sabato 19 novembre 2022

Portoferraio, ulteriori scavi nei pressi della villa delle Grotte

Portoferraio, lo scavo della villa romana
(Foto: archeomedia.net)

Nell'ambito dei lavori effettuati da Terna, gestore della rete elettrica nazionale, per la realizzazione della seconda tratta in cavo del collegamento S. Giuseppe - Porto Ferraio, approvati dalla Soprintendenza di Pisa e Livorno con prescrizione archeologiche, stono stati eseguiti ulteriori saggi archeologici nella zona delle Grotte richiesti a seguito dei rinvenimenti avvenuti durante gli scavi del febbraio scorso.
In tale occasione erano state rinvenute una serie di strutture murarie, perpendicolari all'asse stradale, in evidente collegamento con quelle della adiacente villa romana delle Grotte, anzi ad essa appartenenti in quanto l'attuale Strada Provinciale (SP26) sulla quale si affaccia il complesso delle Grotte, costruita in tempi recenti, appariva aver interrotto la continuità tra la villa romana e la sovrastante cisterna romana dalla quale proveniva l'acqua utilizzata per l'impianto termale e la piscina della villa stessa.
A seguito dei due interventi di archeologia preventiva, eseguiti a febbraio e novembre, è stata rinvenuta la conclusione verso sudest delle strutture della villa con i muri che curvano alla giunzione della strada con la collina e sono state rinvenute altre strutture impostate lungo il crinale, probabilmente in relazione con la cisterna superiore. Le strutture individuate in piano, in opera cementizia e in opera reticolata con pietre (cubilia) dello stesso tipo e colore (serpentino e calcare) delle strutture monumentali delle Grotte, una volta documentate, sono state ricoperte in quanto si trovano in aree di viabilità e parcheggio.

Fonte:
archeomedia.net

venerdì 18 novembre 2022

Antiche mummie egiziane e tatuaggi molto moderni...

Egitto, tatuaggio sull'osso iliaco sinistro di una donna
sepolta a Deir el-Medina (Foto: Università del Missouri)

Nuove evidenze archeologiche dimostrano che i tatuaggi, specie quelli nella parte bassa della schiena, non sono una moda moderna, ma che anche le donne egiziane vissute tremila anni fa usavano avere.
Nel sito di Deir el-Medina le ricercatrici Anne Austin e Marie-Lys Arnette hanno scoperto che i tatuaggi impressi sulla pelle e le statuette anch'esse tatuate rinvenute nel sito sono probabilmente collegati al dio egizio Bes, che proteggeva le donne e i bambini durante il parto.
Deir el-Medina si trova sulla sponda occidentale del Nilo, di fronte al sito archeologico di Luxor. A partire dal 1922, più o meno nello stesso periodo in cui venne scoperta la tomba di Tutankhamon, il sito venne scavato da archeologi francesi. Conosciuta nel periodo del Nuovo Regno come Set-Ma'at (luogo della verità), quella di Deir el-Medina era una comunità che abitava in un luogo ben pianificato, con strade disposte a griglia e alloggi per gli operai responsabili della costruzione delle sepolture degli alti dignitari egizi.
Caratteristica del sito è una Grande Fossa, una discarica in cui sono stati trovati ricevute e lettere su papiro che riguardano la paga degli operai che vivevano a Deir el-Medina con le loro famiglie. Questo ha permesso agli archeologi di comprendere meglio lo stile di vita della gente comune. Nulla, però, in questa Grande Fossa, menziona la pratica del tatuaggio.
La scoperta di almeno sei mummie di donne tatuate, pertanto, è stata sorprendente. Le prime prove provengono da due sepolture che la Dottoressa Austin ed il suo team hanno esaminato nel 2019. Un tomba conservava i resti - osso dell'anca sinistra - di una donna di mezza età. Sulla pelle conservata erano visibili motivi colorati in nero che creavano un'immagine simmetrica che doveva correre lungo la parte bassa della schiena della donna. A sinistra delle linee orizzontali del tatuaggio c'era una raffigurazione del dio Bes e di una ciotola, immagini legate alla purificazione rituale nelle settimane immediatamente successive al parto.
Il secondo tatuaggio è stato ritrovato sui resti di una donna di mezza età scoperta in una sepoltura accanto alla prima. La fotografia ad infrarossi ha rivelato un tatuaggio difficile a vedersi ad occhio nudo. Si tratta di un wdjat o Occhio di Horus, e di una possibile immagine del dio Bes che indossa una corona di piume. Entrambe le immagini suggeriscono che il tatuaggio fosse legato ad una funzione di protezione e guarigione. Vi era anche il motivo di una linea a zigzag, rappresentante probabilmente una palude, che antichi testi medici associavano alle acque rinfrescanti usate per alleviare il dolore delle mestruazioni o del parto.
A Deir el-Medina sono state trovate anche tre statuette di argilla raffiguranti corpi di donne che sono state esaminate approfonditamente a decenni dal loro ritrovamento. Le statuette mostravano anche loro tatuaggi sulla parte bassa della schiena e sulla parte superiore delle cosce e alcuni tatuaggi raffiguravano, ancora una volta, il dio Bes.
Secondo i ricercatori questi tatuaggi facevano visivamente riferimento a donne incinte, ostetriche e madri che partecipavano ai rituali post-partum. I tatuaggi erano una sorta di protezione per madre e bambino.

Fonte:
livescience.com

Egitto, scoperte nuove sepolture vicino alla tomba di Tutankhamon

Egitto, piramide della regina Neith scoperta di recente
(Foto: concessione di Zahi Hawass)

A pochi passi dalla tomba di Tutankhamon, gli archeologi hanno portato alla luce la piramide di una regina egizia finora sconosciuta, un nascondiglio di sarcofagi, mummie e diversi manufatti, oltre ad una serie di tunnel interconnessi.
Mummie e sarcofagi potrebbero appartenere, secondo i ricercatori, ad alcuni dei più stretti generali e consiglieri di Tutankhamon. Gli archeologi hanno concentrato la loro attenzione anche su una vicina piramide, appartenuta a Teti, il primo faraone della VI Dinastia.
Le sepolture a pozzo ritrovate sono 22, ad una profondità che va dai 9 ai 18 metri. Si tratta di sepolture del Nuovo Regno, in un contesto composto prevalentemente da sepolture dell'Antico Regno o del Periodo Tardo. All'interno di uno di questi pozzi è stato rinvenuto un sarcofago di calcare piuttosto grande, con 300 altre bare del Nuovo Regno, ciascuna delle quali ha un volto contraddistinto dalla precisa connotazione dei tratti somatici dai quali può essere distinta l'appartenenza ad uomo oppure ad una donna. I sarcofagi sono decorati con scene dal Libro dei Morti e recano anche il nome del defunto. Le mummie sono tutte in buone condizioni.
All'interno dei sarcofagi e dei pozzi sepolcrali sono stati trovati diversi manufatti, tra i quali il gioco del Senet, degli ushabti, statuette del dio Ptah-Sokar e persino un'ascia di metallo.
I ricercatori hanno rinvenuto anche una piramide commemorativa di una regina precedentemente sconosciuta, il cui nome, Neith, non è riportato in alcun documento storico.

Fonte:
livescience.com

Puglia, scavi e scoperte nella città di Manduria

(Foto: stilearte.it)

Resti di mura ciclopiche e uno scheletro - che sarà accuratamente studiato per stabilire l'epoca in cui visse questo individuo - sono venuti alla luce in questi giorni a Manduria, una cittadina di circa 30.000 abitanti della provincia di Taranto, in Puglia, nel Salento settentrionale.
Gli scavi hanno interessato l'area prossima a San Pietro Mandurino e sono stati condotti congiuntamente dalla Soprintendenza Nazionale per il patrimonio subacqueo e il Segretariato Regionale del MiC Puglia, con la collaborazione del Comune di Manduria.
Manduria, antica città messapica, fu cinta da fossati e possenti mura megalitiche tra il V ed il III secolo a.C. I resti articolati in triplice cerchia, sono ancora visibili insieme a quelli di una grande necropoli, con tombe a fossa spesso di vaste dimensioni, coperte di lastroni in pietra, i cui reperti si possono ammirare presso il Museo Archeologico "Manduria, Terra di Messapi", che documenta lo scavo delle oltre 1.200 tombe portate alla luce da Nevio Degrassi dal 1955 al 1960. 
Invano Manduria fu assediata da Taranto, con l'aiuto del re di Sparta Archidamo che, nel 338 a.C., vi perse la vita sotto le mura. Non senza avergli imposto una strenua resistenza, fu presa da Annibale nel 212 a.C., poi conquistata dal console Quinto Fabio Massimo nel 209 a.C. che fece ricco bottino e 3.000 prigionieri.
Distrutta nei secoli successivi dai Saraceni, Manduria venne rifondata nell'XI secolo con il nome di Casalnuovo, occupando solo in parte il territorio dell'antica città, espandendosi verso occidente e lasciando inedificata la zona orientale già destinata all'antica necropoli.
I Messapi erano una tribù iapigia - una popolazione originaria della costa orientale dell'Adriatico - che nell'antichità classica occupava i territorio corrispondente all'attuale Salento. Le altre due tribù Iapigie, i Peucezi e i Dauni, erano stanziate rispettivamente nel centro e nel nord della Puglia.

