sabato 24 giugno 2017

I misteri di Bryn Celli Ddu, Galles

Bryn Celli Ddu, la tomba neolitica sull'isola di Anglesey (Foto: Alamy Stock)
Gli archeologi hanno scoperto, sull'isola di Anglesey, in Gran Bretagna, i resti di un insediamento preistorico comprendente anche una necropoli, nei pressi di un tumulo di 5000 anni fa, allineato con il sole nel solstizio d'estate.
Anche se il sito è meno famoso di Stonehenge, lo spettacolo della luce del sole che attraversa un passaggio lungo e stretto per illuminare la camera interna di Bryn Celli Ddu, così si chiama il tumulo, è indimenticabile. Lo scavo suggerisce, ora, che questo luogo aveva un particolare significato per gli uomini preistorici.
Il monumento, il cui nome significa più o meno "monticello nel boschetto scuro", è stato scavato per la prima volta nel 1865 e pesantemente restaurato e ricostruito nel 1920. Gli scavi delle ultime tre stagioni hanno, però, portato alla scoperta delle attività che qui si svolgevano ben 5000 anni fa. Sono state rinvenuti una decina di esempi di incisioni rupestri e una sorta di deposito con elementi di ceramica e strumenti lavorati con la pietra focaia.
Lo scorso anno gli scavi hanno scoperto le prove che il tumulo era un luogo di sepoltura preistorica e quest'anno si è accertato che faceva parte di una vera e propria necropoli, comprendente anche tombe più antiche.

Fonte:
theguardian.com

Turchia, scoperto un mosaico di 1600 anni fa

Il mosaico scoperto nella provincia turca di Adiyaman (Foto: AA)
Un pavimento musivo è stato rinvenuto a Golbasi, nella provincia sudorientale turca di Adiyaman. La scoperta è stata fatta da due fratelli agricoltori che stavano lavorando nei campi e che hanno immediatamente avvisato le autorità locali.
Gli archeologi pensano che il mosaico risalga a 1600 anni fa.

Fonte:
Hurriyet Daily News

Tombe romane nel Canale della Manica

La trincea di scavo che ha permesso di intercettare le sepolture (Foto: ITV News)
Ad Alderney, in Francia, è stata trovata quella che si crede essere una sepoltura romana, in cui è stato rinvenuto anche il cranio di un individuo.
Ulteriori scavi hanno intercettato altre due sepolture, una delle quali conteneva un'anfora con resti combusti di due individui. L'anfora è stata datata all'età tardo romana. Intorno i resti di una bara di legno, coperta e circondata di pietre, alcune delle quali erano semplici ciottoli.
Gli archeologi hanno rinvenuto, all'interno delle tombe, anche anelli di bronzo ed altri oggetti di corredo. Alderney è la più settentrionale delle isole abitate all'interno del Canale della Manica.

Fonte:
ITV News

venerdì 23 giugno 2017

Indagini archeologiche a Pisa

(Foto: Pisa Today)
Emergono le prime scoperte a pochi giorni dall'inizio dell'indagine archeologica condotta tra Bagni di Nerone e Bastione Parlagio, a Pisa. La campagna, finanziata dal Comune di Pisa e portata avanti grazie agli specialisti del dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell'Università, prevede due aree di scavo: una a ridosso delle terme, l'altra a ridosso del tratto di mura compreso tra l'antica porta del Parlascio e l'odierna Porta a Lucca.
"Le due aree d'indagine - spiega Fabio Fabiani, direttore scientifico degli scavi - possono offrire risposte a molte domande riguardanti il complesso ad oggi ancora senza risposta, che vanno dalla datazione dello stesso fino al suo sviluppo planimetrico. In particolare, nella zona a ridosso delle terme, vogliamo indagare la destinazione di alcuni ambienti e le fasi di occupazione tardo antica e altomedioevali trascurate dalle precedenti campagne".
Fin dal '500 si comprese, infatti, l'origine romana del monumento e la sua funzione termale e sono state molte le campagne di scavo portate avanti lungo i secoli. L'ultima, condotta tra il 1940 e il 1942 e poi ripresa e conclusa tra il 1947 e il 1949, ha lasciato tracce evidenti riportate alla luce in questi giorni. A ridosso delle terme è inoltre emersa una porzione di muro di epoca romana. Ancora presto dirne funzione e aspetto, ma sicuramente era parte integrante del complesso termale. Dalla lettura stratigrafica è poi emersa la presenza di strutture murarie che, confrontate con le mappe catastali di fine '800 e inizio '900, sono identificabili in muri di delimitazione di campi e orti, presenti in quell'area. Ciò non deve stupire perché la zona è di antica urbanizzazione e ha subito molti rimaneggiamenti. La stessa struttura ottagonale fu usata nei secoli come stalla o forno, così come l'area intorno, ora sistemata a giardino, era un tempo sede di costruzioni abitative e rimessaggi.
Nell'altra porzione di scavi, a ridosso delle mura, sono invece emersi strati di "coltivo" che segnalano la presenza di orti nell'area a partire dalla seconda metà del '500. Al di sotto di questi strati è emerso anche un accumulo di materiale edilizio e di scarti di cantiere, pietre e laterizi, probabilmente da porre in relazione con i lavori di chiusura della vecchia porta cittadina e dell'apertura di Porta a Lucca, dopo la conquista della città da parte di Firenze.

Fonte:
Pisa Today

Egitto: una protesi per la figlia del sacerdote

La protesi per alluce trovata in una sepoltura femminile a Luxor
(Foto: Matjaz Kacicnik)
Una protesi in legno, probabilmente la più antica al mondo, creata nell'antico Egitto per supportare l'alluce di una mummia è stata esaminata dagli egittologi dell'Università di Basilea. La protesi ha quasi 3000 anni di storia ed è stata scoperta in una sepoltura femminile nella necropoli di Sheikh 'Abd el-Qurna, vicino Luxor.
La protesi è stata studiata con l'ausilio di una microspia elettronica, con la tecnologia a raggi x e con altri moderni mezzi che hanno svelato che l'alluce in legno della protesi venne più volte riparata, mentre era in uso alla sua proprietaria, figlia di un sacerdote. I ricercatori hanno anche classificato i materiali utilizzati per la costruzione della protesi ed il metodo con il quale questo supporto, altamente sofisticato per l'epoca, è stato prodotto.
La zona dello scavo nella necropoli di Sheikh 'Abd el-Qurna
(Foto: Matjaz Kacicnik)
La protesi è la dimostrazione della straordinaria abilità dell'artigiano che l'ha modellata, che doveva avere molta dimestichezza con le estremità umane. La cinghia che agganciava il supporto al resto del piede era molto robusta e la protesi possedeva una buona mobilità. L'accuratezza nella creazione della protesi nonché la sua notevole, per l'epoca, comodità d'uso ed anche il riguardo all'estetica sono la dimostrazione che la proprietaria poteva contare su specialisti altamente qualificati.
La protesi risale alla prima Età del Ferro. Giaceva in una tomba scavata nella roccia, in una cappella sepolcrale saccheggiata già nell'antichità, nella necropoli di Sheikh 'Abd el-Qurna, ad ovest di Luxor. Questa cappella fa parte di un gruppo di tombe monumentali scavate nella roccia nel tardo XV secolo a.C., edificate per una ristretta cerchia di individui appartenenti all'elite della popolazione egizia, vicinissima alla famiglia reale. Gli studiosi dell'Università di Basilea stanno studiando questa necropoli ed i ritrovamenti che essa va restituendo dal 2015.
Le sepolture più antiche di Sheikh 'Abd el-Qurna datano al II millennio a.C., mentre la necropoli ebbe il suo apogeo nel XV secolo a.C.. Molte di queste sepolture scavate nella roccia sono state utilizzate più volte e rimaneggiate durante il I millennio a.C.. Più tardi, poi, hanno svolto la funzione di abitazioni per la gente del luogo, un processo iniziato con i primi eremiti cristiani e terminato soltanto nel XX secolo.

