domenica 24 settembre 2023

Turchia, scoperto un seme d'uva di 3500 anni fa


Turchia, resti di un acino d'uva di 3500 anni fa
scoperto in Turchia (Foto: AA)
Gli archeologi che stanno lavorando nel sito di Asagiseyit Hoyuk a Denizli, nell'Anatolia occidentale, hanno scoperto un seme d'uva di 3500 anni fa.
L'insediamento di Asagiseyit Hoyuk era strategicamente collocato su un percorso naturale ed era, un tempo, un importante centro circondato da mura (II millennio a.C.)
Le indagini condotte nel bacino superiore del Menderes hanno rivelato che le aree montuose e gli altipiani erano densamente popolate almeno quanto gli insediamenti posti in pianura. A lavorare al progetto di scavo è il Professor Erim Konakci, del Dipartimento di Archeologia dell'Università Democratica di Izmir (Smirne). 
Gli scavi hanno raggiunto stratigraficamente un livello risalente al 1600 a.C. I rilievi superficiali hanno indicato che si tratterebbe di un tumulo risalente al tardo periodo Calcolitico.
Durante gli scavi, inoltre, sono state identificate due fasi risalenti alla tarda Età del Bronzo (XII-XIV secolo a.C.) e sono stati scoperti focolari e forni di questo periodo. Gli archeologi hanno anche acquisito dati che suggeriscono il consumo di orzo e grano. E' stato rinvenuto un singolo seme d'uva che ha fornito informazioni sul consumo di questo frutto nella regione intorno al 1500 a.C.

Fonte:
arkaenews.net

Israele, antichi idoli utilizzati per cerimonie magiche

Antico manufatto scoperto sull'antica rotta Darb al-Hajj
da il Cairo alla Mecca (Foto: arkeonews.net)

Secondo uno studio appena pubblicato, i manufatti rinvenuti negli anni '90 sull'antica rotta Darb al-Hajj dal Cairo alla Mecca, potrebbero essere stati utilizzati in rituali magici.
Uno studio recentemente pubblicato dal Dottor Itamar Taxel, dell'Autorità Israeliana per le antichità, ha analizzato una raccolta di manufatti scoperti in un sito archeologico sulle montagne di Eilat. Qui correva un antico percorso che collegava il Cairo a La Mecca. Gli oggetti comprendono frammenti di sonagli di argilla, simili a palline da ping pong, contenenti piccole pietre che producevano un suono quando venivano scosse. Sono stati rinvenuti anche due manufatti simili ad altari votivi in miniatura per bruciare l'incenso, unitamente a diverse statuette, tra le quali quella di una donna, forse una divinità femminile, nuda con le mani alzate. Secondo lo studio appena citato, questi artefatti erano utilizzati per scongiurare il malocchio, curare le malattie e altro ancora.
L'analisi dei manufatti in ceramica ha rivelato che provenivano dall'Egitto. La rotta del Dar al-Hajj iniziava a il Cairo e percorreva la penisola del Sinai, la regione di Eilat, raggiungeva la città di Aqaba per poi proseguire nella penisola arabica. Questa rotta venne utilizzata fin dai primi secoli successivi l'ascesa dell'Islam (VII secolo d.C.) fino al XIX secolo.
Nelle vicinanze dei monti Eilat sono stati rinvenute diverse tracce di insediamenti e strutture per l'ospitalità dei pellegrini, utilizzati soprattutto durante il periodo mamelucco e quello ottomano (XIII-XIV secolo). Molti dei manufatti rinvenuti erano in frantumi, il che sembrerebbe suggerire che fossero stati distrutti intenzionalmente durante le cerimonie religiose.
Secondo gli studiosi questi rituali magici erano eseguiti sul posto da una o più persone specializzate in cerimonie magiche. Le fonti letterarie parlano di una richiesta notevole di rituali magici, proveniente da persone di diversi ceti sociali. Questi rituali erano eseguiti quotidianamente insieme ai rituali religiosi formali, anche nel mondo musulmano.

