sabato 24 luglio 2021

Turchia, le stanze segrete della "Casa delle Muse" di Zeugma

Turchia, le scoperte di Zeugma
(Foto: hurriyetdailynews.com)

Nel corso degli scavi a Zeugma, situata nella provincia sudorientale del distretto di Belkis a Gaziantep, in Turchia, sono state portate alla luce due camere rupestri nell'area chiamata "Casa delle Muse" per i mosaici del pavimento.
Gli scavi sono iniziati nel 2005. Zeugma si trova sul fiume Eufrate. La "Casa delle Muse" è stata portata alla luce nel 2007. Il Professor Kutalmus Gorkay, responsabile degli scavi, ha affermato che le camere scavate nella roccia sono state rinvenute dopo lo scavo di 16 metri di terra di riempimento all'interno della "Casa delle Muse".
Queste stanze rupestri erano utilizzate come sale da pranzo. I mosaici rinvenuti sul pavimento fanno riferimento ad una vita intellettuale molto viva. Le muse erano le personificazioni più importanti dell'educazione nella Grecia classica. Nel mosaico sono raffigurate dee e personificazioni della letteratura, della storia, della poesia e della musica greca.
La città di Zeugma era una delle città più importanti dell'Anatolia, sul confine romano orientale. Gli scavi hanno permesso agli archeologi di raccogliere importanti informazioni sulla vita privata, le preferenze personali e l'identità degli antichi abitanti. Le case hanno uno o due cortili, aree in cui dove veniva raccolta anche l'acqua piovana in appositi bacini. Questi cortili erano anche utilizzati per allestire banchetti.

Fonte:
hurriyetdailynews.com

Venezia, una strada romana sotto la laguna...

(Fonte: AGI)

I resti di una strada romana sono stati trovati sotto la città di Venezia, secondo un nuovo studio degli archeologi.
L'indagine, condotta dai ricercatori dell'Istituto di Scienze Marine del Centro Nazionale delle Ricerche (ISMAR-CRN) e dell'Università IUAV di Venezia, è stata pubblicata sulla rivista Scientific Reports.
Il ritrovamento, che comprende i resti di una darsena romana nei pressi del canale Treporti, mostra l'esistenza di insediamenti umani nella zona secoli prima della fondazione di Venezia, nonché un sistema viario tra l'attuale città di Chioggia e l'antica città di Altinus.
"Abbiamo effettuato la mappatura con il sonar perché volevamo studiare la morfologia dei canali in 3D", racconta all'ANSA la geofisica del Cnr Fantina Madricardo. "Esaminando i dati raccolti, abbiamo notato la presenza di 12 strutture di natura antropica, allineate per oltre un chilometro in direzione nordest e ad una profondità di circa quattro metri. Dopo aver parlato con i subacquei che hanno trovato simili resti negli anni '80, e parlando con l'archeologa Maddalena Bassani", ha proseguito la Dottoressa Madricardo, "abbiamo dedotto che ci troviamo di fronte a zolle di basalto che pavimentano la strada romana posata lungo il litorale sabbioso che oggi è sotto il mare".
In epoca romana, spiegano gli autori, vaste aree della laguna oggi sommerse erano accessibili via terra. Sono stati trovati manufatti romani nelle isole e nei corsi d'acqua, ma non era chiaro il legame tra questi reperti e l'occupazione da parte dei Romani.
Le strutture rinvenute, alte fino a 52,7 metri e lunghe fino a 134,8 metri, rappresenterebbero le evidenze più concrete della presenza di un antico corso romano percorribile. Gli scienziati ipotizzano che la più grande di queste strutture sia stato un molo
In epoca romana il relativo livello medio del mare era più basso di quello attuale. Gran parte della laguna, oggi sommersa, era accessibile via terra. Le sorti della laguna di Venezia, la sua origine ed evoluzione geologica sono sempre state strettamente legate al relativo innalzamento del livello medio del mare, che oggi minaccia l'esistenza stessa della città storica e dell'isola lagunare.

Fonti:
ansamed.info
agi.it
greenme.it

venerdì 23 luglio 2021

Egitto, trovati i resti di un vascello

Egitto, i resti di un vascello militare trovato nell'antica
città sommersa di Thonis-Heracleion
(Foto: Reuters)

I sommozzatori hanno scoperto, nell'antica città sommersa di Thonis-Heracleion, i resti di una nave militare. Thonis-Heracleion era, un tempo, il più grande porto egiziano sul Mediterraneo, prima della fondazione di Alessandria.
Distrutta e affondata insieme ad una vasta area del delta del Nilo a causa di numerosi terremoti e maremoti, Thonis-Heracleion è stata riscoperta nel 2001 nella baia di Abu Qir, vicino ad Alessandria.
Il vascello militare è stato scoperto da una missione egiziano-francese guidata dall'Istituto europeo di archeologia subacquea (IEASM). Si pensa sia affondato quando il tempio di Amon, al quale era ormeggiato, subì un crollo nel II secolo a.C. Uno studio preliminare mostra che lo scafo della nave, che aveva un fondo piatto di 25 metri e che era dotata di remi e di una grande vela, è stato costruito secondo la tradizione classica ed aveva caratteristiche proprie degli arsenali dell'antico Egitto.
In un'altra parte della città sommersa, la missione ha trovato i resti di una vasta area funeraria greca risalente ai primi anni del IV secolo a.C. Questa scoperta è una riprova della presenza dei mercanti Greci che vivevano a Thonis-Heracleion. I Greci, infatti, avevano ottenuto il permesso, durante le ultime dinastie faraoniche, di stabilirsi in città. Qui costruirono i loro templi vicino al grande tempio di Amon. Tutte queste strutture sono state distrutte e sono state rinvenute, mescolate tra loro, con i resti del tempio egizio.

Fonte:
reuters.com

domenica 18 luglio 2021

Eunus, il precursore di Spartaco

Spartaco è, oramai, una figura leggendaria nella storia. Guidò una rivolta contro i Romani durante la Terza Guerra Servile. Tuttavia vi fu un'altra guerra servile, nel 135-132 a.C., che impegnò i Romani contro un certo Eunus di Enna e Cleon, che conquistò vaste aree della Sicilia e scatenò diverse rivolte minori in Italia e in Grecia.
Eunus era uno schiavo proveniente da Apamea, in Siria. Si diceva che avesse poteri soprannaturali, che potesse emettere oracoli e soffiar fuoco dalla sua bocca. Si diceva, anche, che ricevesse dalla dea Atargatis, corrispondente alla Demetra greca, visioni divine.
Dopo l'espulsione dalla Sicilia dei Cartaginesi in seguito alla loro sconfitta nella seconda guerra punica, gli speculatori provenienti da Roma acquistarono vasti appezzamenti di terreno in tutta l'isola e sfruttarono brutalmente gli schiavi abbandonati dai feudatari cartaginesi. I poveretti venivano sfruttati all'inverosimile e spesso lasciati morire di fame. Questa situazione portò gli schiavi a darsi al banditismo per poter sopravvivere.
Nel 135 d.C. gli schiavi che lavoravano nelle piantagioni che sorgevano nelle proprietà di Damofilo di Enna, insorsero e si rivolsero ad Eunus che aveva più volte detto di aver avuto delle visioni. Eunus organizzò gli schiavi in un manipolo di guerrieri e prese d'assalto la città di Enna, in cui catturarono e massacrarono Damofilo dopo aver torturato sua moglie ed i suoi schiavi.
Dopo la caduta di Enna la rivolta si diffuse rapidamente ed Eunus si proclamò "re Antioco di Siria", attraversò i territori siciliani conquistati e coniò monete con la sua immagine. Sul versante sud dell'isola, altri 5.000 schiavi si ribellarono sotto il comando di Cleon, che avrebbe assunto il titolo di "generale", e presero la città di Agrigentum, portando altri schiavi ad ingrossare la rivolta di Eunus. Dagli iniziali 10.000 le truppe di Eunus e Cleon salirono a 70.000.
Il pretore Lucius Hypsaeus marciò con un corpo composto da soldati siciliani per sedare la rivolta, ma gli schiavi misero facilmente in rotta questo esercito e sconfissero in successione altri tre pretori giungendo, alla fine dell'anno, ad occupare vaste aree dell'isola.
Nel 133 a.C. il Senato inviò il console Lucio Calpurnio Pisone in Sicilia. Questi riconquistò la città di Messana e mise a morte 8.000 prigionieri. L'anno successivo, il console Publio Rupulio riconquistò la città di Tauromenium e marciò su Enna, provocando la morte di Cleon e la crocifissione di circa 20.000 prigionieri in tutta l'isola.
Eunus venne catturato dopo la presa di Tauromenium da parte dei Romani. Venne trovato nascosto in una fossa. Fu portato nella città di Morgantina in attesa della punizione, ma morì di malattia prima di essere giudicato.