Fonte:
stilearte.it

giovedì 17 novembre 2022

Turchia, rinvenuto un sigillo-amuleto egizio

Turchia, il sigillo rinvenuto ad Amasra (Foto: AA)

Durante gli scavi archeologici nell'antica città di Amstris, nel distretto di Amasra nel Bartin, nel nord della Turchia, è stato scoperto un sigillo con funzione anche di amuleto che si pensa essere di origine egizia.
Nell'area, dove nel 2014 sono iniziati gli scavi per l'edilizia scolastica, nel 2017 sono stati rinvenuti alcuni resti ritenuti di epoca romana. Successivamente, i lavori di costruzione si sono interrotti e sono iniziati gli scavi archeologici nell'area.
Recentemente è stato rinvenuto un amuleto-sigillo di forma piramidale, alto 2 centimetri. L'amuleto presenta vari segni, come una mano destra che regge una spada, due ali e lettere.
La Professoressa associata Fatma Bagdath Cam, capo del Dipartimento di Archeologia della Facoltà di Lettere dell'Università Bartin, ha affermato che l'amuleto è il primo manufatto trovato in una struttura romana costruita in marmo, risalente al II secolo d.C. L'amuleto ha base quadrata e forma piramidale nella parte superiore e realizzato in ossidiana.
"Vediamo che c'è una figura raffigurante il dio Bes, che conosciamo dalla religione egizia, raffigura con linee incise alla base del manufatto. Nella parte superiore vediamo che sono presenti lettere e parole dell'antica religione egizia in lingua demotica. I caratteri delle lettere esprimono, probabilmente, il significato di protezione" Ha detto la Professoressa Cam. Potrebbe essere un oggetto indossato per proteggere il proprietario dal male o dalle malattie. E' l'unico esempio del suo genere trovato in Anatolia.
La costa di Amasra ospitò la colonia fenicia di Sesamus, nel XII secolo a.C. Il periodo di massimo splendore della colonia fu durante il dominio della principessa iraniana Amastris.

Fonte:
arkeonews.net

Spagna, la misteriosa Mano di Irulegi e l'antica lingua basca

Spagna, il reperto con l'iscrizione in lingua basca
(Foto: Sociedad de Ciencias Aranzadi)

Gli archeologi hanno scoperto quello che ritengono essere il più antico testo in lingua basca nel sito archeologico di Irulegi, vicino alla Valle di Aranguren, a circa 8 chilometri dall'attuale Pamplona, nella regione settentrionale della Navarra, in Spagna.
Gli archeologi hanno scavato il poggio, sul quale si ergono anche le mura di un castello medioevale ed hanno scoperto, ai piedi della fortificazione, i resti di un insediamento di duemila anni fa.
Sulla soglia di una delle case distrutte durante le guerre sertoriane, nel 2021 gli operai hanno trovato una lastra di bronzo lunga circa 14,5 centimetri e a forma di mano. Le analisi del laboratorio hanno rivelato che sulle dita di questa mano erano incise strane iscrizioni, sotto forma di 40 simboli distribuiti su quattro linee. Si è ipotizzato che il manufatto facesse parte di elmo. Consiste in un "foglio" di bronzo, tagliato a formare una mano destra a grandezza naturale, in una lega del 53,19% di stagno, 40,87% di rame e 2,16% di piombo, qualcosa in comune con le antiche leghe, secondo l'analisi degli esperti dell'Università Pubblica di Navarra.
Databile al primo quarto del I secolo a.C., la mano presenta un piccolo incavo per essere appesa alla porta d'ingresso di una casa come oggetto rituale di protezione. La prima delle parole identificate è "sorioneku", che si traduce, nella moderna lingua basca, con il termine "zorioneko", ossia "buona fortuna, buon auspicio". Il resto dell'iscrizione è ancora in fase di studio e decifrazione.
Dal momento che i nome delle divinità dei paleoispanici sono in gran parte sconosciuti, si pensa che alcune delle frasi incise sulla Mano di Irulegi possano riferirsi a divinità o luoghi baschi. Le frasi sono separate da punti o segni ma nessuna delle parole identificate sembra corrispondere a nomi baschi personali.
Javier Velaza, professore di Filologia latina all'Università di Barcellona e uno dei massimi esperti mondiali di iscrizioni preromane ha affermato: "La mano di Irulegi è senza dubbio il primo documento scritto in lingua basca e in una scrittura specificamente basca (un alfabeto che include lettere e sillabe), oltre ad essere il testo più lungo conosciuto fino ad oggi".
Il sito archeologico di Irulegi sorge su una montagna isolata tra i Pirenei e la Valle dell'Ebro. Tra il XV e l'XI secolo a.C., durante l'Età del Bronzo, fu costruito a scopo difensivo e per controllare il territorio circostante. Scomparve nel I secolo a.C.

Fonte:
arkeonews.net

Puglia, ritrovamenti importanti in una necropoli dell'Età del Bronzo

Puglia, Torre Guaceto, alcuni dei reperti trovati
(Foto: bari.repubblica.it)

Venti nuove tombe della tarda Età del Bronzo sono state ritrovate sotto la sabbia, nella riserva di Torre Guaceto. Ora sono 35 quelle rinvenute in totale nella campagna di scavo in corso, tra il 2021 ed il 2022. Oltre agli aspetti naturalistici che attirano pugliesi e turisti, l'area protetta del Brindisino continua ad arricchirsi, dunque, anche di testimonianze del passato che raccontano di una necropoli a cremazione risalente al periodo tra il XIII ed il XII secolo a.C. E ora si pensa di esporre in un museo i reperti restaurati.
Le venti tombe sono state scoperte da giugno fino agli inizi di luglio 2022, mentre le altre 15 erano state riportate alla luce lo scorso anno: in una di queste erano stati rinvenuti i resti di una donna e i suoi monili. La necropoli è stata scoperta grazie al lavoro del team di archeologi diretti dal Professor Teodoro Scarano del Dipartimento di Beni culturali dell'Università del Salento. A supportarli anche la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Brindisi e Lecce - che ha consentito di aprire gli scavi con concessione ministeriale - e il consorzio di gestione di Torre Guaceto, unico ente parto italiano ad aver realizzato un proprio laboratorio archeologico.
Il progetto di ricerca, ripreso in mano nel 2019 con la scoperta fortuita delle prime quattro tombe a incinerazione della tarda Età del Bronzo, affioranti subito sotto la sabbia, vanta diverse collaborazioni sia nazionali che internazionali e vede soprattutto una consolidata partnership con l'Università di Bologna. La scoperta è avvenuta a seguito di una mareggiata che aveva rimosso i livelli sabbiosi superficiali.
I ritrovamenti sono importanti soprattutto per consentire di continuare a ricostruire l'antica storia del luogo che, tra il XII ed il XIII secolo a.C., era differente rispetto a come si presenta attualmente. In particolare si definiscono pian piano i costumi funerari della popolazione insediata nel promontorio della torre aragonese, che aveva allestito il proprio cimitero nell'area dell'attuale spiaggia delle conchiglie. Deponevano le urne funerarie in rientranze naturali della roccia o in pozzetti appositamente scavati e questi contenevano sia i resti umani sia, alcune volte, oggetti di corredo che alla cremazione venivano bruciati con il defunto.

