sabato 18 aprile 2020

Bulgaria, scoperta la sedicesima chiesa di Cherven

Bulgaria, gli affreschi trovati nella chiesa di Cherven
(Foto: Museo Regionale di Storia di Ruse)
Una chiesa finora sconosciuta, risalente al medioevo, è stata rinvenuta nella città bulgara di Cherven, dopo tre stagioni di scavi. L'edificio religioso risale al XIV secolo e sulle pareti superstiti riporta scene di santi guerrieri.
La città di Cherven, nell'odierno distretto di Ruse, nel nordest della Bulgaria, fu uno dei centri urbani, religiosi ed economici del Secondo Impero Bulgaro (1185-1396/1422 d.C.). La sua storia è molto lunga in quanto conserva, al suo interno, le tracce di un antico insediamento dei Traci, una fortezza bizantina e diversi insediamenti risalenti al Primo Impero Bulgaro (680-1018 d.C.).
Durante il periodo del Secondo Impero Bulgaro e soprattutto nel XIV secolo, Cherven divenne una delle città più importanti della Bulgaria. Gli scavi archeologici sono cominciati nel 1910, sotto la direzione di Vasil Elatarski, uno degli storici ed archeologi bulgari più rinomati. Fino a poco tempo fa si riteneva che la città avesse avuto un totale di 15 chiese, poi è stata rinvenuta, recentemente, nella parte occidentale della città medioevale, l'attuale edificio religioso.
Bulgaria, veduta aerea degli scavi  della cittadella medioevale di Cherven
(Foto: Cherven.eu)
La scoperta della chiesa ha portato, contemporaneamente, alla scoperta degli affreschi parietali, sebbene frammentati, facenti parte di una sorta di drappeggio, nonché una scena parzialmente conservata con figure di santi guerrieri. Gli archeologi ed i restauratori hanno già provveduto a porre una copertura sugli affreschi della chiesa. L'area affrescata è di circa 12 metri quadrati ed attraverso lo studio delle antiche mura e dei dipinti, si è riusciti a datare la chiesa al XIV secolo. La chiesa è stata descritta come uno dei templi più rappresentativi della fortezza medioevale di Cherven.
L'abside della chiesa è orientato verso est, è lunga 13 metri e larga sette. Parte degli affreschi scoperti sono stati rimossi per il restauro, curato dall'archeologa Svetlana Velikova, che dovrebbe anche consentire di rafforzare le pareti per poterveli nuovamente collocare.
Contemporaneamente agli scavi della chiesa, gli archeologi hanno scavato anche una vicina necropoli e parti di una strada medioevale e degli adiacenti edifici. I ricercatori ritengono che le indagini archeologiche in quest'area possono chiarire importanti aspetti della pianificazione urbana della città di Cherven e gli eventi relativi alla conquista della fortezza da parte dei turchi ottomani.
Bulgaria, veduta aerea della chiesa di Cherven appena scoperta
(Foto: Ruse Regional Museum of History)
Finora a Cherven sono state rinvenute 80 iscrizioni medioevali su alcuni personaggi che contribuirono all'edificazione delle chiese, ben più di quelle presenti nella capitale del Secondo Impero Bulgaro, Veliko Tarnovo, dove ne sono state scoperte 60. Anche questa scoperta è una testimonianza dell'importanza di Cherven nel medioevo.
La Riserva Archeologica di Cherven si trova all'interno del Parco Naturale Rusenski Lom, lungo il canyon del fiume Cherni Lom, in un paesaggio magico. Le rovine si ergono su un'alta roccia mentre l'attuale Cherven, ricostruita dai sopravvissuti dopo la conquista ottomana, si trova nella gola del fiume. L'antica Cherven ha conosciuto una crescita urbana estremamente rapida dopo la liberazione della Bulgaria dal dominio bizantino nel 1185 d.C. Era sede del Metropolita di Cherven ed un centro artigianale. I Turchi conquistarono la città nel 1388 d.C. Dopo la conquista, Cherven conservò, per breve tempo, alcune funzioni amministrative ma ben presto cessò di essere un centro urbano importante.
L'antica città venne scavata per la prima volta nel 1910 e poi regolarmente dal 1961. Negli ultimi decenni gli scavi sono stati diretti da Stoyan Yordanov, del Museo Regionale di Storia di Ruse. Gli archeologi hanno scoperto, nell'antica città, un grande palazzo, mura fortificate che raggiungono i tre metri di larghezza, due passaggi sotterranei per l'approvvigionamento idrico, edifici amministrativi e residenziali, laboratori e strade. Tra gli edifici si è in particolare conservata una torre a tre piani, alta 12 metri, risalente al XIV secolo, presa a modello per la costruzione, nel 1930, della Torre di Baldovino a Veliko Tarnovo.