Fonte:
pasthorizonspr.com

I misteri di Machu Picchu...

Gli archeologi al lavoro a Machu Picchu (Foto: Verònica Isabel Calvo Nino)
Alcuni archeologi che stanno lavorando a Machu Picchu, hanno fatto importanti ritrovamenti. In un passaggio situato dietro degli "specchi d'acqua", i ricercatori hanno trovato un piano lastricato in pietra e frammenti di un vaso utilizzato, forse, per fare delle offerte.
Tutti i frammenti sembrano appartenere allo stesso tipo di vaso, con base appuntita. Gli studiosi hanno intenzione di fare approfondite analisi dei reperti per determinare con precisione la data in cui sono stati utilizzati i reperti trovati. La scoperta è avvenuta ad un mese dall'inizio degli scavi.

Fonte:
peruthisweek.com

giovedì 22 giugno 2017

Antiche incisioni nel deserto egiziano

Le iscrizioni trovate nei pressi del villaggio di El-Khawy, in Egitto
(Foto: english.ahram.org.eg)
Una missione archeologica dell'Università di Yale ha scoperto un nuovo sito ricco di iscrizioni rupestri vicino al villaggio di El-Khawy, vicino Luxor, durante lo scavo per il Elkab Desert Survey Project in collaborazione con il Ministero delle Antichità.
Le iscrizioni sono state datate ad un periodo che va dal Predinastico all'Antico Regno (dal 4000 al 2181 a.C.). Il villaggio di El-Khawy si trova a circa 7 chilometri a nord dell'antica città di Elkab e a 60 chilometri a sud di Luxor. Mahamoud Afifi, capo della sezione Antichità Egiziane del Ministero, ha spiegato che il sito è composto da diversi "pannelli" di arte rupestre e le iscrizioni comprendono i primi segni della scrittura geroglifica.
Il responsabile della missione archeologica, John Coleman Darnell, ha affermato che le iscrizioni sono state scoperte su alte pareti rocciose che si affacciano sulla moderna ferrovia. Le figure incise rappresentano soprattutto mandrie di elefanti. L'incisione più importante si trova nell'estremità settentrionale del sito e risale alla fase finale del periodo predinastico (Naqada II, 3250-3100 a.C.). Gli archeologi hanno rinvenuto queste iscrizioni attraverso la tracciatura del percorso delle reti stradali egiziane.

Fonte:
english.ahram.org.eg

Etiopia, la città dei giganti

Parte di una moschea del XII secolo, comprendente un mihrab.
(Foto: Tim Insoll, University of Exeter)
Un team di ricercatori internazionali sotto la supervisione degli archeologi dell'Università di Exter ha scoperto una città antica e dimenticata in Etiopia, una città che, un tempo, si pensava abitata dai giganti. La scoperta getta nuova luce sulle origini del commercio internazionale e sull'espansione dell'Islam tra il X e gli inizi del XV secolo.
Gli archeologi, scavando ad Harlaa, nell'Etiopia orientale, hanno scoperto una moschea del XII secolo unitamente a testimonianze di sepolture e santuari islamici. Tra i reperti recuperati vi sono frammenti di vasi in vetro, cristalli di rocca, perline, gusci e ceramiche dal Madagascar, Maldive, Yemen e Cina. Sono state rinvenute anche monete in bronzo e argento di provenienza egiziana e risalenti al XIII secolo.
Resti di alcune delle 300 sepolture trovate nel
sito di Haarla (Foto: Tim Insoll, University
of Exeter)
La leggenda che vuole la città abitata da giganti è nata in seguito a sporadici ritrovamenti di monete e grosse pietre da costruzione da parte di agricoltori locali. Tuttora alcune persone ritengono che i defunti rinvenuti nelle tombe siano i figli dei giganti. I ricercatori hanno lavorato in questo sito per oltre due anni, prima di pervenire alle prime scoperte. il Professor Timothy Insoll ha affermato che le nuove scoperte rivoluzionano la comprensione del commercio in questa parte dimenticata dell'Etiopia e dimostra che questa zona era il centro commerciale della regione.
I reperti trovati mostrano l'alto livello raggiunto dai gioiellieri dell'epoca, che hanno creato pezzi eccezionali in argento, bronzo, pietre semipreziose e perle di vetro. Costoro utilizzavano tecnologie apprese dai loro colleghi dell'India e questo è una prova ulteriore del flusso intenso del commercio e anche dell'emigrazione dall'India ad Haarla. Questa zona dell'Europa ospitava, quasi certamente, una comunità molto composita. Le materie prime per la creazione dei gioielli venivano fatti arrivare attraverso il Mar Rosso, dalla costa dell'Africa Orientale ed anche dall'India.
La ricerca in Etiopia è finanziata dal Consiglio Europeo della Ricerca e dalla Fondazione Svizzera Max Van Berchem. Molti reperti raccolti dagli archeologi saranno esposti in un centro a disposizione delle popolazioni locali, nella speranza che possano, in tal mondo, anche arricchire materialmente la popolazione.

mercoledì 21 giugno 2017

Le mummie dorate dell'isola di Sai

Una delle camere della tomba dell'isola di Sai
(Foto: livescience)
Sull'isola di Sai, formatasi lungo il tratto del Nilo che attraversa il Sudan settentrionale, è stata scoperta una tomba di 3400 anni fa, contenente i resti di più di una dozzina di persone. L'isola di Sai si trova nella porzione di terra anticamente nota come regno di Kush e che gli Egizi chiamavano Nubia. Da qui provenivano i cosiddetti faraoni neri della XXV Dinastia che governò l'Egitto dal 747 al 656 a.C.. Sull'isola di Sai gli Egizi sfruttavano una miniera d'oro.
La tomba di che trattasi era stata scoperta nel 2015 ma soltanto quest'anno si è proceduto allo scavo completo del sito. La sepoltura è formata da diverse camere, raggiungibili attraverso un pozzo. In queste camere vi erano i corpi di molti egiziani, probabilmente vissuti nell'insediamento di Sai o nelle sue vicinanze, che avevano, forse, lavorato all'estrazione e alla produzione dell'oro.
Tra i manufatti recuperati vi sono scarabei ed ushabti in pietra, vasi in ceramica, un anello d'oro e resti di maschere funerarie anch'esse in oro. Le iscrizioni geroglifiche presenti su alcuni manufatti hanno permesso di appurare che inizialmente la tomba era destinata ad un uomo di nome Khnummose, identificato come "mastro dell'oro". Il corpo di Khnummose è stato trovato accanto a quello di una donna, forse sua moglie e suoi familiari potrebbero essere quelli sepolti con entrambi. I ricercatori condurranno presto le analisi sul Dna presso il Max Planck Institute for the Science of Human History a Jena, in Germania. Al momento sono stati identificati nove adulti e due neonati, accanto alla sepoltura di Khnummose e di sua moglie.