Fonte:
bari.repubblica.it

Agrigento, il tempio di Hera viene attribuito alla dea Athena

Sicilia, Agrigento, la testa di Athena
(Foto: corrieredelmezzogiorno.corriere.it)

Una testina di terracotta della dea Athena elmata riemerge dallo scavo vicino al tempio D di Agrigento. Il ritrovamento da parte di una equipe di ricerca della Scuola Normale Superiore di Pisa consentirebbe di attribuire il culto del tempio ad Athena e non ad Hera, come avvenuto finora.
Il saggio di scavo aperto nell'angolo sudorientale del tempio D nella Valle dei Templi, finora attribuito alla dea Hera (Giunone per i romani), restituendo la prima testa fittile di Athena elmata, databile tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C., e un braccio con l'egida e il pugno stretto in atteggiamento di attacco (un esemplare unico nel panorama delle rappresentazioni della dea ad Akragas) secondo gli archeologi fa intravedere - seppur come elemento iniziale - un nuovo tassello nello scenario religioso della città in età arcaica e classica.
La testa è stata trovata nell'ambito della terza campagna di scavo della Scuola Normale Superiore con il suo Laboratorio Saet nella Valle dei Templi di Agrigento, sotto la supervisione scientifica del Professor Gianfranco Adornato e di Maria Concetta Parello, funzionaria archeologa del Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi. "Se supportato da altre evidenze archeologiche - afferma Adornato, associato di Archeologia Classica alla Scuola Normale - il culto di Athena nel santuario del tempio D sulla collina meridionale andrà a sostituire definitivamente l'intitolazione del tempio ad Hera Lacinia, proposta da Tommaso Fazello nel 1558 nel De Rebus Siculis Decades Duae, primo libro stampato sulla storia della Sicilia, un'attribuzione ancora oggi in uso nella manualistica, ma basata su una fonte letteraria di dubbia interpretazione e non su testimonianze materiali".
Gli scavi in quell'area, cui hanno partecipato numerosi allievi, dottorandi e post-doc della Scuola Normale, sono stati condotti per indagare il rapporto stratigrafico e cronologico tra la pedana antistante al tempio e lo stereobate (nell'architettura greca, il massiccio di fondazione degli edifici, di solito di materiale meno pregiato di quello dell'elevato) e hanno rilevato materiali di produzione corinzia, attica e locale, per lo più coerenti con i depositi dell'altare.
Zona privilegiata di indagine è stato l'altare, luogo sacro e del rito per eccellenza, con i suoi depositi votivi e i materiali: quest'area continua ad essere un bacino inestimabile di informazioni per comprendere le pratiche cultuali e religiose dei devoti e scandisce l'intera cronologia dell'area sacra attraverso la sua stratigrafia. Le ricerche nell'area occidentale del tempio - secondo una nota della Scuola Normale Superiore - inoltre hanno permesso di identificare un muro di fondazione perfettamente allineato con l'altare, ma non con il tempio di periodo classico, a ulteriore indizio della preesistenza di un santuario in età arcaica. Questo settore fornisce informazioni per la comprensione non solo dell'intera fabbrica edilizia, ma anche del sistema di smaltimento e di drenaggio delle acque dell'area sacra: elementi questi ultimi indispensabili per il funzionamento e le attività di un luogo così importante nella vita della polis.

Fonte:
corrieredelmezzogiorno.corriere.it

mercoledì 16 novembre 2022

Iraq, interessantissimi ritrovamenti risalenti ad epoche antichissime

Iraq, gli scavi in corso (Foto: lastampa.it)

Ad Helawa, nel Kurdistan iracheno, nell'antica Mesopotamia settentrionale, la missione archeologica dell'Università degli Studi di Milano ha riportato alla luce una serie di strutture circolari abitative (tholoi) del periodo Halaf (VI e V millennio a.C.) con focolari, fornetti e installazioni associate alla tipica e bellissima ceramica policroma dipinta di questa fase culturale.
Ritrovato anche un successivo edificio con muri in mattoni crudi formato da piccole stanze quadrangolari e ambienti rettangolari di maggiori dimensioni, probabilmente una grande abitazione, databile alla fine del VI millennio a.C. (periodo di Ubaid). I vani di questo edificio erano provvisti di installazioni di vario tipo e al loro interno sono stati recuperati numerosi strumenti in selce, pestelli e lisciatoi in pietra e ceramica dalla caratteristica decorazione dipinta monocroma.
Nel sito di Helawa, che si caratterizza per una lunghissima ed ininterrotta sequenza occupazionale dal periodo protostorico fino all'epoca islamica, invece, gli archeologi hanno lavorato in tre diverse zone: nella parte più elevata del sito, alla base del declivio meridionale e nella città bassa. Nell'area è stato riportato alla luce un settore di un imponente edificio di epoca ellenistica (IV secolo a.C.) verosimilmente collegato a un bastione difensivo di un centro fortificato dal carattere spiccatamente militare.
Una scoperta assai rilevante è stata quella di un tetradrammo di argento di Alessandro Magno, una moneta che si diffonde in tutto l'estesissimo impero macedone, coniata in molte zecche e caratterizzata dall'effige del sovrano come Ercole (ha come copricapo la pelle del leone nemeo) da un lato e dall'immagine di Zeus dall'altro. Una vasta area per la manifattura su larga scala di ceramica, databile agli ultimi secoli del III millennio a.C. (Periodo Akkadico) occupa quasi tutta l'estensione del declivio meridionale. Identificata già nella campagna del 2021, è stata esplorata nel dettaglio quest'anno, mediante un'analisi approfondita di archeologia della produzione. Non sono ancora noti i limiti di questo complesso, che si estende al momento su oltre 300 metri quadrati.
Sono state individuate e scavate più di 50 fornaci per la cottura dei vasi, realizzate su tre diverse terrazze e collegate da piattaforme in mattoni. Le fornaci mostrano impianti sofisticati per la diffusione dei gas e del calore, mediante condutture orizzontali e camini verticali, con le camere di combustione trovate ancora piene di cenere e quelle di cottura in alcuni casi crollate con all'interno ancora il vasellame che era stato posizionato per la cottura.
Il livello di conservazione è dunque straordinario e in tutta la Mesopotamia settentrionale è noto soltanto un altro caso comparabile di atelier produttivo di questo genere. Si è infine raggiunta l'occupazione più antica, della prima metà del III millennio a.C., riferibile al cosiddetto periodo di Ninive 5. Sono emersi alcuni silos circolari per lo stoccaggio di prodotti agricoli, orzo e grano in prevalenza, e nei depositi ricchi di resti vegetali sono state trovate decine di cretule (grumi di argilla apposti ai contenitori che conservavano le derrate alimentari), con impronte di sigilli cilindrici. Si trattava, dunque, di un'area destinata al controllo centralizzato delle risorse da parte dell'amministrazione di un'entità politica che ancora deve essere chiaramente definita.
Helawa del Bronzo Medio e Tardo (2000-1200 a.C.) doveva essere un grande centro di 30 ettari, probabilmente legato al suo ruolo economico nella produzione manifatturiera e i sondaggi aperti quest'anno nella città bassa hanno fornito evidenze a sostegno di questa ipotesi con resti di fornaci, canalizzazioni per il drenaggio dell'acqua e molti materiali associati.

Fonte:
lastampa.it



Efeso bizantina, riemergono le tracce

Efeso, parte del quartiere bizantino scoperto
(Foto:viaggi.nanopress.it)

Efeso è uno dei siti archeologici più visitati e noti della Turchia, un luogo dove ancor oggi si può respirare la storia delle grandi civiltà che qui hanno lasciato il segno del loro passaggio.
Ad incrementare ancora di più la sua grandezza ci pensa adesso la recente scoperta che ha permesso agli archeologi di riportare alla luce un antichissimo quartiere bizantino perfettamente conservato.
Tra l'agorà e il tempio di Domiziano, gli esperti hanno individuato i resti di un antico quartiere bizantino, perduto del tutto intorno al 600 d.C. circa. Si tratta di un complesso di edifici perfettamente intatto e tra i meglio conservati, che ha dato modo di ricostruire un quadro generale più chiaro della quotidianità in epoca greca.
La responsabile degli scavi condotti ad Efeso sin dal 2009, Sabine Ladstatter, ha tuttavia affermato di aspettarsi che l'agorà potesse trovarsi nei pressi di botteghe e altri negozi. Lo stato di conservazione così ottimale sembrerebbe essere dovuto ad uno spesso strato di cenere che ha in qualche modo permesso ai resti di perdurare senza problemi allo scorrere del tempo fino ad arrivare ai giorni nostri.
Fino ad oggi, le ricerche hanno permesso agli esperti di individuare vari locali adibiti a negozi, o comunque all'attività commerciale. Tra questi si riconoscono: un negozio di alimentari, uno di oggettistica e souvenir per i pellegrini, una taverna ed un negozio. Tra le mura di questi antichi edifici sono stati rinvenuti anche altri reperti: piatti e stoviglie, anfore, resti di cibo (vongole, ostriche, noccioli di olive e pesche, piselli carbonizzati e mandorle), quattro monete d'oro dell'imperatore Costantino, più di 600 monete di rame all'interno di casse lignee, 600 piccoli oggetti in ceramica che probabilmente i pellegrini cristiani appendevano al collo.
Probabilmente il quartiere bizantino è stato distrutto da un incendio generatosi da un conflitto. A dimostrazione di questo sono state rinvenute lance e frecce, ma non è stata trovata nessuna traccia di scheletri.