Fonte:
heritagedaily.com





Agrigento, le continue sorprese dello scavo

Agrigento, la pavimentazione del teatro
(Foto: Ansa)

Gli scavi nel sito del teatro ellenistico che si trova nella Valle dei Templi di Agrigento, hanno portato alla luce importanti reperti che suggeriscono non solo l'esistenza di un variegato complesso di edifici intorno al teatro vero e proprio, ma soprattutto la continua utilizzazione del sito.
Grazie alla collaborazione tra il Parco Archeologico e l'Università di Catania, gli archeologi hanno potuto lavorare su più fronti: è stata aperta una trincea di prova di oltre 300 metri quadrati in direzione est-ovest, dove sono stati scoperti numerosi sedili purtroppo crollati ed altri importanti reperti architettonici, tra i quali un capitello dorico. Nella parte centrale dello scavo è stata rinvenuta una fornace per la calce che fa pensare che l'area fosse abitata anche in età tardoantica; tra i reperti, un interessantissimo frammento di epigrafe marmorea, destinato ad essere trasformato in calce.
I lavori proseguono anche in altre zone del teatro: nell'angolo sud-ovest, nella zona del parodos (l'ingresso laterale al palcoscenico), è emerso un imponente edificio di età tardoantica con pavimento in lastre di calcare. La sua funzione non è ancora chiara, ma sembra sia stato edificato al di sopra delle strutture del teatro, probabilmente quando quest'ultimo aveva già perso la sua funzione.
Il teatro sta lentamente venendo a galla e negli ultimi giorni si sta ripulendo il banco roccioso per poter comprendere meglio la forma dell'antica cavea. Nella summa cavea continuano a venire alla luce nuove strutture, in particolare due absidi di un grande edificio ancora da interpretare. In precedenti campagne di scavo sono stati rinvenuti due sigilli vescovili che fanno ben sperare e incoraggiano gli archeologi a proseguire le loro indagini in quest'area. Altri importanti ritrovamenti sono stati effettuati nell'area esterna al teatro ad ovest, dove si trova un imponente sistema di terrazzamenti e di gestione delle acque legato alla città in epoca classica.

Fonte:
archaeologynewsnetwork.blogspot.com

Svezia, rinvenute sette sepolture cristiane

Svezia, una delle sepolture cristiane
(Foto: Uppdrag Arkeologi)

A Sigtuna, in Svezia, sono state trovate sette tombe cristiane risalenti all'età vichinga. Secondo gli archeologi le sepolture risalgono alla fine del X secolo.
Le sepolture sono state scoperte durante uno scavo per il progetto di costruzione di una villa. "Sono molto probabilmente la prima generazione di cristiani", ha affermato Johan Runer, archeologo di Uppdrag Arkeologi. "Quello che è unico è che molti sono stati sepolti in bare di legno ricoperte di pietra. Non abbiamo mai visto questo tipo di sepoltura a Sigtuna prima", ha aggiunto l'archeologo.
Nelle tombe sono stati trovati otto individui, con coltelli, cinture e pettini deposti come corredi. In una delle sepolture c'erano anche due bambini che sono morti, probabilmente, durante il parto. Mille anni fa le tombe si trovavano su una collina che dominava quella che allora era una baia. C'era un porto che potrebbe aver giocato un ruolo chiave nello sviluppo di Sigtuna. Gli archeologi sperano di trovare le fondamenta dell'antica città e le sue connessioni con Birka, un altro insediamento dell'era vichinga.
Sigtuna è stata fondata da Eric il Vittorioso. La città, in seguito, divenne la sede principale di suo figlio, il primo re cristiano di Svezia, Olof Skotkonung, che fece coniare le prime monete svedesi proprio a Sigtuna. La città ospita i resti di quella che si presume essere una chiesa, risalente alla fine dell'anno 1000. Tra il 1070 ed il 1120, Sigtuna divenne anche sede episcopale.

Fonte:
archaeologynewsnetwork.blogspot.com


sabato 17 luglio 2021

Roma, il cippo di Claudio che spostava il pomerio

Roma, il cippo pomeriale rinvenuto in città
(Foto: roma.repubblica.it

Durante i lavori a piazza Augusto Imperatore è riaffiorato uno dei cippi monumentali in travertino che l'imperatore Claudio fece erigere per segnare i punti in cui passava il pomerio di Roma.
Perfettamente conservato, incastonato nel suo terreno d'origine (oggi in piena falda acquifera), scelto dall'imperatore erede di Tiberio e Caligola, quando nel 49 d.C. decise di ampliare il pomerio, ossia quel "limite" perimetrale sacro, civile e militare della città di Roma. Si tratta di un reperto assai raro per l'archeologia romana, che vanta quasi del tutto integra anche l'iscrizione che ha guidato gli archeologi della Sovrintendenza capitolina (lo studio è di Claudio Parisi Presicce), in accordo con la Soprintendenza speciale di Roma, ad attribuirlo con assoluta certezza all'intervento voluto dall'imperatore Claudio.
Lo scenario è quello del cantiere di riqualificazione di piazza Augusto Imperatore, un'area non certo estranea a ritrovamenti archeologici. Durante i lavori di sbancamento e scavo sono stati numerosi i reperti riemersi. Il cippo, lungo quasi due metri per 74 centimetri di larghezza e 54 di spessore, è stato intercettato, ancora infisso nel terreno, durante la messa in opera del nuovo sistema fognario della piazza. Lo si può ammirare già nella Sala Paladino del Museo dell'Ara Pacis, dove si trova il calco della statua dell'imperatore Claudio.
"Il cippo non poteva essere lasciato nella sua posizione perché rinvenuto a una quota troppo bassa e in piena falda acquifera - spiega la soprintendente Daniela Porro - ma troverà una sua sua giusta collocazione museale. Tuttavia, dopo questa scoperta, nella nuova sistemazione di piazza Augusto Imperatore sarà evidenziato il punto esatto del ritrovamento".
Secondo la Dottoressa Porro, l'allargamento del pomerio, cioè del territorio cittadino, aveva un preciso significato e non solo simbolico, ma funzionale ad accogliere nuovi cittadini. Proprio per la sua importanza e per i suoi significati, il pomerio veniva modificato molto raramente. Seneca, parlando dell'ampliamento effettuato da Claudio, menziona Silla come unico precedente. Tacito cita anche Giulio Cesare. Altre fonti ricordano ampliamenti di Augusto, Nerone, Traiano e Aureliano. Ed è proprio questo che, con l'andamento segnato dai suoi cippi, fa Claudio, dopo la conquista della Britannia: rivendica l'ampliamento dei confini del popolo romano, in una visione articolata che, pur segnando il territorio, non guarda solo ad esso, ma consente di comprendere sguardi politici, filosofia, strategia, perfino ambizioni.
"Fu una decisione anche contrastata - racconta Daniela Porro - perché, come ha spiegato in un saggio lo storico Andrea Giardina, che è membro del Comitato Scientifico della Soprintendenza Speciale di Roma, questo atto si inseriva in una più ampia politica dell'imperatore, osteggiata dal Senato. Giardina ha messo in rilievo come l'allargamento del territorio dell'urbs fosse connesso al proposito dell'imperatore di estendere la cittadinanza romana anche alla Gallia Comata, dove peraltro era nato".
Claudio, secondo la formula di rito, viene ricordato con i suoi titoli e le sue cariche e rivendica l'ampliamento del pomerio, non menzionando territori conquistati, ma sottolineando l'allargamento dei confini del popolo Romano. Anche del confine fisico e civico.