Fonte:
archaeologyinbulgaria.com

giovedì 16 aprile 2020

Israele, trovata la città perduta di Ziklag

Israele, statuetta bronzea del dio Baal che doveva avere un'arma nella
mano destra (Foto: The Hebrew University of Jerusalem)
Una rara statuetta del dio cananeo Baal ed un'altra di un vitello in bronzo sono state scoperte in Israele dagli archeologi della Macquarie University. I reperti risalgono a circa 3300 anni fa e sono emersi in una città perduta che si crede sia legata al re Davide, Ziklag, oggi Khirbet el-Rai.
Gli archeologi hanno scavato il sito in collaborazione con l'Università Ebraica di Gerusalemme e la Israel Antiquities Authority. La statua del dio cananeo Baal raffigura quest'ultimo intento a sterminare i nemici. Secondo la Bibbia, il re filisteo Achish di Gath diede Ziklag a Davide mentre era in fuga da re Saul. Più tardi, dopo la morte di Saul, Davide divenne re ad Hebron e Ziklag rimase in possesso del nascente regno di Giuda. La vera posizione della città è rimasta sconosciuta finora.
Israele, statuetta bronzea raffigurante un vitello
(Foto: 
The Hebrew University of Jerusalem)
Gli scavi degli archeologi hanno rivelato strati del XII-X secolo a.C., che coprono la fondazione cananea della città e le tracce del dominio filisteo e del regno di Giuda. Hanno anche trovato tracce di un grande incendio, mattoni di fango bruciati, cenere bianca, resti di legno bruciati e numerosi vasi in ceramica distrutti, il tutto a conferma del racconto biblico del saccheggio della città da parte degli Amalekiti.
Gli studiosi sono stati sempre divisi sulla collocazione geografica di Iklag, avendo a disposizione ben 12 potenziali siti che potevano verosimilmente vantare di essere l'antica città. Il sito di Khirbet el-Rai è, però, dal punto di vista cronologico il sito più accreditato e scavando gli archeologi hanno avuto certezza dell'importanza politica, economica e geografica della città.
Il sito presenta una ricchezza di manufatti tra i quali reperti in ceramica di fattura cananea, vasi per immagazzinare olio e vino, lampade ad olio, un santuario portatile e persino una grande spilla in bronzo. Gli archeologi hanno scoperto anche una serie di edifici monumentali sovrapposti e molti edifici domestici. Il primo degli edifici monumentali è stato completamente distrutto a parte una stanza piena di ossa bruciate e reperti che indicano che al momento della distruzione la città era abitata da una cultura sofisticata con connessioni internazionali.

Fonte:
lighthouse.mq.edu.au

Egitto, il deposito votivo del tempio di Ramses II ad Abydos

Egitto, gli oggetti rinvenuti nel deposito votivo del tempio di Ramses II
ad Abydos (Foto: english.ahram.org.eg)
La missione archeologica della New York University presso il tempio di Ramses II ad Abydos, guidata da Sameh Iskander, ha scoperto le fondazioni del tempio durante i lavori di scavo nell'angolo sudovest del tempio.
Mustafa Waziri, Segretario Generale del Consiglio Supremo delle Antichità, ha affermato che i depositi sono stati sepolti attorno al 1279 a.C., al momento della cerimonia di costruzione dell'edificio religioso. I depositi includono offerte di cibo, targhe incise con il nome di intronizzazione di Ramses II dipinte in blu o verde, piccoli modelli di strumenti in rame, vasi in ceramica decorati con iscrizioni ieratiche e macine in quarzite a forma ovale.
La missione ha anche scoperto dieci grandi magazzini in mattoni di fango, collegati al palazzo pertinente il tempio funerario, originariamente coperti da soffitti a volta sempre in mattoni. Questi magazzini furono utilizzati come granai e depositi di altre provviste, offerte e piccoli attrezzi relativie al tempio. Nelle nicchie dei magazzini sono state rinvenute dodici teste votive di tori sacrificali ed ossa databili al periodo tolemaico. E' stato anche rinvenuto lo scheletro completo di un toro, accuratamente seppellito sotto il pavimento del palazzo del tempio.
Il Dottor Iskander pensa che i depositi di fondazione recanti il nome di intronizzazione di Ramses II, sepolti sotto il suo primo tempio costruito in Egitto, siano una conferma che il tempio è stato effettivamente costruito durante il regno di questo faraone e non durante il regno di suo padre. La presenza di numerosi resti votivi di tori sacrificali all'interno delle pertinenze del tempio, inoltre, rivela che quest'ultimo era considerato, in epoca tolemaica, un luogo sacro.