Fonte
mediterraneoantico.it

sabato 17 giugno 2017

Macheronte, una fortezza...di sorprese

L'accesso al mikveh monumentale di Macheronte
(Foto: Missione Archeologica Ungherese a Macheronte)
Gli archeologi hanno scoperto un enorme mikveh nelle rovine di Macheronte, una fortezza sul Mar Morto costruita per ospitare Erode, il re ebreo vassallo dei Romani. Macheronte sorge a circa 32 chilometri a sudovest di Madaba. Il mikveh è un bagno rituale con piscina per l'immersione, utilizzato nei riti di purificazione. A quanto pare ne sono stati costruiti diversi esclusivamente per l'uso personale della famiglia di Erode.
Il mikveh scoperto a Macheronte è il più grande del suo genere mai trovato in Giordania. La sua architettura, al di là delle dimensioni veramente notevoli, è molto simile ai mikveh scoperti a Qumran, sul lato opposto del Mar Morto, in Israele, che finora erano stati ritenuti gli unici del genere.
Il mikveh di Macheronte è stato rinvenuto a tre metri di profondità sotto il cortile reale del palazzo di Erode, dove è rimasto sepolto per duemila anni. Originariamente era dotato di un soffitto a volta ricavato dalla pietra che venne distrutto nel 71 d.C., quando la X Legio Fretensis, guidata da Lucilio Basso, attaccò la fortezza che, all'epoca, offriva rifugio ai combattenti ebraici durante la guerra giudaica (66-73 d.C.). Tra le mura crollate gli archeologi hanno potuto recuperare anche quattro proiettili da balista romani e due rocchi di colonne di dimensioni massicce.
Ricostruzione del balneum erodiano di Macheronte(Foto: Missione Archeologica Ungherese a Macheronte)
Le indagini, a Macheronte, sono partite nel 1968, ad opera della missione archeologica battista americana di E. Jerry Vardamann. Gli scavi recenti, condotti da un team ungherese-giordano guidato dal Dottor Gyozo Voros, hanno portato alla luce muraglioni intatti all'interno della fortificazione occidentale. Si tratta di strutture di circa 9 metri di altezza. Questo rinvenimento ha fornito agli studiosi la prova della maestosità della cittadella e di quanto vi era contenuto.
Dagli scavi è emersa anche una vasta cisterna sotterranea, posta a circa 18 metri di profondità, che attingendo acqua dal Mar Morto alimentava giardini e bagni in stile romano. L'analisi archeologica ha dimostrato che la cisterna è rimasta in uso per tutto il periodo erodiano. Sono tornate alla luce anche decine di monete romane e 47 ostraca aramaici.
Due colonne ricostruite dagli archeologi a Macheronte. Sullo sfondo il
Mar Morto 
(Foto: Missione Archeologica Ungherese a Macheronte)
Erode, in realtà, non fu il costruttore di questo grande palazzo reale, che oggi si trova nella moderna Giordania. Il palazzo venne fatto costruire dagli Asmonei per il re Alessandro Ianneo, nel 90 a.C. circa, su un altopiano conosciuto come Mukawir, ad 800 metri di altezza sul Mar Morto. Erode ebbe l'unico merito di averlo fatto ristrutturare e riqualificare.
Macheronte era di fondamentale importanza per la difesa della Giudea, in parte grazie alla sua posizione che permetteva di sorvegliare la capitale del regno, Gerusalemme. Scritti rabbinici riportano che il fumo delle offerte sacrificali fatte sugli altari del tempio erodiano della Città Santa erano visibili fino a Macheronte. Qualsiasi esercito in avvicinamento a Gerusalemme da est poteva essere visto facilmente dalla fortezza e dei fuochi, accesi sulle mura di Macheronte, erano in grado di prevenire gli attacchi nemici da quella direzione. I Romani consideravano Macheronte il sito meglio fortificato, anche rispetto all'Herodium e a Masada.
Ricostruzione della fortezza Erodiana di Macheronte. In alto a destra il
cortile reale 
(Foto: Missione Archeologica Ungherese a Macheronte)
Una volta riqualificata e ristrutturata la fortezza, Erode fece costruire al suo interno un palazzo con un cortile, un balneum in stile romano, un triclinio che serviva da sala per banchetti e un cortile con un giardino circondato da portici su tutti e quattro i lati. Il palazzo erodiano di Macheronte aveva anche un'abside semicircolare che serviva ad indicare il luogo dove era posto il trono di Erode che, in seguito, passò al figlio, Erode Antipa.
Gli archeologi sono riusciti a ricostruire anche due colonne di ordine dorico risalenti al periodo erodiano. Le colonne erano alte quasi quattro metri e facevano parte del cortile porticato del palazzo di Erode. Un'altra colonna, questa volta di ordine ionico ed alta quasi cinque metri, è stata trovata negli ambienti che ospitavano il balneum del palazzo.
Macheronte venne distrutta nel 75 d.C. dalla stessa legione romana che aveva espugnato Masada strappandola ai ribelli zeloti, la X Legio Fretensis. In entrambi i casi, sia a Masada che a Macheronte, i Romani costruirono una rampa di assedio per accedere alla fortezza. Gli unici resoconti in merito sono quelli lasciati da Giuseppe Flavio, un ex ribelle ebreo che presto si unì ai Romani. La rampa romana a Macheronte, però, non venne mai completata, afferma Giuseppe Flavio, e questo si può vedere oggi ascendendo alla fortezza erodiana. A differenza di Masada i ribelli che si erano asserragliati a Macheronte sopravvissero. I Romani fecero, in seguito, uccidere 1.700 uomini mentre deportarono a Roma donne e bambini.

Fonte:
haaretz.com

venerdì 16 giugno 2017

Sorprese e dati interessati dagli scavi di Argilos

Il sito dell'antica Argilos (Foto: Jacques Perreault,
Université de Montréal)
Che tipo di strutture residenziali, commerciali e politiche possedevano le colonie greche situate sulla costa nordoccidentale del Mar Egeo 2700 anni fa? Quale linguaggio era maggiormente diffuso all'indomani della fusione dei Greci con le popolazioni della Tracia?
Uno scavo greco-canadese, in corso sull'isola di Argilos, la più antica delle quattro colonie (le altre sono Sani, Akanthos e Stageira) situate nella regione della Macedonia e fondate da coloni provenienti da Andros, nel 655 a.C.. Le ricerche sono iniziate nel 1992 e il team di ricerca, guidato da Zisis Bonias e Jacques Perreault è ora in grado di mettere insieme le prime, importanti, informazioni sulla graduale ellenizzazione della colonia, sulle sue attività commerciali ed artistiche nel lasso temporale che va dal VI al V secolo a.C. fino alla scomparsa della colonia nel III secolo a.C., a causa dell'intervento di Atene.
Argilos presentava case e strade nel tradizionale stile egeo, aveva un sistema di drenaggio dell'acqua piovana ed un edificio che ha attraversato i secoli, che in epoca classica era servito come frantoio. Recenti ritrovamenti hanno rivelato tracce di dialetto ionico ed una varietà di differenti lingue e dialetti utilizzati comunemente ad Argilos.
Incisioni, simboli ed epigrafi sulla superficie degli oggetti in argilla utilizzati nel commercio o nella vita domestica, non solo identificano il nome della città ma possono anche fornire utilissime informazioni sull'evoluzione della scrittura nella Grecia del nord e su diversi aspetti della vita in questi luoghi nel periodo che va dal VII al III secolo a.C.. Sono state riconosciute poche parole di senso compiuto, dalle quali si è arguita la presenza di una sorta di registro dei quantitativi e di pagamenti memorizzati sull'argilla, nonché invocazioni, nomi ed un'epigrafe non greca, probabilmente una dichiarazione d'amore, nella quale si afferma che un certo Astiagus è brutto mentre un certo Epigene è bello.
Un portico con i relativi magazzini scavati di recente nell'antica città
di Argilos (Foto: Jacques Perreault, Université de Montréal)
I risultati sono stati esaminati da Yannis Tzifopoulos, professore di filosofia greca e di epigrafia all'Università Aristotele di Salonicco, che ha affermato che queste frasi sono una variante del dialetto ionico. Alcuni dei reperti sembrano suggerire che i coloni provenienti da Andros abbiano utilizzato l'alfabeto dell'isola di Argilos, anche se i ricercatori non sono ancora sicuri che quest'ultima sia, poi, assurta a lingua ufficiale della colonia.
Il sito dell'antica Argilos si estende su una superficie di 15 ettari sulla collina di Palaiokastro, nei pressi del delta del fiume Strimone, un luogo strategico, dove si trovavano molte ricchezze naturali, non ultime oro e argento. L'influenza di Argilos sul panorama egeo venne meno con la crescita delle vicina città di Anfipoli, al punto che nel III secolo a.C. Argilos era praticamente deserta. Non fu mai ricostruita integralmente, nemmeno quando fu conquistata da Filippo II di Macedonia nel 357 a.C.. La città antica conserva, in cima alla collina, una villa costruita per una delle influenti famiglie di un generale dell'esercito macedone, meraviglioso esempio di architettura ellenistica. Argilos conserva anche resti di un frantoio con una macina in pietra.

