Armi, all'estremità meridionale del pianoro di tufo dove è stata individuata l'antica acropoli di Veio, insieme ai resti di capanne a pianta circolare risalenti al IX secolo a.C., all'interno di una grande capanna ellittica è stata scoperta la tomba a fossa di un personaggio maschile. L'uomo è stato sepolto senza corredo ed era, forse, avvolto in un sudario chiuso all'altezza della testa da una fibula di bronzo, della quale sono stati trovati alcuni frammenti.
La sepoltura era protetta da una piccola costruzione absidata che ne segnalava la presenza. "La tomba è datata dagli esami al radiocarbonio alla prima metà del IX secolo a.C.. L'utilizzo del rito dell'inumazione e l'allestimento di una sorta di cappella funeraria, nonché la posizione al centro dell'abitato - ha spiegato la Dottoressa Gilda Bartoloni, docente di Etruscologia e Antichità Italiche a La Sapienza e coordinatrice, dal 2008, del Progetto Veio. - conferiscono un indubbio carattere di prestigio. L'ipotesi più probabile è che si tratti dell'heroon di un personaggio venerato dalla comunità come capostipite".
La documentazione archeologica ha consentito di riconoscere, nella zona, la sede dei gruppi gentilizi che governavano la città. Veio già nel VII secolo a.C. era dotata di un sistema viario ad impianto regolare, alla fondazione del quale è stata collegata la deposizione rituale di un vaso, ritrovato integro in un taglio del banco d'argilla. L'area è caratterizzata dalla presenza dei resti di una residenza aristocratica del VII-VI secolo a.C..
L'Apollo di Veio, particolare
Questa residenza gentilizia era composta da più edifici, tra i quali un piccolo tempio a pianta rettangolare ed una casa-torre, decorati da lastre di rivestimento e sculture in terracotta. Alla decorazione di una di queste strutture appartengono, forse, alcuni frammenti di un gruppo scultoreo raffigurante un cane accovacciato. "L'ipotesi più probabile - fa presente la Dottoressa Bartoloni. - è che la statua rappresenti un antenato che protegge, accompagnato dal suo cane, il cui possesso era considerato un segno di distinzione. La grandezza dei frammenti fa pensare che il gruppo fosse in origine collocato sul tetto di una residenza aristocratica posta nelle vicinanze del luogo di ritrovamento".
Gli scavi, inoltre, hanno permesso di stabilire che Veio, tra il VII e il VI secolo a.C., era suddivisa in settori distinti: sedi del potere, luoghi di culto, abitazioni, quartieri commerciali. Di fronte all'altura di Piazza d'Armi, sulla collina di Piano di Comunità, sono state portate alla luce fornaci e fosse di lavorazione che facevano parte del "quartiere ceramico", in cui venivano prodotti bucchero e ceramica depurata fine.