Fonte:
english.ahram.org.eg

Grecia, tracce di un'operazione al cervello in un arciere bizantino

Grecia, tracce dell'operazione chirurgica al cranio
(Foto: Anagnostis P. Agelarakis/Università di Delphi)
In Grecia, ad Adelphi, è stata scoperta la prova di una complessa operazione al cranio. Si tratta di una ricerca della locale Università sui resti di un gruppo di arcieri a cavallo e di loro consanguinei dell'Impero Romano d'Oriente, vissuti durante il VII secolo d.C.
Si tratta dei resti di dieci individui - quattro donne e sei uomini appartenenti ad una classe sociale elevata - scoperti nel sito di Paliokastro, sull'isola di Thasos. Le loro ossa hanno rivelato i traumi conseguenti le attività fisiche alle quali erano stati sottoposti e una forma di complessa chirurgia cerebrale. "Il luogo di sepoltura e l'architettura della chiesa funeraria sovrapposta alle sepolture è spettacolare", ha affermato il ricercatore capo ed antropologo Anagnostis Agelarakis, che ha aggiunto che proprio questo indica l'alto livello sociale di coloro che vi erano stati sepolti.
"Secondo le caratteristiche scheletro-anatomiche degli individui, sia gli uomini che le donne hanno vissuto vite fisicamente impegnative", ha detto Agelarakis, Professore di Antropologia nel Dipartimento di Storia di Adelphi. "I traumi gravi subiti sia dai maschi che dalle femmine sono stati trattati chirurgicamente da un medico chirurgo molto esperto, con una notevole formazione nella cura dei traumi. Pensiamo si sia trattato di un medico militare".
Per quanto riguarda l'individuo sottoposto ad un intervento al cervello, il Professor Agelarakis suggerisce che doveva trattarsi di un individuo molto importante per l'antica comunità di Paliokastro. Probabilmente l'intervento chirurgico fu reso necessario da un'infezione che, comunque, finì per determinare la morte dell'arciere.

Fonte:
eurekalert.org

Australia, le sorprese del sarcofago di Ta-Kr-Hb

Australia, raffigurazione della dea Amentet all'interno del sarcofago
di Ta-Kr-Hb (Foto: Press Association)
Sono stati scoperti dei dipinti all'interno di un sarcofago contenente una mummia egizia, nel momento in cui ne è stato sollevato il coperchio per la prima volta dopo cento anni dopo l'acquisto da parte del Museo di Perth.
La mummia ed il sarcofago appartengono a Ta-Kr-Hb, prima sacerdotessa o principessa di Tebe vissuta e morta quasi tremila anni fa. La mummia era in condizioni difficili dal momento che la sua sepoltura ed il suo corredo erano stati oggetto di predazione da parte dei ladri già in tempi antichi.
I restauratori del Museo di Perth, in Australia, pertanto, hanno proceduto con cautela alla messa in sicurezza dei preziosi resti e sono stati sorpresi dallo scoprire delle figure dipinte sia all'interno che all'esterno del sarcofago. Queste raffigurazioni ritraggono la dea Amentet o Imentet, conosciuta come la Signora dell'Occidente. Mark Hall, responsabile delle collezioni del Museo di Perth si è dichiarato apertamente sorpreso dalla scoperta: "Non avevamo mai avuto prima motivo di sollevare il coperchio del sarcofago e, quindi, di vedere queste figure, né avevamo mai avuto motivo di sollevare la mummia. Non ci aspettavamo di trovare qualcosa all'interno del reperto".
Al momento si stanno conducendo una serie di ricerche per saperne di più sia sulla storia della mummia che su quella dei dipinti. Le raffigurazioni sulla base interna del sarcofago erano nascoste proprio dalla presenza della mummia di Ta-Kr-Hb e sono le meglio conservate. Mostrano la dea Imentet di profilo, mentre guarda verso destra, con indosso il tipico vestito rosso. Le sue braccia sono leggermente tese e lei è in piedi su una sorta di piattaforma che sta ad indicare che si tratta della rappresentazione di una statua o di una scena processionale.
Il sarcofago e la mummia di Ta-Kr-Hb furono donati al Museo di Perth dalla Alloa Society of Natural Science and Archaeology nel 1936, a cui era stato donato da un certo William Bailey, che aveva acquistato il prezioso reperto dall'allora curatore del Museo Egizio del Cairo.