Fonte:
ilmessaggero.it



Iraq, un'antica città senza nome

Iraq, resti dell'insediamento di 4000 anni fa
(Foto: Institute of Archaeology of the Russian
Academy of Science)

Gli archeologi russi hanno scoperto, in Iraq, quelli che credono siano i resti di un insediamento di 4000 anni sorto dalle ceneri dell'impero babilonese. La città perduta è tornata alla luce nel governatorato iracheno di Dhi Qar, un tempo cuore dell'impero sumero, considerato una delle prime civiltà al mondo.
La città scoperta è un insediamento situato sulle rive di un corso d'acqua, a Tell al-Duhaila. Gli archeologi hanno scoperto numerosi manufatti, tra i quali una punta di freccia arrugginita e rappresentazioni di cammello in argilla risalenti alla prima Età del Ferro. Hanno trovato anche i resti delle mura di un tempio e un antico porto dove dovevano essere state ancorate navi fluviali e marittime.
Si tratta di una scoperta di fondamentale importanza perché fa riferimento al mondo delle città sumere che si affacciavano sui porti marittimi. La maggior parte delle città aveva una vista sul mare, là dove oggi compare solo un vasto deserto.
Tell al-Duhaila ospita centinaia di siti storicamente importanti, tra cui la grande ziggurat di Ur, ed ha resistito al vandalismo di massa, al saccheggio e alla distruzione intenzionale di antichi siti iracheni iniziati nei primi anni '90 del secolo scorso. Si trova anche vicino alla città di Eridu dove, secondo la leggenda sumera, ebbe inizio la vita sulla terra.
Gli archeologi pensano che la città sconosciuta potrebbe essere stata la capitale di uno stato fondato a seguito del crollo politico alla fine del dominio babilonese sulla regione, intorno alla metà del II millennio a.C. Sul sito sono state identificate prove del primo uso agricolo del limo in Mesopotamia, precedente all'emergere della civiltà sumera. Il limo è stato fondamentale per la coltivazione della terra nella regione arida e secca conosciuta oggi come Mezzaluna Fertile.
I ricercatori hanno accertato che gli enormi blocchi utilizzati per costruire le mura del tempio dell'antica città sono stati cavati e lavorati in epoca babilonese. Secondo gli archeologi questo tipo di lavoro rimanda all'utilizzo della schiavitù durante il periodo neolitico e la prima Età del Rame. Il direttore delle antichità di Dhi Qar, Amer Abdel Razak ha affermato che le indagini sul territorio datano l'abitato all'antica era babilonese, ma potrebbe essere ancora più antico a giudicare dalla ceramica e dalle sculture trovate dalla missione russa.

Fonte:
dailymail.co.uk

Israele, le monete della rivolta

Israele, moneta coniata nel 67 o 68 d.C. dagli Ebrei
che si rivoltarono ai Romani (Foto: Tal Rogovsky)

In Cisgiordania sono state rinvenute due monete coniate a circa 70 anni di distanza dai ribelli Ebrei durante due distinte rivolte contro l'impero romano. Le monete possono offrire informazioni su ciò che è accaduto durante la rivolta di Bar Kochba contro i Romani.
Una delle monete, coniata nel 67-68 d.C., raffigura una foglia di vite ed un'iscrizione ebraica tradotta come "la libertà di Sion" su un lato, mentre l'altro lato mostra un'anfora con due manici ed un'iscrizione ebraica che è stata tradotta come "anno 2", secondo quanto ha affermato il Professor Dvir Raviv, docente presso l'Università Bar-Ilan in Israele, che ha condotto un'indagine archeologica nel 2020 che ha portato alla scoperta delle monete a circa 30 chilometri a nordest di Gerusalemme.
All'epoca in cui venne coniata questa moneta, i ribelli ebrei avevano sconfitto le forze romane nella regione e avevano preso il controllo di una parte considerevole di Israele, inclusa Gerusalemme, formando un governo di breve durata che era in grado di coniare monete proprie. Nel 70 d.C. un contrattacco romano avrebbe portato i Romani a riprendere Gerusalemme e a distruggere la maggior parte del Monte del Tempio, il luogo più santo di Gerusalemme.
Gli archeologi hanno scoperto un'altra moneta a meno di un chilometro di distanza dalla prima in una piccola grotta che sembra essere stata saccheggiata in tempi recenti. Venne coniata nel 134-135 d.C., durante la ribellione di Bar Kochba, che durò dal 132 al 136 d.C. Un lato ha un'iscrizione ebraica che si traduce come "per la libertà di Gerusalemme", insieme ad un ramo di palma all'interno di una corona. L'altro lato della moneta è decorato con l'immagine di una lira e un'iscrizione ebraica che si traduce come "Shimon", che era il nome del capo ribelle "Shimon Ben Kosva o Bar Kochba".
All'epoca in cui quest'ultima moneta venne coniata, i ribelli Ebrei si erano nuovamente contrapposti ai Romani, conquistando buona parte di Israele e formando un altro governo di breve durata, anch'esso in grado di coniare una moneta propria. I Romani schiacciarono la ribellione nel 136 d.C., come tramanda lo storico romano Cassio Dione, il quale sostiene anche che oltre 500.000 Ebrei vennero uccisi durante la repressione.
"Simboli e slogan sulle monete ebraiche durante le due ribellioni dichiarano chiaramente gli obiettivi dei ribelli: la libertà politica, la liberazione di Gerusalemme dal conquistatore romano e il rinnovamento del culto nel Tempio", hanno affermato, in una nota, i ricercatori. Le monete possono fornire indizi sulle rivolte, se non altro perché gli archeologi sanno esattamente dove sono state trovate. La maggior parte delle monete risalenti alle rivolte sono state recuperate sul mercato delle antichità, il che significa che non si sa da dove provengano.
Le monete rinvenute dagli archeologi sono tornate alla luce nella regione di Acrabatta, la più settentrionale della Giudea. Fino a poco tempo fa in questa zona non erano state trovate monete della rivolta di Bar Kochba. La moneta relativa a quest'ultima rivolta, trovata a Wadi er-Rashash, indica la presenza di una popolazione ebraica nella regione fino al 134-135 d.C., in contrasto con quanto si pensava precedentemente, cioè che l'insediamento ebraico negli altopiani a nord di Gerusalemme venne distrutto durante la Grande Rivolta conclusasi nel 73 d.C. e mai più ripopolato.
Perlustrando l'area del ritrovamento, inoltre, gli archeologi hanno scoperto resti di ceramiche, oggetti in vetro e manufatti in ferro, tra i quali due coltelli di fattura romana.