Fonte:
archaeologynewsnetwork.blogspot.it

Il ritorno di Zeus...dall'America

La statua di marmo greca rappresentante Zeus (Foto: J. Paul Getty Museum)
Il J. Paul Getty Museum ha annunciato la restituzione volontaria all'Italia di una statuetta in marmo che rappresenta Zeus e che risale al 100 a.C.. Il museo acquistò la statuetta nel 1992 ed ha determinato di restituire la statuetta a seguito di un approfondito esame delle informazioni fornite da funzionari italiani e dall'esame di un frammento recentemente scoperto e pertinente la statua.
La scultura, in origine, serviva come statua di culto in un santuario privato di una ricca casa patrizia greca o romana. Sembra aver trascorso un lungo periodo di tempo sott'acqua, parzialmente coperta e occultata da pesanti incrostazioni marine.

Fonte:
J. Paul Getty Museum

Abruzzo, trovato il tracciato della via Claudia Nova

Il tratto di strada romana individuata nei pressi
dell'Aquila (Foto: ilcapoluogo.it)
Grandi basoli calcarei accostati gli uni agli altri con tecnica accurata e raffinata, nei quali si vedono ancora chiaramente le profonde incisioni dovute all'intenso traffico dei carri (a dimostrazione della sua rilevanza nel territorio e nella rete degli scambi): è la strada monumentale riconducibile all'antica via Claudia Nova, di cui non si avevano finora tracce certe nella conca aquilana, scoperta nell'ambito dei lavori di ricostruzione post sisma.
Si tratta di un tratto integro della lunghezza di circa 30 metri e della larghezza stimata di 4-5 metri (la via Appia antica è larga poco più di 4 metri) affiancato da un marciapiede porticato largo oltre due metri e dalle adiacenti costruzioni monumentali andate distrutte, che un tempo costituiva il cardo maximus della perduta città di Aveia, punto di cerniera e contatto tra la città alta (di cui rimangono resti nel cosiddetto "torrione" del borgo medioevale) e la città bassa (delimitata dalle mura oggi ancora visibili nelle campagne di Osteria), tratto urbano di quell'asse stradale di rilevanza territoriale voluto dall'imperatore Claudio per dotare di adeguate infrastrutture l'area delle conche amiternina e forconese, già interessate da imponenti e monumentali presenze insediative, da Foruli ad Amiternum, da Forcona a Peltuinum e oltre.
Della perduta città di Aveia scompare ogni traccia dal VII-VIII secolo d.C., probabilmente per i danni dovuti a catastrofi naturali (allagamenti, frane della montagna o terremoti). Nulla resta di visibile fuori terra oltre alle porzioni di mura urbiche nelle campagne e ai pochi resti sulle pendici del colle e inglobati nel borgo.
Particolare del basolato (Foto: ilcapoluogo.it)
La scoperta della monumentale strada, effettuata nei primi mesi dello scorso anno in via S. Eusanio, a seguito delle indagini archeologiche svolte dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell'Aquila, grazie ai fondi messi a disposizione dall'Ufficio Speciale per la Ricostruzione dei Comuni del Cratere (USRC), offre nuove, inedite certezze alle ipotesi di ricostruzione storica dell'importante centro romano.
Aveia è ubicata, nella vallata del medio Aterno, alle pendici nordorientali di Monte Circolo e del borgo fortificato di Fossa, a soli 10 chilometri dall'Aquila. La città romana era strutturata su terrazze urbane degradanti sul versante montano e caratterizzata da una città alta, probabilmente monumentale, e da una città bassa che lambiva il corso del fiume Aterno, quella legata alle attività commerciali e di servizio del tratturo. Il percorso delle mura è ancora perfettamente leggibile, con il tratto monumentale meridionale che risale il versante fino al cosiddetto "torrione" del borgo medioevale. Una città romana che sembrava quasi completamente perduta, che viveva nella memoria di pochi, torna così prepotentemente a rivivere splendori e magnificenze di un antico e nobile passato.
Dal 1773, allorquando l'abate archeologo e filosofo Vito Maria Giovenazzi ebbe l'intuizione e il merito di riconoscere e identificare i monumenti di Fossa come quelli di Aveia, mai erano tornati alla luce resti monumentali così importanti.

Fonte:
ilcapoluogo.it

domenica 11 giugno 2017

Tolemaide, Libia, scoperta una villa romana

Una lucerna con la raffigurazione di
un combattimento tra gladiatori
(Foto: M. Bogacki)
Gli archeologi della missione archeologica polacca hanno scoperto a Tolemaide, in Libia, una villa romana di 1700 anni fa con tanto di splendidi mosaici che raffigurano Arianna e Dioniso addormentati. Oltre al mosaico sono state portate alla luce delle statue e un gruzzolo di 553 sesterzi in argento e bronzo. La villa si estendeva su 600 metri quadrati di superficie e risale al III secolo d.C.
La maggior parte delle monete sono state trovate all'interno di un ambiente della casa dove erano anche delle lampade in terracotta. Forse si trattava del compenso di artigiani locali. La città di Tolemaide venne fondata quasi 2300 anni fa, agli inizi del IV secolo a.C., dai Greci di Barce, cittadina anch'essa libica. Non è conosciuto il suo nome originale ma venne chiama Tolemaide durante il dominio della dinastia macedone dei Tolomei. La dinastia dei Tolomei iniziò a governare la regione nel 305 a.C., con Tolomeo I Soter. Il suo dominio si estendeva su una vasta area che andava dalla Siria alla Nubia. La capitale del regno era Alessandria d'Egitto. Nel 96 d.C. l'intera provincia della Cirenaica, inclusa la città di Tolemaide, venne consegnata pacificamente ai Romani.
I Romani finirono per disinteressarsi delle sorti della nuova provincia, che finì per diventare un covo di pirati. Nel I secolo d.C., durante le guerre mitridatiche, però, fecero un notevole sforzo per ristabilire l'ordine in Cirenaica. La villa con i mosaici è stata costruita centinaia di anni dopo queste vicende, intorno ad un cortile che fungeva da peristilio, come nelle più classiche delle ville romane.
Alcune pareti con relativi affreschi della villa di Tolemaide
(Foto: M. Bogacki)
I mosaici trovati dalla missione archeologica sono estremamente preziosi. Uno di essi raffigura Arianna e il suo sposo, il dio Dioniso, addormentati. Un altro mosaico riproduce il ciclo di Achille, con l'eroe greco raffigurato sull'isola di Skyros, dove sua madre, temendo la sua morte prematura nella guerra di Troia, lo aveva inviato travestito da fanciulla. Due altri mosaici, uno nel cortile della vitta e l'altro nella camera da pranzo, sono stati chiamati Leukaktios, dalla sovrapposizione, in epoca successiva, forse dai nuovi proprietari, di un pavimento di pietra bianca.
La stanza con il mosaico di Arianna e Dioniso (Foto: M. Bogacki)
Alcuni affreschi parietali della villa imitano il marmo, con forme geometriche colorate, altri presentano raffigurazioni di diversi uccelli. L'abbandono di questa elegante abitazione avvenne, quasi certamente, al culmine di una serie di terremoti che funestarono la regione. Due, in particolare, registrati nella metà del III secolo d.C. e nel 365 d.C., possono aver inflitto all'edificio il colpo fatale. Il tesoretto di monete d'argento e di bronzo era sepolto sotto il crollo della casa.
La città di Tolemaide, però, sopravvisse a questi disastri naturali e rimase, almeno per un certo lasso di tempo, capitale della Cirenaica. Nel 428 d.C. venne distrutta dai Vandali che avevano invaso il nord Africa. Tolemaide venne ricostruita sotto Giustiniano I, imperatore bizantino dal 527 al 565 ma venne nuovamente rasa al suolo nel VII secolo d.C. dagli Arabi e non venne più ricostruita.

