giovedì 26 agosto 2021

Teotihuacan, fiori e resti di roghi al di sotto di una piramide

Teotihuacan, un mazzo di fiori trovata in un tunnel
sotto la piramide (Foto: Sergio Gòmez, INAH)

Quasi duemila anni fa, l'antica popolazione di Teotihuacan depose bellissimi mazzi di fiori sotto della legna alla quale, poi, diede fuoco. Gli archeologi hanno trovato resti di quei fiori sorprendentemente intatti in un tunnel che si snoda sotto una delle piramidi dell'antica città, che si trova a nordest rispetto all'attuale Città del Messico.
La piramide che custodiva queste offerte era alta, un tempo, 23 metri, più alta della piramide di Giza, e faceva parte del Tempio del Serpente Piumato, costruito in onore di Quetzalcoatl, il dio serpente adorato in tutto il Mesoamerica.
I resti dei fiori sono stati rinvenuti ad una profondità di 18 metri, nella parte più profonda del tunnel, dal team diretto da Sergio Gòmez-Chàvez, archeologo dell'Istituto Nazionale di Antropologia e Storia del Messico (INAH). Accanto ai fiori sono stati rinvenuti frammenti di ceramica ed una scultura raffigurante Tlaloc, il dio della pioggia e della fertilità.
I fiori erano, forse, parte di rituali associati alla fertilità, rituali che gli indigeni svolgevano all'interno del tunnel. Il numero di fiori di ogni mazzetto è variabile dai 40 ai 60. Gli archeologi hanno anche trovato diversi frammenti di legno bruciato accanto ai mazzi di fiori essiccati, probabilmente resti di un falò.
Il tunnel in cui sono stati trovati i fiori ed i residui dei roghi è stato scoperto nel 2003 ed ha restituito migliaia di manufatti: ceramiche, sculture, fave di cacao, ossidiana, resti di animali e persino un paesaggio in miniatura con pozze contenenti mercurio liquido. Gli archeologi stanno ancora cercando di capire perché gli antichi hanno costruito questo tunnel e come lo hanno utilizzato.

Fonte:
livescience.com

Indonesia, la donna misteriosa del Sulawesi

Indonesia, il cranio e la mascella della donna i cui resti
sono stati trovati nel Sulawesi meridionale
(Foto: Hasanuddin University)

Un'analisi genetica ha recentemente rivelato l'appartenenza ad una stirpe umana sinora sconosciuta dei resti di una donna sepolta in Indonesia 7200 anni fa.
Il genoma dell'antica donna ha anche rivelato che è una lontana parente degli attuali aborigeni australiani e melanesiani, i cui antenati sono stati i primi umani a raggiungere l'Oceania.
Al pari degli aborigeni australiani e della Nuova Guinea, la donna aveva una porzione significativa di Dna di una specie umana arcaica conosciuta come Denisoviani. Questo è in netto contrasto con quanto risulta dall'analisi di altri antichi cacciatori-raccoglitori del sudest asiatico (Laos e Malesia), che non hanno molti antenati denisoviani.
Queste scoperte genetiche suggeriscono che l'Indonesia e le isole circostanti, un'area conosciuta come Wallacea, erano il punto d'incontro dove si sono mescolati i Denisoviani e gli umani moderni prima di intraprendere il loro viaggio verso l'Oceania. Si pensa che quest'antica specie umana abbiano viaggiato attraverso la Wallacea almeno 50000 anni fa prima di raggiungere l'Australia e le isole circostanti.
La sepoltura della misteriosa donna è stata scoperta nella grotta di Leang Panninge, sull'isola indonesiana di Sulawesi, nel 2015. Si tratta della prima volta che è stato rinvenuto uno scheletro quasi completo in associazione con manufatti della "cultura di Toalean", gli enigmatici cacciatori-raccoglitori che abitavano la penisola sudoccidentale di Sulawesi già a partire da 8000 anni fa.
I ricercatori hanno studiato l'antico Dna della donna, conservato nell'osso interno dell'orecchio. Il genoma della donna ha mostrato che era ugualmente imparentata con gli odierni aborigeni australiani e papuani, anche se il suo particolare lignaggio appare essersi separato da queste popolazioni. Questo particolare lignaggio, inoltre, non sembra esistere oggi. Forse questa antica abitante dell'Indonesia discendeva da antichi popoli che vivevano nel Sulawesi prima che l'Australia e le isole circostanti fossero popolate.