Fonte:
scotsman.com

La dea Amentet (a destra) (Foto: Wikipedia)
La dea Amentet aveva un carattere spiccatamente funerario. Non ebbe particolari centri di culto, ma ad essa si rivolgeva il sacerdote nelle invocazioni che venivano compiute sul corpo del defunto. Amentet (o Amentit o Imentet) figura nel Nuovo Regno sulla maggior parte dei sarcofagi lignei. la dea, distesa sul fondo della bara, tende le sue braccia sovente fornite di ali avviluppanti per ricevere il corpo del defunto, che viene, pertanto, deposto sulla sua immagine. Nella parte sottostante il coperchio dei medesimi sarcofagi è spesso raffigurata la dea Nut. Amentet assiste alla pesatura del cuore con la dea Maat, e conduce il defunto tenendolo per mano verso Osiri, dopo averlo accolto sul limitare della catena libica e, come Nut, gli offre gli alimenti della seconda vita.
da una radice imn, "occultare, nascondere", designa per traslato la terra "nascosta", il regno dei morti, la necropoli. Una descrizione topografica di questa regione è contenuta nel "Libro di chi è nell'Aldilà (o Duat)", rituale riprodotto negli ipogei reali del Nuovo Regno e su papiri funerari.

Gran Bretagna, scoperto un santuario nella roccia medioevale

Gran Bretagna, una delle nicchie scolpite nella grotta appena scoperta
(Foto: www.ucl.ac.uk)
In Gran Bretagna, in una piccola grotta, sono state rinvenute delle incisioni medioevali databili al XIV secolo. La scoperta è stata fatta in seguito ad una frana nei pressi di Guildford, nel Surrey. La grotta è considerata un santuario medioevale o un eremo, con collegamenti alla vicina chiesa di Santa Caterina.
La grotta è stata scoperta nel corso di lavori di riparazione alla rete ferroviaria in seguito ad una frana che si è verificata nel mese di dicembre dello scorso anno. L'antro era, probabilmente, molto più ampio, solo una piccola sezione è sopravvissuta allo scavo della ferrovia che ha tagliato la collina intorno al 1840.
Le incisioni sono composte da punti a forma di croce nonché da altri segni. I depositi neri osservati sul soffitto della grotta possono essere riferiti alle lampade ed ai resti di falò scoperti sul pavimento di roccia. Gli archeologi sono dell'opinione che il sito potrebbe anche avere origini antecedenti al medioevo e che potrebbe essere stato già in passato un luogo di culto, precedente alla costruzione della chiesa di XIV secolo.