Fonte:
arkeonews.net


Israele, trovate in una grotta quattro spade romane intatte

Israele, le spade romane rinvenute di recente
(Foto: finestresullarte.info)
Importante scoperta in Israele: in una grotta della riserva naturale di Ein Gedi, sulle rive del Mar Morto, sono state trovate quattro spade romane e la testa di un giavellotto, durante un sopralluogo di routine fatto da un gruppo di ricercatori che si trovavano in zona per fare rilevazioni.
Potrebbe trattarsi, secondo i ricercatori che hanno studiato i reperti, di un bottino di guerra che alcuni ribelli ebrei sottrassero ai romani durante un'incursione. Le grotte che si aprono lungo le rive del Mar Morto erano, infatti, abituale nascondiglio dei ribelli ebrei: le spade risalgono, secondo gli studiosi, al I secolo d.C., all'epoca della conquista e dell'annessione della Giudea all'Impero Romano.
Nella stessa grotta, circa 50 anni fa, furono scoperti i resti di un'iscrizione ebraica su stalattite, realizzata con dell'inchiostro, utilizzando l'antica forma di scrittura del periodo del Primo Tempio (X-V secolo a.C.). La grotta è situata a nord di Ein Gedi, all'interno della riserva, in un'area rocciosa isolata e di difficile accesso. La scoperta delle spade è ritenuta eccezionale anche perché è legata proprio al ritrovamento di questa iscrizione: il Dottor Assaf Gayer, del Dipartimento di Archeologia dell'Università di Ariel, il geologo Boaz Langford, dell'Istituto di Scienze della Terra e del Centro per la ricerca sulle caverne dell'Università Ebraica di Gerusalemme e Shai Halevi, un fotografo del dipartimento delle antichità, si erano recati nella grotta con l'obiettivo di fotografarla, impiegando la fotografia multispettrale per decifrare alcune parti non visibili a occhio nudo.
Nel corso di questa operazione, mentre si trovava nella parte superiore della grotta, il Dottor Geyer ha rinvenuto, in un'area stretta e profonda, la testa del giavellotto in uno stato di conservazione straordinario e in una fessura poco lontana ha trovato anche alcuni pezzi di legno lavorato che si sono rivelati parte dei foderi delle spade. In seguito al ritrovamento, i ricercatori hanno comunicato la scoperta al gruppo di ricerca del dipartimento delle antichità preposto su questo specifico soggetto, che si è recato nella grotta per un'attenta analisi di tutti gli anfratti.
Nel corso di questa seconda esplorazione, in una fessura stretta e profonda situata tra due stalattiti, i ricercatori hanno scoperto le quattro spade di periodo romano, occultate anticamente e ottimamente conservate: tre di esse sono state ritrovate addirittura all'interno dei rispettivi foderi, realizzati in legno e cuoio e con alcune parti in metallo.
Alla base dell'incredibile stato di conservazione ci sono le condizioni di temperatura e di ridotta umidità garantite dalla grotta che hanno bloccato il deterioramento delle parti non in metallo, permettendo di trovare molto ben conservate anche le parti lignee delle impugnature delle spade.
La lunghezza della lama di tre delle spade è di circa 60-65 centimetri, dato che permette di classificarle come Spatha Romana, un particolare arma fornita di lama più lunga rispetto a quella del gladio, che solitamente aveva una lunghezza attorno al mezzo metro o di poco superiore (la spatha, invece, poteva avere una lama anche di 80-100 centimetri). Era un'arma solitamente usata dai legionari a cavallo, che avevano necessità di una lama più lunga per colpire i nemici che si trovavano più lontani. La quarta lama misura, invece, 45 centimetri, lunghezza che la rende ascrivibile alla tipologia delle spade con pomello ad anello. Complessivamente l'analisi dei reperti dopo il loro assemblaggio ha permesso di comprendere che le armi ritrovate sono spade standard, utilizzate dai soldati dell'esercito di stanza nella Terra d'Israele durante il periodo romano.
"L'occultamento delle spade e della testa del giavellotto all'interno di profonde fessure di una grotta isolata a nord i Ein Gedi", spiega il Dottor Eitan Klein, direttore del Judean Desert Survey Project, "suggerisce che le armi furono sottratte come bottino i soldati romani o portate via dal campo di battaglia e che furono deliberatamente nascoste dai ribelli ebrei per poter essere riutilizzate. E' probabile che i ribelli non volessero essere sorpresi con le armi addosso nell'evenienza di uno scontro con le autorità romane. Siamo solo all'inizio del percorso di ricerca relativo a questa grotta e al set di armi rinvenute al suo interno, e il nostro obiettivo e cercare di scoprire a chi appartenessero le spade, dove vennero realizzate, quando e da chi. Cercheremo di capire quale sia l'evento storico che portò alla rimozione delle armi dalla grotta e se possa essere connesso alla ribellione di Bar Kochba, avvenuta tra il 133 ed il 135 d.C. Questa scoperta che tocca un momento storico è agghiacciante ed emozionante. Non tutti sanno che a causa delle condizioni climatiche secche, nel deserto si conservano reperti che non sono sopravvissuti in altre parti del Paese. Si tratta di una capsula del tempo davvero unica".

