domenica 25 maggio 2014

Il vino nell'antico Egitto

Tomba di Nakht a Sheikh Abd el-Qurna con scene di vendemmia
La viticultura, nella terra del Nilo, era un'attività molto florida. Molte informazioni, raccolte da fonti diversi, restituiscono agli archeologi un quadro piuttosto preciso in merito a quest'arte antica. Le pitture ed i rilievi, per esempio, presentano spesso scene di raccolta dell'uva. Si tratta di pitture che adornano le tombe dell'Antico Regno, tra le quali quelle dei funzionari Niankhkhnum e Khnumhotep (V Dinastia) sepolti a Saqqara, le sepolture del Medio Regno, del Nuovo Regno e persino di epoca romana.
Gli scavi, poi, hanno restituito reperti come giare per il vino, etichette e sigilli che conservano ancora tracce di produzione e consumo di vino, tra cui grappoli disidratati, semi, raspi, foglie e legni.
Il reperto più antico, ma anche il più discusso, è un sigillo che risale al regno di Den, I Dinastia (2950 a.C.), che oltre al nome del re presenta un simbolo interpretato da diversi studiosi come un torchio. Questo tipo di torchio, però, è attestato durante l'Antico Regno. In assoluto la testimonianza più antica è costituita da alcuni semi di vitis vinifera del periodo detto Naqada III (2900 a.C.) e conservati nel Museo dell'Orto Botanico di Berlino. Questi semi risalgono ad un'epoca in cui l'Egitto non era ancora riunito sotto un'unica corona.
Scene di raccolta e conservazione dell'uva da una tomba di Tebe (1500 a.C.)
Nei Testi delle Piramidi si parla di un irep mehu, "vino del nord", con riferimento al Delta, ma anche il ramo canonico del Nilo era una zona di produzione vinicola importante. Queste aree erano attive dal 3100 al 332 a.C. I templi tebani, poi, possedevano 433 vigne durante il regno di Ramses III, la cui localizzazione non è certa.
Gli antichi Egizi, però, non bevevano solo vino ma anche birra, di cui l'Egitto è il primo produttore della storia. La birra veniva prodotta sia in laboratori artigiani che in casa. Al vino e alla birra si aggiungevano il vino di datteri, il vino di melagrana, il vino di palma. Quest'ultimo, ottenuto dalla fermentazione del liquido ottenuto dall'incisione del tronco dell'albero, trovava impiego anche nei processi di mummificazione.
La parola che identificava il vino era irep (irp) ed è presente già durante la II Dinastia (2890-2686 a.C.). Questo termine si trova impiegato, dall'Antico Regno, nelle liste delle offerte, sulle giare, nei Testi delle Piramidi. Ogni tomba ospitava vasi per il vino che assunse la valenza di bevanda sacra.
Il vino, la cui produzione coinvolgeva diverse persone, era una bevanda più costosa rispetto alla birra, più facile da produrre in quantità e più abbordabile. L'Egitto produceva vini rossi, bianchi, dolci ma anche vini mescolati. Gli studiosi lo hanno dedotto dalle etichette poste sulle giare ritrovate nel palazzo di Malkata (tarda XVIII Dinastia). Queste etichette riportavano l'anno di produzione, la qualità, il tipo di prodotto, l'origine geografica, il nome e il titolo del vignaiolo.
Frammento di pittura parietale da Tebe, necropoli Khokha (1350-1300 a.C.)
Oltre a Malkata, le giare vinarie sono state ritrovate anche ad Amarna, l'antica capitale di Akhenaton. Talvolta è specificata anche la qualità del vino: buono (nefer), più che buono (nefer, nefer) e molto buono (nefer, nefer, nefer). La produzione del vino avveniva sotto l'egida della famiglia reale e dello stesso faraone, almeno stando a quanto risulta dalle etichette. Tuttavia vi erano delle eccezioni: attraverso un resoconto biografico riportato nella sua tomba, si conosce un vignaiolo di nome Metjen, vissuto durante la IV Dinastia (2630-2510 a.C.), che possedeva una vigna di circa 331 mq insieme ad altre proprietà.
La vendemmia, nel paese del Nilo, si svolgeva intorno ai primi di luglio, prima dell'inondazione, connessa direttamente al sorgere di Sirio (19 luglio). Fonti greco-romane, invece, parlano della fine di agosto, forse in seguito alla modifica del calendario avvenuta all'indomani del regno di Tolomeo III. I grappoli erano raccolti a mano e depositati nei cesti che, una volta colmi, erano portati al tino protetti con le foglie dai raggi del sole. Il succo era spremuto con i piedi
L'esempio più significativo di pitture tombali raffiguranti la vendemmia, è senz'altro la tomba di Nakht a Sheikh Abd el-Qurna. Nakht era scriba e astronomo presso il tempio di Amon a Karnak. La sua tomba è stata datata alla XVIII Dinastia, tra la fine del regno di Thutmosis IV e l'inizio di quello di Amenhotep III. La vendemmia è raccontata dalle immagini in tutte le sue fasi più importanti ed in tutti i suoi particolari.
Non si conosce ancora bene come gli Egizi gestissero la fermentazione dell'uva. I ricercatori pensano che essi lasciassero l'uva a fermentare, per alcuni giorni, in giare dalle ampie aperture per poi travasare il liquido in altri contenitori se non, addirittura, sigillare i contenitori per la fermentazione. Non si sa per quanto tempo il vino dovesse fermentare, visto il clima caldo del paese. Le etichette finora recuperate non superano i cinque anni.
La chiusura delle anfore prevedeva l'apposizione di un tappo, fatto con foglie, pula mescolata a fango, canne o fibre di papiro e la sigillatura fatta con un blocco di fango inumidito, sul quale era impresso uno stampo. Il fango seccava e sigillava l'anfora fino alla sua apertura.