Fonte:
haaretz.com

sabato 10 giugno 2017

Città del Messico, scoperto un tempio azteco rotondo

Il muro del tempio appena scoperto, dedicato al dio azteco del sole
Ehecatl (Foto: Henry Romero/Reuters)
Nel centro di Città del Messico sono stati scoperti i resti di un importante tempio azteco per il cerimoniale del gioco della palla. Questa scoperta getta nuova luce sugli spazi sacri della metropoli che gli Spagnoli conquistarono cinque secoli fa. La scoperta è stata fatta dietro la Cattedrale coloniale di Città del Messico, nei pressi di Plaza Zocalo.
Gli scavi hanno rivelato una sezione di quello che doveva essere una massicciata di forma circolare pertinente il tempio del dio del vento azteco, Ehecatl, con una porzione più piccola dedicata al gioco della palla. Questa scoperta conferma i primi racconti dei cronisti spagnoli. Gli archeologi hanno potuto documentare anche la macabra offerta di 32 vertebre umane scoperta appena fuori il luogo in cui si trovava il tempio. Si trattava, sicuramente, di un'offerta connessa al gioco della palla. Le vertebre e la parte ossea del collo provenivano da vittime sacrificali, alcune delle quali venivano decapitate.
Sulle pareti del tempio è rimasto parte dello stucco bianco originale che le ricopriva. L'edificio fu costruito durante il regno dell'imperatore azteco Ahuizotli (1486-1502), predecessore di Moctezuma. Il tempio doveva sicuramente distinguersi dalle altre costruzioni per la sua forma rotonda, anziché quadrata. La parte superiore dell'edificio, secondo uno studio dei ricercatori, doveva avere la forma di un serpente arrotolato

Fonte:in.reuters.com

Alessandria d'Egitto, trovata tomba ellenistica

I vasi in ceramica rinvenuti nella tomba di Alessandria
(Foto: english.ahram.org.eg)
Durante i lavori di scavo in un sito nel quartiere di El-Shatby, ad Alessandria d'Egitto, una missione archeologica egiziana ha scoperto una tomba scavata nella roccia databile al periodo ellenistico (323-330 a.C.).
Lo studio sullo stile architettonico degli elementi decorativi che caratterizzano la sepoltura, unitamente agli oggetti in ceramica che vi sono stati rinvenuti dimostrano che si tratta di una tomba risalente al periodo dell'occupazione greca dell'Egitto.
La sepoltura è composta da quattro stanze le cui pareti sono decorate con preghiere funebri scritte in greco antico. Mustafa Rushdi, direttore generale delle antichità del Delta occidentale e di Alessandria ha dichiarato che la missione archeologica ha trovato circa 30 reperti all'interno di queste stanze. Tra gli oggetti raccolti vi sono due vasi in ceramica, una statuetta in terracotta e lampade in argilla.

Fonte:
english.ahram.org.eg

La statuetta d'argilla trovata nella sepoltura ellenistica
(
Foto: english.ahram.org.eg)

Argentina, trovata un'importantissima maschera in rame

La maschera in rame trovata in un villaggio argentino
(Foto: Leticia Inès Cortès/Maria Cristina Scattolin)
Gli archeologi hanno recentemente scoperto, in Argentina, un'antica maschera di rame che mette in discussione la teoria dominante che vuole che la lavorazione dei metalli in Sudamerica abbia avuto origine in Perù. Secondo le stime dei ricercatori, la maschera risale a 3000 anni fa ed è, pertanto, uno degli oggetti metalli più antichi mai realizzati dall'uomo in Sudamerica.
La maschera è stata rinvenuta in un sito di sepoltura di adulti e bambini risalente al 1000 a.C.. Le piogge battenti che hanno colpito il villaggio di La Quebrada, nell'Argentina nordoccidentale, hanno contribuito a far emergere l'oggetto dalla terra unitamente ad una serie di scheletri umani. Gli archeologi hanno contato circa quattordici corpi, con ossa raccolte insieme e la maschera metallica posta in cima. Nelle vicinanze vi è un'altra sepoltura contenente un solo defunto, un bambino di età compresa tra gli otto ed i dodici anni, vissuto, secondo l'analisi delle ossa, circa 3000 anni fa.
Il luogo del ritrovamento della maschera e dei 14 scheletri(Foto: Leticia Inès Cortès/Maria Cristina Scattolin)
La maschera mostra una costruzione accurata, con fori sottili all'altezza degli occhi, del naso e della bocca mentre piccole aperture circolari si trovano nei pressi dei bordi, al fine di farvi scorrere un supporto che potesse fissarla al volto oppure ad un oggetto. La maschera è lunga quasi 18 centimetri per 15 di larghezza.
Miniere di rame sono state trovate a circa 70 chilometri dal luogo del ritrovamento della maschera, il che fa pensare che quest'ultima sia stata forgiata localmente. E' questo particolare ad indurre gli studiosi a pensare che la lavorazione del metallo sia apparsa in Argentina quasi contemporaneamente alla sua nascita in Perù.
Secondo uno studio pubblicato su una rivista di settore nel 2008, oggetti d'oro risalenti a 4000 anni fa sono stati scoperti nel Perù meridionale, reperti in bronzo risalenti al 1000 a.C. sono stati rinvenuti sulle Ande peruviane, anche se non è ancora chiaro se siano stati forgiati in luogo o siano frutto del commercio tra diverse culture.
L'età della maschera in bronzo e degli altri oggetti trovati nello stesso luogo non lascia, comunque, dubbi sul fatto che le antiche popolazioni che vivevano nelle regioni andine dell'Argentina lavorassero il rame, trasformandolo in manufatti oltre che impiegandolo in altri usi, ben prima che si pensasse.

Inghilterra, individuati misteriosi cerchi in legno

Veduta aerea del luogo dove, un tempo, si ergevano due massicce
palizzate in legno (Foto: Historic England)
Circa 800 anni prima della costruzione dei famosi cerchi di pietra di Stonehenge, furono costruiti due cerchi con legno proveniente da alberi di circa 4000 anni fa. Le evidenze sul terreno suggeriscono che i pali di legno siano stati bruciati, forse come parte di un'antica cerimonia che aveva come protagonista il fuoco.
I ricercatori hanno utilizzato il metodo al radiocarbonio per calcolare in modo accurato l'epoca di costruzione e di incenerimento dei cerchi di legno, che si estendevano su una lunghezza di 4 chilometri ad una distanza di 32,2 chilometri da Stonehenge. I cerchi vennero costruiti intorno al 3300 a.C., pochi anni prima che l'agricoltura fosse praticata nell'attuale Inghilterra.
Questi misteriosi cerchi di legno sono vicini sia a Stonehenge che ai cerchi di pietra di Avebury, i più grandi del mondo, edificati nel 2500 a.C.. I cerchi di legno vennero deliberatamente bruciati per, sostengono i ricercatori, di creare dei grandi cerchi di fuoco a fini, forse, cerimoniali. La data del 3300 a.C. collega questi cerchi lignei al primo Neolitico, quando è assai scarsa e imprecisa la conoscenza di questi edifici monumentali. Palizzate del genere non sono mai state rinvenute prima in Gran Bretagna.
Uno degli anelli di legno aveva il diametro di circa 250 metri, l'altro era composto da due cerchi concentrici di legno. I ricercatori pensano che un altro cerchio di legno, chiamato Woodhenge, che si trova a poche centinaia di metri da Stonehenge, risalgano al 2300 a.C.. Altri cerchi in legno si trovano nell'Europa continentale.