Fonte:
www.ucl.ac.uk

sabato 4 aprile 2020

Creta, la grotta di Arkalochori e il tesoro del palazzo di Galatas

Creta, Museo di Herakleion, ascia votiva in oro rinvenuta nella grotta
di Arkalochori (Foto: Wolfgang Sauber)
La grotta di Arkalochori, fuori dell'omonimo villaggio della prefettura di Heraklion, è uno dei siti archeologici più importanti dell'isola di Creta. Fu un luogo di culto fin dalla prima preistoria ed è famoso per un notevole tesoro di armi ed offerte votive che vi sono state rinvenuto all'inizio del XX secolo.
La grotta di Arkalochori venne scoperta quando gli abitanti del posto rinvennero armi dell'Età del Bronzo e cominciarono a rivenderle ad Heraklion. Iosif Hatzidakis fu il primo ad esplorare la camera centrale della grotta, dove scoprì un notevole numero di armi votive in bronzo e doppie asce in argento. Queste scoperte indussero gli archeologi ad esplorare la grotta più in profondità, là dove il soffitto era collassato sul pavimento.
L'archeologo Spyridon Marinatos rilevò il sito di Arkalochori quando un bambino rinvenne una doppia ascia dorata e si paventò un saccheggio massiccio del luogo. Marinatos scoprì le camere laterali della grotta, bloccate dai detriti di risulta del crollo del tetto naturale. Nelle camere gli archeologi hanno rinvenuto centinaia di asce in bronzo, venticinque asce dorate, sette in argento ed alcune lunghe spade in bronzo appartenenti ad un periodo che va dal III millennio a.C. al Tardo Minoico II (1500 - 1425 a.C. circa).
Creta, la grotta di Arkalochori (Foto: Olaf Tausch)
Marinatos pensava che la grotta fosse, in passato, un centro di culto per una divinità guerriera (Ariadne/Astarte) del 2500 a.C., vista la presenza di armi cerimoniali. E' possibile, tuttavia, che Arkalochori fosse un centro per la lavorazione dei metalli, dal momento che sono stati rinvenuti frammenti di rame grezzo.
Il mito vuole che in questa grotta Rhea abbia dato alla luce Zeus, forse perché nelle vicinanze si trovavano i principali santuari minoici. Qui si trova anche la chiesa di Profitis Ilias, costruita in cima ad una vicina collina, chiamata collina del profeta Elia, vissuto in Israele durante il regno di re Achab (IX secolo a.C.).
Le frammentarie prove archeologiche risalenti al Tardo Minoico (1400 - 1100 a.C.) sembrano collegare la cultura minoica a quella di Canaan. I resoconti biblici, del resto, sembrano collegare i minoici (Caphtor) ai Filistei.
Creta, cortile del palazzo di Galatas (Foto: argophilia.com)
I reperti rinvenuti nella grotta di Arkalochori sono unici e sono ancor più importanti vista la vicinanza alla grotta di altri siti minoici come il Palazzo di Galatas, portato alla luce dall'archeologo George Rethemiotakis, che ha associato gli oggetti votivi della grotta proprio al palazzo che è, a sua volta, una scoperta misteriosa ed unica nel campo dell'archeologia minoica. Proprio questi reperti sembrano dar credito alle affermazioni del Dottor Rethemiotakis e del curatore di Knossos, Kostis Christakis, che indicano che qui, tra la grotta di Arkalochori ed il palazzo di Galatas, fosse il centro del potere politico, sociale ed ideologico di Creta.
Il Dottor Rethemniotakis ritiene che la regione circostante il palazzo di Galatas abbia ceduto in seguito ad un cataclisma e che gli oggetti rinvenuti siano stati nascosti per impedire agli antichi saccheggiatori di depredarli. Forse si trattava di oggetti religiosi pertinenti il palazzo di Galatas. Quel che è certo è che i reperti della grotta di Arkalochori sono propri della religione della Creta minoica e che questo luogo particolare dell'isola era il centro di alcuni dei progetti edilizi più ambiziosi del mondo antico.