Fonte:
finestresullarte.info

sabato 23 settembre 2023

Roma, tornano alla luce i resti del teatro di Nerone

Roma, capitello in marmo dal teatro di Nerone
(Foto: Soprintendenza Speciale Roma/Artribune)

Gli scavi condotti dalla Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, in collaborazione con l'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, iniziati nel 2020, nell'area pertinente Palazzo Della Rovere, sede dell'Ordine, tra il Mausoleo di Adriano (Castel Sant'Angelo) e la basilica di San Pietro, hanno portato alla luce i resti del teatro di Nerone.
Imperatore eclettico, Nerone era poeta, musicista e attore, come ci tramandano Svetonio e Tacito. Celebre il suo debutto al teatro di Neapolis nel 62 d.C. dove, durante la sua performance, ci fu una violenta scossa di terremoto: gli dei lo stavano applaudendo.
L'area indagata presenta una frequentazione che va dall'età repubblicana al XV secolo. Ciò significa che si aggiunge non solo un tassello alla storia di Roma antica ma anche a quella di Roma medioevale. Del teatro neroniano, al momento, sono emerse la parte sinistra dell'emiciclo che componeva la cavea con le sue gradinate, la scenae frons, vale a dire lo sfondo architettonico del palcoscenico romano, decorazioni a stucco in foglia di oro, colonne di marmo pregiato elegantemente lavorate, ambienti di servizio, probabilmente utilizzati dagli attori e come depositi di scenografie e costumi.
Sarebbe la qualità dei materiali rinvenuti ad avvalorare l'ipotesi che il teatro rinvenuto sia quello fatto realizzare dall'imperatore in un'area utilizzata anche da Caligola per la costruzione del suo circo negli Horti di Agrippina Maggiore, madre dell'imperatore. Questa sponda del Tevere, di fronte al Campo Marzio e al Mausoleo di Augusto, era utilizzata soprattutto dalle grandi ville romane ed era collegata tramite un ponte i cui resti sono riaffiorati a giugno 2022 a causa della siccità.
Oltre alle strutture architettoniche connesse all'epoca del primo impero romano, i reperti portati alla luce sono composti da manufatti di epoca medioevale, come oggetti in osso lavorato, matrici per rosari, insegne di pellegrinaggio, vasellame e brocche in ceramica, nonché calici di vetro.
Questi sono elementi da ricondursi non solo alla pietà dei pellegrini che andavano in visita alla tomba di San Pietro, ma alla struttura della Schola Saxonum, tra i più antichi edifici realizzati per accogliere i pellegrini: come specificato dalla Soprintendenza Speciale Roma, dal X secolo questa zona si dota di edifici manifatturieri e produttivi connessi ai grandi pellegrinaggi che coinvolgono tutti i luoghi della cristianità in epoca medioevale. Significative sono le insegne di pellegrinaggio del Volto Santo di Lucca e della Santa Vergine di Rocamadour, e una fiaschetta a forma di gallo da collegarsi ai simboli di San Pietro. I manufatti rinvenuti verranno esposti, in futuro, nel Palazzo Della Rovere.