Fonte:
ancient-origins.net

mercoledì 7 giugno 2017

Sfruttamento giovanile nella capitale di Akhenaton

I resti di un giovane sepolto nella necropoli settentrionale di Amarna
(Foto: Mary Shepperson, Progetto Amarna)
I nuovi ritrovamenti archeologici provenienti da Amarna, capitale del regno di Akhenaton, sembrano suggerire che nella costruzione della città siano stati utilizzati anche bambini ed adolescenti.
Recenti ricerche sul sito si sono concentrate in modo particolare sulle necropoli di Amarna, non le sepolture scavate nella roccia, nelle quali furono sepolti i notabili della città, ma sulle semplici sepolture che hanno accolto i resti di chi ha vissuto e lavorato nella città di Akhenaton. Il progetto, che ha impiegato gli archeologi tra il 2006 e il 2013, intendeva recuperare i resti di circa 400 individui sepolti in un grande cimitero contenente circa 6.000 sepolture.
Lo studio di resti di questi individui ha aperto una nuova finestra sulle condizioni di vita e sulla morte degli individui di rango inferiore nella società egizia dell'epoca. Il quadro che ne risulta è di estrema povertà, di lavoro duro, di cibo scarso, cattiva salute e frequenti lesioni che portavano, inevitabilmente, a morti premature. Nella necropoli presa in esame, la distribuzione per sesso e per età è abbastanza in linea con gli standard delle antiche popolazioni.
I resti di due adolescenti disposti uno sopra l'altro, con le teste alle
estremità opposte (Foto: Mary Shepperson, Progetto Amarna)
Nel 2015 sono iniziati gli scavi in un'altra parte del cimitero, dietro le sepolture di alcuni cortigiani, nell'estrema parte settentrionale della necropoli. Qui le scoperte sono state indubbiamente molto interessanti. Le sepolture sono estremamente semplici, prive o quasi di corredo funerario, i corpi avvolti solamente in ruvide stuoie. Quasi tutti gli scheletri repertati appartenevano ad individui morti prematuramente: bambini ed adolescenti. L'analisi degli scheletri di 105 individui sepolti in questa parte della necropoli ha dato come risultato che il 90% di questi scheletri appartenevano ad individui di età stimata tra i 7 ed i 25 anni. Si tratta di una fascia di età in cui, all'epoca, si era superata la parte più difficile della vita e si avevano più possibilità di sopravvivenza. Eppure la maggior parte del popolo della necropoli settentrionale sembra essere morto proprio in questa età. Sono assenti resti di infanti.
Una sepoltura infantile in fase di scavo nella necropoli settentrionale
di Amarna (Foto: Mary Shepperson, Progetto Amarna)
Ma anche le patologie scheletriche di questi scheletri sono piuttosto inusuali. Per una popolazione giovane le lesioni traumatiche e le condizioni degenerative erano molto comuni. La maggior parte degli scheletri rinvenuti mostra ferite traumatiche e circa il 10% aveva sviluppato l'osteoartrite. Anche gli individui di età stimata al di sotto dei 15 anni presentano fratture spinali e diverse altre anomalie connesse con pesanti carichi di lavoro. Sembra che questi resti di adolescenti appartengano ad una sorta di forza lavoro impiegata in lavori piuttosto pesanti.
Poiché la famiglia era piuttosto importante, nell'antica società egiziana ed erano proprio i parenti a dover provvedere alla sepoltura dei congiunti per garantire loro vita nell'aldilà, il fatto che gli adolescenti sepolti nella necropoli siano praticamente soli e sepolti senza molta cura e corredo funerario, potrebbe essere indizio che i giovani siano vissuti lontani dalle famiglie di origine. Un ulteriore dato raccolto dalle tombe settentrionali di Amarna, parla di sepolture multiple: il 43% delle fosse conteneva più di un individuo, come se fossero state scavate senza avere idea di quanti corpi vi sarebbero stati sepolti.
Sicuramente coloro che furono sepolti nella necropoli settentrionale di Amarna erano manodopera impiegata, in qualche modo, nella costruzione della città. Del resto il lavoro minorile era una triste realtà nell'antico Egitto. E' possibile che questi giovani fossero figli di schiavi, utilizzati fino allo stremo delle forze. Di sicuro furono strappati alle loro famiglie e non furono mai loro riconsegnati, nemmeno dopo la morte. Un'ulteriore ipotesi è quella che nella necropoli nord furono seppelliti i giovani appartenenti ad una popolazione deportata appositamente ad Amarna per svolgervi i lavori più pesanti. Si aspettano, quindi, i risultati delle analisi del Dna per avere maggiori informazioni informazioni su queste insolite sepolture.

Neanderthal d'Israele

Gli arti inferiori di un uomo di Neanderthal rinvenuti nel sito
archeologico all'aperto di Ein Qashish, in Israele
(Foto: Hebrew University of Jerusalem)
Uno studio israeliano sui resti di due uomini vissuti tra i 60000 ed i 70000 anni fa, ha dato risultati sorprendenti. I ricercatori hanno scoperto che i neanderthaliani vivevano sì nelle caverne, ma avevano una struttura sociale molto flessibile che investiva anche le loro abitudini quotidiane.
Gli archeologi sono stati chiamati durante i lavori per la costruzione di alcune strade in Israele settentrionale, ad Ein Qashish, sul fiume Kishon. Hanno avuto modo, così di accertare che gli uomini di Neanderthal che vivevano nel Levante (o Vicino Oriente) vivevano sia nelle caverne che in ampi spazi aperti. I reperti umani, infatti, sono stati raccolti in ambedue gli ambienti. Queste scoperte rafforzano l'ipotesi che i neanderthaliani erano una popolazione che ha preceduto, nel Levante, la presenza dell'Homo Sapiens.
I resti di uno degli uomini di Neanderthal appena ritrovati mostrano tracce di lesioni agli arti inferiori, segno che, molto probabilmente, l'uomo zoppicava. Nei pressi del luogo dove giaceva l'uomo sono stati trovati strumenti in selce, ossa di animali, una conchiglia marina, dei pigmenti e un corno di cervo.

