martedì 26 dicembre 2017

Israele, trovata un'antica chiesa cristiana

Parte del mosaico pavimentale della chiesa scoperta a Beit Shemesh
(Foto: Assaf Peretz, IAA/Haaretz.com)
Gli archeologi israeliani affermano di aver trovato una chiesa appartenente al primo culto cristiano. L'affermazione è basata sulla scoperta di straordinari mosaici, crocifissi ed architetture prettamente cristiane al centro della città israeliana di Beit Shemesh.
La datazione della chiesa, basata sui reperti in ceramica e sulle monete rinvenute, è stata fissata al IV secolo d.C. e sembra che annesso all'edificio religioso vi fosse anche un intero complesso monastico. Chiesa e monastero sono sopravvissuti per circa tre secoli, fino al VII secolo d.C.
Gli scavi archeologici sono partiti da un controllo per l'edificazione di un'area abitativa a Beit Shemesh. Quando gli archeologi hanno iniziato a trovare i primi reperti, hanno proseguito gli scavi fino a raggiungere il piano primitivo, dove hanno trovato gli splendidi mosaici che hanno fatto loro pensare ad una chiesa cristiana. La zona di Beit Shemesh era abitata, durante l'impero di Costantino, da una importante comunità cristiana, che vi si era installata all'indomani dell'editto che aveva ufficializzato il cristianesimo. I Samaritani ed un'esigua comunità ebraica, invece, si erano rifugiati nel nord di Israele e sulle colline di Hebron. Il ritrovamento della chiesa è stata una vera sorpresa per gli archeologi.
Croce sulla base di un pilastro rinvenuto nella chiesa di Beit Shemesh
(Foto: Assaf Peretz, IAA/Haaretz.com)
Gli scavi indipendenti condotti nella zona hanno permesso il ritrovamento, sempre legato alla comunità cristiana che qui viveva, di un grande complesso per la produzione del vino e di un impianto per la produzione dell'olio di oliva a pochi passi dalla chiesa appena scoperta. Tra gli artefatti trovati in loco vi sono croci che non recano l'immagine del Cristo (che sarebbe stata introdotta secoli più tardi, nel medioevo), parti di un divisorio in oro e bruciatori di incenso. La chiesa era rivolta verso est, come tutte le chiese della regione tranne la chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme e la chiesa di Madaba in Giordania.
I mosaici presenti nella chiesa rappresentano uccelli comuni nell'arte bizantina, ma non sono stati trovati alberi da frutto che somiglino ad altre raffigurazioni del genere in Israele, Giordania o Siria. Le rappresentazioni della vegetazione sembrano essere un unicum di questo particolare edificio religioso. Un indicatore della prosperità della chiesa di Beit Shemesh è sicuramente l'enorme quantità di marmo che vi è stato trovato, quasi tutto proveniente dalla Turchia. Sia le dimensioni della chiesa, 40 x 70 metri, che la ricca decorazione in marmo sono ben al di sopra del livello delle antiche chiese presenti nella regione.
Pulitura del mosaico di IV secolo d.C. della chiesa di Beit Shemesh
(Foto: NIR Elias, Reuters)
Come mai una chiesa dei primi secoli del cristianesimo poteva permettersi una tale ricchezza? Molto probabilmente grazie ai lasciti dei pellegrini, che giungevano, 1500 anni fa, da occidente per respirare l'aria dei luoghi sacri e toccare le sacre reliquie del cristianesimo. Gli archeologi ancora non sono riusciti a comprendere come mai la chiesa sia stata costruita a Beit Shemesh, piuttosto che in un altro luogo della Terra Santa. Probabilmente si trattava di un luogo particolarmente importante, santo, dove era stato sepolto un martire oppure si trattava di un luogo importante del Nuovo Testamento. Finora non sono state rinvenute iscrizioni che potrebbero fornire preziosi indizi.
La costruzione della chiesa sembra aver attraversato due fasi, la prima riguardante l'edificio religioso vero e proprio con i suoi pavimenti musivi, la seconda che ha esteso l'area di pertinenza della chiesa aggiungendovi i quartieri industriali e domestici e il monastero per i monaci che officiavano le funzioni religiose.
Chiesa e monastero furono in funzione per 300 anni, quel che accadde dopo non è ancora chiaro. Gli archeologi pensano che la nascita dell'islam e l'espansione della nuova religione in Terra Santa, abbiano avuto un ruolo nella scomparsa della chiesa cristiana, che sarebbe stata isolata dall'influenza economica di Bisanzio. Non si tratta necessariamente di una conquista militare, non sono state trovate prove di un improvviso abbandono, ma certamente la chiesa crollò e venne abbattuta per recuperare terreni agricoli durante il primo periodo islamico.