Fonte:
livescience.com

venerdì 16 luglio 2021

Iran, arto di pecora mummificato di 1600 anni fa

Iran, l'arto di pecora mummificato
(Foto: Deutsches Bergbau-Museum Bochum e Museo
Archeologico di Zanjan)

Un team di genetisti ed archeologi provenienti da Irlanda, Francia, Iran, Germania ed Austria ha sequenziato il Dna di una mummia di pecora vissuta 1600 anni fa proveniente dall'antica miniera di sale iraniana di Chehrabad.
Questo straordinario reperto ha rivelato ai ricercatori le pratiche di allevamento delle pecore nel Vicino Oriente Antico ed ha evidenziato come la mummificazione naturale possa influenzare la degradazione del Dna.
La miniera di sale di Chehrabad è nota per la caratteristica di preservare il materiale biologico. E' proprio in questa miniera, infatti, che sono stati recuperati i resti umani dei cosiddetti "uomini del sale", disseccati dall'ambiente salino. La nuova ricerca conferma che questo processo naturale di mummificazione, in cui l'acqua viene rimossa da un cadavere preservando, così, i tessuti molli che altrimenti sarebbero degradati - conserva anche i resti animali.
I genetisti hanno sfruttato questo fenomeno estraendo il Dna da un piccolo taglio di pelle mummificata da una gamba di pecora recuperata nella miniera. Mentre il Dna antico è solitamente danneggiato e frammentato, il Dna della mummia di pecora era estremamente ben conservato. L'influenza della miniera di sale è stata riscontrata anche nei microrganismi presenti nella pelle delle cosce di pecora. L'animale mummificato era geneticamente simile alle moderne razze ovine della regione, il che suggerisce che c'è stata una continuità di almeno 1600 anni, per quel che riguarda questi animali, in Iran.
Il team ha anche sfruttato la conservazione del Dna della pecora per studiare i geni associati al vello lanoso e alla coda grassa, due importanti caratteristiche delle pecore. Alcune pecore selvatiche - come il muflone asiatico - sono caratterizzate da un manto peloso, molto diverso dai manti lanosi presenti, oggi, in molte pecore domestiche. Le pecore dalla coda grassa sono comuni anche in Asia ed in Africa, dove sono apprezzate in cucina e dove si adattano ai climi aridi.
I genetisti hanno scoperto, dall'analisi del Dna, che all'arto mummificato mancava la variante genetica associata ad un mantello lanoso, mentre l'analisi delle fibre al microscopio elettronico a scansione, ha trovato i dettagli microscopici delle fibre del pelo coerenti con le razze pelose o miste. Quindi l'ovino al quale apparteneva l'arto recava varianti genetiche associate alle razze dalla coda grassa e doveva essere molto simile alle pecore oggi visibili in Iran.

Fonte:
tcd.ie


Turchia, trovate due statue ed un'iscrizione nell'antica Euromos

Turchia, una delle statue rinvenute negli scavi
(Foto: hurriyetdailynews.com)

Durante gli scavi nella provincia occidentale turca di Mugla, presso il tempio di Zeus Lepsynos, uno dei templi romani dell'Anatolia meglio conservati, sono state trovate due statue in marmo ed un'iscrizione risalenti a 2500 anni fa. Il tempio venne costruito con le donazioni dei fedeli nell'antica città di Euromos.
Euromos era una delle città più prospere dell'Anatolia, grazie alla sua posizione. Ci sono circa 250 blocchi impilati uno sopra l'altro sulla facciata meridionale del tempio, che aspettavano di essere utilizzati nei lavori di restauro.
Durante lo scavo che mirava a recuperare blocchi architettonici sotto terra, gli archeologi hanno avuto grandi sorprese: due statue ed un'iscrizione. Le due sculture sono state classificate come "kouroi". Uno dei due è nudo mentre l'altro indossa un'armatura ed un corto gonnellino. L'armatura sembra essere di cuoio. Entrambe le statue hanno un leone tra le mani. Iconograficamente il leone ha un significato importante. Probabilmente la statua raffigurante un kouros nudo rappresenta il dio Apollo. L'iscrizione, invece, è di epoca ellenistica e sono in corso studi per interpretarla.
Euromos sorse, con tutta probabilità, nel VI secolo a.C. ed entrò a far parte della Lega Crisaorica, una lega informale di città carie fiorita nel III secolo a.C., dagli inizi della dominazione seleucide in Asia Minore. Tra il II secolo a.C. ed il II secolo d.C. Euromos coniò anche monete d'argento.
Il tempio di Zeus Lepsynos è l'edificio principale e meglio conservato dell'antica Euromos. Come si presenta attualmente il tempio risale all'epoca dell'imperatore Adriano. Gli scavi archeologici, però, hanno permesso il recupero di cocci in terracotta che sembrerebbero indicare un'origine risalente almeno al VI secolo a.C.

Fonte:
hurriyetdailynews.com

giovedì 15 luglio 2021

I colori della Signora di Baza

Spagna, i colori presenti sulla statua
(Foto: Pedro Saura)

Il 20 luglio 1971, un archeologo di nome Francisco Presedo fece una scoperta che lo rese famoso in tutto il mondo. Durante gli scavi di una necropoli su una collina chiamata Cerro del Santuario, nella città di Baza, nella provincia meridionale di Granada, in Spagna, ha aperto una cavità larga 2,60 metri e profonda 1,80. All'interno rinvenne una scultura dipinta di una donna seduta con una ricca serie oggetti tra i quali armi, tutti rimasti lì per circa 2400 anni.
Presedo aveva appena ritrovato quella che sarebbe diventata nota come la Signora di Baza, una spettacolare scultura realizzata da un artista appartenente ai Bastetani, una popolazione preromana che visse nella regione sudorientale della penisola iberica tra il IV ed il II secolo a.C. questa scultura ne ricorda un'altra, più famosa, realizzata nello stesso periodo: la Signora di Elche.
Presedo si accorse che i colori originali della scultura stavano rapidamente scomparendo. Notò anche una macchia brunastra causata dall'acqua. Nel disperato tentativo di fermare il processo di decomposizione, l'archeologo afferrò una lattina di lacca per capelli e ne ricoprì la Signora di Baza.
Ora gli studiosi, servendosi della tecnologia del XXI secolo, stanno cercando di ripristinare i colori, che vanno dal blu all'argento, utilizzati dall'artista che ha scolpito la Signora di Baza. Per ripristinare il colore ed i dettagli perduti, gli esperti si sono affidati alla fotografia digitale, che consente un'osservazione dettagliata dell'immagine e consente anche di evidenziare degli aspetti specifici. I ricercatori hanno eliminato quasi il cento per cento della luce riflessa. Il primo risultato è stato che i colori della scultura sono apparsi con maggiore intensità e che la Signora di Baza è apparsa come l'immagine di una donna iberica, distinta, appartenente alle classi alte e più abbienti della società. La statua presentava piccoli elementi ben nascosti nel suo abbigliamento.
L'artista voleva riprodurre fedelmente l'aspetto fisico ed il vestito della donna, colorando il viso e le mani con tonalità di pelle sfumate e dipingendo il mantello e la tunica con i colori che erano realmente utilizzati per i vestiti. L'artista ha anche dedicato molto tempo a creare la sedia o trono sul quale siede la figura. C'è un gioco di chiaroscuri, sulla scultura, che probabilmente vuole alludere alle doghe di legno combinate a formare il sedile.
Nel 1990 e nel 2006, l'Università di Valencia e l'Istituto spagnolo per i beni culturali hanno utilizzato tecniche analitiche estremamente avanzate per identificare i pigmenti utilizzati sulla scultura: silicato di calcio e rame per il blu egiziano, cinabro per il vermiglio, terra per l'ocra, gesso per il bianco e carbone per il nero. Hanno rilevato anche la presenza di foglie di rame molto sottili che coprono i gioielli per farli diventare argentei.
Il nuovo studio sottolinea, inoltre, la presenza sulle guance di un colore più acceso che diventa più intenso sulle labbra, anch'esse dipinte con il cinabro. Il nero è stato utilizzato, dallo scultore, per le sopracciglia; i margini delle palpebre e le ciglia le quali sono state dipinte su sottili rientranze per evidenziare i piccoli occhi e renderli più espressivi grazie ad iridi e pupille dipinte.
Il trattamento computerizzato delle immagini digitali ha permesso, anche, ai ricercatori di mettere maggiormente a fuoco un motivo che nessuno era stato in grado di identificare in passato e che nessuno aveva notato: una lunga serie di perline che pendono dal retro dei ciondoli. Questo elemento era dipinto di vermiglio così come il bordo del mantello e della tunica, portando gli studiosi a ritenere che si trattasse di un filo con nodi dal valore più simbolico che materiale.