sabato 19 gennaio 2013

Novità sulla morte di Giovanni Dalle Bande Nere

Ritratto di Giovanni de' Medici, Giovanni Dalle Bande Nere
Il leggendario Giovanni de' Medici, conosciuto come Giovanni Dalle Bande Nere, non morì per le conseguenze di una gamba amputata, quanto piuttosto per un'infezione. Il suo corpo è stato riesumato nel novembre 2012 dalla tomba nelle Cappelle Medicee di Firenze. I ricercatori hanno riesumato anche il corpo della moglie Maria Salviati.
Giovanni de' Medici e Maria Salviati si sposarono nel 1516, quando lei aveva 17 anni e lui 18. Ebbero un solo figlio, Cosimo I, che regnò come primo Granduca di Toscana, che fece costruire gli Uffizi, il Giardino di Boboli e rifinì Palazzo Pitti.
La riesumazione dei corpi è stata condotta sotto la supervisione di Gino Fornaciari, docente di antropologia forense e direttore del Museo di patologia presso l'Università di Pisa. Anche se era considerato invincibile, Giovanni dalle Bande Nere (1498-1526) morì a soli 28 anni, dopo essere stato colpito da una palla di cannone, durante una battaglia svoltasi il 25 novembre 1526.
La palla di cannone frantumò la gamba del condottiero al di sopra del ginocchio. Giovanni fu portato al palazzo del marchese Luigi Alessandro Gonzaga, a Mantova. La cancrena incipiente indusse il chirurgo dei Gonzaga, Maestro Abramo, ad amputare la gamba. "Si pensava che l'amputazione non è stata effettuata al di sopra della ferita, ma leggermente al di sopra della caviglia. Questo avrebbe significato una condanna a morte di Giovanni", ha affermato il professor Fornaciari. "Il chirurgo è stato ingiustamente accusato. La tibia e il perone di Giovanni sono stati segati ma i ricercato non hanno trovato segni di lesione al di sopra dell'amputazione. Né hanno notato danni al ginocchio e al femore. La gamba era stata già parzialmente amputata dalla palla di cannone, il chirurgo ha solamente completato l'amputazione con la pulizia della ferita".
Le ossa di Giovanni Dalle Bande Nere
Secondo un rapporto del poeta Pietro Aretino, amico di Giovanni e testimone oculare dell'operazione chirurgica, afferma che furono chiamati ben dieci uomini per tener fermo il condottiero durante l'operazione. Nonostante il comportamento stoico, però, Giovanni Dalle Bande Nere morì dopo cinque giorni dalla dolorosa operazione. "Maestro Abramo ha fatto tutto quel che poteva, ma l'infezione provocata dalla cancrena era in fase troppo avanzata", ha affermato il professor Fornaciari.
Le indagini antropologiche sulle ossa ci restituiscono l'immagine di un Giovanni de' Medici piuttosto robusto. Sul suo scheletro non sono state trovate molte ernie vertebrali, conseguenza dell'utilizzo continuo di pesanti armature. Sua moglie, invece, soffriva di una grave malattia parodontale, aveva un ascesso e circa 10 carie. La causa della morte della donna, però, è stata probabilmente la sifilide terziaria delle ossa. "A quel tempo era una malattia molto comune. Molto probabilmente la donna ha contratto la malattia dal marito", ha detto il professor Fornaciari.

venerdì 18 gennaio 2013

Antichi scozzesi

Lo scheletro emerso in Scozia
Una serie di tempeste che hanno flagellato le isole Shetland, in Scozia, hanno rivelato resti umani di circa 2000 anni fa.
Inizialmente la polizia è stata chiamata quando l'erosione di una scogliera a Channerwick ha mostrato l'esistenza di uno scheletro. In seguito è intervenuto un antropologo, Chris Dyer, ha fatto luce sul misterioso e macabro ritrovamento: si trattava di uno scheletro antico, circondato da manufatti dell'Età del Ferro.
I ricercatori hanno, in seguito, individuato due sepolture nei dintorni. Un'ulteriore mareggiata, però, ha ulteriormente sgretolato la scogliera ed ha occultato lo scheletro.

Le meraviglie di Aztompa

La statuina ritrovata in una sepoltura di Aztomba
Nell'estate del 2012 è stata scoperta la sepoltura di due individui di alto rango della cultura zapoteca. Ad effettuare la scoperta gli archeologi dell'Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH), nella terza camera di una tomba nella zona archeologica di Aztompa, in Messico.
All'interno della terza camera, oltre ai resti dei defunti, è emersa dallo scavo una figurina antropomorfa in argilla, con il volto dipinto ed ornata da un copricapo. La statuina faceva parte delle offerte funebri di un maschio adulto.
La statuina ritrovata nella sepoltura, estremamente ben articolata, potrebbe rimandare all'identità di uno dei defunti sepolti nella terza camera del complesso funebre. La statuetta risale a circa 1200 anni fa ed è perfettamente conservata. Il personaggio rappresentato è seduto ed è abbigliato con un mantello di piume, una collana con delle nappe e un elaborato copricapo. L'elemento distintivo è il pigmento rosso che caratterizza la statua, ottenuto dal cinabro.
Aztompa si trova a Cerro del Bonete ed è stato uno dei centri della metropoli di Monte Alban. L'archeologo Eduardo Garcia Wigueras, che guida gli scavi, all'interno del tempio funerario - costruito in un periodo tra il 750 e il 900 d.C. - ha ritrovato anche un piccolo vaso rosso con la rappresentazione di una dea e gli scheletri dei due individui che vi erano stati sepolti. Forse proprio uno di costoro è raffigurato nella statuina. Uno degli scheletri apparteneva ad un adolescente di sesso femminile. L'altro era quello di un maschio adulto che presenta una deformazione cranica. La sepoltura era coperta di un pigmento rosso che porta a pensare che è proprio questo il defunto raffigurato mediante la statuina.
Un altro elemento caratterizzante è il copricapo che rappresenta un rettile piumato, con le fauci spalancate. Questo serpente piumato, per gli Zapotechi e le altre culture precolombiane, era un animale mitologico molto potente che ha avuto una parte importante nella creazione della sfera celeste e in quella terrestre. Questo simbolo può essere collegato all'importanza avuta dalla persona alla quale si riferisce, quando era in vita.