sabato 24 maggio 2014

La mummia del fratello del faraone

Lo scheletro di Qenamun (Foto: Discovery.com)
La mummia del fratello adottivo del faraone Amenhotep II è stata, forse, ritrovata in un antico monastero, almeno stando ad alcuni documenti d'archivio risalenti al XIX secolo.
La mummia, oramai solo uno scheletro, sarebbe quella di Qenamun, amministratore capo di Amenhotep (1427-1400 a.C. circa), settimo faraone della XVIII Dinastia, antenato di Tutankhamon. Qenamun era il fratello adottivo del faraone, dal momento che sua madre, Amenemipet, era la nutrice reale del futuro re. I due crebbero insieme e il legame si mantenne saldo anche in età adulta, permettendo a Qenamun di godere di uno status sociale elevato.
Finora il luogo dell'ultima dimora di Qenamun era rimasto un mistero. Non se ne era rinvenuto il sarcofago né, tantomeno, la mummia, sebbene si conoscesse la tomba di Qenamun a Tebe. La ricerca di Qenamun, molto simile alla composizione di un puzzle, secondo gli archeologi che vi hanno lavorato, è iniziata due anni fa, quando è stata ritrovata una cassa contenente uno scheletro nel magazzino di un monastero del XIV secolo. Questo monastero si trova a Calci, una cittadina vicino Pisa, ed ospita ora uno dei più antichi musei di storia naturale del mondo.
La scritta sul cranio di Qenamun (Foto: Discovery.com)
Sul cranio dello scheletro gli archeologi hanno trovato una scritta in inchiostro nero che affermava che lo scheletro era, in realtà, una mummia riportata dall'Egitto da Ippolito Rosellini, primo egittologo in Europa. Rosellini partì da Pisa per l'Egitto nel 1828 con Champollion, filologo francese, che aveva da poco decifrato la Stele di Rosetta. La spedizione era finanziata dal Granduca di Toscana, Leopoldo II, e dal re di Francia Carlo X. Nel 1829, di ritorno dall'Egitto, Rosellini scrisse una relazione per Leopoldo II, alla quale allegò un elenco di 1.878 reperti antichi che erano stati imballati per affrontare il viaggio verso l'Italia, 660 dei quali raccolti direttamente negli scavi, mentre i rimanenti 1.218 erano stati acquistati.
Nella relazione al Granduca, Rosellini affermò di aver scelto i pezzi migliori, dal momento che non aveva potuto portare con sé tutto quello che aveva trovato a causa degli alti prezzi di spedizione. Questa lettera era nota, fino a qualche anno fa, solo in bozza. L'elenco degli oggetti riportati, invece, è stato ritrovato negli Archivi Nazionali di Praga, dove sono conservati tutti i documenti della famiglia Asburgo-Lorena.
L'elenco delle 660 antichità raccolte dagli scavi reca la descrizione di 11 mummie, sette delle quali sono attualmente esposte nel Museo Egizio di Firenze. Altre tre mummie - quelle di una donna, un uomo e un bambino - sono state distrutte e mai restituite al museo. L'undicesima mummia, finora, era rimasta un mistero.

Dov'è l'antica Tenea?

Il Kouros ritrovato a Chiliomodi (Foto: Popular Archaeology)
Nel 1984 la Dottoressa Elena Korka, attualmente direttrice della Soprintendenza alle collezioni archeologiche, durante uno scavo di emergenza, scoprì un antico sarcofago greco del primo periodo arcaico vicino alla città di Chiliomodi, in Grecia. Il sarcofago conteneva i resti di uno scheletro femminile con le offerte. L'interno della lastra che ricopriva il sarcofago era adorna di un affresco raffigurante due leoni.
Gli archeologi ritengono, ora, che quel ritrovamento indichi la presenza, da qualche parte nei dintorni di Chiliomodi, dei resti dell'antica città di Tenea, fondata, secondo le fonti scritte, in un luogo non lontano da Corinto e Micene dopo la guerra di Troia. I suoi primi abitanti, affermano le fonti, furono i prigionieri troiani. A Tenea si stabilì anche Agamennone, secondo le leggende: dalla città si poteva facilmente controllare l'antica Corinto e qui, secondo Strabone, venne allevato Edipo.
Prove della presenza, in loco di un'antica città, hanno cominciato ad emergere già nel 1846, quando venne scoperta la statua di un Kouros, oggi conservato nel Museo Glyptothek di Monaco di Baviera. Più recentemente sono emersi altri due kouroi in uno scavo clandestino, statue che sono state prontamente requisite dalla polizia nel 2010.
Lo scorso anno, la Dottoressa Korka, coadiuvata da studiosi ed archeologi greci e stranieri, ha scoperto un cimitero arcaico. La Dottoressa Korka ritiene che il cimitero fosse associato con l'antica Tenea.
La Dottoressa Korka e i suoi collaboratori sperano che la stagione di scavo 2014 possa portar loro molte sorprese e conferme.

Alessandro Magno riemerge a Cipro

La statua di Alessandro Magno scoperta a Cipro (Foto: Archeomedia)
Un gruppo di archeologi che sta lavorando in un sito sulla costa meridionale di Cipro, Akrotiri, ha scoperto un busto raffigurante Alessandro Magno.
Il ritrovamento è stato fatto tra i resti di una basilica a tre navate, la seconda ritornata alla luce nel sito di Katalymmata ton Plakoton, interessato dagli scavi archeologici sin dal 2007. Le basiliche, probabilmente, facevano parte di un unico complesso monumentale riferentesi al culto di San Giovanni Misericordioso, patriarca di Alessandria e santo patrono di Limassol.
La prima basilica è un edificio di 20 metri di larghezza e 47 di lunghezza. Gli archeologi hanno datato il complesso basilicale al 616-617 a.C.

Eccezionale ritrovamento a Sidone

La statua ritornata alla luce a Sidone
(Foto: The Daily Star/Mohammed Zaatari)
E' stata scoperta, a Sidone, in Libano, la statua di un sacerdote fenicio in uno scavo nella parte meridionale della città. Oltre alla statua sono emersi, dal sottosuolo, altri reperti. Si tratta di un ritrovamento eccezionale poiché è il primo, in Libano, dopo decenni.
La statua del sacerdote è alta 115 centimetri e risale al VI secolo a.C.. Lo scavo dal quale è emersa è attivo da ben sedici anni. E' dal 1960 che non si hanno ritrovamenti simili in Libano. Il sacerdote indossa un gonnellino a pieghe, lo shenti, con un lembo pendente dalla vita fino all'orlo. La mano sinistra è chiusa a pugno attorno ad un oggetto sconosciuto, forse un rotolo. La statua è stata riutilizzata dai Romani, che l'hanno posta al di sotto del pavimento di marmo di una casa.
Dagli scavi sono emerse anche tre sale risalenti al III millennio a.C., pertinenti un edificio pubblico, un deposito con del farro carbonizzato e 20 sepolture di adulti e bambini vissuti nel II millennio a.C.

giovedì 22 maggio 2014

Ritrovate strutture dei Tallan in Perù

Resti ritrovati nel sito appena scoperto in Perù (Foto: El Comercio)
Le autorità peruviane hanno annunciato di aver scoperto un importante sito pre-Inca, appartenente alla cultura Tallan. Gli archeologi ritengono che il complesso, rinvenuto nei pressi del comune di La Arena, sia stato un centro amministrativo molto importante per questa cultura, sviluppatosi tra il 700 e il 1400 d.C..
Tra gli oggetti ritrovati vi sono collane, pezzi di ceramica ed altri frammenti. L'archeologa Maria Elena Nunera ha affermato che il complesso ritrovato ha avuto funzioni di un deposito per il grano o il cotone che fungeva, nel contempo, anche da abitazione.
Nel 2008 gli scavi effettuati più a sud, vicino a Chiclayo, a Huaca El Loro, guidati da Izumi Shimada, hanno riportato alluce una mummia di mille anni appartenente ad un nobile. Ci sono, a detta degli archeologi, diversi siti nelle vicinanze di quello appena scoperto, ma purtroppo non si possiedono i fondi necessari per intraprendere gli scavi.

martedì 20 maggio 2014

Un drappo risalente al 1300...