Fonte:
timesofisrael.com

domenica 4 giugno 2017

Continuano le analisi della tomba del principe di Lavau

Il calderone bronzeo ritrovato a Lavau (Foto: D. Gliksman, INRAP)
Nel 2015 il piccolo villaggio di Lavau, nella Francia orientale, divenne famoso in tutto il mondo grazie alla scoperta della sepoltura di un principe celtico. La tomba del principe di Lavau, come ora è conosciuta, nasconde molti segreti che i ricercatori, da due anni a questa parte, stanno tentando di rivelare. Alcuni dei manufatti trovati all'interno della tomba principesca sono veramente straordinari e stanno cominciando a restituire notizie molto importanti.
Numerosi oggetti, inoltre, tra i quali una cintura appartenente al defunto, sono estremamente preziosi se non addirittura unici. Altri reperti sono testimoni di scambi commerciali tra diverse culture.
Tutto è iniziato nel 2012, quando gli archeologi dell'Istituto Nazionale di Archeologia Preventiva (INRAP) sono intervenuti all'interno di un parco industriale situato alla periferia di Lavau prima che si iniziassero alcuni lavori. Emersero subito i resti della straordinaria sepoltura, con reperti sia greci che etruschi e lo Stato francese dispose un'esplorazione accurata della zona. Gli archeologi estrassero dal terreno bellissimi manufatti risalenti al V secolo a.C., quali un calderone in bronzo ornato da una testa raffigurante Dioniso. In seguito furono trovati i resti del principe, deposti sul sul suo carro. Lo scheletro recava ancora indosso i gioielli d'oro con i quali era stato sepolto.
Vaso greco per vino trovato nella sepoltura di Lavau
(Foto: Denis Gliksman, INRAP)
Gli archeologi hanno immediatamente iniziato a documentare alcuni manufatti con radiografie e tomografie, nonché con le fotografie a 3D al fine di raccogliere informazioni sulla composizione e per saperne di più sul loro stato di conservazione. Le analisi hanno dimostrato che la cintura indossata dal principi era decorata con fili d'argento assemblati a formare motivi celtici. E' un oggetto unico, non ne è stato trovato uno simile prima. L'analisi del calderone in bronzo rinvenuto nella tomba ha suggerito che chi l'ha creato padroneggiava perfettamente le tecniche di fusione e di incisione. La fotografia in 3D e le analisi chimiche degli oggetti del corredo funebre hanno rivelato influenze di diverse culture nelle decorazioni. Un grande vaso per il vino, ad esempio, è composto con ceramica lavorata in stile greco ma decorato con motivi etruschi e con disegni in oro ed argento tipici della cultura celtica.
Tra le conclusioni più importanti alle quali sono giunti i ricercatori, vi è quella circa l'identità del defunto, che era un principe e non, come si era creduto all'inizio, una principessa. Alcuni dei gioielli recuperati sullo scheletro, in effetti, sono pertinenti al mondo femminile, ma l'analisi delle ossa pelviche dimostra inequivocabilmente che il defunto era di sesso maschile.

Fonte:
ibtimes.co.uk


Lo scheletro del principe di Lavau con i suoi gioielli (Foto: Denis Cliksman, INRAP)

I tesori dell'antica Northumbria

La decorazione in lega di rame trovata nel castello di Bamburgh
(Foto: Northumberland Gazette)
Bamburgh Castle, un tempo sede dei primi re medioevali di Northumbria, in Gran Bretagna, continua a rivelare insospettati tesori. E' la volta, in questi giorni, di una decorazione in lega di rame di 23 millimetri per 12, recante un'immagine zoomorfa, un uccello, che costituisce un prezioso tassello nella conoscenza dei primi anni del medioevo in Gran Bretagna.
La raffigurazione del rapace appena trovata sembra rifarsi a modelli del VI-VII secolo d.C. e può essere messa in relazione con modelli analoghi rinvenuti sugli elmi di Sutton Hoo e dello Staffordshire. L'oggetto è stato rinvenuto alla base di una stretta trincea di scavo, verso la fine della stagione di scavo del 2016. Gli strati superiori sono stati datati al IX secolo, precedenti all'epoca di Alfred il Grande e prima che York divenisse la città vichinga chiamata Yorvik. All'epoca l'Inghilterra era suddivisa in diversi regni e il Regno di Northumbria era uno di questi.
La residenza-fortezza di Bamburgh era una delle più importanti del Regno di Northumbria. Gli archeologi hanno raccolto, il loco, prove di lavorazione dei metalli, probabilmente associati alla forgiatura di armi e armature militari.
Il reperto appena rinvenuto sarà in mostra presso il castello di Bamburgh fino al 29 ottobre 2017, insieme con molti altri affascinanti reperti tra i quali un modello di spada riccamente decorata e sbalzata in oro.

Fonte:
northumberlandgazette.co.uk

Libano, trovate misteriose teste femminili in terracotta

Due delle quattro teste trovate a Porfireon dalla Missione Archeologica
Polacca (Foto: A. Olesiak - Centro polacco di Archeologia mediterranea)
I resti di almeno quattro teste femminili realizzate in terracotta, sono state rinvenute presso l'antica città di Porfireon, nell'attuale Libano. Nel 2013 un team di archeologi polacchi hanno scoperto una dozzina di frammenti pertinenti le teste in ceramica e li ha datati a circa 2400 anni fa. I frammenti sono stati trovati in quella che, anticamente, era una discarica per rifiuti, mescolati con ossa animali e resti di olive e di cereali. I frammenti sono stati, ora, assemblati.
La testa meglio conservata è alta circa 24 centimetri e larga 15, è decorata con vernice rossa e presenta un copricapo a corona, molto particolare, solitamente associato alle figure femminili dell'antica Grecia. Dimensioni simili le ha anche un altro reperto analogo trovato nella stessa discarica. Delle altre due teste rimangono, purtroppo, solo frammenti.
La testa in primo piano reca al collo un amuleto wadjet(Foto: A.Olesiak)
La parte superiore della testa in ceramica meglio conservata presenta dei fori, utilizzati, forse, per appenderla ad una parete. Sul reperto sono conservate anche le impronte digitali dell'antico artista che ha plasmato l'argilla. Tutte e quattro le teste sono state gettate via quando i locali dove erano custodite furono ristrutturati o ricostruiti. Si tratta, secondo gli archeologi, di rappresentazioni di divinità delle quali, però, non si conosce il nome, non essendovi alcuna scritta che possa identificarle.
I quattro reperti in ceramica presentano tratti caratteristici di diverse culture: elementi fenici, di origine egiziana e anche di origine greca. Una delle teste, per esempio, reca la raffigurazione di un amuleto wadjet (l'occhio di Ra egiziano) al collo. Questo amuleto, che gli antichi egizi pensavano potesse proteggere chi lo indossava, fu preso più tardi assimilato anche in altre culture.
Gli archeologi non sono ancora in grado di dire dove siano stati forgiati i reperti appena ricomposti, anche se hanno scoperto che l'argilla utilizzata proviene dalla zona intorno a Tiro, un'antica città che si trovava anch'essa nell'attuale Libano. Si pensa che le quattro teste siano state forgiate in un'epoca in cui l'impero persiano controllava una vasta area del Medio Oriente, comprendente l'antica città di Porfireon e la città di Tiro.