Fonte:
english.elpais.com

Israele, il vaso di Jerubbaal...

Israele, l'iscrizione rinvenuta su un vaso in ceramica
(Foto: Dafna Gazit, Israel Antiquities Authority)

Negli scavi di Khirbat er-Ra'i, vicino a Kiryat Gat, in Israele, è stata recuperata un'iscrizione dell'epoca biblica dei Giudici, relativa all'omonimo libro. La rara iscrizione reca il nome "Jerubbaal" in caratteri alfabetici e risale al 1100 a.C. circa. La scritta si trova su un vaso in ceramica trovato all'interno di una fossa di stoccaggio ricoperta di pietre.
Il sito, che si trova nella foresta Shahariya, è soggetto a scavo dal 2015 e l'attuale è la settima stagione di scavo, condotta dall'Istituto di Archeologia dell'Università Ebraica di Gerusalemme, dall'Autorità per le Antichità Israeliane e dalla Macquarie University di Sydney, in Australia, sotto la direzione del Professor Yossef Garfinkel.
L'anfora sulla quale compare la scritta potrebbe aver contenuto un liquido prezioso come l'olio, un profumo o una medicina. Apparentemente il proprietario del vaso ha scritto il suo nome su di esso per affermare la sua proprietà.
Il Professor Garfinkel ha spiegato che "Il nome Jerubbaal è familiare nella tradizione biblica nel Libro dei Giudici, come nome alternativo per il giudice Gideon ben Yoash. Gedeone viene menzionato per la prima volta come combattente contro l'idolatria, ruppe l'altare di Baal e abbatté il palo di Asherah. Nella tradizione biblica è poi ricordato come vincitore dei Madianiti, che erano soliti attraversare il Giordano per depredare i raccolti. Secondo la Bibbia, Gedeone organizzò un piccolo esercito di 300 soldati ed attaccò di notte i Madianiti vicino a Ma'ayan Harod. In considerazione della distanza geografica tra la Shephelah e la valle di Jezreel, questa iscrizione potrebbe riferirsi ad un altro Jerubbaal e non al Gedeone della tradizione biblica, sebbene non si possa escludere la possibilità che la brocca appartenesse al Giudice Gedeone".
Le iscrizioni del periodo dei Giudici sono estremamente rare e quasi senza pari nell'archeologia israeliana. In passato ne sono state rinvenute pochissime con delle lettere non chiaramente riferibili. L'attuale rinvenimento è il primo che rechi il nome Jerubbaal al di fuori del testo biblico ed in un contesto archeologico.
L'iscrizione Jerubbaal contribuisce alla comprensione della diffusione della scrittura alfabetica nella transizione dal periodo cananeo al periodo israelita. L'alfabeto fu sviluppato dai Cananei sotto l'influenza egiziana intorno al 1800 a.C., durante l'Età del Bronzo Medio. Nella tarda Età del Bronzo (1550-1150 a.C.), in Israele sono note solo poche di queste iscrizioni, la maggior parte provenienti da Tel Lachis, vicino l'attuale Moshav Lachis. La città cananea di Lachis era probabilmente il centro in cui veniva mantenuta e preservata la tradizione di scrivere l'alfabeto. La città venne distrutta intorno al 1150 a.C. e rimase inabitata per circa due secoli.

Fonte:
mfa.gov.it

Paesi Bassi, il prezzo del guado...

Paesi Bassi, alcune delle monete romane trovate nel
fiume Aa (Foto: Wim e Nico van Schaijk)

Gli archeologi hanno risolto un enigma che durava dal 2017, da quando dei cacciatori di tesori dilettanti avevano scoperto ben 107 monete romane sulle rive di un fiume dei Paesi Bassi.
Gli archeologi hanno ipotizzato che nel luogo del ritrovamento ci fosse, in epoca romana, un guado poco profondo e che i viaggiatori superstiziosi offrivano qui qualche moneta per propiziarsi un passaggio tranquillo attraverso il corso d'acqua.
Molte delle monete recano incise immagini militari, che potrebbero fare riferimento ad una precedente pratica locale di collocare oggetti legati alla guerra, quali asce, spade ed elmi, lungo fiumi ed altri specchi d'acqua. Si potrebbe, dunque, trattare di un'usanza pre-romana sopravvissuta in epoca romana in altra forma.
Le monete sono state trovate dai fratelli Nico e Wim van Schaijk, con l'ausilio del metal detector lungo il fiume Aa, nel villaggio di Berlicum. Vi erano quattro denari d'argento e 103 sesterzi di bronzo, oltre a delle asce. In seguito gli archeologi hanno trovato un ciondolo in bronzo proveniente da un'imbracatura per cavalli ed altre due monete romane, portando il totale a 109 monete, tutte coniate tra il 27 a.C. ed il 108 d.C., mentre il ciondolo è stato datato ad un periodo compreso tra il 120 ed il 300 d.C.
Proprio il fatto che queste monete non fossero molto preziose (non c'erano, tra esse, monete d'oro) e che fossero sparse su una vasta area e senza essere eccessivamente occultate, ha suggerito che questo tesoretto non sia stato nascosto ma siano state depositate da diverse persone per un lungo periodo di tempo.