Fonte:
argophilia.com

Basilicata, studi su un frantoio di epoca lucana

Ferrandina, gli scavi nell'antica città lucana
(Foto: sassilive.it)
Gli archeologi che stanno scavando a Ferrandina, piccolo comune della Basilicata, in un'area ricca di siti che vanno dall'Età del Ferro fino al periodo lucano (VIII secolo a.C.), stanno studiando un'antica pressa per l'olio d'oliva rinvenuta negli scavi del 2007. Il team è guidato dagli archeologi Maria Chiara Monaco, Antonio Pecci e Fabio Donnici dell'Università degli Studi della Basilicata, che hanno iniziato il loro lavoro nel 2018 ed hanno portato alla luce diversi resti di questo complesso di epoca lucana.
Gli archeologi hanno scoperto anche resti ben conservati delle olive un tempo frantumante nella pressa, risalenti al IV secolo a.C. Quella attualmente in studio è l'unica pressa d'olio pre-romana rinvenuta in Magna Grecia. Gli archeologi sperano che le future analisi paleobotaniche potranno far luce sull'origine dell'ulivo Majatica di Ferrandina, coltivato tuttora nella zona.
Il sito archeologico si trova in località Sant'Antonio di Ferrandina (Mt), a circa 340 metri s.l.m. ed è stato oggetto di uno scavo preventivo nel 2007, nell'ambito dei lavori di potenziamento e razionalizzazione dell'Acquedotto del Frida. Si è trattato di uno dei primi interventi di archeologia preventiva in ambito regionale.
Ferrandina, resti del frantoio di epoca lucana
(Foto: fastionline.it)
Il moderno abitato di Ferrandina insiste su quello antico, compromettendo notevolmente la conoscenza di quest'ultimo. Fondamentali ai fini dell'insediamento, nell'antichità, sono state le vie di comunicazione sia fluviali che terrestri. Queste ultime corrono parallele al corso dei fiumi. Dell'antica Ferrandina sono state rinvenute tracce di nuclei abitativi con relative necropoli, riconducibili alla fase enotria dell'insediamento indigeno. Il rituale funerario e i corredi tombali denotano il forte segno di identità etnica riconoscibile dalla deposizione dei defunti rannicchiata e nell'esibizione di oggetti di status sociale. Le ceramiche presenti rimandano a precoci contatti con il mondo greco della costa.
Tra il IV ed il V secolo a.C. si assiste ad una rioccupazione del centro urbano dovuta all'ascesa dei Lucani, foriera di una ripresa economica e di un incremento demografico che si manifesta nella presenza di numerose fattorie autosufficienti, con annesse fornaci e necropoli e basate sullo sfruttamento agricolo intensivo e sull'introduzione di colture specializzate come la vite e l'olivo.
Gli scavi del 2007 hanno individuato un frantoio e due lastre pressorie proprio in una di queste fattorie. Sono state identificate anche le vasche di raccolta dell'olio ed una canaletta per convogliare il liquido. Le lastre pressorie sono in calcare e di forma irregolarmente quadrangolare. Sono state rinvenute capovolte sopra una struttura in pietra e lastre disposte di piatto. Si presume che siano state intenzionalmente interrate con la superficie di utilizzo rivolta verso il basso.

Fonte:
fastionline.org

Emirati Arabi Uniti, partita l'analisi di resti umani di 4000 anni fa

Emirati Arabi Uniti, una delle sepolture preistoriche scavate nell'antica
città di Shimal (Foto: WAM)
Un progetto comune tra il Dipartimento delle Antichità ed i Musei di Ral Al Khaimah e due università statunitensi sta studiando ossa umane risalenti a 4000 anni fa rinvenute in due antiche sepolture negli Emirati Arabi Uniti. Le ossa sono state rinvenute a Shimal, un importate sito archeologico della cultura um Al Nar (2600 - 2000 a.C.), dove in precedenza sono state scoperte tombe preistoriche, insediamenti ed una fortezza medioevale.
Un team di scienziati sta esaminando più di 1000 chilogrammi di ossa scavate due decenni fa, utilizzando tecniche avanzate quale, tra le altre, l'analisi isotopica dei denti. In accordo con lo Sceicco Saud bin Saqr Al Qasimi, membro supremo del Consiglio e sovrano di Ras Al Khaimah, 400 chilogrammi di ossa saranno sottoposti ad ulteriori studi scientifici negli Stati Uniti e saranno restituiti all'emirato una volta completata la ricerca.
Ahmed Obeid Al Teneiji, direttore generale del Dipartimento di Antichità e dei Musei di Ras Al Khaimah, ha affermato che il progetto evidenzia la ricca storia dell'Emirato. "Questo affascinante progetto di analisi di resti umani di 4000 anni fa, evidenzia l'antichità della storia di Ral Al Khaimah e sottolinea la collaborazione senza precedenti con due importanti università statunitensi, vantaggiosa per tutti gli interessati", ha detto.
Si tratta per lo più di frammenti di ossa, anche se alcuni crani sono stati rinvenuti quasi completi. Il lavoro degli archeologi è iniziato nel 2019 e dovrebbe proseguire per tutto il 2021. Shimal, attestato già 4500 anni fa, è il più grande sito preislamico di Ras Al Khaimah ed è situato a circa otto chilometri dalla capitale dell'Emirato, vicino all'attuale villaggio che porta lo stesso nome. L'insediamento è associato alla tribù Shihuh degli Emirati Arabi Uniti settentrionali e dell'Oman.
Il sito comprende un vasto cimitero ed una fortezza medioevale. Scavi precedentemente condotti hanno portato alla luce resti di ceramiche, vasi in pietra, perline ed armi in bronzo e rame. Le sepolture si sono rivelate essere strutture impressionanti, chiaramente edificate da persone qualificate con un notevole sforzo. Gli abitanti dell'antica Shimal seppellivano i loro defunti in diverse camere, alcuni venivano cremati, e questo permetteva di utilizzare queste sepolture per molti anni.
La cultura che popolò l'antica Shimal è stata chiamata um An Nar, da un'isola di Abu Dabi dove, nel 1950, furono scavate le prime sepolture di questo tipo. 