Fonte:
mediterraneoantico.it


Egitto, trovato in fondo al mare il tempio della dea Afrodite


Egitto, i tesori sommersi del tempio di Afrodite appena
tornato alla luce (Foto: Mo.TA)
Grandi novità arrivato dall'antica città sommersa di Thonis-Heracleion, nella baia di Abukir a 7 km dalla costa e a 13 km a nordest di Alessandria d'Egitto.
La missione archeologica congiunta franco-egiziana del Consiglio Supremo delle Antichità e dell'Istituto Europeo di Archeologia Sottomarina (IEASM) ha scoperto un tempio dedicato alla dea Afrodite risalente al V secolo a.C. e una serie di reperti provenienti dal tempio occidentale di Amon
Il ritrovamento è avvenuto durante i lavori di ricerca archeosubacquea che il noto archeologo Franck Goddio, alla direzione dell' Institut Européen d'Archéologie Sous-Marine, sta svolgendo nella baia dal 2000, anno in cui scoprì quello che fu il principale porto dell'antico Egitto sul Mediterraneo prima che Alessandro Magno fondasse la città di Alessandria nel 331 a.C. e che Thonis sprofondasse negli abissi a causa dei devastanti terremoti che colpirono il Paese.
Ad annunciare la scoperta è il Dottor Mostafa Waziri, Segretario Generale del Consiglio Supremo delle Antichità, il quale fa sapere che all'interno del tempio dedicato alla dea la missione ha rinvenuto oggetti in bronzo e ceramica importati dalla Grecia, oltre ai resti di strutture coeve sostenute da travi di legno.
Nel tempio occidentale dedicato al dio Amon la missione capitanata da Goddio ha individuato anche l'area in cui furono conservate offerte votive e oggetti preziosi: gioielli in oro, orecchini con testa di leone, un occhio udjat, un pendente; contenitori in alabastro per profumi, unguenti e cosmetici, un set di piatti rituali in argento utilizzati durante le funzioni religiose e funerarie; un oggetto votivo in pietra calcarea e una brocca in bronzo a forma di anatra.

Fonte:
mediterraneoantico.it

Roma, riapre al pubblico la Domus Tiberiana, chiusa da 50 anni

Chiusa al pubblico dagli anni '70, la Domus Tiberiana avrebbe dovuto riaprire al pubblico nel 2021, restituendo un nuovo, importante tassello al percorso del "museo diffuso" che il Parco Archeologico del Colosseo sta ampliando da ormai diversi anni.
Ora l'imponente residenza legata al nome di Tiberio (sebbene non si debba a lui l'avvio della costruzione), primo palazzo imperiale edificato sul Palatino, con un'estensione che supera i 4 ettari, torna a mostrarsi nel suo aspetto migliore. Valorizzata, peraltro, dall'illuminazione artistica curata da Acea, con un progetto di light architecture realizzato da Areti, in luce dinamica con tecnologia a LED di ultima generazione (imponente il lavoro di impiantistica, con l'installazione di 28 proiettori a incasso al livello del via Nova, 12 proiettori lineari dedicati agli imbotti degli archi e 51 apparecchi a proiezione per l'illuminazione della facciata)
Edificata sul lato occidentale del colle - riconoscibile per le grandi arcate che affacciano sul Foro Romano - la Domus, racconta Svetonio, fu ricondotta al nome di Tiberio solo perché in corrispondenza dell'area sorgeva la sua casa natale. Ma le indagini archeologiche hanno confermato che la realizzazione del palazzo imperiale iniziò solo con Nerone, a seguito del celebre incendio del 64 d.C. e in concomitanza con la costruzione della Domus Aurea. Furono poi Domiziano e Adriano (le sale a cui si accede oggi sono di epoca adrianea) a ristrutturarla e decorarla con sfarzo di marmi e affreschi, secondo il principio che faceva passare attraverso decor e splendor l'insorgere dello stupor (la meraviglia) in chiunque si trovasse al cospetto della residenza imperiale.
Ancora tra II e III secolo, i Severi ampliarono il palazzo, che restò agibili fino all'VIII secolo, quando lo stesso pontefice Giovanni VII (al quale si deve la decorazione della vicina Santa Maria Antiqua) scelse di abitare alcuni ambienti della Domus.
La storia che segue, dopo un lungo periodo di abbandono, vede la realizzazione degli Horti Farnesiani, che alla metà del '500 inglobano quel che resta del complesso. Mentre il processo di scavo per riportare alla luce la Domus Tiberiana in epoca moderna si lega soprattutto al nome di Pietro Rosa, l'archeologo che tra gli anni '60 e '70 dell'Ottocento permise l'apertura alla fruizione del pubblico del cosiddetto Clivo della Vittoria, sovrastato da grandiose arcate alte 15 metri.
Il percorso di visita è inserito nelle sostruzioni cave del fronte nord e si articola in sette sale espositive. Quattro di queste sale sono comunicanti tra loro e offrono una vista privilegiata sul Foro Romano, mentre altre due sale multimediali, sul fronte opposto, proiettano un documentario e una ricostruzione olografica del monumento. Un percorso tattile accompagna l'esplorazione.
Le sale espositive mostrano le straordinarie architetture recentemente restaurate, i servizi che includevano le terme imperiali e le infrastrutture, nonché le superfici decorate a stucco che adornano il cosiddetto ponte di Caligola. Sullo sfondo, pitture ritraggono scene di vita a corte. L'allestimento museale presenta una visione tematica degli ambienti risalenti all'epoca di Adriano, destinati a ospitare servizi, botteghe e, presumibilmente, anche attività amministrative.
La vita quotidiana nella reggia è documentata da una vasta selezione di reperti, tra i quali ceramiche, oggetti in metallo e vetro, statuaria e decorazioni fittili, tutti recuperati durante gli scavi degli ultimi trent'anni. Questi reperti offrono preziose informazioni sui beni e i consumi dell'epoca, sulle transazioni economiche attraverso numerose monete ritrovate e sugli sfarzosi arredi degli spazi occupati dalla corte.