Fonte:
Haaretz.com

Siria, scoperta un'antica rete di fortezze difensive

La cittadella di Salah ad-Din vicino Latakia, nella Siria
settentrionale nel 2008 (Foto: P. Kovarik/Getty Images)
E' stato trovato, in Siria, un complesso di strutture militari risalenti a 4000 anni fa, aventi funzioni di sorveglianza e comunicazione durante l'Età del Bronzo. Le strutture comprendono fortezze, fortificazioni, torri e recinzioni. La scoperta è avvenuta grazie alle immagini del satellite e gli archeologi sono certi che questo grande sistema difensivo esteso sul territorio sia il primo e il più antico mai trovata in Siria.
Il complesso di fortificazioni si estende su ben 7.000 chilometri quadrati e si trova a ridosso delle regioni maggiormente popolate della Mezzaluna Fertile. Si tratta di una sorta di rete difensiva delle aree urbane retrostanti, che comprendeva anche delle mura fortificate che correvano lungo il crinale montuoso che domina le steppe della Siria centrale.
Si pensa che questo enorme complesso difensivo sia stato costruito tra il 2000 e il 1550 a.C., utilizzando degli enormi blocchi di basalto grezzo, assemblati in pareti che si innalzavano per diversi metri di altezza. Ciascuna delle fortezze che faceva parte di questo complesso difensivo era stata progettata in modo tale che ognuna di loro era visibile all'altra, il che ha sicuramente reso più facile la comunicazione attraverso segnali di fumo, per avvertire rapidamente le truppe in caso di minaccia militare. Il complesso venne probabilmente costruito per proteggere le fertili zone retrostanti e le vie di comunicazione del territorio.
Gli archeologi si sono serviti, per lo studio di oltre mille siti archeologici sparsi in tutta la Siria, di immagini satellitari risalenti ad un periodo compreso tra il 1960 e i giorni nostri.

Fonte:
ibtimes.co.uk

Sorprese archeologiche nella steppa mongola

Ripresa aerea delle rovine scavate nella steppa di Dongoin Shiree, in
Siberia (Foto: Università di Osaka/Istituto di Storia e Archeologia
Mongolo, Accademia delle Scienze)
Gli archeologi hanno scoperto una serie di rovine che si pensa risalgano all'VIII secolo d.C., nelle steppe della Mongolia orientale. Si tratta di un sarcofago circondato da un quadrato di 14 grandi pilastri di pietra rivestiti di iscrizioni. Le indagini sulle rovine sono iniziate nel 2015.
La caratteristica principale del monumento è la sua configurazione strutturale, in cui il sarcofago di pietra è posto al centro del tumulo. Più di 100 tamga (segni) delle antiche tribù turche sono scolpite sulla pietra, si tratta delle più grandi iscrizioni turche scoperte in Mongolia. La datazione del sarcofago all'VIII secolo d.C. è stata ottenuta attraverso l'analisi al radiocarbonio di pelle di pecora ed ossa di cavallo trovate al suo interno.
Il Professor Takashi Osawa, dell'Università di Osaka, direttore della missione archeologica che opera nella steppa mongola, ha decifrato queste iscrizioni ed ha scoperto che la persona sepolta in questo singolare monumento e ricordata nelle iscrizioni, aveva l'incarico di Yabgu, corrispondente a vicerè, che era il più alto rango dopo il Kagan nel 716-734 d.C. Quest'uomo divenne, in seguito, Tolis-Shad (rango reale), comandante in capo e massimo funzionario amministrativo nella Mongolia orientale durante il regno di Tengri (734-741 d.C.). Questi risultati indicano che la steppa di Dongoin Shiree era al centro della zona orientale dell'ex Kaganato Turkic, la cui posizione era sconosciuta ai testi cinesi e turchi.
Le iscrizioni, a detta dei ricercatori dell'Università di Osaka, gettano nuova luce sull'organizzazione del potere nella Mongolia orientale di 1400 anni fa nonché sulle credenze religiose dei nomadi antichi, sui loro rapporti politici e militari con le altre tribù della Mongolia quali Khitan, Tatabi e Tatari.