Il drappo di seta di Enrico VII (Foto: gonews.it)
E' stato ritrovato quasi intatto il drappo di seta conservato all'interno del sarcofago di Enrico VII, sarcofago custodito nel Duomo di Pisa e che tra due anni sarà esposto nel Museo dell'Opera del Duomo.
Il telo avvolgeva le spoglie del monarca, morto nel 1313, è di forma rettangolare, lungo oltre tre metri e costituisce una rarità per quel che riguarda la produzione di stoffe seriche dell'inizio del XIV secolo. Il sarcofago ha anche restituito la corona, lo scettro e il globo, strumenti del potere dell'imperatore per mezzo dei quali viene identificato in 73 miniature del suo viaggio in Italia.
Dalla cassa è emerso anche un contenitore cilindrico di piombo contenente una carta risalente al Settecento che registra un'ispezione della sepoltura. Il telo ritrovato è lungo oltre tre metri per 120 centimetri di larghezza, in seta a bande orizzontali nei colori, alternati, nocciola rosato (originariamente rosso) e azzurro. Le bande di quest'ultimo colore erano decorate in oro e argento con coppie di leoni affrontati. Una fascia rosso-violacea, listata di giallo, posta all'inizio del telo reca tracce di un'iscrizione.
Sono in corso, ad opera dell'antropologo Francesco Mallegni, le analisi delle spoglie di Enrico VII, volte a determinare le cause della morte dell'imperatore. Al momento si è riusciti a determinare l'altezza del sovrano in 1,78 metri circa e l'età della sua morte: intorno ai 40 anni.

lunedì 19 maggio 2014

Latrine e vecchi graffiti nel Sudan

El-Ghazali, la chiesa settentrionale (Foto: Miron Bogacki)
In una chiesa nubiana nel Sudan settentrionale sono stati trovati i resti di una grande latrina e diversi graffiti. La chiesa è il monastero cristiano dell'oasi di El Ghazali, a circa 15 chilometri dalla città di Merowe, in una regione conosciuta per le piramidi dei Faraoni Neri. Il monastero è stato scoperto nel 1821 ed è stato scavato tra il 1953 ed il 1954.
La chiesa è piuttosto grande per gli standard della Nubia medioevale, misurando 28,10 metri di lunghezza e 13,9 di larghezza. E' stata costruita con mattoni di fango ed aveva la tipica disposizione delle chiese medioevali nubiane, un'architettura basilicale a tre navate, l'interno era intonacato e coperto di graffiti.
Una squadra di archeologi e restauratori polacchi ha appena completato una missione di tre mesi nella regione. Si aspettavano di trovare un cimitero, facente parte del complesso monastico bizantino, dove dovevano essere sepolti i personaggi più eminenti della comunità che qui viveva. La scoperta delle latrine del monastero medioevale è stata una vera e propria sorpresa.
Le latrine poste lungo la parete orientale del monastero
(Foto: Artur Obluski)
Lungo la parete est del monastero gli archeologi hanno riportato alla luce una fila di 15 servizi igienici, che non hanno fatto altro che comprovare che il vicino monastero era abitato da una folta comunità di monaci e visitato da molti pellegrini. Un gruppo di restauratori ha lavorato fianco a fianco agli archeologi, i loro sforzi si sono concentrati soprattutto sulla pulizia e la messa in protezione dell'intonaco della chiesa, che risale alla prima metà del VII secolo d.C.
Le pareti della chiesa erano coperte da uno spesso strato di fango che, una volta asportato, ha restituito l'aspetto originario delle pareti, di un bianco quasi abbagliante. Talmente tanto abbagliante che gli archeologi ed i restauratori hanno dovuto lavorare al mattino presto o nel tardo pomeriggio.
Orlo di vaso con, graffito, il nome Angeloforos (Foto: M. Korzeniowska)
La pulizia delle pareti ha permesso anche di scoprire decine di iscrizioni precedentemente sconosciute e disegni raffiguranti santi e immagini del Cristo. Lo studio delle iscrizioni è stato affidato al Dottor Grzegorz Ochala, dell'Università di Varsavia. I primi risultati delle sue analisi mostrano che, come in molti altri luoghi della Nubia, il culto degli angeli era estremamente popolare ad El-Ghazali. Sulle pareti della chiesa, infatti, il Dottor Ochala ha individuato i nomi dei quattro arcangeli: Michele, Gabriele, Raffaele ed Uriel.
Gli archeologi hanno anche scoperto una ciotola in ceramica che reca inciso il nome di un sacerdote: Angeloforos, letteralmente "colui che porta la notizia". Secondo il Dottor Ochala anche questo nome sottolinea ulteriormente la venerazione per gli angeli.
El-Ghazali è uno dei due più importanti luoghi di culto della Nubia medioevale situati al di fuori della Valle del Nilo. Il monastero si trova nel Wadi Abu Dom, la valle che attraversa il deserto di Bajuda, un tempo frequentata via commerciale dell'Africa nordorientale. La dimensione del complesso monastico è pari a quella del monastero di Santa Caterina in Egitto.