Un teatro di ossa a Corinto

Mandibole di bovini ritrovate a Corinto
In un teatro abbandonato nella città di Corinto è stata ritrovata una grande quantità di ossa appartenenti a bovini, segno, forse, di un sontuoso banchetto.
Si tratta di oltre un quintale di ossa, un decimo di quelle finora ritrovate in Grecia, ha affermato il ricercatore Michael MacKinnon, archeologo dell'Università di Winnipeg. Un teatro, in realtà, sembra il posto meno adatto a fungere da deposito di ossa animali, ma il Dottor MacKinnon pensa che la struttura fosse caduta in disuso in un lasso temporale che va dal 300 al 400 d.C.. Si trattava di un grande spazio vuoto che era possibile riutilizzare.
Le ossa così come sono state ritrovate dagli archeologi
Lo scavo in cui sono emersi i resti animali è diretto da Charles Williams, della Scuola Americana di Studi Classici di Atene. Le ossa dei bovini si trovavano nello stesso luogo e nella stessa posizione in cui erano quando sono stati gettati. "Alcuni dei materiali scheletrici erano ancora parzialmente articolati, segno che gli scarti sono stati accuratamente scelti", ha detto MacKinnon. L'archeologo ed i suoi aiutanti hanno analizzato e catalogato più di 100.000 singole ossa, tra quali pochissime appartenevano a capre e pecore. Sono state individuate anche ossa di vacca. La maggior parte degli animali sono adulti e, dall'esame dei denti e delle ossa, sono stati abbattuti nella stagione autunnale o all'inizio dell'inverno. MacKinnon ha affermato che le ossa sono state gettate via nel corso di 50-100 anni.
La periodicità nello scarto delle ossa ed i segni di tagli piuttosto frettolosi su alcune di esse, ha suggerito ai ricercatori che la macellazione dei bovini fosse collegata ad un evento piuttosto importante. MacKinnon ritiene che si tratti di grandi feste annuali e si propone di cercare altre tracce di queste feste in altri siti nei dintorni. "Forse sono stati utilizzati vasi speciali, calderoni comuni, o qualcosa del genere che possano indicare la ritualità di una festa", ha detto.

La Regina Rossa di Palenque

Il teschio della Regina Rossa di Palenque
I resti della Regina Rossa, enigmatico personaggio di Lakamba (Luogo delle Acque Grandi), oggi conosciuta come Palenque, nel Chiapas, sono stati analizzati per meglio comprendere la vita e il periodo storico in cui visse la donna.
Non si sa ancora se la Regina Rossa fosse la moglie del celebre Pakal II o se fosse essa stessa la sovrana assoluta di Palenque. I suoi resti sono stati oggetto di vari studi ed ora si sta esaminando il Dna mitocondriale. La sua morte risale a circa 1300 anni fa.
Dai resti della Regina Rossa è stato estratto un campione di collagene dalle vertebre. Il campione è eccezionalmente ben conservato. Il corpo della Regina era ricoperto di cinabro, che ha conferito alle ossa della donna il caratteristico colore rosso. Le tombe della Regina Rossa e di Pakal II sono tra le più grandi ed elaborate di Palenque, sono state datate ad un periodo compreso tra il 600 ed il 700 d.C.. Il nome della Regina Rossa potrebbe essere Tz'ak-b'u Ajaw, se fosse provato che le ossa appartengano alla moglie di Pakal. Tz'ak-b'u Ajaw fu madre di due dignitari di Palenque e nonna dell'ultimo sovrano Maya.
La Regina Rossa morì a 60 anni di età, come hanno accertato gli antropologi, e soffriva di una grave forma di osteoporosi.