Fonte:
livescience.com


domenica 11 luglio 2021

Pontecagnano, la tomba del fanciullo guerriero

La sepoltura etrusca di Pontecagnano
(Foto: Gazzetta del Sud)

Pontecagnano Faiano, in provincia di Salerno, è stato protagonista, nei giorni scorsi, di una scoperta archeologica che conferma l'eccezionale popolosità dell'insediamento etrusco-campano. E' stata rinvenuta, infatti, la sepoltura numero 10.000 in una zona occupata, senza soluzione di continuità, dagli inizi del IX secolo a.C. fino all'età romana.
Ancora una volta, gioca un ruolo fondamentale l'archeologia preventiva, portata avanti dalla Soprintendenza ABAP di Salerno e Avellino nel corso della realizzazione di un complesso residenziale.
L'architetto Francesca Casule ha sottolineato come la capillare attività di tutela messa in campo dalla Soprintendenza abbia consentito di raggiungere risultati importantissimi sul piano della conoscenza e della valorizzazione dell'antico insediamento di Pontecagnano.
L'ultimo rinvenimento fa parte di un'ampia necropoli, con datazione dalla fine del V secolo a.C. fino alle prime fasi dell'insediamento romano. La necropoli presenta la maggior parte delle sepolture con datazione al periodo sannitico (fine V - metà III secolo a.C.). Fornisce un'utile immagine delle usanze funerarie del periodo, con sostanziali differenze riconducibili allo stato sociale, al genere e alla classe d'età dei defunti.
La tomba 10.000 si caratterizza principalmente per la tipologia sepolcrale. Si tratta infatti di una tomba a cassa litica, molto frequente nella necropoli. La particolarità, tuttavia, risiede nel materiale di costruzione impiegato: al posto dell'abituale travertino, pietra locale di facile reperimento, è stato impiegato tufo grigio campano, sicuramente importato. Anche la lavorazione della cassa e della copertura attestano la ricercatezza e la cura nella messa in opera della tomba. Tre blocchi in tufo modanati costituivano la copertura della cassa, realizzata con blocchi perfettamente squadrati.
Il proprietario della sepoltura è, con ogni probabilità, un adolescente (a giudicare dalla lunghezza dello scheletro e dalle dimensioni delle ossa). Sebbene si conservi perfettamente la parte inferiore, dal bacino ai piedi, la parte superiore presenta un grave danneggiamento a causa delle infiltrazioni di radici e di attività animali. Nel corredo funerario spiccano un grande cinturone di bronzo e due coppe a vernice nera collocate ai piedi, di cui una con anse (coppa destinata al consumo del vino, skyphos). Il cinturone bronzeo sembra ricondurre alla sfera guerriera oltre a configurarsi come simbolo dello status sociale. Tuttavia manca nel corredo l'arma da lancio (giavellotto o lancia), peculiare dei maschi adulti della comunità.
La colonia etrusca di Pontecagnano raggiunse l'apice della sua fortuna tra l'VIII e il VII secolo a.C.. Qui sono stati rinvenuti oggetti provenienti da tutte le parti del Mediterraneo, dalla Grecia all'Egitto, dall'Estremo Oriente alla Sicilia e alla Sardegna. Pochi chilometri di terreno coltivato e il fiume Sele separano l'insediamento dalla storica città greca, e poi romana, di Paestum, mentre a sud si trova Pompei, le cui origini, secondo recenti studi condotti dall'archeologo Massimo Osanna, vanno considerate etrusche.
Nel V secolo a.C., la battaglia di Cuma ed il conseguente tramonto della civiltà etrusca nel meridione portarono ad un ridimensionamento della colonia di Pontecagnano. La cultura e i riti funerari, nel frattempo, erano mutati: non si deponevano più ricchi corredi nelle sepolture. Sopravvissuta fino all'età romana, quando si chiamò Picentia, Pontecagnano continuò ad essere un grande luogo di aggregazione. Gli scavi qui iniziarono nel 1962, con il boom edilizio, e si ebbero subito ritrovamenti di tombe. Degli scavi si occupò Bruno D'Agostino, tra i padri dell'etruscologia in Italia.

Fonti:
archeome.it
ansa.it


Bulgaria, emergono i resti di un'antica torre e di un fossato

Bulgaria, il luogo del ritrovamento della torre
(Foto: sofiaglobe.com)

Gli archeologi hanno scoperto le fondamenta di un muro che racchiude un'area di mille metri quadrati al largo di Capo Chiorosa, sulla costa meridionale del Mar Nero in Bulgaria. Oltre alle mura sono tornate alla luce le fondamenta di una grande torre situata nella parte più alta e sporgente del promontorio.
Gli archeologi hanno trovato e studiato anche tratti separati di un fossato largo tre metri, conservato ad una profondità fino a due metri nel terreno. Il fossato aveva, probabilmente, funzioni difensive, ma è possibile che avesse anche funzioni rituali. Sono stati rinvenuti centinaia di frammenti ceramici riferibili alla civiltà tracia, sia di origine locale che importati per la maggior parte dalle botteghe dell'Asia Minore dei dintorni di Pergamo. Sia le monete che gli ornamenti ed i sigilli delle anfore datano il sito alla fine II-I secolo a.C.

Fonte:
sofiaglobe.com

venerdì 9 luglio 2021

Verona, la "Pompei in miniatura" sotto il cinema Astra

Verona, particolare delle pareti affrescate e parti di legno
carbonizzato (Foto: Ansa)

Un antico edificio romano è stato trovato durante gli scavi in un ex cinema nella città di Verona, in quella che è stata descritta come una "Pompei in miniatura". La scoperta è avvenuta durante gli scavi nei sotterranei del cinema Astra, che è in fase di ristrutturazione dopo essere rimasto abbandonato per più di venti anni.
Con le sue magnifiche pareti affrescate, l'edificio, che risale alla fine del II secolo d.C., evoca una "Pompei in miniatura". Non è ancora chiaro quale funzione avesse l'edificio, ma gli esperti hanno affermato che sembrava essere sopravvissuto a un incendio, poiché il tetto era crollato e tra i reperti c'erano tracce di mobili in legno carbonizzato. "Un incendio sembra aver messo fine alla frequentazione del complesso", ha detto il sovrintendente.
Nonostante l'incendio, l'ambiente si è conservato intatto, con le pareti affrescate con magnifici colori. La scoperta arriva a poco più di un anno dal ritrovamento di un pavimento musivo romano perfettamente conservato nei pressi di Verona. Le tegole multicolori, rinvenute sotto un filare di viti, facevano parte delle fondamenta di una villa romana, i cui resti furono scoperti un secolo fa in una zona collinare sopra il paese di Negrar di Valpolicella.
Si ritiene che la villa risalga al III secolo d.C., al suo interno è stato individuato un primordiale impianto di riscaldamento sia a parete che a pavimento. La casa sorgeva lungo la via che portava al principale ingresso della Verona romana. Secondo la "relazione storico artistica" a firma della Dottoressa Giuliana Cavalieri Manasse e datata al 2007, le strutture a carattere residenziali "allineate con il tracciato della grande via consolare e del decumano secondo e probabilmente aperte su entrambe le strade, si compongono di una serie di vani, più di 20". La relazione riporta che "non si conosce l'esatta funzione dell'impianto che sembra aver avuto un uso residenziale, ma pare essere troppo grande com struttura abitativa privata, almeno in rapporto allo standard medio veronese".

Fonte:
archaeologynewsnetwork.blogspot.com


Gerusalemme, riaperto un antico e grande edificio pubblico

Gerusalemme, l'edificio pubblico da poco scoperto
(Foto: Yaniv Berman/Israel Antiquities Authority)