Fonti:
archeomedia.net
artemagazine.it

domenica 17 settembre 2023

Puglia, emergono le mura romane di Siponto

Siponto, il tratto di mura romane appena emerso
(Foto: ArcheoSipontum/Soprintendenza Archeologia,
Belle Arti e Paesaggio BAT e Foggia)

Terza campagna di scavi per Siponto (Manfredonia - Foggia) condotta dalle Università di Bari e Foggia, sotto la direzione dei Professori Roberto Goffredo, Maria Turchiano e Giuliano Volpe su concessione del Ministero della Cultura e in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Barletta, Andria, Trani e Foggia.
La seconda settimana di lavori ha messo in luce un tratto di cinta muraria nella zona dell'anfiteatro, risalente al momento della fondazione della colonia marittima romana di II secolo a.C. Insieme alla porzione di mura urbane è emersa una torre a pianta quadrangolare, di cui sette sono già note nel circuito murario sipontino.
Sia alcuni filari delle mura che quelli della torre presentano in facciata bugne a rilievo, dal significato ideologico ed ornamentale, che attribuiva ulteriore monumentalità alla struttura difensiva. La zona dell'anfiteatro aveva restituito, nella campagna di scavo del 2022, un'area cimiteriale di piena età medioevale e una sepoltura di V secolo d.C. nel saggio di approfondimento accanto al muro.
Le indagini archeologiche 2023 hanno portato alla luce, inoltre, un edificio di culto a pianta rettangolare con abside e due edifici ad esso annessi. Questi non hanno ancora una definizione chiara: è solo procedendo con le indagini che si potrà precisarne l'utilizzo. Continuano anche gli scavi nella zona del porto.
Le prossime settimane proseguiranno le indagini archeologiche, le prospezioni geofisiche, lo studio dei materiali ceramici, vitrei, metallici, ossei e vegetali che continueranno ad aggiungere tasselli alla storia dell'antica Siponto, abbandonata nel XIII secolo d.C. per la fondazione di Manfredonia.