Fonte:
viaggi.nanopress.it

Creta, scavi al tempio di Demetra a Phalasarna

Creta, i resti del tempio di Demetra a Phalasarna
(Foto: YPPOA)

Phalasarna è stata menzionata per la prima volta dagli storici e geografi antichi quali Scilace, Strabone, Polibio, Livio e Plinio. La città-stato prosperò grazie ai traffici marittimi, testimoniati dai resti di grandi edifici monumentali e da numerose opere d'arte. Inoltre il trattato con i Tirreni testimonia che, nel III secolo a.C., gli abitanti di Phalasarna erano dediti alla pirateria, pratica comune alle città-stato cretesi.
Nel 69-67 a.C., i romani assaltarono la città, bloccarono il porto con massicce opere murarie e distrussero l'intera città al punto che se ne perse completamente la memoria. Phalasarna comparve nei documenti veneziani come una città perduta. Il sito venne scoperto nel XIX secolo dagli esploratori britannici Robert Pashley e dal Capitano Spratt.
Il tempio di Demetra fu costruito presso l'acropoli della città, situata su una collina rocciosa nel sito di una grotta naturale. Il tempio fungeva da spazio sacro all'aperto per adorare Demetra, da del raccolto e dell'agricoltura, che presiedeva ai raccolti, ai cereali, al cibo, alla fertilità della terra e al potere dell'acqua come fonte di vita.
Nella tradizione greca Demetra è la secondogenita dei titani Rea e Crono, sorella di Estia, Era, Ade, Poseidone e Zeus. Era spesso considerata la corrispondente greca della dea anatolica Cibele ed era dai romani identificata con Cerere.
Il tempio è in stile dorico ed è stato ricostruito con pietre per un secondo utilizzo tra la fine del IV e l'inizio del III secolo a.C. sul sito di un precedente luogo sacro. Uno scalone monumentale conduceva a due edifici ad aula unica, con l'edificio orientale che fungeva da struttura principale del tempio e l'edificio occidentale con funzione ausiliare.
Un'indagine geofisica condotta dagli archeologi dell'Università Mediterranea di Creta ha rivelato resti architettonici sepolti che indicano una struttura semicircolare. Gli scavi hanno rinvenuto oggetti arcaici quali vasi di alta qualità, uno dei quali reca un'iscrizione in dialetto dorico: "Akestoidamatri" (Akestoi dedica questo alla dea Demetra). Gli archeologi hanno anche trovato manufatti che collegano Phalasarna agli antichi egizi e fenici. Altri reperti includono figurine, punte di lancia, vasi e figure femminili in trono.

Fonte:
heritagedaily.com

Perugia, trovati i resti di una villa romana

Perugia, i resti della villa romana rinvenuta recentemente
(Foto: F. Troccoli)

Durante gli scavi per la realizzazione di un maneggio, è emersa una villa romana di notevole importanza nei pressi di Perugia. Si tratta di una residenza risalente al I secolo d.C., una datazione considerata precisa, anche grazie agli indizi restituiti dal mosaico emerso, di una certa importanza e di una apprezzabile dimensione, particolarmente dalle figure geometriche che ritrae.
Questa villa romana è considerata dalla Soprintendenza perugina come un ritrovamento importante dal punto di vista storico e culturale, che permette di comprendere molte cose dell'epoca e del luogo. Il ritrovamento è avvenuto tra Sant'Egidio e Collestrada. Il sito è stato sottoposto a vicolo archeologico, vale a dire che, chi dovrà intervenire in futuro, in quest'area, lo potrà fare solo nei limiti concessi dalla Soprintendenza, finalizzati a preservare in primo luogo il valore di quanto scoperto, ora di nuovo sotto terra, dopo gli interventi eseguiti per la protezione.
Sono emerse strutture murarie pertinenti ad una grande villa. Sono state individuate diverse aree costruttive di questa proprietà: una parte residenziale ed un'altra parte produttiva, legata ad attività di lavorazioni prevalentemente rurali.
Il sito è stato scavato solo in parte, vale a dire che, probabilmente, nei dintorni, ci sono resti collegati a questa struttura. "Il valore storico è notevole - ha detto Giorgio Postrioti, responsabile per l'archeologia della Soprintendenza di Perugia -, si tratta comunque di strutture rinvenute a livello di fondazione. Restituiscono l'idea di un territorio, questo, abbastanza frequentato durante l'epoca cristiana. Alcune parti di questo pavimento sono venute alla luce, un'altra rimane conservata. E' una propaggine della parte residenziale di questa villa. Il mosaico, esteso ed in buono stato di conservazione, presenta motivi geometrici che sono tipici del tipo di residenza di cui parliamo. Vicino alla villa sono state ritrovate anche sepolture di bambini, sono risalenti a qualche periodo successivo, collocabili in una fase di decadimento, probabilmente poco prima che questo sito fosse abbandonato da chi lo abitava, per poi finire distrutto dagli eventi meteorologici".
Il luogo in cui sorgeva la villa aveva una significativa pendenza e probabilmente la struttura era stata realizzata su terrazzamenti, sicuramente su livelli diversi. Sempre nelle vicinanze è stato trovato anche un altro manufatto di forma circolare, poi un breve tratto di strada ed una massicciata consistente in pietrame.

Fonte:
archeomedia.net

martedì 15 novembre 2022

Fondi, riemerge un tratto dell'antica via Appia

Fondi, il tratto emerso dell'Appia Antica
(Foto: archeomedia.net)

Lavori a Ponte Selce, all'ingresso della città di Fondi, hanno permesso di portare alla luce un tratto ben conservato dell'antica via Appia. Il basolato sarà protetto e valorizzato con teche informative e didascaliche.
Il rinvenimento, esistendo a tal proposito corposa documentazione storica e bibliografica, era stato ipotizzato prima dell'inizio dei lavori motivo per cui è stata prevista specifica assistenza con la presenza fissa di un archeologo in costante dialogo con la Soprintendenza.
I frammenti di basolato avevano fatto ipotizzare che fosse rimasto poco o nulla dell'antica via Appia. Il prosieguo dei lavori ha invece riportato alla luce un tratto dell'antica arteria, piuttosto ampio e molto ben conservato.
In accordo con la Soprintendenza è stato quindi deciso di valorizzare il rinvenimento, di renderlo fruibile con delle teche non soltanto illustrative ma anche didattiche allo scopo di documentare la rinnovata attenzione alla tutela del patrimonio storico e archeologico italiano. Già il precedente intervento, risalente a circa 20 anni fa, a differenza di quanto accaduto in precedenza, era avvenuto con la supervisione di personale competente in materia di beni archeologici ma, nel frattempo, l'attenzione verso il recupero di reperti e antichità è ulteriormente cresciuta. I nuovi studi consentiranno di ricostruire le varie fasi, da quelle meno recenti e attente alla conservazione del basolato a quelle odierne.