Un grande edificio che ha ospitato funzioni pubbliche e forse riunioni del governo cittadino è stato riaperto al pubblico a Gerusalemme duemila anni dopo la sua costruzione.
La struttura, di recente scavata, situata vicino al Muro Occidentale della città, consiste in due sale identiche, riccamente decorate, dove i dignitari dovevano essersi riuniti durante le loro visite in città. Si tratta, secondo Shlomit Weksler-Bdolah, responsabile degli scavi "di uno dei più magnifici edifici pubblici del periodo del Secondo Tempio mai scoperti fuori dalle mura del Monte del Tempio a Gerusalemme".
L'archeologo britannico Charles Warren identificò per la prima volta l'edificio nel XIX secolo. Gli scavi e gli sforzi per recuperare completamente la struttura sono andati avanti tra partenze ed interruzioni nei successivi 150 anni. Sebbene gli archeologi in precedenza ritenessero che il centro pubblico fosse stato costruito sotto la dinastia degli Asmonei (dal 143 al 37 a.C. circa), ora convengono nel dire che risalga ad un periodo che va dal 30 al 30 d.C.
Gli esperti sono arrivati a stabilire questo intervallo di date dopo aver rimosso parte dell'antica pavimentazione dell'edificio ed eseguito la datazione al carbonio su materiali organici. Hanno anche trovato monete e pezzi di ceramica che contenevano indizi sui tempi della costruzione.
Tra la costruzione dell'edificio pubblico e la distruzione del Secondo Tempio da parte dei Romani nel 70 d.C., lo spazio ospitò, forse, feste in cui gli ospiti avevano l'abitudine di sedere su divani reclinabili in legno. I due grandi vani della struttura erano pavimentati con enormi lastre di pietra. Tra le stanze c'era un'enorme fontana decorativa che utilizzava tubi di piombo per far sgorgare l'acqua attraverso capitelli corinzi installati nelle pareti. Verso la fine del periodo del Secondo Tempio, i lavoratori apportarono modifiche all'edificio, dividendolo in tre camere ed installando una piscina a gradini che veniva utilizzata come bagno rituale.
Warren scoprì una delle due grandi camere, la sala orientale, nel 1867, ma gli archeologi hanno trovato la seconda solo nel 2007, mentre stavano lavorando ad un progetto di tunnel lungo il Muro Occidentale. La scoperta ha aiutato i ricercatori a determinare i tempi della costruzione di parti del complesso del Monte del Tempio. L'edificio pubblico sembra essere stato costruito prima del Muro Occidentale e di un'altra parte del complesso nota come Wilson's Arch. Questa scoperta supporta la teoria secondo la quale Erode, re della Giudea nominato dai Romani tra il 37 ed il 4 a.C., iniziò un'importante espansione del complesso ma lasciò ad altri il completamento del progetto.

Fonte:
smithsonianmag.com

Roma, una passeggiata nella casa delle Vestali

Roma, la casa delle Vestali (Foto: arte.it)

Tra gli appartamenti residenziali delle Vestali si è aperto, il 6 luglio scorso, un museo diffuso, un nuovo percorso di visita accessibile al pubblico. Siamo nel cuore della Roma antica.
Le sacerdotesse di Vesta costituivano l'unico sacerdozio femminile dell'antica Roma ed avevano il compito di sorvegliare il fuoco sacro affinché non si spegnesse. Le Vestali, in numero di sei ed appartenenti alle famiglie patrizie di Roma, prestavano servizio per trent'anni, impegnandosi - pena la morte - a conservare la verginità. Le appartenenti a questo sacerdozio godevano di alcuni privilegi: si potevano spostare in carro all'interno della città ed avevano posti riservati durante gli spettacoli.
Se venivano meno al voto di castità o nel caso in cui il sacro fuoco di Vesta si spegneva, le Vestali, vestite di abiti funebri, erano condotte, all'interno di una lettiga chiusa, al Campus Sceleratus e venivano lasciate in un sepolcro chiuso e la loro memoria veniva cancellata per sempre.
Il recupero conservativo dello spazio riservato, un tempo, alle vestali è stato avviato nel 2013 da Patrizia Fortini e Maria Maddalena Scoccianti, proseguito da Irma Della Giovampaola. All'interno di questo museo diffuso sono ricollocate nella posizione originaria le sculture rinvenute nel corso degli scavi condotti nel Foro Romano alla fine del XIX secolo. Nello spazio è collocata anche la statua che alcuni studiosi pensano sia di Numa Pompilio, il secondo re di Roma che, secondo la tradizione, istituì il culto del fuoco sacro. Completa il percorso una statua di Vestale esposta di recente in una mostra a Tivoli, dove si conserva l'unica sepoltura nota di Vestale nel mondo romano.
E' possibile, nel contesto della casa, visitare anche la stanza della macina di pietra lavica, dove, secondo una tradizione ancora tutta da verificare, le Vestali confezionavano la mola salsa, una focaccia sacra offerta a Vesta in occasione delle festività. Pezzetti di questa focaccia erano distribuiti ai credenti come atto di purificazione oppure la mola salsa era utilizzata per cospargere animali destinati al sacrificio.
La casa delle Vestali o Atrium Vestae, venne scoperta nel 1882 da Rodolfo Lanciani. Gli ambienti che oggi sono visitabili emersero dopo la rimozione del grande muro di recinzione degli Orti Farnesiani. Il tempio di Vesta venne più volte ricostruito a causa dei numerosi incendi ed infine venne restaurato dall'imperatrice Giulia Domna verso la fine del II secolo d.C.
La peculiare forma circolare del tempio rimandava alla forma delle capanne arcaiche, con un foro nel centro del tetto conico per far uscire il fumo. All'interno del tempio di Vesta era conservato il Palladio, un piccolo simulacro di Atena portato a Roma, secondo la leggenda, da Enea.

Fonte:
arte.it

Germania, scoperta la chiesa del complesso palaziale di Ottone I

Germania, veduta aerea della chiesa costruita da
Ottone il Grande (Foto: Ufficio Statale per la conservazione
dei monumenti e l'archeologia della Sassonia-Anhalt)

Gli archeologi che stavano cercando i resti di un palazzo reale in Germania, hanno scoperto una chiesa di mille anni fa, costruita per Ottone il Grande, chiamato anche Ottone I, vissuto dal 912 al 973 d.C.
Ottone I consolidò ed espanse il Sacro Romano Impero, che aveva il suo centro in Germania e controllava il territorio di tutta l'Europa centrale.
I documenti storici indicano che un palazzo ed una chiesa furono costruiti vicino ad Helfta, in Sassonia, per l'imperatore romano. 
La chiesa appena rinvenuta è a tre navate e lunga circa 30 metri. Aveva una pianta a croce, come mostrano gli scavi. L'edificio religioso venne distrutto durante la Riforma protestante che attraversò l'Europa nel XVI secolo e che portò alla creazione di nuovi rami del cristianesimo.
Tra i manufatti rinvenuti nel sito vi è un crocifisso romanico in bronzo decorato con smalto, realizzato a Limoges, nella Nuova Aquitania (odierna Francia) nel XIII secolo. E' stato scoperto anche un grande frammento di una campana per chiesa, una spilla smaltata del IX secolo e numerose monete.
Gli archeologi hanno scoperto anche diverse sepolture intorno alla chiesa, tra le quali alcune tombe in mattoni. I ricercatori sanno che accanto alla chiesa sorgeva, un tempo, anche il palazzo reale ma la momento la priorità è costituita dallo scavo della chiesa. Ottone I ordinò la costruzione dell'edificio religioso e di un palazzo a questi vicino, che visitò una sola volta, quando la chiesa venne inaugurata intorno al 968 d.C.

Fonte:
livescience.com

Vindolanda, Marte o Mercurio?

Gran Bretagna, immagine del cavaliere nudo
(Foto: bbc.com)

Gli archeologi stanno cercando di identificare una misteriosa scultura su una steleraffigurante un cavaliere nudo, che regge una lancia a cavallo di un asino o di un cavallo. Il ritrovamento è stato effettuato a Vindolanda, vicino Hexham, nel Northumberland. La stele è tornata alla luce pressoché intatta vicino ad una caserma di cavalleria del IV secolo d.C. Si ritiene che la scultura raffiguri Marte o Mercurio, malgrado sia assente qualsiasi iscrizione.
La nudità della figura ha fatto immediatamente pensare ad una raffigurazione di un dio, piuttosto che a quella di un semplice cavaliere. L'uomo regge una lancia con la mano sinistra, la lancia è uno degli attributi del dio della guerra. Le caratteristiche circolari che compaiono sulla testa della figura potrebbero, però, far pensare alle ali, attributo comune di Mercurio.
La scultura misura 16 centimetri di larghezza e 31,5 centimetri di altezza ed è ben conservata.