Fonte:
Emirates News Agency

Guatemala, rinvenuta stele con la prima scrittura maya

Guatemala, la stele 87 con i primi segni di scrittura maya
(Foto: Cultura e Sport)
Una stele di 2000 anni fa, scoperta nel Guatemala sudoccidentale, ha rivelato tracce di una primitiva scrittura maya, la cultura che dominò il sud del Messico e parte dell'America centrale. La stele è stata rinvenuta nel settembre 2018 nel parco archeologico di Tak'alik Ab'aj, nel comune di El Asintal, a 125 chilometri dalla capitale del Guatemala.
"E' un esempio della genesi della scrittura maya", ha affermato l'epigrafista tedesco Nikolai Grube. "La grande importanza della stele 87 è che si tratta del primo esempio dello sviluppo della scrittura in Mesoamerica. Tak'alik Ab'aj era un luogo di sperimentazione in tal senso".
Anche se questa scrittura geroglifica non è stata ancora decifrata, il Professor Grube ha identificato la rappresentazione di un sovrano con nome e titoli. La stele risale al 100 a.C., durante il periodo definito tardo periodo pre-classico (400 a.C. - 200 d.C.) ed è stata scolpita nella roccia naturale. Originariamente la cittadina di Tak'alik Ab'aj era abitata dagli Olmechi (1500 a.C. - 100 d.C.) e dai Maya i quali ultimi, alla scomparsa degli Olmechi, continuarono ad abitarvi.
Nel 2012 gli archeologi guatemaltechi hanno annunciato la scoperta, a Tak'alik Ab'aj, della sepoltura di un importante sovrano che, con tutta probabilità, guidò la transizione dalla cultura olmeca a quella maya tra il 700 ed il 400 a.C. La cultura maya ebbe il suo periodo di massimo splendore nel cosiddetto periodo classico (250 - 900 d.C.), finché non decadde nel periodo post classico (900 - 1200 d.C.). Questa civiltà era diffusa nel Messico meridionale, in Guatemala, in El Salvador, nell'Hoduras ed in Belize.

Fonte:
The Yucatan Times

Gran Bretagna, fossa comune risalente all'epoca della Morte Nera

Abbazia di Thornton, alcuni dei resti trovati nella fossa
comune, disposti su file sovrapposte.
(Foto: Università di Sheffield)
L'analisi dei resti rinvenuti in una fossa comune di età medioevale scavata nei pressi dell'abbazia di Thornton, nel nord del Lincolnshire, ha permesso di appurare che coloro che vi sono stati sepolti sono deceduti a causa della peste nel XIV secolo.
L'epidemia, nota come Morte Nera, uccise un terzo della popolazione inglese tra il 1348 ed il 1349, ma le prove archeologiche sono state finora scarse. Alcune fosse comuni associate all'epidemia sono state rinvenute in contesti urbani ed hanno fatto pensare che il numero degli infettati nelle campagne fosse inferiore rispetto a quelli delle città. La scoperta fatta all'abbazia di Thornton dimostra che non è sempre stato così.
Il priorato agostiniano venne fondato nel 1139. Il lavoro degli archeologi dell'Università di Sheffield sul sito è iniziato nel 2011. Nel 2013 gli scavi di un tumulo hanno identificato la fossa comune, contenente i resti di almeno 48 individui, anche se la cattiva conservazione per le condizioni del suolo porta a pensare che in passato fossero di più. I corpi sembrano essere stati sepolti a distanza di pochissimo tempo l'uno dall'altro, il che sembra suggerire un solo evento catastrofico e sono stati deposti con cura, su otto file sovrapposte, avvolti per lo più in un sudario.
L'epidemia di peste colpì tutti i membri della comunità: bambini, giovani (su 48 individui sepolti, 27 hanno un'età stimata di più o meno 17 anni), adulti. Sono stati identificati gli scheletri di sei donne. La datazione al radiocarbonio di diversi campioni ha collocato la sepoltura collettiva ad un periodo che va dal 1295 al 1400 che, associata ai reperti in ceramica e a due centesimi d'argento dell'epoca di Edoardo III (1327-1377) recuperati nel riempimento della fossa, fa pensare alla metà del XIV secolo, all'inizio dell'epidemia che, in questa zona della Gran Bretagna, arrivò tra la primavera e l'estate del 1349.
La datazione è stata confermata dall'analisi della Yersinia pestis, il patogeno della peste, che è stato identificato nei resti archeologici campionati. La posizione della fossa comune, ad una distanza di 1,6 chilometri dalla chiesa medioevale, suggerisce che la popolazione locale abbia lottato contro la pestilenza ed il gran numero di morti. Si ritiene, inoltre, che una grande struttura in pietra scavata a sud della fossa comune sia quanto rimane dell'ospedale di San Giacomo, gestito dalla comunità religiosa, destinato ad ospitare quanti erano stati contagiati da questa devastante epidemia.