Fonti:
ibtimes.co.uk
lavanguardia.com

sabato 16 dicembre 2017

Scavi in Israele identificano una città asmonea

Monete scoperte sul sito (Foto: Dipartimento della terra d'Israele,
Herzog College)
Monete, ceramiche e bagni rituali recentemente scoperti hanno permesso l'identificazione di una città ebraica dell'epoca degli Asmonei a Susya, nei pressi del monte Hebron. I risultati sono sorprendenti alla luce dei rapporti storici sull'attività degli Asmonei volta a convertire gli Edomiti che vivevano nella regione, nel 112 a.C..
Finora il sito di Susya era conosciuto come quello di una città ebraica di 1500 anni fa, abitata dall'epoca romana fino al periodo musulmano. Le nuove scoperte spostano indietro di 600 anni la costruzione della città.
Lo scavo è condotto dall'amministrazione civile archeologica Staff Officer di Giudea e Samaria, con l'assistenza della direzione del sito Susya e della società di sviluppo di Hevron Hills.

Fonte:
Arutz Sheva

Ippocrate e i parassiti intestinali...

Uova di tricocefali (a sinistra) e nematodi (a destra), parassiti intestinali
che affliggevano gli antichi Greci (Foto: Elsevier publishing)
Anni fa il medico greco Ippocrate, considerato il padre della medicina moderna, ha scritto molto sulle malattie ed anche sui parassiti intestinali. Gli studiosi hanno sempre pensato che questi ultimi, descritti nel testo medico "Corpus Hippocraticum", fossero ascaridi, ossiuri e tenie, ma finora non hanno potuto averne la certezza.
Recentemente i ricercatori hanno raccolto delle prove che confermano i loro sospetti e le abilità diagnostiche di Ippocrate. Escrementi umani, oramai divenuti parte del terreno, sono stati trovati aderenti ad ossa pelviche in un sito sepolcrale sull'isola greca di Kea. Qui sono stati trovati reperti risalenti ad un periodo compreso tra il 4000 a.C. e il 330 d.C.. Nelle feci umane i ricercatori hanno trovato uova appartenenti a due tipi di parassiti intestinali, tricocefali e ascaridi, che hanno permesso di riconoscere le antiche diagnosi effettuate da Ippocrate 2500 anni fa circa la presenza di parassiti intestinali nell'antica Grecia.
Sono tre i termini utilizzati negli antichi testi di medicina greca per descrivere questi parassiti: l'Helmins strongyle, descritto come un "grande verme tondo", la Plateia Helmins, un "verme piatto" e l'Ascaris, descritto come una sorta di "vite senza fine rotonda". Questi termini, secondo gli studiosi, sono riferiti a tre specie di parassiti, conosciuti attualmente come ascaridi, tenie e ossiuri.
Per giungere a queste conclusioni i ricercatori hanno analizzato 25 sepolture risalenti a 4000 anni fa, rimuovendo i sedimenti che contenevano tracce decomposte di escrementi umane. In quattro individui sono state trovate le prova della presenza di uova di parassiti.