Fonte:
bbc.com




Finlandia, il bastone dello sciamano

Il bastone a forma di serpente trovato in Finlandia
(Foto: Satu Koivisto, Antiquity Publications Ltd)

Lungo un lago nel sudovest della Finlandia è stato rinvenuto un bastone di legno scolpito a forma di serpente, risalente a circa 4400 anni fa. Il bastone era probabilmente utilizzato per scopi mistici da uno sciamano.
Il bastone è lungo 53 centimetri e spesso 2,5 centimetri ed è stato ricavato da un unico pezzo di legno. Si tratta di un oggetto molto naturalistico, che ricorda una biscia o una vipera europea nell'atto di strisciare o nuotare.
Alcuni ricercatori propendono per pensare che si tratti di una vipera, dal momento che questo animale ha un ruolo importante nella religione e nella magia popolare. Secondo i documenti storici che riportano le credenze precristiane, i serpenti erano carichi di significati simbolici sia nella cosmologia ugro-finnica che in quella sami e si credeva che gli sciamani fossero in grado di trasformarsi in serpenti. I Sami vivono nella Scandinavia settentrionale e in Russia, mentre le lingue ugro-finniche sono parlate sia in Scandinavia che nell'Europa orientale.
Il manufatto, tuttavia, risalire a molto prima che i Finlandesi iniziassero a redigere registri scritti. Sono stati rinvenuti anche un gran numero di manufatti relativi alla pesca, a far intendere che questa località fosse frequentata anche da antichi pescatori. Alcuni studiosi hanno avanzato l'ipotesi che questo artefatto fosse un offerta e non un oggetto smarrito accidentalmente. Il suolo di natura acida della Finlandia spesso non conserva i manufatti in legno per così tanto tempo. I ricercatori stanno cercando di determinare di che tipo di legno è fatto il manufatto.

Fonte:
livescience.com

Lettonia, tracce dell'antenato della peste

Il cranio RV 2039 del cacciatore raccoglitore che reca
tracce di peste (Foto: Dominik Goldner, BGAEU, Berlino)

Il cranio di un cacciatore-raccoglitore vissuto in Europa oltre 5000 anni fa, reca le più antiche tracce conosciute dei batteri responsabili della peste. La scoperta può fornire alcuni importanti indizi sulle origini e l'evoluzione di questo nemico del genere umano, responsabile di alcune delle peggiori epidemie della storia umana.
La peste è causata dal batterio Yersinia pestis e di solito si diffonde attraverso il contatto con animali o attraverso il morso di pulci che fungono da vettori, In questa forma è conosciuta come peste bubbonica. Può anche trasformarsi in una malattia respiratoria molto grave nota come peste polmonare. La terza forma, molto rara e spesso fatale, è chiamata peste setticemica e si verifica quando i batteri si insediano nel sangue.
Sebbene oggi la peste sia contenuta attraverso il miglioramento dei servizi igienico-sanitari e la disponibilità di antibiotici, nel Medioevo la peste si diffuse regolarmente in Europa, Asia ed Africa. Si pensa che la peste nera che funestò l'Europa a metà del XIV secolo sia stata una delle pandemie più letali di sempre, comportando la morte di circa un terzo dell'intera popolazione europea e di almeno 50 milioni di persone in tutto il mondo.
I ricercatori stavano cercando eventuali tracce di Dna nei resti del cranio di un giovane uomo sepolto 5000-5300 anni fa vicino al fiume Salaca in Lettonia, vicino ad un sito ricco di conchiglie chiamato Rinnukalns. I cumuli di conchiglie indicano i luoghi in cui i primi umani hanno lasciato rifiuti e prove della loro vita domestica. L'analisi del teschio includeva lo screening per potenziali agenti patogeni e questo ha portato alla scoperta di frammenti di Dna che codificano le proteine note per essere specifiche della Yersinia pestis. Da queste tracce i ricercatori hanno ricostruito il genoma di questo ceppo, denominato RV 2039, come la designazione data allo scheletro dell'uomo, e l'hanno confrontato con altri antichi ceppi ricostruiti.
I ricercatori affermano che RV 2039 precede tutti gli altri campioni di Yersina pestis e potrebbe rappresentare l'inizio della evoluzione del batterio come specie distinta. "La scoperta più importante della nostra ricerca è che possiamo datare la scissione della Yersinia pestis al suo parente più prossimo, la Yersinia pseudotubercolosis, un batterio relativamente innocuo, a circa 7300 anni fa. Questo è prima di quanto si pensasse in precedenza", ha spiegato Ben Krause-Kyora, biologo molecolare e professore di analisi del Dna antico presso l'Università Christian Albrecht di Kiel, in Germania.
Per questo, come per altri antichi ceppi di peste, questi batteri mancano degli adattamenti che hanno permesso loro di diffondersi dalle pulci, il che, si pensa, abbia dato il via all'evoluzione in una malattia più virulenta. L'enorme quantità di Dna della peste rinvenuta nel cranio analizzato, suggerisce che l'infezione avrebbe potuto essere tollerata senza causare la morte.
L'uomo era stato deposto insieme ad altri individui non affetti dalla peste, il che fa pensare che non fosse considerato altamente contagioso dalle persone con le quali viveva all'epoca. I ricercatori ritengono che questo tipo di peste non era in grado di causare grandi epidemie.
Il cranio venne scoperto per la prima volta alla fine del XIX secolo dall'archeologo dilettante Carl Georg Count Sievers che sostenne che il sito in cui venne ritrovato doveva essere un sito preistorico, anche se la sua teoria venne aspramente criticata. Il cranio svanì, in apparenza, durante la seconda guerra mondiale, ma venne riscoperto nelle collezioni della Società di Berlino per l'antropologia, l'etnologia e la preistoria nel 2011.

Fonte:
gizmodo.com

Inghilterra, un sarcofago per due...


Bath, il sarcofago appena rinvenuto
(Foto: bbc.com)
Un sarcofago romano in pietra, contenente i resti di due persone è stato rinvenuto nel centro della cittadina di Bath, in Gran Bretagna. Sono state trovate anche piccole perline rosse e blu ed una sorta di pentola utilizzata, si pensa, per offrire del cibo nell'ambito di un rito pagano.
L'archeologo Kelly Madigan ha affermato che trovare degli scheletri in un sarcofago è una rarità che offre l'occasione di gettare uno sguardo sulle pratiche funerarie in uso in Gran Bretagna duemila anni fa. Sono in corso i primi test di laboratorio e si spera di effettuare ulteriori analisi per sapere di più sui due inumati, da dove provenissero, quale fosse il loro stato di salute e la loro alimentazione.
Uno dei due scheletri rinvenuti è stato deposto in posizione prona, mentre il secondo è stato deposto ai suoi piedi. Il sarcofago giaceva in una fossa lunga circa due metri, larga 60 centimetri e profonda 50. La deposizione era rivolta verso nord e questo ha fatto pensare ad una sepoltura pagana. Oltre a questa sepoltura ad inumazione è stata recuperata anche una sepoltura ad incinerazione, l'unica finora registrata nella necropoli di Batyhwick.

Fonte:
bbc.com

Egitto trovato il busto di una statua di Ramses scoperta nel 1930

Egitto, il busto di Ramses II appena rivenuto (Foto: finestresullarte.info) Un team di archeologi egiziani e di ricercatori dell'Univers...