Fonte:
mediterraneoantico.it

Grecia, riemergono le tracce del passato del sommerso tempio di Poseidone ad Helike

Grecia, il santuario in fase di scavo
(Foto: archeomedia.net)

Gli archeologi che da diversi anni stanno occupandosi degli scavi di un  tempio di 2800 anni fa, posto all'interno di un santuario in Grecia, hanno scoperto diversi oggetti piuttosto rari tra i quali le rappresentazioni di un cane, di una donna e di un serpente.
Gli scavi sono in corso presso un centro di culto di Poseidone nell'antica città achea di Eliki o Helike, sulla costa settentrionale del Peloponneso, distrutta da un terremoto e spazzata via da una successiva alluvione nel 375 a.C. L'antica città, situata 7,5 chilometri ad est dell'attuale centro di Aigio, venne sommersa e le sue rovine rimasero visibili al di sotto delle acque del Golfo di Corinto per secoli, meta turistica dei viaggiatori Romani che ne percorrevano in barca le strade.
Gli oggetti rinvenuti nel santuario, il cui edificio più antico risale all'VIII secolo a.C., comprendono una figura in bronzo che sembra essere un cane ed una figura in argilla a forma femminile. Sono state scoperte anche una testa di serpente in bronzo, un'ala in argilla che potrebbe essere appartenuta ad una sfinge oppure ad una sirena e parte di una collana d'oro.
Gli archeologi hanno analizzato i sedimenti del sito ed hanno scoperto che il santuario venne ripetutamente sommerso dalle inondazioni nel corso dei secoli. Le figurine rinvenute erano offerte a Poseidone o a qualunque divinità venerata nel tempio. Le pratiche religiose comprendevano anche sacrifici di animali, principalmente capre, pecore e maiali.
Secondo le antiche fonti (Strabone e Pausania) il santuario di Poseidone era un centro religioso di importanza regionale per le sei città di Triphylia. Queste città formarono un'anfizionia, una confederazione dedita alla difesa, al mantenimento ed alla venerazione di un luogo di culto.

Fonte:
archeomedia.net


Gran Bretagna, trovata la statua di Tritone, figlio di Poseidone

Gran Bretagna, la statua di tritone emersa dagli scavi
(Foto: stilearte.it)

Gli archeologi del Canterbury Archaeological Trust (CAT) hanno scoperto una spettacolare statua di tritone di epoca romana durante gli scavi per la realizzazione di un nuovo complesso residenziale, e della connessa viabilità, adiacente alla A2 London Road (che segue l'antico tracciato della Roman Watling Street) a Teynham nel Kent.
Gli scavi hanno permesso di portare alla luce un mausoleo situato all'interno di un recinto delimitato da un fossato lungo quella che un tempo era la strada principale tra Londra e i porti romani di Richborough e Dover.
Il sito era stato individuato già nel 2017, durante un saggio di scavo condotto dalla Wessex Archaeology, che permise il ritrovamento di due frammenti perpendicolari delle fondamenta di un muro in pietre calcaree e due sepolture romane ad incinerazione, con i resti dei defunti contenuti in urne.
I frammenti di muro individuati nel 2017 si sono rivelati elementi di un recinto murato di 30 metri quadrati, collocato attorno ad una struttura a pianta quadrata di circa 8 metri. Ulteriori scavi hanno suggerito che potesse trattarsi di un mausoleo romano i cui riempimenti di demolizione contenevano una moneta datata ad un periodo compreso tra il 320 ed il 330 d.C. circa. Il recinto murato era inserito all'interno di un fossato di recinzione esterno più ampio, circa 65 x 70 metri, che si estendeva verso sud fino a fiancheggiare l'ex strada romana.
Durante lo scavo sono emerse diverse sepolture romane, e forse alcune di epoca successiva al dominio romano, alcune delle quali dotate di un corredo funerario, collocate sia all'interno del recinto che nelle immediate vicinanze.
La scoperta più importante è stata, però, una statua scolpita in un blocco unico di pietra che rappresenta Tritone, figlio di Poseidone (il Nettuno dei Romani). La statua è stata trovata ritualmente collocata all'interno di un serbatoio per l'acqua in disuso, rivestito di argilla. Con essa è stato rinvenuto materiale di riempimento bruciato. Un ulteriore possibile piccolo monumento o base di statua (di circa un metro quadrato) è stato rinvenuto a sud del recinto interno.