Fonte:
archeomedia.net

Egitto, il balneum di Berenice

Egitto, parte del balneum di Berenice risalente a più di
2000 anni fa (Foto: Steven Sidebotham)

A Berenice, città egiziana sul Mar Rosso, sono state scoperte le rovine di un balneum di 2000 anni fa (seconda metà del III secolo a.C.).
Il gigantesco edificio presenta due tholoi (strutture circolari) con 14 vasche ciascuna, che potevano ospitare acqua fredda o tiepida, oltra ad una stanza separata per l'acqua calda. L'acqua entrava nell'edificio attraverso due grandi bacini alimentati da un unico pozzo. E' possibile che, ad ovest di questo complesso, vi fosse anche una palestra.
I resti di Berenice risalgono al periodo ellenistico dell'antico Egitto (dal 323 al 30 a.C. circa), il periodo compreso tra la morte di Alessandro Magno e la morte di Cleopatra VII. Durante questo periodo fiorì, in Egitto, la cultura e l'architettura greca.
Nel periodo in cui il balneum era in piena funzione, Berenice presentava una notevole presenza militare ed era un importante centro di smistamento per le merci e per l'importazione di elefanti da guerra dall'Africa orientale. I balneum, in epoca ellenistica, spesso servivano da luoghi di incontro e relax dopo il lavoro o l'esercizio sportivo, per questo erano spesso associati ad una palestra.
Nel balneum non è stata trovata alcuna scritta, ma sono state portate alla luce monete e frammenti di ceramica, reperti che hanno aiutato gli archeologi a datare gli anni di attività del balneum.

Fonte:
livescience.com

Creta, trovato l'odeon della città di Lissos

Creta, odeon scoperto di recente
(Foto: Ministero ellenico della cultura e dello sport)

Nascoste in un'insenatura circondata da montagne nel sudovest di Creta si trovano le rovine di Lissos, un'antica città i cui resti archeologici sono accessibili solo via mare o con un lungo cammino.
A causa del suo isolamento, Lissos non è stata indagata dagli archeologi per diversi decenni. Scavi recenti, però, hanno portato alla luce un odeon, edificio simile al moderno auditorium, che sta ad indicare la prosperità della città.
Precedenti ricerche avevano mostrato che Lissos era abitata molto prima che il suo nome entrasse nei libri di storia, nel IV secolo a.C. Le strutture dei vari periodi archeologici sono ben conservate, tra queste un tempio dedicato ad Asclepio, dio greco della medicina, una zona residenziale, un'imponente necropoli con sepolture disposte su due livelli, terme romane e chiese cristiane. A tutto questo, ora, si è aggiunto l'odeon.
Nella prima fase dello scavo dell'odeon, i ricercatori hanno rinvenuto parte del palcoscenico, 14 file di sedili e due camere laterali a volta. L'odeon risale al periodo romano, tra il I ed il IV secolo d.C., epoca in cui il tempio di Asclepio a Lissos venne trasformato in un edificio politico-amministrativo, pavimentato con mosaici ed ornato con i busti degli imperatori Tiberio e Druso.
Sfortunatamente l'odeon è stato gravemente danneggiato nell'antichità dalla caduta di grandi massi, probabilmente a causa di un terremoto che colpì l'isola nel 365 d.C. Il terremoto fu così violento da provocare uno tsunami che colpì Alessandria d'Egitto e sollevò l'intero sito di Lissos di diversi metri. L'odeon, quindi, doveva trovarsi più vicino alla costa di come sia ora.
Dal momento che era adiacente al centro cittadino, l'odeon funzionava, forse, anche da bouleterion, edificio deputato alle riunioni del consiglio cittadino.

Fonte:
livescience.com

venerdì 11 novembre 2022

Stabia, riemerge, integro, un antico sistema idrico romano

Pompei, il sistema idrico scoperto
(Foto: Parco Archeologico di Pompei)

La città di Stabia fu in gran parte sepolta durante l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che rilasciò una una nuvola mortale di tefra e gas surriscaldati ad un'altezza di 33 chilometri. Le conseguenti ondate piroclastiche e la pesante caduta di cenere avvolsero Pompei ed Ercolano, mentre gran parte di Stabia venne sepolta da una spesso strato di tefra e cenere.
Gli scavi in un piccolo peristilio della Villa di Arianna hanno portato alla luce parti di un antico sistema idrico, rivelando una vasca di piombo decorata che faceva parte di un sistema di distribuzione dell'acqua all'interno del complesso della domus.
La villa venne scavata per la prima volta dall'ingegnere svizzero Karl Weber tra il 1757 ed il 1762, rivelando un'area di circa 2.500 metri quadrati che racchiude un grande complesso suddiviso in quattro parti: l'atrio e le stanze circostanti risalenti al periodo tardo repubblicano; locali di servizio e terme; vani laterali del triclinio estivo di età neroniana e una grande palestra di età flavia.
All'impluvium (vasca centrale di raccolta dell'acqua) nell'atrio sono collegate due tubazioni, che alimentavano l'acqua in tutto il più ampio complesso della villa, regolando il flusso di acqua nei vari ambienti. Gli archeologi pensano che la cisterna fosse probabilmente in epoca antica per consentire l'accesso alla regolazione del flusso dell'acqua per effettuare operazioni di manutenzione dell'impianto.
"Un serbatoio come questo, con le sue chiavi di arresto, rientra in quella tipologia di impianti e apprestamenti che possono sembrare quasi moderni per come sono fatti e che hanno sempre destato stupore sin dalle prime scoperte tra Stabia, Pompei e Oplontis. Gli antichi anche in questo caso non hanno rinunciato a un elemento ornamentale, un astragalo in rilievo, che forse caratterizzava la bottega che l'ha prodotto, a mo' di un marchio moderno", sottolinea il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel.
Il serbatoio rappresenta uno straordinario rinvenimento per l'area vesuviana, per lo stato di conservazione e perché rinvenuto nella sua posizione originaria che consente, insieme agli altri tratti rinvenuti, di apprezzarne il funzionamento.

Fonti:
heritagedaily.com
ansa.it

Finlandia, trovata la sepoltura di un bambino dell'Età della Pietra

Finlandia, come doveva apparire la sepoltura del bambino
(Ricostruzione: Tom Bjorklund)

Ottomila anni fa, una tragedia colpì una comunità dell'Età della pietra che viveva in quella che oggi è Majoonsuo in Finlandia: la morte di un bambino molto amato. L'analisi della sepoltura di questo bambino rivela lo sfarzo del corredo: piume, una pelliccia e rare fibre vegetali. Si tratta delle prime tracce di pelliccia e di piume trovate in una sepoltura finlandese del Mesolitico, fornendo nuove informazioni sui rituali funebri della regione migliaia di anni fa.
La sepoltura è stata trovata sotto una strada non asfaltata in una foresta, identificata per la prima volta da un vivido taglio di ocra rossa sulla ghiaia chiara della strada. Questo era il segno rivelatore di un'antica sepoltura: il terreno ricco di ferro utilizzato ritualmente e artisticamente in luoghi di tutto il mondo preistorico.
Le ossa del bambino si sono pressoché dissolte nel tempo, lasciando solo pochi denti. Il piccolo aveva un'età non superiore ai 10 anni e non inferiore ai tre anni. Due punte di freccia in quarzo e altri due oggetti hanno permesso di datare la tomba intorno al 6000 a.C. Il terreno della tomba è quasi completamente il terreno originale dove era stato sepolto il bambino.
Le fibre trovate nella sepoltura erano ricavate dalla corteccia interna di alcune piante, quali l'ortica o il salice. Queste fibre sono conservate molto male nel suolo finlandesi, al punto che ne sono rimasti frammenti microscopici che potrebbero essere stati parte di una rete o una corda. Sono stati rinvenuti anche materiali animali: 24 frammenti microscopici di piume di uccelli, le più antiche mai ritrovate in Finlandia. Sette dei frammenti sono riferibili ad uccelli acquatici, tra i quali oche e cigni. Si pensa che facessero parate di un indumento imbottito oppure un letto sul quale era stato adagiato il bambino. Un altro frammento di piuma apparteneva ad un falco che, forse adornava le frecce deposte nella tomba oppure per decorare i vestiti del bimbo.
Infine la sepoltura ha restituito 24 frammenti di pelo di mammiferi, la maggior parte dei quali troppo degradati per essere identificati. Tre dei peli rinvenuti ai piedi del fanciullo, secondo gli archeologi, provenivano da una specie canina (cane o lupo), probabilmente sepolto insieme al bambino come compagno per l'aldilà. Cani sepolti con il defunto sono stati trovati, in precedenza, a Skateholm, famoso luogo di sepoltura nella Svezia meridionale, risalente a 7000 anni fa.