Fonte:
livescience.com

venerdì 15 dicembre 2017

Aswan, nuove scoperte

sepoltura di bambino rinvenuta ad Aswan
(Foto: english.ahram.org.eg)
Ad Aswan ci sono nuove scoperte, tra queste le sepolture di quattro bambini ed una piccola statua raffigurante Artemide. La missione svedese-egiziana che lavora nella zona di El Gebal-Silsila ha scoperto quattro sepolture intatte, mentre la missione austriaca che si trova a Kom Ombo ha scoperto un segmento importante di una necropoli del Primo Periodo Intermedio. La missione svizzero-egiziana, invece, sta operando nella vecchia città di Aswan ed ha riportato alla luce una piccola statua di Artemide, piuttosto incompleta.
Il Segretario Generale del Consiglio Supremo delle Antichità egiziano, Mostafa Waziri, ha dichiarato che le sepolture ritrovate appartengono a quattro bambini e sono databili alla XVIII Dinastia (1550 - 1292 a.C.). La prima sepoltura è scavata nella roccia per ospitare i resti di un bambino di due o tre anni. La mummia del piccolo è tuttora conservata nelle sue bende di lino ed è circondata da materiale organico derivante dalla bara di legno nel quale era rinchiusa. La seconda sepoltura appartiene ad un bambino di età compresa tra i sei ed i nove anni, sepolto all'interno di una bara in legno; la terza sepoltura è quella di un bambino di 5-8 anni di età. Sia la seconda che la terza sepoltura contengono corredi funerari, tra cui amuleti e una serie di ceramiche. Anche la quarta sepoltura appartiene ad un bambino di 5-8 anni.
Busto di divinità ritenuta essere Artemide
(Foto: english.ahram.org.eg)
Le nuove scoperte gettano luce sui costumi funerari dell'età thutmoside, sulla vita sociale, economica e religiosa di tale periodo. La missione austriaco-egiziana che lavora a Kom Ombo, guidata da Irene Foster, ha scoperto parte di una necropoli del Primo Periodo Intermedio, con tombe in mattoni di fango. Al loro interno sono stati rinvenuti numerosi vasi in ceramica e corredi funerari. Questa necropoli è stata costruita su una precedente, della quale è emersa una parte pertinente il soffitto della sepoltura del faraone Sahure, della V Dinastia (2494-2345 a.C.).
Ad Aswan, dove opera la missione svizzero-egiziana, guidata dall'egittologo Wolfgang Muller, è stata trovata la statua di una donna alla quale mancano testa, gambe e una mano. Abdel Moneim Saeed, direttore generale di Aswan e delle antichità della Nubia, ha affermato che la statua è stata ricavata dalla pietra calcarea, misura 14 centimetri per 9 di larghezza. Uno studio preliminare ha rivelato che le vesti indossate dalla figura femminile scolpita rimandano a quelle indossate da Artemide, la dea greca della caccia, della procreazione e della fertilità, assimilata alle dee egiziane Iside e Bastet.