domenica 18 maggio 2014

Il matrimonio in Mesopotamia

La Regina della notte, targa in rilievo in terracotta
forgiata nel sud della Mesopotamia (1792-1750 a.C.)
(Foto: British Museum)
Gli antichi testi medici mesopotamici avevano prescrizioni per diversi tipi di malesseri e malattie, ma non avevano cure per la "malattia delle malattie", l'amore passionale.
Il matrimonio nella Mesopotamia antica era estremamente importante, in quanto su di esso si fondava la stabilità della società mesopotamica. I matrimoni combinati erano la norma, gli sposi spesso non si conoscevano e non si erano mai incontrati. C'erano, poi, le cosiddette "aste delle spose", nelle quali le donne venivano vendute all'incanto al miglior offerente. Ma in generale i rapporti interpersonali, nell'antica terra tra i due fiumi, erano piuttosto complessi e stratificati.
Per quanto riguarda le abitudini prematrimoniali delle signore della Mesopotamia, Erodoto riferisce che almeno una volta, nella loro vita, dovevano prestarsi alla prostituzione sacra nel tempio di Ishtar (Inanna) ed accettare di avere rapporti sessuali con qualunque estraneo avessero scelto. Si trattava di una pratica per invocare la fertilità e la prosperità su tutta la comunità.
Il matrimonio era, in Mesopotamia, un vero e proprio contratto legale tra il padre della ragazza e colui che l'avrebbe presa in moglie. Era questo contratto alla base della comunità intera: il contratto tra i rappresentanti di due famiglie. Una volta che questo veniva siglato alla presenza di testimoni, si poteva procedere alla pianificazione della cerimonia. Quest'ultima doveva necessariamente comprendere una festa, per essere considerata legittima. Il matrimonio si componeva di cinque aspetti, tutti fondamentali: il contratto di matrimonio (fidanzamento), il pagamento della dote da parte della famiglia della sposa a quello dello sposo, la cerimonia vera e propria (festa), l'accompagnamento della sposa alla casa del marito, l'unione sessuale che doveva portare al concepimento. Si trattava di passi fondamentali, se uno di questi veniva meno, il matrimonio poteva essere invalidato.
Il matrimonio tra Inanna e Dumuzi
Una volta celebrato il matrimonio, ci si attendeva che la nuova coppia mettesse al mondo molti figli. Il sesso era considerato una parte molto importante della vita dei coniugi e non c'erano gli imbarazzi e i pudori tipici della nostra era, né tanto meno tabù o timidezze. Era tollerato anche l'amore omosessuale ed erano piuttosto diffuse anche le pratiche contraccettive. I tradimenti, se scoperti erano puniti severamente, in alcuni casi persino con la pena di morte.
La sterilità era considerata una vera disgrazia e se la moglie era sterile, il marito poteva prendere una seconda consorte. Le donne erano sottoposte completamente all'autorità del marito. La prima moglie veniva solitamente consultata nella scelta di eventuali seconde mogli o concubine. Se la prima moglie non poteva avere figli ma la concubina del marito ne partoriva, questi bambini erano considerati figli della prima moglie, potevano ereditare e portare il nome di famiglia. Tramandare il nome della propria gente era estremamente importante. Un uomo non poteva divorziare da sua moglie a causa della cattiva salute di quest'ultima o della sua infertilità: doveva averne cura fino alla morte. Quando la moglie moriva, la concubina dell'uomo sarebbe diventata la sua prima moglie.
Il divorzio non era una pratica comune, dal momento che costituiva una grave macchia sociale. La maggior parte delle persone rimaneva sposata per tutta la vita, anche in caso di matrimonio infelice. Se la donna veniva colta in flagrante con un altro uomo, poteva essere annegata nel fiume con il suo amante o, addirittura, poteva venir impalata. Il Codice di Hammurabi stabilisce che "se, invece, il proprietario della moglie vuole tenerla in vita, il re perdonerà anche l'amante di costei". Il divorzio, ad ogni modo, era comunemente chiesto dall'uomo. Le mogli potevano divorziare dai loro mariti solo se potevano portare prove di abuso o negligenza da parte loro. Un marito poteva ripudiare la moglie se questa non era fertile ma avrebbe dovuto restituire la dote ricevuta a suo tempo; per questo era più semplice prendersi una concubina. L'infertilità era sempre attribuita alla donna, mai all'uomo. Il marito poteva divorziare dalla consorte anche per adulterio o abbandono della casa coniugale, ma anche in questo caso doveva restituire la dote.
Erano rari i casi in cui le donne abbandonavano le famiglie. Difficilmente le donne cambiavano città o viaggiavano da sole, a meno di non essere prostitute di professione. Spesso a darsi alla prostituzione erano proprio donne che avevano dovuto contrarre un matrimonio infelice e che non potevano affrontare l'onta di un divorzio. L'uomo era il capo della famiglia, anche se le donne potevano possedere terre e imprese proprie e potevano acquistare e vendere schiavi.
Le donne sumeriche godevano, a detta degli storici, di maggiori libertà delle donne che vivevano al tempo dell'impero accadico. In tutto questo esistevano anche coppie che vivevano felicemente fino alla morte, circondati da figli e nipoti. Ce ne danno testimonianza, tra gli altri, le lettere tra Zimri-Lim, re di Mari, e sua moglie Shiptu.

Ritrovato il più grande sauro mai conosciuto

Un paleontologo sdraiato accanto ad una delle ossa di sauro
ritrovate in Argentina (Foto: La Stampa)
Sono stati ritrovati i resti di quello che è stato definito il più grande animale che sia mai esistito sulla terra, un sauropode di 40 metri di lunghezza, 20 metri di altezza e 77 tonnellate di peso. Il gigantesco animale preistorico o, più precisamente, i suoi resti sono stati ritrovati in un campo a 250 chilometri da Trelew, nella Patagonia argentina.
Ad imbattersi nelle ossa gigantesche di quest'antichissimo animale è stato un contadino locale. In seguito è stato contattato il Museo Egidio Feruglio e in breve tempo sono iniziati gli studi tecnici. La prima campagna di scavo si è aperta lo scorso anno a cura dei paleontologi del museo argentino, che si trova a 250 chilometri circa dal luogo del ritrovamento.
"Quando ci siamo messi a scavare per estrarre un osso che sapevamo era un femore siamo rimasti sorpresi dalle sue dimensioni: era il più grande che avessimo mai visto per questo tipo di animale", ha affermato uno dei responsabili dello scavo, José Luis Carballido. Oltre al femore sono emersi, dal terreno, costole, ossa del bacino, una coda ed un omero completi. Un animale enorme, erbivoro, che si muoveva sicuramente in gruppo. Per peso e dimensioni il sauro sembrerebbe superiore all'Argentinasauro, il più grande dinosauro finora conosciuto.
I resti del dinosauro si trovavano nella nota formazione geologica detta Gruppo Chubut, dal fiume che l'attraversa. Qui, nel 1965, è stato ritrovato un dinosauro battezzato Chubutisaurius, che secondo i paleontologi è vissuto nel Cretatico superiore (90-100 milioni di anni fa).
Ora i paleontologi stanno pensando ad un nome da dare a questa nuova specie di sauro.

sabato 17 maggio 2014

Statuina della Vergine del XIII secolo ritrovata in Danimarca

La statuina ritrovata nello Jutland (Foto: Museo Nazionale)
Durante i lavori di restauro di una piccola chiesa nella cittadina di Soby, nella parte orientale dello Jutland, è stata scoperta una statua di porcellana di Limoges raffigurante la Vergine Maria, databile al XIII secolo.
L'immagine si trovava, forse, assisa su un crocifisso e veniva utilizzata durante le cerimonie processionali. Ritratti della Vergine Maria risalenti al medioevo sono piuttosto rari, in Danimarca, questa è la prima figurina in porcellana che raffigura solamente la Vergine.
Gli archeologi temevano che la statua fosse molto danneggiata, a causa del passare dei secoli, ma ad un'analisi accurata la preoccupazione si è ridimensionata perché la statuina pare in buone condizioni. Sono ancora visibili i colori dei vestiti.