Fonte:
sciencealert.com

Israele, la prima traccia di scrittura cananea su...un pettine per pidocchi

Israele, pettine d'avorio del 1700 a.C. con una frase di
protezione dai pidocchi (Foto: Dafna Gazit)

Incisa su una parte di un pettine d'avorio di quasi 4000 anni fa c'è una frase, l'espressione di un desiderio: "Possa questa zanna togliere i pidocchi dai capelli e dalla barba".
Questa frase è nella lingua primitiva degli antichi cananei e rappresenta il primo esempio conosciuto di una frase completa scritta utilizzando un alfabeto fonetico, a detta dell'archeologo Yosef Garfinkel dell'Università Ebraica di Gerusalemme.
Il sistema di scrittura dei Cananei, vissuti in una regione chiamata Levante circa 2000 anni fa, servì in seguito come base principale per molti alfabeti moderni. Questo rende il pettine "l'oggetto più importante che abbia mai trovato in uno scavo", ha detto il Dottor Garfinkel. Pochi documenti scritti sono sopravvissuti della civiltà cananea.
Il pettine è stato portato alla luce nel 2016 tra le rovine dell'antica città di Lachis, nell'attuale Israele, un tempo facente parte dell'importante regno di Giuda. Negli anni successivi, quando il pettine venne inviato in laboratorio per cercare tracce di pidocchi, qualcuno notò dei deboli simboli incisi su un lato. Uno sguardo più attento ha rivelato che i simboli componevano, in realtà, una frase. Sul pettine sono state trovate tracce di una ninfa di pidocchio grande mezzo millimetro.
Il pettine misura 3,5 centimetri di lunghezza per 2,5 di altezza. L'iscrizione è composta da 17 lettere, alcune delle quali grandi appena un millimetro, che formano 7 parole e getta un pò di luce sui popoli antichi: il problema dei pidocchi. Un problema che era molto comune, evidentemente anche tra la gente abbiente. Per quanto riguarda le sue condizioni, il pettine è usurato ed ha perso i denti, ma i monconi rimasti mostrano che un tempo da un lato aveva sei denti distanziati tra loro per rimuovere i grovigli di capelli, mentre dall'altro erano presenti 14 denti per rimuovere i pidocchi e le uova.
La scoperta potrebbe offrire uno sguardo sulla vita di uno dei ricchi abitanti di Lachis. Il fatto che la frase si riferisca anche ad una barba, suggerisce che il pettine sia appartenuto ad un uomo dell'élite locale, poiché l'avorio era un bene costoso che doveva essere importato dall'Egitto. Inoltre l'iscrizione, con le sue particolari caratteristiche, alcune delle quali uniche, colmano lacune nella conoscenza della cultura dell'Età del Bronzo.

Fonti:
sciencenews.org
onanotiziarioamianto.it
lastampa.it

giovedì 10 novembre 2022

Marocco, emergono i resti di una torre militare romana

Marocco, sito di El Mellali con i resti della torre
(Foto: Karol Bartczak)

Un team di archeologi polacco-marocchini ha scoperto una torre di osservazione militare romana a Volubilis, in Marocco. Torri simili sono state scoperte, in precedenza, negli scavi condotti in Scozia, Germania e Romania, ma mai in Marocco.
Nel V secolo d.C., il Marocco faceva parte dell'Impero Romano, ma poiché era geograficamente isolato, da un punto di vista scientifico si sa poco di questa regione.
Gli scavi hanno evidenziato fondazioni e frammenti di murature conservate fino ad un'altezza di circa 80 centimetri. Si sono conservati un frammento di scala interna ed uno di acciottolato che circonda la torre verso sud. Il muro perimetrale esterno non è sopravvissuto. Sono stati rinvenuti anche frammenti di giavellotti, chiodi dei sandali dei legionari romani e frammenti di ornamenti tipici delle cinture militari.
Si sapeva che esisteva un sistema difensivo della provincia romana corrispondente all'attuale Marocco, tra il I e il III secolo d.C. Gli archeologi, ora, cercano di restringere la cronologia per spiegare se si trattava di un unico sistema o di sistemi diversi edificati in momenti diversi. I ricercatori pensano che questo sistema difensivo fosse attivo durante il regno di Antonino Pio.

Fonte:
scienceinpoland.pap.pl

mercoledì 9 novembre 2022

Marina di Camerota, trovati i resti di un antichissimo elefante

Marina di Camerota, il luogo del ritrovamento
(Foto: UniBo)

Presso la Grotta del Poggio, ad est di Marina di Camerota, in località Lentiscelle, la campagna di scavi condotta dalle Università di Siena, Dipartimento di Scienze fisiche, della Terra e dell'Ambiente - UR Preistoria e Antropologia, e di Bologna, Dipartimento dei Beni Culturali, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Salerno e Avellino e il comune di Camerota, ha portato alla luce resti di un pachiderma di 140000 anni fa.
Le prime indagini alla Grotta del Poggio avvennero nel 1954 da parte del Professor Pietro Parenzan, fondatore della Stazione di Biologia Marina del Salento a Porto Cesareo (LE). Successivamente, negli anni '60, vennero condotte indagini sistematiche dal Professor Arturo Palma di Cesnola, emerito dell'Università di Siena, che individuò 14 strati compresi tra i 190000 ed i 130000 anni fa. In origine, il complesso del Poggio era costituito dalla Grotta, utilizzata come galleria di drenaggio per il Riparo, e dal Riparo stesso, una grotta più grande della prima. A causa di un crollo, il complesso ha la struttura attuale. Gli scavi condotti cinquant'anni fa portarono alla luce, negli strati più antichi, due resti umani, un molare e un osso di caviglia, e resti di elefante e rinoceronte, mentre nei livelli più recenti punte, lame e raschiatoi in pietra.
Gli scavi della campagna appena conclusa hanno indagato i livelli stratigrafici più alti. Sono emersi resti di osso di arto appartenente al Palaeoloxodon antiquus, l'elefante dalle zanne diritte vissuto nel Pleistocene Medio e Superiore, ovvero tra 550000 e 70000 anni fa circa, tre volte più grande rispetto alle odierne specie africane e indiane e con un cervello molto più piccolo. Si tratta della stessa specie rinvenuta nelle missioni precedenti. Caratteristico è il fatto che i resti dell'osso del Palaeoloxodon antiquus mostrano chiare tracce di percussione, segno della macellazione da parte dell'uomo.

Fonte:
mediterraneoantico.it

Taposiris Magna, scoperta la tomba di Cleopatra?

Erma di Cleopatra VII
(Foto: wikipedia)

La tomba di Cleopatra, ultima regina d'Egitto, potrebbe essere stata trovata. Una missione archeologica internazionale ha, infatti, scoperto un tunnel scavato nella roccia sotto l'antico tempio egiziano di Taposiris Magna, che potrebbe condurre alla tomba perduta di Cleopatra, regina d'Egitto dal 51 al 30 a.C.
A scoprire il tunnel segreto sotto il tempio di Taposiris Magna è stata l'archeologa Kathleen Martinez, dell'Università di Santo Domingo, da tempo impegnata nelle ricerche su Cleopatra. Il Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano ha poi annunciato il ritrovamento, descrivendo il tunnel come "un prodigio della tecnica ingegneristica antica", simile al tunnel di Eupalinos sull'isola greca di Samo.
La galleria è lunga 1.300 metri ed è situata a 13 metri di profondità. Al suo interno finora sono state trovate mummie con lingue d'oro in stile greco-romano, sepolte di fronte al tempio, due statue di alabastro di epoca tolemaica (una sembra essere una sfinge) e vasi e recipienti in ceramica.
Parte del tunnel è sott'acqua, forse a causa di antichi terremoti che colpirono la regione tra il 320 ed il 1303 d.C. Questi disastri naturali potrebbero aver portato al declino di Taposiris Magna. I ritrovamenti comunque sembrano confermare la tesi dell'archeologa Martinez, secondo cui l'area era una tomba reale.
Il tempio di Taposiris Magna, dedicato ad Osiride, il dio dei morti, si trova alla periferia di Alessandria. Secondo l'archeologa Martinez, che da venti anni conduce ricerche su Cleopatra, qui potrebbe essere sepolta l'ultima regina d'Egitto. Ottenere il permesso per fare delle indagini, però, non è stato facile. I lavori sono in corso dal 2004, ma il nuovo ritrovamento è la prova più convincente che Martinez è sulla strada giusta.
Durante le precedenti stagioni di scavo, la missione è stata in grado di trovare molti importanti reperti, tra i quali monete recanti le immagini e i nomi della regina Cleopatra e di Alessandro Magno, ed una serie di statue, alcune raffiguranti la dea Iside, oltre a varie iscrizioni e busti. La missione ha messo in luce anche una rete di cunicoli che si estende dal Lago Mareotis al Mediterraneo.