Fonte:
english.ahram.org.eg

Lechaion, capolavoro dell'ingegneristica romana

Fondamenta di una struttura dell'antico porto di Lechaion
(Foto: Vassilis Tsiairis/Lechaion harbour project)
Gli scavi archeologici a Lechaion, antico porto di Corinto, forniscono ulteriori notizie ed approfondimenti sull'ingegneria dell'impero romano.
Il porto di Lechaion era uno dei due porti che collegava la città di Corinto alle antiche rotte commerciali nel Mediterraneo. Si trova sul Golfo di Corinto mentre l'altro porto, Kenchreai, si trova sull'istmo di Corinto. I Romani distrussero la città nel 146 a.C., al momento della conquista della Grecia. Giulio Cesare ricostruì la città ed i suoi porti nel 44 a.C., dando l'inizio ad un lungo periodo di prosperità.
Recenti scavi a Lechaion hanno rivelato l'impressionante conoscenza ingegneristica posseduta dai Romani. Dal porto di Lechaion partivano navi ricolme di beni di lusso e approdavano altre cariche di merci da tutto il Mediterraneo. Antiche monete raffigurano un porto con un grande faro, ma i resti presenti a Lechaion sono piuttosto scarsi. Nei pressi della linea di costa si possono oggi vedere le fondamenta di due grandi strutture che formavano, un tempo, il porto esterno. Il resto è sepolto da secoli di detriti e sedimenti. Solo ora gli scavi stanno cercando di gettare luce su un passato che pare dimenticato.
Un palo di legno antico di duemila anni rinvenuto
a Lechaion (Foto: Angeliki Zisi/Lechaion 
harbour project)
Gli archeologi hanno scoperto un complesso portuale monumentale che ha subito, nel tempo, delle variazioni. Il porto esterno di Lechaion ricopriva, un tempo, 40.000 metri quadrati mentre quello interno si estendeva su una superficie di 24.500 metri quadrati. I bacini portuali e l'accesso al porto erano delineati da grandi moli e banchine costruite con blocchi di pietra del peso di cinque tonnellate ciascuno. Vi erano diversi edifici monumentali ed anche un faro, come risulta da alcune monete.
Il monumento che è stato individuato, secondo gli archeologi, sarebbe un santuario religioso. Ma potrebbe essere anche una grande base per qualche scultura monumentale oppure un ufficio doganale. Il complesso venne distrutto da un terremoto tra il 50 e il 125 d.C., probabilmente si tratta dell'evento sismico verificatosi nel 70 d.C., al tempo di Vespasiano, menzionato dalle fonti antiche.
Dal VI secolo d.C. venne costruito un nuovo bacino portuale a servizio della Corinto bizantina, bacino che si estendeva su 40.000 metri quadrati. Le aree che un tempo ospitavano gli antichi bacini vennero colmate di sedimenti, mentre un terremoto di notevole intensità sollevo la terra nella zona di Lechaion di più di un metro.
Le strutture in blocchi di pietra sono certamente imponenti opere di ingegneria, ma gli scavi e le esplorazioni archeologiche stanno rivelando informazioni sul processo di costruzione del porto, portato avanti e completato grazie a cassoni in legno e pali di fondazione utilizzati come fondamenta. Gli elementi lignei sopravvivono raramente al passare dei secoli, ma se sono sepolti sott'acqua si conservano piuttosto bene. La scoperta di questi elementi in legno offre spunti per approfondire le antiche tecniche ingegneristiche e i manufatti scoperti a Lechaion sono conservati molto bene.
Oltre alle infrastrutture in legno, gli archeologi hanno trovato delicati reperti organici, tra i quali semi, ossa, parte di una puleggia in legno e pezzi di legno intagliati. Si tratta di testimonianze della vita quotidiana nell'antica Corinto, unitamente alla ceramica proveniente dalle rotte commerciali del Mediterraneo.
I ricercatori stanno utilizzando l'analisi del Dna per capire il "paesaggio genetico" formato dagli alberi, dalle piante e dagli animali che popolavano la regione circa duemila anni fa. Un giorno, queste informazioni potrebbero consentire la ricostruzione della Lechaion antica, bizantina e moderna.
Il progetto che ha permesso queste interessanti scoperte nasce da una collaborazione tra l'Istituto Danese di Atene, l'Università di Copenhagen e l'Eforato delle antichità subacquee greco. E' diretto dal Dottor Bjorn Lovén e dal Dottor Dimitris Kourkoumelis.

Fonte:
theguardian.com

Indonesia, trovate antiche pitture rupestri

Alcune delle pitture rupestri rinvenute sull'isola indonesiana di Kisar
(Foto: Università Nazionale Australiana)
Una piccola isola indonesiana, mai esplorata prima dagli archeologi, è risultata essere "popolata" da pitture rupestri che risalgono a 2500 anni fa. A fare la scoperta i ricercatori dell' Università Nazionale Australiana, che hanno trovato diversi siti di arte rupestre sull'isola di Kisar, una piccola isola di appena 81 chilometri quadrati.
Kisar ed altre isole dell'arcipelago indonesiano sono state, in passato, il cuore del commercio delle spezie. L'arte rupestre trovata dagli archeologi ha come soggetti barche, cani, cavalli e persone che recano scudi. Altre immagini mostrano persone che suonano tamburi forse nell'ambito di cerimonie religiose. Le figure hanno dimensioni molto ridotte, si parla di più o meno 10 centimetri di altezza.
I rapporti tra Kisar e Timor risalgono, con tutta probabilità, al periodo Neolitico (3500 anni fa), quando un flusso di coloni si installò nelle isole portando con sé animali domestici come i cani e colture di cereali. Alcune delle pitture rupestri hanno, comunque, un'origine recente e ricordano altre immagini rinvenute nel nord Vietnam e nella Cina sudoccidentale, risalenti a 2500 anni fa. Si pensa che le pitture appena rinvenute siano spia dell'introduzione di un nuovo sistema di simboli ricollegabili allo scambio di beni di lusso e all'insorgere di gerarchie sociali.