Fonte:
stilearte.it

Turchia, trovata la ninfa di Amasra

Turchia, la statua di ninfa scoperta ad Amasra
(Foto: archeomedia.net)

Amasra, originariamente conosciuta come Sesamus, deriva il suo nome da Amastris, una principessa persiana. La città turca viene menzionata per la prima volta nell'Iliade di Omero e dallo storico greco Strabone, che colloca la città su un piccolo fiume con lo stesso nome e occupa una penisola.
Gli scavi condotti sotto la direzione del direttore del Museo di Amasra, Zubeyde Kuru, hanno portato alla luce una statua del II secolo d.C., epoca della dominazione romana. La statua è stata rinvenuta ad una profondità di 3 metri sotto il livello del terreno ed è alta 1,53 metri. Realizzata in marmo, la statua mostra una figura femminile seminuda, avvolta da un mantello sulle regioni inferiori, appoggiata su un'urna posta su un plinto. Secondo i ricercatori, la statua raffigura probabilmente una ninfa della mitologia greca, una divinità femminile minore della mitologia greca, considerata una personificazione della natura.
Probabilmente la ninfa adornava un ninfeo romano. La statua è integra, al di là della decurtazione del naso e della mano destra e sarà presto esposta al Museo di Amasra. La costa di Amasra ospitò la colonia fenicia Sesamus nel XII secolo a.C. Successivamente alla dominazione romana, divenne uno dei più importanti porti fortificati bizantini sulla sponda meridionale del Mar Nero.
Plinio il giovane, mentre era governatore di Bitinia e Ponto, in una lettera a Traiano, descrisse Amasra come una bella città, con un lungo viale fiancheggiato su un lato da un corso d'acqua che, in realtà, era un canale di scolo, sporco e nauseante. Plinio ottenne dall'imperatore il permesso di ricoprirlo. In una moneta del periodo di Traiano, Amasra è nominata con il titolo di Metropoli e continuò ad essere una città di una certa importanza fino al VII secolo.
La città non venne abbandonata nel periodo bizantino, quando l'acropoli fu trasformata in una fortezza e la chiesa, tuttora esistente, venne costruita. Probabilmente in questo periodo le antiche immagini delle divinità pagane vennero abbattute. Stessa sorte dovette toccare alla ninfa, viste le lesioni che ne deturpano il volto.
Amasra ritornò ad essere un centro di una certa importanza nel 1261: in quell'anno la città fu conquistata dalla repubblica di Genova, nel tentativo di ottenere il monopolio dei commerci del Mar Nero. La dominazione genovese terminò nel 1460 quando il sultano ottomano Mehmed II conquistò le coste anatoliche del Mar Nero, costringendo i suoi abitanti a fuggire a Costantinopoli. La chiesa venne trasformata in moschea e la città perse molta della sua precedente importanza.

Fonti:
archeomedia.net
lamoneta.it
stilearte.it

Veneto, emerge una necropoli longobarda a San Donato di Lamon

Gli scavi nella necropoli di San Donato di Lamon
(Foto: archeomedia.net)

Continuano a regalare sorprese gli scavi archeologici a San Donato di Lamon, dove è emersa una necropoli probabilmente di epoca longobarda.
Dopo una prima indagine nella quale è stata rilevata una fase insediativa antica, suggerita dai resti di un edificio probabilmente di epoca romana, è stata avviata una seconda campagna di scavi della durata di tre settimane, vicino alla chiesa, che ha portato alla scoperta di varie sepolture, tutte femminili.
Una scoperta che aggiunge un tassello significativo alla comprensione dell'evoluzione storica degli insediamenti di San Donato. Se prima le conoscenze si limitavano all'importate necropoli romana dei Piasentot, l'obiettivo era trovare quello che era l'abitato dell'epoca per ricostruire, attraverso altre testimonianze, la struttura di San Donato, con i suoi usi e costumi.
A gestire il progetto è l'archeologo Paolo Forlin, del Dipartimento di Storia, civiltà e culture dell'Università di Bologna. La necropoli rinvenuta in questi giorni risale, con tutta probabilità, al VI-VII secolo d.C. L'area è quella dei prati dietro al cimitero attuale, di proprietà della Chiesa, mai sottoposti a lavori agricoli né a costruzione.

Fonte:
archeomedia.net

Antichi rituali di sacrifici umani: l'incaprettamento femminile

Francia, le sepolture neolitiche rinvenute in grotta (Foto: stilearte.it) Uno studio, pubblicato da Science advances , ha portato alla luce ...