Ritrovato un sarcofago in Turchia

Il sarcofago ritrovato in Turchia (Foto: Hurriyet)
Uno scavo illegale, nel nord della provincia anatolica della Turchia, ha riportato alla luce un sarcofago di 1900 anni.
Il sarcofago è stato prontamente rimosso dagli archeologi ed è stato trasferito nel Museo di Corum per essere esposto al pubblico. Il luogo dove è stato ritrovato è stato oggetto di uno scavo clandestino nel 2012, prima che la regione fosse inserita ufficialmente nel contesto delle aree archeologiche di primaria importanza della Turchia. Nel marzo di quest'anno c'è stato un nuovo scavo clandestino che ha riportato alla luce questo sarcofago e la tomba alla quale apparteneva, la più grande mai rinvenuta in questa provincia.
Sono stati ritrovati anche dei resti umani, forse appartenenti ad una donna, che hanno permesso di datare la sepoltura al 96-98 d.C.. Questi resti sono ora ad Ankara per essere analizzati. Il coperchio del sarcofago misura 240 centimetri di lunghezza. Gli scavatori clandestini avevano già cominciato a dividere i lati lunghi del coperchio per poterlo più facilmente trasportare. Uno degli acroteri è stato danneggiato, durante quest'operazione, i pezzi sono stati ritrovati dagli archeologi e subito rimessi al loro posto da un restauratore. Sulle pareti del sarcofago compare Eros, figlio di Afrodite, dio dell'amore. La testa di Eros è stata anch'essa danneggiata dagli scavatori clandestini.
Oltre ai resti di un corpo, all'interno del sarcofago sono stati ritrovati una moneta d'argento, un orecchino d'oro ed un anello.

Apollo e....il topolino

La testa di Apollo ritrovata nel Foro Romano (Foto: Il Messaggero)
Seguendo le tracce di un roditore che si era scavata la tana nel Foro Romano, gli archeologi hanno ritrovato, ad una profondità di 3,50 metri, una grande testa di divinità. Il topo aveva scavato la sua tana lungo le pareti dell'antichissimo condotto fognario sotto la via Sacra.
La testa marmorea ritrovata appartiene ad una statua del dio Apollo ed è più grande del naturale. E' stata datata alla piena età imperiale (I-II secolo d.C.) e costituisce uno dei ritrovamenti più emozionanti degli ultimi venti anni di scavo. La scoperta è stata fatta durante i lavori di restauro e consolidamento del condotto che dall'arco di Tito si collega alla Cloaca Maxima.
Patrizia Fortini, responsabile per la Soprintendenza ai beni archeologici di Roma del Foro Romano, ha dichiarato: "La grandezza della testa rivela che doveva appartenere ad una statua molto importante, esposta non in un semplice sacello, ma in un rilevante luogo di culto: un tempio, un santuario dell'area del Foro".
La testa del dio ha una capigliatura decorata con una fascia che trattiene grandi ciocche di capelli. Gli studiosi sono certi che si tratti della replica in marmo di un bronzo greco. La tipologia della testa è vicina a quella delle teste di Apollo in terracotta di età augustea, ritrovate nella zona dove, un tempo, sorgeva la Casa di Augusto, teste ora custodite al Museo Palatino. Tipici di Apollo sono i lineamenti quasi femminei, androgini, al punto che, al momento del ritrovamento, la testa marmorea era stata attribuita ad una statua di Diana.
"Non sono molte le testimonianze di nuovi documenti statuari. - Ha detto la Dottoressa Fortini. - La testa è la prima scoperta importante degli ultimi anni che arricchisce il panorama delle conoscenze sulla statuaria di età imperiale legata al contesto di Foro e Palatino". Era proprio in questa zona che avevano dimora i primi imperatori di Roma, il cuore politico dell'Urbe. Per questo il ritrovamento di questo prezioso reperto è particolarmente importante e può collegarsi al culto di Augusto.
Il condotto nel quale è stata trovata la testa, venne scavato nel 1900 da Giacomo Boni, gli odierni restauri si avvalgono delle piante e sezioni lasciate dall'archeologo. L'esplorazione del condotto sotto la Via Sacra si inserisce in un più articolato piano di revisione dell'antico sistema fognario dell'area del Foro Romano. "La fognatura sotto la Via Sacra ha una datazione variabile dal I secolo a.C. all'età augustea, con restauri antichi di età imperiale. - Ha affermato l'architetto della Soprintendenza Maria Grazia Filetici, responsabile del progetto. - I lavori avviati in questo settore rientrano in un progetto di messa in sicurezza del sistema di smaltimento delle acque, sia meteoriche sia nere, per evitare che l'acqua continui a corrodere le strutture archeologiche".
E' stato, in particolare, l'archeologo Edoardo Santini a fare la fortunata scoperta: si è calato nel condotto largo un metro per intervenire su un tratto murario della fogna a circa 20 metri dall'Arco di Tito, che aveva subito pesanti distacchi. Nel buio, all'incerta luce di una torcia, alla profondità di circa 3,50 metri, l'archeologo si è reso conto che dietro il muro c'era la tana di un topo. Si è infilato per provare a ripulire la cavità e, muovendo la terra, è cominciato ad apparire qualcosa che faceva da parete alla tana. Prima i capelli, poi gli occhi, poi la testa intera. Dopo il restauro la testa di Apollo sarà esposta al pubblico.

venerdì 16 maggio 2014

Il santuario dei giganti

Gli scavi di questi giorni a Mont'e Prama (Foto: Stefano Orrù)
Una scoperta eclatante in Sardegna: una distesa di reperti collegati ad un centro culturale nuragico già noto agli studiosi, il santuario dei giganti di Mont'e Prama.
Attraverso l'utilizzo del georadar, un'apparecchiatura che possiede solo l'Università di Cagliari, sono stati individuati strade, muri, tombe e forse anche altre statue. I ricercatori stanno lavorando alacremente su una collina che si affaccia sul mare di Is Arutas e sullo stagno di Cabras, nella penisola del Sinis. Pensano che, sotto terra, giaccia un santuario nuragico ed una necropoli.
Proprio nello stesso luogo sono emerse le statue di guerrieri, arcieri e pugilatori che hanno permesso di rivisitare le teorie sulla storia del Mediterraneo. Qui lavorano gli archeologi dell'Università di Cagliari e Sassari, coadiuvati da alcuni disoccupati e da un gruppo di detenuti del carcere di Oristano.
I giganti di Mont'e Prama (Foto: La Stampa)
La scoperta dei giganti di Mont'e Prama risale al 1974, ad opera di un contadino che preparava la semina. In seguito emersero le statue di 28 giganti. "Quella che abbiamo eseguito a Mont'e Prama è la stessa ricerca che in Marocco ci ha consentito di scoprire l'anfiteatro romano di Volubilis e il tempio di Ercole a Lixus", ha detto il Professor Gaetano Ranieri, ordinario di geofisica applicata all'Università di Cagliari. "Abbiamo analizzato soltanto sei ettari ed abbiamo trovato tanti indizi che ci fanno pensare che esistono strutture di grande interesse archeologico: di certo non si tratta di conformazioni geologiche. A vedere i nostri rilievi penso che ci sarà da scavare per molti anni: sarebbe bello che qui venissero a lavorare gli esperti delle più prestigiose università del mondo", ha aggiunto lo studioso.
"In quest'area ipotizziamo di ritrovare i resti di un grande santuario collegato a un villaggio nuragico molto ricco che poteva permettersi di realizzare grandi statue ornamentali", ha affermato il Professor Raimondo Zucca, ordinario di storia romana all'Università di Sassari nonché coordinatore dello scavo, "Nella zona c'era una pluralità di insediamenti, organizzati probabilmente sulla base della gerarchia economica. C'era, insomma, una sorta di federazione a cantoni. Il santuario, secondo la nostra ipotesi, era stato realizzato intorno all'VIII secolo a.C., in un'epoca in cui si era già smesso di costruire nuraghi, con l'intenzione di celebrare la grandiosità del villaggio. Le statue che abbiamo recuperato sono le più antiche in assoluto".
Del tempio di cui parlano i ricercatori sono subito emersi dal terreno due blocchi in arenaria, elementi tipici, secondo gli archeologi dei templi di età nuragica.

mercoledì 14 maggio 2014

La fertile terra del Messico...