Fonte:
ibtimes.co.uk

sabato 9 dicembre 2017

Egitto, trovate statue di Sekhmet

Il deposito in cui sono stati rinvenuti i frammenti delle statue di
Sekhmet (Foto: english.ahram.org.eg)
Un gruppo di 27 frammenti pertinenti statue della dea dalla testa leonina Sekhmet è stato portato alla luce presso il tempio funerario del faraone Amenhotep III, nell'area di Kom el-Hettan, sulla sponda occidentale di Luxor. La scoperta è opera di una missione archeologica egiziano-europea, diretta dall'archeologa Hourig Sourouzian che lavora al progetto di conservazione del tempio di Amenhotep III.
Le statue, tutte in granito nero, avevano un'altezza massima di due metri, alcune di esse raffiguravano Sekhmet seduta in trono, con il simbolo della vita nella mano sinistra; altre mostravano la dea in piedi con uno scettro di papiro stretto al petto. La testa di Sekhmet è coronata dal disco solare, mentre la fronte è adorna di un ureo.
I frammenti scoperti appartengono a diverse statue, alcune quasi complete, della dea Sekhmet, sepolte poco profondamente nel terreno e in buono stato di conservazione. Altri frammenti, invece, sepolti ad un livello più profondo sono in cattive condizioni a causa della presenza di acque sotterranee e di sali.
Le statue sono ora in mano ai restauratori. Saranno pulite e liberate dai sali, dal momento che erano deposte in uno strato di fango e sepolte dall'arenaria. Ayman Ashmawy, responsabile del settore Antichità Egiziane ha posto l'accento sulla collaborazione tra la missione europea e il Ministero delle Antichità Egizie per quel che riguarda i lavori di scavo tuttora in corso e il restauro del tempio di Amenhotep III. La missione ha iniziato i suoi lavori di scavo nel 1998 e da allora sono state scoperte ben 287 statue di Sekhmet.
Il tempio di Amenhotep III è il più grande del suo genere. Un tempo era una magnifica struttura con un numero considerevole di statue reali e divine, tra queste centinaia erano le statue di Sekhmet, il cui nome significa "la potente", una delle tre figure divine della triade di Memphis con Ptah e Ramses III.

Esaminato un resto osseo di San Nicola

L'osso del bacino sottoposto ad analisi dai ricercatori dell'Università di
Oxford (T. Higham & G. Kazan)
Il frammento di un osso che molti sostengono appartenga a S. Nicola, il santo che ha ispirato la figura di Babbo Natale, è stato testato con il radiocarbonio dall'Università di Oxford. Il test ha rivelato che la reliquia risale all'epoca in cui si pensa che sia morto S. Nicola, ossia il 343 d.C. circa. Quindi, pur non confermando la "paternità" del reperto, gli studiosi hanno confermato la datazione dell'osso all'epoca in cui è vissuto il santo. Le reliquie di San Nicola, morto nell'attuale Turchia, sono state custodite nella cripta della chiesa a lui dedicata a Bari, fin dall'XI secolo.
La popolarità del santo e la sua associazione con il Natale ha fatto si che molti frammenti delle ossa abbiano preso le più disparate direzioni, sollevando dubbi e domande su quanti di questi frammenti siano autentici. Il test dell'Università di Oxford ha interessato un frammento del bacino, un tempo custodito in una chiesa francese ed ora venute in possesso di un sacerdote, padre Dennis O'Neill, che risiede negli Stati Uniti.
I test di datazione al radiocarbonio effettuato sui campioni di reliquie hanno confermato che le ossa appartengono ad un individuo vissuto nell'epoca di San Nicola. Altre reliquie del santo sono custodite in una chiesa di Venezia. I ricercatori intendono, ora, utilizzare il test del Dna per capire quanti dei frammenti raccolti in tutto il mondo appartengono allo stesso individuo e quanti possono essere collegati all'osso appena esaminato ad Oxford. Sicuramente il primo test comparativo riguarderà le reliquie custodite a Bari, dove il bacino che vi si trova è incompleto.