Trovato uno scheletro intatto a Selinunte

Lo scheletro integro di un ragazzo vissuto nel V secolo a.C., è stato ritrovato nel novembre scorso durante gli scavi nei terreni della necropoli della collina di Manicalunga Timpone Nero, nel comune di Castelvetrano, in provincia di Trapani, ad ovest dei santuari extraurbani di Contrada Gaggera (Demetra Malophoros, Zeus Meilichios, Hera Matronale).
Forse il giovane defunto si chiamava Mosko, gli archeologi lo hanno dedotto dalla scritta ritrovata incisa su una tazza in argilla e vernice nera che si trovava accanto allo scheletro. Successivi esami sullo scheletro hanno accertato che l'individuo ritrovato era di sesso maschile e dell'età di circa dodici/quindici anni, deceduto per cause naturali.
Numerose sono le tombe che si trovano nella necropoli. Gli archeologi hanno ritrovato molti resti umani da quando hanno iniziato a scavare, nel novembre del 2012, molti dei quali sono in fase di studio.
La necropoli di Manicalunga Timpone Nero è immensa ed era la necropoli dell'antica Selinunte. Solo negli anni '60 sono state ritrovate 5000 sepolture. Le necropoli dell'antica città erano tutte ubicate fuori le mura, tranne una piccola necropoli ad incinerazione, sorta sulle pendici sudorientali di Manuzza, che si riferisce ai primordi della vita della colonia magnogreca. Da una delle necropoli proviene l'Efebo di Selinunte, una statua bronzea scoperta casualmente nel 1882, acquistata dal comune di Castelvetrana, trafugata nel 1962 e poi recuperata, ora esposta nel Museo Civico di Castelvetrano.
Uno dei vasi ritrovati nella necropoli di Manicalunga Timpone Nero 
La necropoli di Manicalunga Timpone Nero fu scoperta nel 1871 dall'archeologo Cavallari. Custodisce sepolture del VI-V secolo a.C. ed è la più estesa e la più ricca delle necropoli selinuntine. Nella necropoli convivono sepolture con rito dell'inumazione con quelle che contengono solo ceneri alloggiate in pithoi o anfore, di tipologia e forme differenti. Gli inumati, invece, giacciono in sarcofagi di terracotta o formati da piccoli blocchi di tufo, oppure in vere e proprie camere con tetto spiovente (a cappuccina), dotate di ingresso e che potevano ospitare più sarcofagi. Alcune sepolture, poi, inglobano tombe dell'Età del Bronzo, appartenute ad un villaggio precedente.
Gli scavi di questa enorme necropoli furono ripresi negli anni '60 da Vincenzo Tusa, al fine di porre freno agli scavi clandestini.
Il termine timpone è riferito all'uso contadino, derivante da un tumulo la cui destinazione a cimitero era ben nota agli agricoltori sin dall'antichità. L'appellativo nero attribuito al timpone forse è riferibile al fatto che il luogo era votato al dolore, alla sepoltura dei defunti, ai riti connessi con il mondo sotterraneo di Ade.

giovedì 17 gennaio 2013

La fine di Shiloh, capitale d'Israele

Il sito di Shiloh, in Israele
Recenti ritrovamenti archeologici in Samaria faranno, probabilmente, luce sulla storia della distruzione della città di Shiloh, antica capitale di Israele.
E' stata scoperta un'anfora in argilla rotta, incorporata in uno strato di cenere rossastra a Shiloh, dove era stato collocato il Mishkan, o Tabernacolo, durante il periodo storico dei Giudici. Shiloh era la capitale dell'antico Israele, ma anche il suo centro spirituale per 369 anni. La Bibbia non risponde alle domande sulle ragioni della sua distruzione. Il Libro di Samuele narra di una battaglia tra Filistei ed Israeliti, risoltasi a favore dei primi che rubarono l'Arca dell'Alleanza. Eli, all'epoca Sommo Sacerdote, morì dopo aver visto scomparire in battaglia i suoi due figli.
Shiloh fu distrutta poco tempo dopo la morte di Eli dai Filistei. La ricerca archeologica ha svelato che la battaglia avvenne presso il sito di Even Ha'ezel, accanto alla moderna Rosh Ha'ayin. Le ceneri ritrovate negli scavi sono la testimonianza di un incendio devastante che distrusse Shiloh. La datazione ricavata dall'argilla è il 1050 a.C. ed è coerente con gli avvenimenti descritti nel Libro di Samuele.