La necropoli rinvenuta in Messico, nello stato di Zacatecas
(Foto: Inah)
Le tombe a pozzo ritrovate recentemente nella parte meridionale dello stato messicano di Zacatecas erano note sin dal 1950, ma non erano state sufficientemente scavate. Quest'anno l'Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (Inah) hanno partecipato ad un recupero archeologico della necropoli.
Le operazioni di recupero sono iniziate nel 2009, con la scoperta di una camera funeraria rimasta intatta per circa 1600 anni. Nella terra sono stati ritrovati i crani di 28 persone e diversi scheletri appartenenti prevalentemente ad individui adulti, anche se sono stati riconosciuti i resti di due adolescenti e otto bambini. La maggior parte degli scheletri sono stati composti in posizione distesa, ma i ricercatori non sono ancora riusciti a stabilire se tutti gli individui siano stati deposti in momenti diversi o se siano stati vittime di un sacrificio collettivo.
Nelle sepolture, tra gli oggetti, sono stati ritrovati tre gusci di lumaca, due dei quali sono stati lavorati fino ad ottenerne degli oggetti musicali, un braccialetto di conchiglie e migliaia di perline di materiali diversi. Molti di questi oggetti sono ora in restauro. 

domenica 11 maggio 2014

Gli antichi Egizi erano vegetariani?


Gli antichi Egizi mangiavano come noi? Forse i vegetariani che si fossero trovati a viaggiare, migliaia di anni fa, lungo il corso del Nilo si sarebbero trovati a loro agio. L'abitudine a mangiare carne, in realtà, è piuttosto recente rispetto a quella di nutrirsi dei frutti della terra. Le antiche civiltà, soprattutto se stanziali, davano una preminente importanza alla consumazione dei frutti della terra. Le popolazioni nomadi, invece, proprio a causa del continuo spostarsi, privilegiavano la consumazione di carne.
Un gruppo di ricercatori francesi, studiando gli atomi di carbonio delle mummie vissute in Egitto tra il 3500 a.C. e il 600 d.C., ha individuato quale fosse il "menu" degli uomini e delle donne che vivevano nel paese del Nilo. Gli atomi di carbonio provengono dalla trasformazione dell'anidride carbonica nelle piante, grazie al processo di fotosintesi. Mangiando verdura ma anche animali che si nutrono di questa, il carbonio passa nel corpo dell'essere umano.
Le mummie analizzate dai ricercatori d'Oltralpe furono inviate al Museo di Lione nel XIX secolo. Si tratta dei resti di 45 persone delle quali sono state analizzate ossa e denti misurando la presenza di carbonio nelle ossa e nello smalto, oltre che nei capelli, i quali assorbono maggiormente le proteine animali rispetto alle ossa ed ai denti. I risultati non si sono fatti attendere: questi antichi abitanti del paese del Nilo avevano una dieta molto simile a quella degli attuali vegetariani, sostanzialmente basata sul consumo di grano ed orzo ed una minima quantità di miglio e sorgo. La dieta è stata la medesima durante un lungo arco temporale, malgrado la regione del Nilo fosse andata progressivamente inaridendosi tra il 3500 a.C. e il 600 d.C., l'arco temporale al quale appartengono le mummie analizzate.
Kate Spence, archeologa specializzata in egittologia presso l'Università di Cambridge, la popolazione egiziana potrebbe aver ridotto la fascia coltivata a quella lungo le sponde del fiume, gestendo in modo razionale l'irrigazione. Quando il livello del Nilo è diminuito, questi antichi agricoltori si sono spostati ancor più verso il fiume, mantenendo lo stesso standard di coltivazione.
Molti pensano che, vivendo sulle sponde del Nilo, gli antichi Egizi avessero l'abitudine di nutrirsi abbondantemente di pesce. Sembra che, però, malgrado i pesci vengano sovente rappresentati nell'arte egizia, questi animali non venissero inseriti di frequente nella dieta. Molti affreschi rappresentano pesci oggetto di battute di pesca o di offerta alle divinità. Diverse testimonianze archeologiche accertano il consumo di pesce a Gaza ed Amarna, ma molti pesci non venivano consumati per motivi religiosi. Venivano, dunque, pescati solo per offrirli alle divinità.

Antichissime tracce umane in Idaho

Punte di pietra trovate a Kelly Forks, in Idaho
(Foto: Laura Longstaff)
Sulla sponda di un fiume che scorre in una foresta dell'Idaho settentrionale, in Nord America, gli archeologi hanno scoperto tracce di occupazione umana risalenti a più di 13.500 anni fa, uno dei segni più antichi di presenza umana nel nordovest americano.
Questo eccezionale ritrovamento, effettuato nelle trincee di scavo lungo il fiume Clearwater, comprende uno strumento con lama ricavata dalla lavorazione di una roccia e decine di scarti rilasciati dal processo di fabbricazione di altri utensili. I manufatti giacevano in uno strato di terreno con carbone di legna, datato ad un periodo compreso tra 13.700 e 13.500 anni fa.
Gli archeologi hanno anche ritrovato 19 punte in pietra modellata, la più antica delle quali risale a poco più di 11.000 anni fa. Punte analoghe sono state ritrovate in tutto il Grande Bacino e nel nordovest. L'insieme degli oggetti raccolti nel sito dell'Idaho, conosciuto come Kelly Forks, suggerisce la presenza, protrattasi per un periodo di tempo piuttosto lungo, di un gruppo di cacciatori-raccoglitori molto specializzati nella produzione di manufatti in pietra.
La più antica punta litica ritrovata
in Idaho (Foto: Laura Longstaff)
L'analisi chimica dei residui presenti sugli strumenti litici ha rivelato tracce di proteine associate con carne di coniglio. Gli antropologi ritengono che quest'animale fosse una risorsa piuttosto importante, durante i primi periodi di utilizzo del sito. Essi pensano anche che questo gruppo di cacciatori-raccoglitori fosse presente in questo contesto ancor prima della cultura di Clovis e abbia continuato a servirsene mentre i gruppi umani appartenenti a quest'ultima civiltà si spostavano verso altre regioni del Nord America.
Probabilmente questi primitivi "coloni" erano parte di un'ondata migratoria umana separata da quella che colonizzò, in epoche successive, il Nord America. Essi provenivano, con tutta probabilità, dal nord attraverso dei corridoi di migrazione liberi dai ghiacci, situati per lo più al centro del nuovo continente.
I ricercatori hanno anche analizzato, con i raggi X a fluorescenza, gli strumenti rinvenuti nello scavo di Kelly Forks, scoprendo che questi sono stati prodotti lavorando una roccia vulcanica proveniente da una cava situata a 50 chilometri a sud del sito. Molti altri, però, sono stati ottenuti dalla roccia di un deposito che si trova nelle Bitterroot Mountains, in quello che attualmente è lo stato del Montana, mentre altri campioni provengono dall'Oregon centrale. Tutto questo dimostra il lungo viaggio fatto dalle rocce e dalle pietre per arrivare a Kelly Forks, viaggio che testimonia la presenza di un commercio piuttosto vivace di cose e persone.
Gli studiosi sono giunti alla conclusione, peraltro non ancora definitiva, che Kelly Forks era un luogo di sosta privilegiato e non tanto un luogo dove porre stabilmente residenza. Il volume degli oggetti e la loro varietà dimostra, infatti, che molte persone, nel corso del tempo, si sono fermate in questo luogo e in diversi momenti dell'anno.