Fonte:
ilmessaggero.it
archaeonewsnet.com


San Casciano dei Bagni, eccezionale scoperta di 24 statue in bronzo

San Casciano dei Bagni, una delle statue tornate alla luce
(Foto: Ansa/Jacopo Tabolli)

Si tratta della "scoperta più importante dai Bronzi di Riace e certamente uno dei ritrovamenti di bronzi più significativi mai fatti nella storia del Mediterraneo antico". Sono le parole del direttore dei musei del MiC Massimo Osanna a commento dell'incredibile ritrovamento a San Casciano dei Bagni, in provincia di Siena, vicino alla sorgente termale del Bagno grande.
Una scoperta a dir poco eccezionale: 24 statue di bronzo di raffinatissima fattura, conservate per 2300 anni dal fango e dall'acqua bollente termale in vasche sacre.
Le statue sono riemerse dagli scavi del comune toscano, integre, in perfetto stato di conservazione. Cinque sono quasi alte un metro. Tra le più sorprendenti quella di un giovane efebo, una statua di Igea, dea della salute, con un serpente arrotolato sul braccio. E poi Apollo, altra divinità collegata alla medicina, altre divinità, matrone, fanciulli, imperatori.
San Casciano dei Bagni, la statuetta di un orante
(Foto: Ansa/Jacopo Tabolli)
"Una scoperta che riscriverà la storia e sulla quale sono già al lavoro oltre 60 esperti di tutto il mondo", ha detto all'Ansa l'archeologo Jacopo Tabolli, giovane docente dell'Università per Stranieri di Siena, che dal 2019 guida il progetto. Secondo Tabolli si tratta indubbiamente di un tesoro assolutamente unico, accompagnato da un'incredibile quantità di iscrizioni in etrusco e in latino. E ancora: 5.000 monete in oro, argento e bronzo ed una serie di altrettanto interessanti offerte vegetali.
Le opere in bronzo sono state realizzate con tutta probabilità da artigiani locali, secondo gli studiosi si possono datare tra il II secolo a.C. ed il I secolo d.C., in un'epoca di grandi conflitti tra Roma e le città etrusche, ma anche di lotte all'interno del tessuto sociale dell'Urbe. Facevano parte di un santuario, con piscine ribollenti, terrazze digradanti, fontane, altari. Le statue dovevano essere posizionate sul bordo esterno della grande vasca sacra e ancorate sugli eleganti blocchi in travertino. A più riprese, sicuramente nel corso del I secolo d.C., le statue furono staccate dal bordo della vasca e depositate sul fondo. "Un santuario che esisteva almeno dal III secolo a.C. e rimase attivo fino al V secolo d.C., quando in epoca cristiana venne chiuso ma non distrutto, le vasche sigillate con pesanti colonne di pietra, le divinità affidate con rispetto all'acqua", racconta ancora Tabolli.
Nelle iscrizioni si leggono nomi di ricche famiglie etrusche del territorio umbro e toscano interno, dai Velimna di Perugia ai Marcni dell'agro senese. Accanto a onomastica e forme dedicatorie in etrusche si trovano anche iscrizioni in latino che menzionano le aquae calidae, le fonti calde del Bagno grande, dove sono stati trovati i bronzi.
Uno dei dati più interessanti è la compresenza di oggetti etruschi ed oggetti latini. "Anche in epoche storiche in cui fuori infuriano i più tremendi conflitti, all'interno di queste vasche e su questi altari i due mondi, quello etrusco e quello latino, sembrano convivere senza problemi", spiega Tabolli. "Qui passa il tempo, cambia la lingua, cambiano persino i nomi delle divinità, ma il tipo di culto e l'intervento terapeutico rimangono gli stessi".
Tra gli oggetti rinvenuti ci sono anche statue che rappresentano organi o parti del corpo umano per le quali si domandava l'intervento divino.
I bronzi e le altre scoperte resteranno a San Casciano dei Bagni, dove sorgerà un nuovo museo all'interno di un palazzo cinquecentesco appena acquistato dalla Direzione generale musei del ministero della Cultura. Museo a cui si aggiungerà un parco archeologico che coinvolgerà l'intera area degli scavi e le antiche piscine termali.

Fonti:
skytg24.it
wired.it
finestresullarte.info


lunedì 7 novembre 2022

Il premio 2022 per la "città perduta" di Amenhotep III

Le rovine della città perduta (Foto: ANSA)

L'edizione 2022 dell'International Archaeological Discovery Award "Khaled al-Asaad", il premio intitolato all'archeologo del sito di Palmira che ha pagato con la vita la difesa del patrimonio culturale, è andata alla scoperta della città d'oro fondata da Amenhotep III (1390-1353 a.C.), ritrovata in buono stato di conservazione dall'equipe di Zahi Hawass, già Ministro delle Antichità e Direttore della Missione Archeologica al lavoro nel tempio funerario di Tutankhamon.
Il sito è stato rinvenuto nelle vicinanze del palazzo del faraone Amenhotep III, dalla parte opposta del fiume Nilo rispetto alla città e capitale di Tebe, oggi Luxor. Le iscrizioni in geroglifico indicano che la città perduta, di cui alcuni muri a zig zag erano stati scoperti negli anni '30 dai francesi Robichon e Varille a 100 metri di distanza, si chiamava Tjehen-Aten, o Aton, "abbagliante", e che venne fondata dal nonno di Tutankhamon, Amenhotep III.
Il team di Hawass ha concentrato gli scavi precisamente sull'area racchiusa tra il tempio di Ramses III a Medinet Habu e il tempio di Amenhotep III a Malqata. Il primo obiettivo degli archeologi era quello di datare l'insediamento studiando le iscrizioni geroglifiche su alcuni coperchi di argilla di vasi di vino. Secondo alcune fonti, la città era dotata di tre palazzi reali, oltre che di un grande centro amministrativo e industriale.
Gli ambienti custodiscono oggetti in uso nella vita di tutti i giorni: scarabei, anelli preziosi, vasi in ceramica colorata, mattoni di fango con i sigilli a cartiglio di Amenhotep III e iscrizioni geroglifiche su tappi di argilla dei vasi di vino, che hanno contribuito a datare l'insediamento. E' stata ritrovata anche una panetteria, zona per cucinare e preparare il cibo, con stoviglie di stoccaggio e forni.
La seconda area, ancora in gran parte sepolta, rappresenta il quartiere residenziale ed amministrativo, circondato da mura a zig zag, mentre la terza era attrezzata per i laboratori: qui si trovano, infatti, numerosi stampi da fonderia per l'elaborazione di amuleti e delicati elementi decorativi e la zona di produzione dei mattoni di fango utilizzati per costruire templi e annessi.
Sorprendenti le sepolture ritrovate all'interno di una delle stanze: una mucca o un toro e una persona con le braccia distese lungo i fianchi e i resti di una corda avvolta intorno alle ginocchia. A nord del sito, anche un grande cimitero con un gruppo di tombe scavate nella roccia di varie dimensioni.
La terza area scavata è una zona industriale, costituita da un'area di produzione di mattoni di fango che servivano per costruire templi (i mattoni sono contrassegnati da timbri contenenti un cartiglio con il nome di re Amenhotep III). Vi sono stati trovati anche stampi da fonderia per realizzare amuleti ed elementi decorativi delicati.

Fonti:
siviaggia.it
storicang.it

Inghilterra, scoperto un complesso di ville romane nel Kent

Inghilterra, scavo del complesso delle ville
romane nel Kent (Foto: Società
archeologica del Kent)

Gli archeologi hanno identificato un complesso di ville romane utilizzando le immagini di Google Earth. Sono emersi anche i resti di un balneum e un sistema di riscaldamento centralizza. L'importante scoperta è stata fatta nel Kent.
Le fondamenta murarie della villa principale hanno restituito un pilastro appartenente all'ipocaustum, utilizzato per far circolare il calore attraverso le pareti ed i pavimenti del balneum adiacente.
Malgrado ci siano molte antiche ville sparse nel Kent, il fatto che sia stato intercettato un sistema di ipocausto è molto raro. Probabilmente gli abitanti del luogo erano agricoltori di alto rango, in quanto l'ipocausto è solitamente utilizzato nelle ville di personaggi abbienti.
Gli archeologi pensano che la villa risalga al III o IV secolo d.C. e credono che gli agricoltori romano-britannici che vivevano qui non sarebbero stati i primi residenti nella zona. Il sito vicino Coldrum Long Barrow risale al 3900 a.C., ad indicare che la terra era probabilmente coltivata per migliaia di anni prima della costruzione della villa.