Fonte:
livescience.com

venerdì 2 giugno 2017

Gli affreschi occultati nelle catacombe di Santa Domitilla

Il soffitto affrescato appena scoperto nella catacomba di Santa
Domitilla (Foto: Andreas Solaro/AFP)
All'interno di un tunnel nel cuore della Roma antica, nelle catacombe di Santa Domitilla, gli archeologi hanno scoperto una serie di squisiti affreschi di 1600 anni fa, dipinti per commemorare i primi cristiani della città. Gli esperti hanno utilizzato la più recente tecnologia laser per rimuovere la sporcizia che si era accumulata da secoli rendendo invisibili gli affreschi.
La scoperta getta nuova luce sull'evoluzione dalle credenze pagane a quelle cristiane all'interno della ricca comunità romana del IV secolo d.C.. Gli splendidi affreschi, dai colori variegati, ornano i soffitti di due cripte destinate ad ospitare i resti di commercianti di grano e dei loro famigliari. Tra gli affreschi figurano quelli rappresentanti il trasporto di grano attraverso il Mediterraneo fino al porto di Ostia antica, dove veniva trasferito su piccole imbarcazioni che lo portavano, attraverso il Tevere, fino ai magazzini che si trovavano al centro dell'Urbe. L'importazione e la distribuzione del grano era monopolio statale, controllato da funzionari di alto rango, in un momento storico in cui ogni Romano aveva diritto ad una razione giornaliera di pane.
Gli affreschi appena scoperti sul soffitto di una delle cripte della
catacomba di Santa Domitilla (Foto: AFP)
Le cripte affrescate sono state scavate ed affrescate per le famiglie dei funzionari imperiali arricchitisi grazie al commercio del grano e alla produzione di pane. Fino a qualche anno fa, gli affreschi delle catacombe di Santa Domitilla erano coperti da uno spesso strato di grasso generato dal fumo delle lampade ad olio accese in tempi remoti, e da depositi di calcio. Il laser ha permesso di asportare i depositi di grasso e calcio, lasciando intatti i meravigliosi degli affreschi sottostanti.
Al centro di un affresco sul soffitto, si può vedere l'immagine di Cristo, seduto in trono, con due uomini ai suoi lati. Si pensa che costoro fossero i Santi Pietro e Paolo o i Santi Nereo e Achilleo, due soldati romani martirizzati perché si rifiutarono di abiurare la loro fede. Gli affreschi riprendono anche scene dall'Antico e Nuovo Testamento, con Noè, l'arca e la miracolosa moltiplicazione di pani e pesci operata dal Cristo. L'affresco sul soffitto è adorno di pavoni che, secondo la cultura pagana, erano simboli dell'aldilà. Si pensa che gli affreschi possano risalire al 360 d.C., solo pochi decenni dopo che il cristianesimo era stato dichiarato religione ufficiale dell'impero da parte di Costantino.
Le nicchie entro le quali venivano deposti i cristiani defunti
(Foto: AFP)
Gli affreschi scoperti mostrano una fusione tra i vecchi simboli pagani ed i nuovi simboli cristiani, poiché la famiglia a cui apparteneva la cripta era solo da poco convertita al cristianesimo. I ricchi romani, infatti, si convertirono alla nuova religione piuttosto tardi. Dopo la caduta dell'impero romano le catacombe finirono per essere gradualmente abbandonate e dimenticate. Vennero riscoperte nel XVI secolo da un archeologo dilettante, Antonio Bosio, che per festeggiare l'evento imbrattò con il suo nome tutti gli affreschi.
I corpi dei defunti cristiani erano avvolti in semplici lenzuola candide e collocati in nicchie rettangolari scavate nelle pareti dei corridoi catacombali. Le nicchie venivano poi sigillate con lastre di marmo. Nelle catacombe di Santa Domitilla risultano esserci almeno 70 cripte riccamente decorate. Negli anni '70 ne vennero restaurate più o meno una dozzina, ma resta da fare ancora molto lavoro.

Fonte:
telegraph.co.uk.

Un ricco balneum privato emerge a Chichester

Volontari ed archeologi al lavoro nel balneum appena trovato
(Foto: PA)
A Chichester, in Gran Bretagna, sono state scoperte le fondamenta di un lussuoso bagno privato, inserito all'interno di una domus appartenente ad uno dei più ricchi cittadini della Chichester romana. I resti giacevano al di sotto di un parco pubblico.
Lo scavo a posto in luce i resti dell'ipocausto e della camera alla quale faceva riferimento. L'ipocausto era seminterrato ed aveva dei pilastri, originariamente faceva parte di un balneum annesso ad una opulenta casa privata, situata ai margini dell'abitato, lontano dai rumori e dagli odori della zona centrale, dove si svolgeva il mercato.
I resti sono sopravvissuti perché la cittadina medioevale, densamente popolata, si è sviluppata all'interno delle mura romane. Frammenti romani sono emersi in tutta Chichester, ed i resti di un balneum pubblico sono ora conservati all'interno del Museo di Novium.
Il nuovo ritrovamento si connette sicuramente ad una delle zone più ricche della Chichester romana, si trattava, in sostanza di una proprietà privata di milioni di sterline attuali, poiché solo pochi potevano possedere e mantenere un balneum come quello appena ritrovato. Il sito risale, molto probabilmente, al III o IV secolo d.C., un periodo piuttosto tardo della storica di Chichester. I resti saranno nuovamente interrati una volta completato lo scavo.

Fonte:
theguardian.com

Altre sepolture trovate ad Assuan

Uno dei sarcofagi trovati nelle sepolture scoperte recentemente ad Assuan
(Foto: english.ahram.org.eg)
Durante gli scavi nella zona che si trova nei pressi del Mausoleo dell'Agha Khan, sulla sponda occidentale di Assuan, la missione egiziana del Ministero delle Antichità si è imbattuta in una decina di sepolture scavate nella roccia.
Mahmoud Afifi, responsabile delle Antichità Egizie al Ministero, ha affermato che le sepolture possono essere datate al periodo tardo. I primi studi rivelano che il sito è un'estensione della necropoli di Assuan sulla riva ovest, dove si trovano una serie di tombe appartenenti ai sorveglianti dell'antica necropoli di Assuan, nell'Antico, Medio e Nuovo Regno. Le tombe scoperte si somigliano, dal punto di vista architettonico; sono composte da passaggi che conducono dall'ingresso all'interno della tomba e da una piccola camera sepolcrale dove sono radunati sarcofagi in pietra contenenti le mummie e il corredo funebre di ciascuna. A settembre, quando inizierà la prossima stagione di scavo, la missione archeologica continuerà ad esplorare il sito delle tombe per completare il panorama storico e archeologico.

Fonte:
english.ahram.org.eg

Coperchio di sarcofago in cartonnage dorato (Foto: english.ahram.org.eg)

Echi dalla cosmopolita Delo

Resti del naufragio di Fournoi, sull'isola di Creta
(Foto: Ministero della Cultura e dello Sport)
Il Ministero della Cultura e dello Sport greco ha recentemente annunciato il ritrovamento, nei pressi dell'isola di Delo, dei resti di antichi naufragi durante gli scavi subacquei condotti dall'Eforato delle Antichità Subacquee. Si tratta di quanto rimane di navi di diverse epoche, naufragate nei pressi del porto dell'isola.
Delo è un sito archeologico eccezionalmente esteso e ricco e rimanda l'immagine di un grande porto mediterraneo estremamente cosmopolita. Sull'isola ci sono i resti archeologici risalenti al periodo arcaico, classico ed ellenistico. Sono emerse anche strutture costiere relative ad un antico porto, nei pressi del quale sono stati trovati i resti di numerosi naufragi avvenuti nel corso di diverse epoche. Questi resti, che si aggiungono a quelli emersi durante il mese di maggio di quest'anno, danno l'idea dell'importanza del porto di Delo quale base commerciale nel Mediterraneo occidentale ed orientale.
Il porto era protetto dai venti di nordovest e risulta ora sommerso di quasi due metri a causa del rialzamento delle acque del mare. Si tratta di una struttura lunga circa 160 metri e larga almeno 40, edificata su alcune rocce sagomate e costituita da blocchi di granito di dimensioni impressionanti. Sono stati trovati anche i resti di pareti e un colonnato semidistrutto. Tra i reperti raccolti dai naufragi vi sono anfore di olio e di vino provenienti dall'Italia e dal Mediterraneo occidentale.
La missione archeologica greca ha potuto anche fotografare i resti di altri naufragi a Kato Kerenale e nei pressi di Fournoi. Tutti i relitti scoperti recentemente risalgono ad un periodo compreso tra la fine del II secolo e il I secolo a.C., quando l'isola di Delo attraversava un periodo di particolare floridezza.

Fonte:
ancient-origins.net

Turchia, gli "inviti" di Antioco I di Commagene...

Turchia, l'iscrizione di Antioco di Commagene (Foto: AA) Un'iscrizione trovata vicino a Kimildagi , nel villaggio di Onevler , in Tu...