sabato 10 maggio 2014

Tomba predinastica scoperta a Hierankopolis

Il contenuto della sepoltura di Hierankopolis
(Foto: Luxor Times/Renée Friedman)
E' stata scoperta, nel sud dell'Egitto, una tomba di 5600 anni, contenente una mummia di epoca predinastica.
La sepoltura venne edificata prima del regno di Narmer, fondatore della Dinastia che unificò l'Egitto.
La sepoltura è stata scoperta nella regione di Kom al-Ahmar, tra Luxor e Assuan, nel sito dell'antica Hierankopolis, la città del falco, centro urbano pre-dinastico dominante e antica capitale del regno d'Egitto. E' stata trovata, anche, la statua d'avorio di un uomo barbuto. La mummia contenuta nel sepolcro è quella del proprietario di quest'ultimo. Ai primi esami da parte degli antropologi sembra si tratti della mummia di un adolescente.

Un'insolita sepoltura scoperta a Saqqara

Alcuni ushabti ed il contenitore in cui sono stati trovati nella
tomba di Ptahmes (Foto: English Ahram)
E' stata scoperta, a Saqqara, in Egitto, una nuova tomba che potrebbe cambiare la storia della famosa necropoli. Sono stati gli archeologi dell'Università del Cairo ad imbattersi nella sepoltura.
Si tratta dell'ultima dimora terrena di Paser, ambasciatore reale d'Egitto nei paesi stranieri durante la tarda epoca ramesside. La tomba è a forma di tempio, con un ingresso porticato, una sala con pilastri ed un cortile porticato che ospita il sepolcro principale al suo centro e si apre direttamente su un santuario con tre ambienti.
Il ministro per le Antichità egiziane, Mohamed Ibrahim ha affermato che si tratta di una scoperta eccezionale, soprattutto perché le antiche sepolture egizie avevano due forme principali, quella della mastaba od erano tombe scavate direttamente nella roccia. La tomba appena scoperta è stata sicuramente progettata da un architetto che non doveva seguire le principali regole dell'epoca.
La scoperta è altresì importante perché sottolinea i rapporti politici dell'Egitto con i Paesi del Medio e dell'Estremo Oriente in epoca ramesside. All'epoca la capitale era stata trasferita a Tebe (Luxor), ma Memphis (Saqqara), non aveva perso la sua importanza di necropoli. Horemhab, comandante in capo dell'esercito durante la XVIII Dinastia nonché, in seguito, faraone d'Egitto, iniziò a far costruire la sua sepoltura proprio a Saqqara, salvo, poi, decidere di farsi seppellire a Luxor una volta salito al trono.
Anche se la sepoltura appena scoperta è rimasta incompleta, è stato possibile decifrare degli affreschi ben conservati. Tra le scene più importanti vi è quella in cui si vede il corteo funebre del defunto, con la sua statua portata dai servitori e la moglie che si dispera. Compare anche il tribunale di Osiride che accoglie il defunto. La tomba è stata direttamente costruita accanto al muro orientale della sepoltura di Ptahmes, scriba reale e capo dell'esercito, scoperta nel 2010. Sia la tomba di Paser che quella di Ptahmes sono state derubate nell'antichità, per cui non è stato possibile recuperare gli oggetti che facevano parte del corredo, al di fuori di un certo numero di ushabti trovati nella tomba di Ptahmes, che appartenevano ad una donna di nome Mwtipt ed un vaso nel quale erano custoditi altri ushabti appartenenti ad un'altra donna di nome Nedjem.
La tomba di Ptahmes era già nota agli archeologi da alcune fotografie del secolo scorso, poi venne sepolta parzialmente dalla sabbia e la maggior parte di quanto era rimasto visibile è stato rubato e contrabbandato fuori dal paese. Gli alti funzionari egiziani continuarono a farsi costruire le loro sepolture a Saqqara anche quando Luxor divenne capitale del regno.

sabato 3 maggio 2014

Una basilica paleocristiana a Bursa

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Gli scavi nei dintorni di una torre facente parte delle mura della città di Bursa, in greco Prousa, in Turchia, hanno rivelato i resti di una basilica paleocristiana, che potrebbe essere una delle strutture più antiche mai scoperta nella provincia nordoccidentale della Turchia.
L'architetto Ibrahim Yilmaz, che ha condotto il progetto di restauro sulle mura della città di Bursa, ha affermato che il progetto di restauro della cinta muraria comprende, anche, una superficie adiacente di 1.200 metri quadrati. La prima fase ha interessato due grandi torri, una delle quali è quella appena esplorata. Durante i lavori di esplorazione sono emersi resti di murature nei livelli inferiori della torre. Questi resti, si è ben presto accertato, appartenevano ad un'antica basilica paleocristiana con colonne, marmi e decorazioni murali. Si tratta, forse, della struttura più antica della città dopo le mura.
L'antica basilica mostra tracce dell'abside circolare e di una navata centrale e due laterali. Sono state trovate tracce della diaconicon, che ospitava oggetti sacri. A nordovest dell'abside è stata riconosciuta una camera sepolcrale nella quale è stato trovato lo scheletro di un sacerdote. Ora gli scavi mirano a rimettere completamente in luce la struttura, soprattutto il nartece e l'atrio.