Iraq, tornano alla luce splendide incisioni rupestri

Iran, le incisioni rupestri scoperte.
(Foto: Getty Images)

Nel nord dell'Iraq gli archeologi hanno fatto una scoperta straordinaria: bellissime incisioni rupestri di circa 2700 anni fa. Le incisioni sono venute alla luce a Mosul, grazie al lavoro di un team iracheno-americano che stava lavorando alla ricostruzione dell'antica Porta Mashki, distrutta nel 2016 dai militari dell'ISIS.
Gli otto rilievi marmorei mostrano scene di guerra accompagnate da viti e palme. Risalgono al re assiro Sennacherib, che governò l'antica città di Ninive dal 705 al 681 a.C., noto per le sue campagne militari contro Babilonia. Si pensa che questi rilievi adornassero, un tempo, il palazzo di Sennacherib e siano state spostate, in seguito alla Porta Mashki, una delle porte più grandi di Ninive.

Fonte:
bbc.com


venerdì 4 novembre 2022

Trovato uno studio sulle stelle di Ipparco sotto un testo mediovale

Il manoscritto che nasconde il testo originale greco
(Foto: Museum of the Bible/Early Manuscripts Electronic
Library/Lazarus Project/University of Rochester)

Gli studiosi potrebbero aver scoperto un frammento della mappa stellare completa più antica del mondo.
Si pensa che il segmento della mappa, che è stato trovato sotto il testo di un foglio di pergamena medioevale, sia una copia del catalogo delle stelle, un'opera perduta da tempo realizzata dall'astronomo greco Ipparco, che fece il primo tentativo noto di tracciare una mappa celeste. Il frammento era nascosto sotto nove fogli del Codex Climaci Rescriptus conservato nel monastero di Santa Caterina, nella penisola egiziana del Sinai.
Il codice è un palinsesto, il che significa che gli scritti originali sono stati raschiati dalla pergamena per far posto ad una raccolta di testi aramaici cristiani palestinesi, che raccontano storie dell'Antico e del Nuovo Testamento. L'analisi con particolari tecniche ha rivelato, con grande sorpresa degli esperti, numeri che indicano, in gradi, la lunghezza e la larghezza della costellazione della Corona Boreale e le coordinate delle stesse situate ai suoi angoli più remoti.
Queste indicazioni, estremamente precise, consentono di stimare la data in cui furono scritte al 129 a.C., quando Ipparco era un astronomo veterano che aveva passato la gran parte della sua vita a studiare le stelle. Storicamente indicato come "il padre dell'astronomia scientifica", Ipparco (190 a.C. - 120 a.C. circa) trascorse gran parte dei suoi ultimi anni ad osservare le stelle dall'isola di Rodi. Non rimane molta documentazione sulla sua vita, ma i testi storici gli attribuiscono una serie di impressionanti progressi scientifici, quali l'accurata descrizione dei movimenti del sole e della luna, una scala di luminosità per misurare le stelle e, forse, l'invenzione dell'astrolabio, un dispositivo portatile a forma di disco in grado di calcolare le posizioni precise dei corpi celesti.
Nel 134 a.C. Ipparco vide qualcosa di sorprendente nel cielo notturno: in un pezzo di spazio precedentemente vuoto, era comparsa una nuova stella. Si chiese se questo fosse un evento frequente, se anche le stelle, pensate sempre come fisse, si muovano. Ipparco catalogò circa 850 stelle nel cielo notturno, annotando le loro posizioni e luminosità. Confrontando la sua mappa stellare completa con misurazioni più frammentarie di singole stelle prese da astronomi del passato, Ipparco si rese conto che le stelle lontane sembravano spostarsi di 2 gradi dalle loro posizioni originali.

Fonte:
livescience.com

Russia meridionale, la sacerdotessa e il guerriero

Fanagoria, gioielli e cintura dalla sepoltura di una 
sacerdotessa (Foto: Igor Dikin)

Circa 1900 anni fa una donna morì a Fanagoria e venne sepolta in questa città, fondata secoli prima sulla costa della penisola di Taman, nella Russia meridionale. La sua tomba era in compagnia di altre, nell'antica necropoli e gli studiosi ritengono che la donna fosse una sacerdotessa del culto di Afrodite.
Un'altra scoperta interessante, nello stesso sito, è quella della tomba di un guerriero con la sua spada, realizzata, in epoca altomedioevale, in Iran.
La tomba della sacerdotessa è stata rinvenuta dagli archeologi Nikolay Sudarev e Mikhail Treister, durante la stagione estiva di scavo di quest'anno.
Tra gli ornamenti ritrovati nella sepoltura figurano un medaglione d'argento che mostrava la dea e dieci dei dodici segni dello zodiaco (mancano l'Aquario e la Bilancia). Questo genere di medaglioni erano comuni nel territorio già 2300 anni fa, ha affermato Maria Chashuk, ricercatrice associata della spedizione archeologica di Fanagoria. Il medaglione più grande (circa 7 centimetri di diametro per 15 millimetri di spessore) non è stato rotto.
Questi medaglioni erano utilizzati sia come spille che come accessori per copricapi. Il medaglione è stato rinvenuto nella parte inferiore del torace della donna. Sul rovescio vi è una sorta di "tutore" attraverso il quale poteva essere fatta passare una catena o una corda. Le immagini dei segni zodiacali attorno ad Afrodite indicato che si tratta di Afrodite Urania. Questo epiteto si riferisce all'aspetto divino della dea in contrapposizione al suo aspetto terreno, Afrodite Pandemos.
La defunta indossava anche orecchini d'argento con pendenti a forma di colombe ed anelli con immagini mal conservate, forse una cornucopia con Eros alato. E' stata rinvenuta anche una brocca di argilla rossa con manico attorcigliato, forbici di ferro con manico di bronzo, uno specchio in bronzo, un filo di 157 perline e tre monete di bronzo.
Il fatto che i membri dell'antico pantheon greco fossero adorati nel Taman del I secolo d.C. non è sorprendente: il cristianesimo avrebbe raggiunto la regione solo nel Medioevo, intorno al IX e X secolo, prima il popolo seguiva credi pagani di origine slava.
Gli archeologi hanno anche trovato due perline a forma di scarabeo in maiolica egizia, recanti, in basso l'immagine di un gatto seduto l'una e l'immagine di un copra l'altra. I simboli sugli scarabei si riferiscono alle divinità egizie analoghe ad Afrodite Urania: Wadjet (la dea cobra) e Hator.
La scoperta di una spada sassanide in una sepoltura a Fanagoria di circa 1500 anni fa, secondo gli archeologi, fa ritenere che l'arma faccia parte di un gruppo di spade iraniane a testimonianza dell'influenza politica e militare dell'impero Sasanide nella regione del Caucaso e lungo la penisola di Taman. Probabilmente la spada rinvenuta a Fanagoria era un regalo diplomatico.
La tomba del guerriero conteneva oggetti di importazioni quali brocche di vetro, utensili in legno e metallo, scatole di legno con stoffe mal conservate. La tomba si distingue per la sua monumentalità e per la notevole profondità (si trova a circa 7 metri dalla superficie).

Fonte:
haaretz.com

Repubblica Ceca, trovata una cintura risalente all'Età del Bronzo

Repubblica Ceca, la cintura d'oro dell'Età del Bronzo
(Foto: english.radio.cz)

Un contadino della regione di Opava, nel nordest della Repubblica Ceca, mentre lavorava in un campo ha portato alla luce una cintura d'oro risalente all'Età del Bronzo.
Il rinvenimento è avvenuto alla fine di settembre. La prima ipotesi è stata che la sottile lamina di metallo dorato, lunga circa 50 centimetri, fosse una tiara. Ora, però, dopo ulteriori analisi, gli esperti ritengono che si tratti effettivamente di una cintura.
Le cinture dell'epoca erano in pelle e questa era legata alla parte anteriore. E' stata trovata accartocciata, probabilmente a causa dell'attività agricola. La lamina è composta prevalentemente di oro ed argento, con tracce di rame e ferro. Probabilmente apparteneva a qualcuno che rivestiva una posizione elevata nella società.

Fonte:
english.radio.cz

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