Minoici sorprendentemente bellicosi

Affresco raffigurante la partenza di una spedizione
militare in partenza da Akrotiri-Thera
L'antica civiltà che un tempo viveva a Creta, nota come civiltà minoica, aveva forti tradizioni marziali, in contraddizione con l'opinione diffusa che vuole i Minoici essere un popolo estremamente pacifico.
Una ricerca condotta dal Dottor Barry Molloy, dell'Università di Sheffield, Dipartimento di Archeologia, ha preso in esame le abitudini dell'antica popolazione, vissuta a Creta durante l'Età del Bronzo, la prima civiltà a creare dei centri urbani degni di questo nome.
"Il mondo minoico è stato scoperto più di un secolo fa ed i Minoici sono stati immediatamente etichettati come un popolo pacifico. - Ha spiegato il Dottor Molloy. - Questa visione utopica non è sopravvissuta molta nell'età moderna, pur rimanendo, comunque, sullo sfondo". Lo studioso ha anche affermato di essersi incuriosito sulle modalità con le quali questa civiltà ritenuta pacifica abbia controllato le sue risorse e le rotte commerciali, soprattutto quella con l'Egitto.
Il Dottor Molloy ha scoperto che la guerra era, al contrario di quanto si è finora pensato, una caratteristica della società Minoica e che il guerriero era una delle espressioni più importanti dell'identità maschile. Lo si evince dalle raffigurazioni di giovani che affrontano tori, che ingaggiano incontri di pugilato, battute di caccia e duelli. L'ideologia dello scontro ha permeato, insomma, la religione, l'arte, la politica e il commercio dell'antica civiltà Minoica. "E' a Creta che dobbiamo cercare l'origine delle armi che dominarono l'Europa fino al Medioevo, vale a dire spade, asce in metallo, scudi, lance e probabilmente anche armature", ha affermato il Dottor Molloy.
Armi e cultura della guerra si sono materializzati nei santuari, nelle tombe e in altri aspetti della vita sociale. 

Sciamani...panamensi

Le pietre ritrovate a Panama
Gli archeologi hanno riportato alla luce, in un riparo roccioso a Panama, pietre di quasi 5000 anni. Queste pietre potrebbero essere la prima prova di rituali sciamanici operati già in antico in questa parte del mondo.
Le pietre, in numero di 12, sono state ritrovate nel rifugio Casida de Piedra, sull'istmo di Panama. Le rocce hanno restituito, ad un esame al carbonio, una datazione di 4000-4800 anni fa ed erano raggruppate in un mucchietto, il che ha suggerito agli archeologi che fossero inizialmente custoditi in una custodia di pelle che, con il tempo, si è dissolta. Gli studiosi ritengono che si tratti di pietre utilizzate a scopo sciamanico.
Il riparo roccioso dove sono state rinvenute le misteriose pietre fu scoperto nel 1970. Gli archeologi pensano che sia stato utilizzato a partire da 6500 anni fa. E' stato individuato, nel rifugio roccioso, un focolare ed un luogo dove venivano fabbricati utensili. L'attribuzione degli oggetti ad un uso sciamanico è dovuta alla loro composizione: alcune rocce contenevano magnetite, altre erano state importante da luoghi anche piuttosto lontane, come la Cordillera Central.
Le moderne pratiche magiche potrebbero essere di ausilio nel comprendere meglio l'utilizzo di queste pietre. Ancora oggi, infatti, gli sciamani indigeni del Costa Rica usano cantare e soffiare fumo di tabacco sulle pietre al fine di comunicare con gli spiriti ultraterreni oppure di risolvere problemi di salute.