Fonte:
bbc.com

Turchia, scoperto un insediamento dell'epoca di Urartu

L'antico insediamento urartiano mostrato da Omer Faruk Kizilkaya
(Foto: hurriyetdailynews.com)
Scavi archeologici in Turchia hanno permesso di riportare alla luce delle tombe rupestri, un tempio e un tunnel per lo scorrimento dell'acqua a 50 metri di profondità nei dintorni di Dumlu, nella provincia orientale di Erzurum. Si ritiene che i resti appena scoperti siano da attribuire al Regno di Urartu.
Il ricercatore e scrittore Omer Faruk Kizilkaya ha avviato un'indagine su larga scala nella zona, trovando, per l'appunto, tombe scavate nella roccia, tracce di insediamento umano e un tunnel per il passaggio dell'acqua che appartengono ad un'antica civiltà un tempo presente nella regione. In questo luogo si svolgevano cerimonie funerarie per sovrani e gente comune che godeva del rispetto della comunità. I ricercatori ritengono che una delle tombe rinvenute appartenga ad un re, un governante o un sacerdote.
Alcune delle sepolture scavate nella roccia sono composte da una camera sepolcrale, altre da più camere. Questi spazi erano essenzialmente ideati per essere posti a disposizione dei defunti nell'aldilà. Qui, anticamente, veniva lasciato del cibo come sacrificio a questi ultimi. Sepolture analoghe si trovano nei pressi di Erzurum.

Fonte:
hurriyetdailynews.com

venerdì 1 dicembre 2017

Pavimento bizantino in moschea araba

Il pavimento bizantino trovato nella moschea di Fatih
(Foto: greekrepeorter.com)
A Trabzon, sulla costa del Mar Nero è venuta alla luce l'ennesima sorpresa bizantina. Nell'antica Trebisonda, che fu l'ultima città bizantina a cadere in mano ottomana nel 1461, nella moschea di Fatih, è venuto alla luce un pavimento intarsiato in marmi policromi pertinente alla fase in cui l'edificio era una chiesa con il nome di Panagia Chrysokephalos.
Gli Ottomani, una volta impadronitisi della città di Trebisonda, riconvertirono l'edificio bizantino, distruggendo, cancellando e nascondendo ogni attestazione artistica del passato cristiano. Qualcosa di simile era accaduto, in ordine inverso, alla Mezquita di Cordova.
Fortunatamente sembrerebbe che le autorità turche siano piuttosto interessate nei confronti del pavimento appena scoperto e che vogliano ricoprirlo con una lastra di vetro che permetterà al pubblico, e non solo ai fedeli della moschea, di ammirare la meravigliosa testimonianza degli antichi splendori di quello che fu l'Impero Romano d'Oriente.

Fonte:
greekreporter.com



INTEGRAZIONE E CORREZIONE
Come commentato dal Dott. Andrea Angelucci al presente articolo che, ad onor del vero, non volevo assolutamente attribuire alla mia misera cultura personale, visto che ne ho citata, comunque, la fonte, correggo quanto ho inserito come "Fonte" nel modo seguente:

articolo tratto dal sito www.romafu.it/splendido-pavimento-bizantino/
scritto, dopo una seria traduzione, documentazione e integrazione, dal Dott. Andrea Angelucci


Sia dato a Cesare quel che è di Cesare.

Turchia, gli "inviti" di Antioco I di Commagene...

Turchia, l'iscrizione di Antioco di Commagene (Foto: AA) Un'iscrizione trovata vicino a Kimildagi , nel villaggio di Onevler , in Tu...