Fonte:
archaeology.co.uk

venerdì 3 aprile 2020

Iraq, trovata un'area per processioni rituali

Iraq, la piazza sacra nel cuore dell'antica Girsu
(Foto: S. Rey/Tello/Girsu Project)
Gli archeologi hanno recentemente scoperto, dove un tempo sorgeva l'antica città di Girsu, detta anche Tello, in Iraq, un'area di culto di 5000 anni fa con tracce di falò, di sacrifici animali e di processioni rituali in onore di Ningirsu, una divinità guerriera mesopotamica.
Ad Uruk (che significa "città sacra"), nella zona di Girsu, gli archeologi hanno rinvenuto più di 300 tazze cerimoniali in ceramica frantumata, ciotole, vasi e ossa animali. Gli oggetti si trovavano all'interno o nei pressi di una favissa, un pozzo rituale, hanno dichiarato Sebastien Rey, direttore per il British Museum del Tello/Ancient Girsu Project e Tina Greenfield, zooarcheologa dell'Università di Saskatchewan.
Uno degli oggetti più suggestivi trovati dagli archeologi è una statuetta di bronzo a forma di anatra con al posto degli occhi due conchiglie. Si pensa che questa statuetta fosse dedicata a Nanshe, una divinità femminile associata all'acqua, alle paludi e agli uccelli acquatici. Sono stati trovati anche i frammenti di un vaso con un'iscrizione dedicata a Ningirsu. Gli archeologi ritengono che questi materiali siano stati utilizzati probabilmente durante una festa religiosa prima di essere ricollocati nella favissa. Le ossa - che appartengono a pecore, mucche, cervi, gazzelle, pesci, capre, maiali e uccelli - sono probabilmente di animali consumati o uccisi per sacrifici rituali.
Iraq, sezione della favissa di Girsu (Foto: S. Rey)
L'area presenta uno spesso strato di cenere, lasciato da grandi falò rituali. Sono stati trovati i resti di otto strutture di forma ovale, piene di cenere, probabilmente resti di lanterne o lampade da terra. Gli archeologi ritengono che l'area cultuale fosse in uso durante un periodo di tempo chiamato "Prima Dinastia", che va dal 2950 al 2350 a.C.
Il gran numero di ceramiche cerimoniali, i pavimenti bruciati ed una favissa collegano fortemente quest'area al luogo dove, secondo alcuni testi cuneiformi, si svolgevano delle feste religiose e dove la popolazione di Girsu si riuniva per banchettare ed onorare le divinità. Le tavolette cuneiformi trovate a Girsu tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo descrivono le feste religiose e le processioni per le quali veniva utilizzata l'area cerimoniale. Proprio i testi cuneiformi hanno confermato che la divinità per la quale si celebravano, due volte l'anno e per quattro giorni consecutivi, le cerimonie religiose era Ningirsu.
La processione in onore del dio aveva inizio al centro di Girsu ed attraversava tutta la città prima di arrivare a Gu'edena, un'area che, probabilmente, si trovava poco fuori Girsu, per poi tornare indietro e chiudersi al centro della città.

Fonte:
livescience.com

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