Ritrovato un antico granaio in India

Il granaio di fango ritrovato a Rakhigarhi, in India
(Foto: Rakhigarhi Project/Deccan College, Pune)
Nel villaggio di Rakhigarhi, in India, un sito della civiltà di Harappa, è tornato alla luce un granaio con pareti in mattoni crudi in ottimo stato di conservazione. Il granaio è di forma rettangolare, con il pavimento in terra e le pareti intonacate.
Gli archeologi hanno finora scavato sette stanze del granaio che sembra essere stata una grande struttura. Sono state ritrovate tracce di calce ed erba decomposta sulla parte inferiore delle pareti del granaio. La scoperta di questa struttura, unitamente a due tumuli tornati alla luce nel gennaio di quest'anno nella Rakhigarhi, ha portato i ricercatori ad affermare che in questo luogo si trova il più grande ed importante sito della civiltà di Harappa.
Ci sono oltre duemila siti appartenenti a questa antica civiltà sparsi tra l'India, il Pakistan e l'Afghanistan. L'attuale area in corso di scavo si stima sia superiore a quella di Mohenjo-daro. La civiltà di Harappa si sviluppò dal 2600 al 2000 a.C.. Tra i reperti ritrovati vi è un coccio con un'iscrizione.
I granai della civiltà di Harappa erano costruiti prevalentemente nelle cittadelle dove viveva la classe dirigente, per questo gli archeologi pensano che la struttura appena tornata alla luce faccia parte proprio di una sorta di acropoli di una città più grande. Rakhigarhi è situata alla confluenza tra il fiume Ghaggar e il fiume Chautung, ed era una zona un tempo molto fertile.

venerdì 2 maggio 2014

Sorprese dagli scavi di Angamuco

I sonagli di rame e bronzo scoperti ad Angamuco
(Foto: Colorado State University)
Più di sette anni di lavori sul campo, in Messico, da parte degli archeologi dell'Università di Stato del Colorado sono stati coronati da un importante successo: il ritrovamento di alcuni sonagli di rame e bronzo all'interno di un antico cimitero di Angamuco, una città preispanica situata nello stato messicano di Michoacan collegata all'antica cultura Purepecha del Messico Occidentale.
Gli archeologi, guidati dal Professor Chris Fischer, antropologo, hanno riportato alla luce anche i resti scheletrici di 37 persone e molte sepolture parziali di individui di entrambi i sessi e di tutte le età. La scoperta di questo cimitero antico è una lente per studiare meglio i cambiamenti nello stato di salute e di benessere durante un periodo di tempo associato alla formazione dell'impero Purepecha.
Gli scavi nell'antica città di Angamuco (Foto: Legace of Resilience)
Recipienti di ceramica, il sonaglio di rame e bronzo e gli altri reperti ritrovati nella necropoli Purepecha permetto di datare il luogo di sepoltura al 1000-1520 d.C., un periodo di riorganizzazione e cambiamento sociale all'apice del periodo post classico della cultura Purepecha. L'importante ritrovamento archeologico ha permesso di raccogliere nuove informazioni sulle pratiche funerarie di quest'antica cultura.
Le sepolture sono state rinvenute all'interno di una grande piazza dominata da una tradizionale struttura piramidale Purepecha. La maggior parte delle deposizioni ritrovate erano incomplete, in quanto gli scheletri erano stati in parte cremati per poi essere collocati in piccole tombe o in pozzi. Gli studiosi hanno potuto rilevare, su quanto rimaneva delle ossa, le tracce di patologie espositive e indicatori di stress coerenti con la stratificazione sociale e i cambiamenti ambientali.
La cultura Purepecha era contemporanea e rivale di quella Azteca del Messico centrale. I Purepecha erano considerati eccellenti fabbri ed hanno creato tra le imbarcazioni più belle del Messico. L'impero Purepecha, come quello Azteco, fu spazzato via dall'avvento degli Europei, dopo il 1500. L'antica città Purepecha di Angamuco, alla quale apparteneva il cimitero appena ritrovato, si estendeva su più di 12 chilometri quadrati e si trova ad un'altezza di 7.000 metri sul livello del mare.

Età del Ferro in Inghilterra

Resti umani dell'Età del Ferro ritrovati in Gloucestershire
(Foto: BBC)
Resti umani risalenti all'Età del Ferro sono stati ritrovati dopo alcuni scavi archeologici nel Gloucestershire. Lo scheletro è stato trovato in una riserva naturale alla periferia di Bourton-on-the-Water, vicino Salmonsbury Camp, un'antica fortezza.
Con lo scheletro sono stati ritrovati quelli che sembrano essere una serie di pozzi utilizzati, forse, come depositi per il grano

Ritrovati depositi di fondazione in Egitto

(Foto: Afifi Rohim Afifi e Glen Dash)
Quattro depositi di manufatti, forse sepolti in modo rituale prima della costruzione di una sepoltura, sono stati scoperti nella Valle dei Re, in Egitto. I depositi di fondazione contengono un insieme di reperti, tra i quali la testa di una mucca, un vaso dipinto ed altri reperti conservati da più di tremila anni.
Nella Valle dei Re vennero anticamente sepolti i faraoni del Nuovo Regno (1550-1070 a.C.). La scoperta è stata fatta nella parte occidentale della Valle, in una zona chiamata Valle delle Scimmie, dal nome di un dipinto, raffigurante delle scimmie, scoperto in una delle sepolture che qui si trovano.
I depositi di fondazione sono solitamente associati ad una vicina sepoltura. Sul luogo lavorano archeologi egiziani e inglesi, tra il quali Glen Dash, che ha guidato una squadra esplorativa che ha perlustrato la valle con il radar. La spedizione attuale, guidata da Zahi Hawass, è la più grande dai tempi di Howard Carter. Ci vorranno diversi anni per analizzare e pubblicare quanto è stato ritrovato. Sono state identificate molte nuove iscrizioni e ritrovate le fondazioni delle case degli operai che qui hanno lavorato. Sono stati raccolti diversi ostraka, i quali sono stati, in seguito, accuratamente registrati.
Nei depositi di fondazione associati alle tombe si trovano solitamente le miniature di templi e navi, deposti come offerte assieme al cibo (teste ed arti di vitello, solitamente). Sono pochi i depositi di fondazione ritrovati nella valle dei re e di quei pochi ritrovati quasi nessuno è intatto. I ricercatori sospettano che nei pressi dei depositi appena scoperti vi sia una tomba che, però, al momento sembra negarsi agli sforzi degli archeologi. Probabilmente la tomba è incompleta e se così fosse si tratterebbe, chissà, della sepoltura di Amenhotep IV/Akhenaton o di un suo familiare. Se si trattasse di Amenhotep IV, egli deve aver iniziato la costruzione della sepoltura prima di trasferire la capitale del suo regno ad Amarna e l'ha, forse, abbandonata proprio a causa di questo trasferimento. I depositi di fondazione furono, forse, stabiliti prima che il sito venisse abbandonato. In seguito sono stati ricoperti da un ulteriore livello di riempimento per livellare l'area e costruire alloggi per gli operai, finendo per essere definitivamente occultati.

Turchia, gli "inviti" di Antioco I di Commagene...

Turchia, l'iscrizione di Antioco di Commagene (Foto: AA) Un'iscrizione trovata vicino a Kimildagi , nel villaggio di Onevler , in Tu...