Cosmetici per defunti a Teotihuacan

Il viale principale di Teotihuacan
Un team di ricercatori spagnoli, in collaborazione con l'Università Nazionale messicana, ha potuto analizzare per la prima volta i cosmetici ritrovati nelle sepolture delle civiltà preispaniche del continente americano. In alcuni casi questi cosmetici sono stati utilizzati come parte del rituale post mortem, per rendere onore alle persone più importanti della città.
Sono stati presi in considerazione, in particolare, i campioni di cosmetici ritrovati nel sito archeologico di Teotihuacan, risalenti ad un periodo compreso tra il 200 e il 500 d.C.. All'epoca era comune svolgere, periodicamente, dei riti che riguardavano il culto dei defunti. In questi rituali, il sommo sacerdote della città guidava una cerimonia che prevedeva una processione fino alla dimora del cittadino più nobile. All'epoca i defunti erano seppelliti sotto il pavimento delle case. I cosmetici venivano utilizzati dal sacerdote nel corso della cerimonia ed erano parte del rituale. Come tali venivano bruciate assieme a parti della pittura che il sacerdote aveva sul corpo.
Non è frequente trovare prodotti cosmetici negli scavi archeologici americani. Quelli appena rinvenuti sono i primi ad essere stati analizzati in modo estremamente sistematico. Oltre a fornire una conoscenza migliore sui rituali funerari dei maya, i cosmetici aiutano gli studiosi a comprendere la rilevanza sociale degli individui sepolti e ad accertare la consistenza del commercio tra le varie zone del Messico. E' stato scoperto che diversi pigmenti facenti parte dei cosmetici provenivano dalle zone limitrofe a Teotihuacan. Altri, invece, sono stati sicuramente importati.

Nuove sepolture a Chichen Itza

Un oggeto rinvenuto nelle sepolture di Xtojkl
Gli archeologi messicani hanno rinvenuto una decina di sepolture maya risalenti a 1200 anni fa. Le sepolture si trovano nel sito di Xtojkl, a circa 20 chilometri da Chichen Itza, nella penisola dello Yucatan.
La maggior parte dei resti scheletrici sono stati rinvenuti in tombe di pietra note come cistas. Si tratta di cofanetti rettangolari protetti e coperti da lastre di pietre. Ogni cassetta conteneva fino a 30 pezzi di ceramica.
La datazione delle tombe è stata fissata ad un periodo compreso tra il 600 e l'800 d.C., prima che Chichen Itza emergesse come importante centro cerimoniale e politico.

mercoledì 16 gennaio 2013

Arte indiana, giardini inglesi

Un Pahana Sandakada ancora in situ ad Anurakhapura
Un Pahana Sandakada, una lastra di granito semicircolare splendidamente scolpita risalente a circa un migliaio di anni fa, che abbelliva l'ingresso di un tempio ad Anurakhapura, città sacra buddista e capitale dello Sri Lanka, è stato trovato nel giardino di una modesta abitazione nel Devon.
La lastra di granito è una delle uniche sette Pahana Sandakada esistenti al mondo. Le altre sei si trovano ancora ad Anuradhapura. La pratica di incidere queste lastre iniziò quando il Buddha era ancora in vita. Un devoto aveva coperto il pavimento di un tempio che aveva costruito con costosi tessuti, adornati da ricchi motivi geometrici. Quando un altro devoto volle fare la stessa cosa, Ananda, assistente personale del Buddha e suo cugino di primo grado, gli suggerì di metterli alla base dei gradini del tempio. Da allora questi tessuti divennero delle splendide opere d'arte.
Il Pahana Sandakada ritrovato nel Devon
Ad Anuradhapura la tradizione assunse la forma di pietre scolpite. Sandakada Pahana significa "mezza luna di pietra", in lingua Sinhala. I disegni intagliati all'interno della mezza luna sono carichi di simbolismo buddista e rappresentano la vita del Buddha e il ciclo del samsara (nascita, vita, morte e reincarnazione). All'interno della mezza luna sono presenti anche semicerchi concentrici con simboli buddisti. Al centro un mezzo loto in fiore, che rappresenta la purezza di spirito.
I Sandaka Pahanas sono stati creati verso la fine del regno di Anuradhapura, quando lo Sri Lanka fu invaso dai Chola Tamil dell'impero indiano, nel 993 d.C.. Il re di Anuradhapura, Mahinda V, era un sovrano debole che fece l'errore fatale di non corrispondere la paga al suo esercito. Fu catturato nel 1017 e tenuto prigioniero in India, mentre l'esercito Chola saccheggiava la città sacra di Anuradhapura. La capitale venne, in seguito, spostata a Polonnaruwa. Anuradhapura venne abbandonata alla vegetazione della giungla, pur senza essere stata mai dimenticata.
Gli antichi Romani scrissero diffusamente della città sacra (per esempio Plinio il Vecchio, nel 24mo capitolo della sua Storia Naturale, quando riferisce del diario di viaggio di Annius Plocamus).

Turchia, gli "inviti" di Antioco I di Commagene...

Turchia, l'iscrizione di Antioco di Commagene (Foto: AA) Un'iscrizione trovata vicino a Kimildagi , nel villaggio di Onevler , in Tu...