Fonte:
livescience.com

mercoledì 25 agosto 2021

Francia, trovate fosse votive dell'Età del Bronzo

Francia, i gioielli dell'Età del Bronzo scoperti a Gannat
(Foto: M. Vallée)

Centinaia di oggetti in bronzo, tra i quali armi e gioielli, sono stati trovati all'interno di vasi sepolti nella zona dell'Alvernia - Rodano - Alpi. Si pensa costituissero un'offerta a qualche divinità.
Il ritrovamento è stato effettuato nel sito preistorico di Gannat nell'Allier, durante gli scavi di un insediamento fortificato risalente all'800 a.C., contenente vasi che si pensa siano stati sepolti deliberatamente circa 3000 anni fa.
Altri contenitori, tornati alla luce nel 2020, sono stati analizzati ed hanno rivelato la presenza di gioielli da donna o bambino: cavigliere, bracciali e la parte inferiore di ciondoli. Un contenitore, invece, ospitava uno strato di armi e strumenti ed un altro conteneva decorazioni per carri e oggetti per l'equitazione. Sopra ogni vaso sono state rinvenute asce di bronzo. Gli archeologi pensano che possa trattarsi di offerte come quelle ritrovate in più siti della Grecia, depositate durante la fondazione o l'abbandono di un insediamento per garantire la protezione divina.
La regione dell'Allier è nota per i suoi siti di interesse preistorico. Un tempo aveva un notevole potenziale economico anche grazie alla presenza del fiume Sioule, che era navigabile, ed al suolo dal quale si traevano le materie prime per la fabbricazione del bronzo.
Gannat sorgeva su un altopiano fortificato, all'interno del quale si pensa sorgessero diverse abitazioni. L'area era protetta da muri a secco di altezza variabile tra i cinque ed i sei metri, probabilmente rinforzati da un telaio interno in legno. All'interno dell'abitato sono state trovate numerose fosse sacrificali indubbiamente destinate a raccogliere offerte alla divinità. Al momento sono state scavate una ventina di queste fosse.
I depositi votivi erano composti da tre strati: una copertura di lame d'ascia disposte a testa a coda, uno strato intermedio di oggetti appuntiti e, in fondo, uno strato di oggetti personali. In un caso lo strato intermedio e costituito da altre falci e diversi tipi di attrezzi artigianali o agricoli; in un altro caso lo strato intermedio è costituito da punte di lancia, sezioni di spade e coltelli. Gli oggetti sono principalmente costituiti da ornamenti personali.
Gli oggetti in bronzo sono in uno stato di conservazione eccezionale. Le asce, in particolare, sono risultate essere state utilizzate pochissimo o per nulla. Le lame delle asce, in epoca gallica, erano utilizzate come unità di scambio.

Fonti:
connexionfrance.com
pourlascience.fr


Il tesoretto di Mleiha

Emirato di Sharjah, il vaso con le monete d'argento
(Foto: Autorità archeologica di Sharjah)

L'Autorità Archeologica di Sharjah ha annunciato una significativa scoperta archeologica: un antico vaso pieno di numerose monete coniate e messe in circolazione a Mleiha a partire dal III secolo a.C. ed ispirate, nel conio, alle monete di Alessandro Magno e dei suoi successori seleucidi.
Le prime emissioni di queste monete raffiguravano icone del periodo ellenistico: la testa di Ercole rappresentato da Alessandro Magno, e Zeus, oltre al nome "Alessandro" inciso in caratteri greci. Con il passare del tempo, l'incisione è stata sostituita con il nome "Abele" scritto in caratteri aramaici.
Quando è stato rinvenuto, questo vaso in ceramica pesava 9 chilogrammi. Gli archeologi hanno da subito sospettato che contenesse manufatti rari ed hanno tolto i sigilli con cura nel laboratorio dell'Autorità archeologica di Sharjah. Il vaso ha rivelato il suo contenuto di monete d'argento, per la precisione di tetradracme: ben 409 monete del peso variabile da 16 a 17 grammi.
Nel catalogare e contare le monete, i ricercatori si sono resi conto che alcune dei reperti recavano incisioni identiche ad altre scoperte in precedenza in tutta la regione del Golfo Persico. In periodo preislamico la città di Mleiha era considerata uno dei siti più importanti della penisola arabica. Questa fama è dovuta in gran parte al fatto che si tratta di una città posta in un'oasi al centro dell'emirato di Sharjah, negli Emirati Arabi Uniti. All'inizio del III secolo a.C., Mleiha divenne un importante centro commerciale attraverso il quale transitavano i convogli che percorrevano le strade tra il nord ed il sud della penisola arabica.
Una lapide scoperta a Mleiha, risalente alla fine del III secolo a.C., ha confermato l'esistenza di un regno dell'Oman di cui, con tutta probabilità, la città era capitale. Mleiha era considerata una città prospera ed estese la sua influenza su tutta la penisola arabica, il mediterraneo e l'area mesopotamica. La sua fama arrivò persino in Afghanistan e nella valle del Sindh.

Fonte:
archaeologynewsnetwork.blogspot.com


Turchia, trovata statua di Igea

Turchia, la statua della dea greca della salute appena
trovata (Foto: hurriyetdailynews.com)

Nella Turchia occidentale, ad Aizanoi, è stata scoperta una statua raffigurante Igea, la dea greca della salute, figlia di Asclepio.
La testa dell'antica divinità è, purtroppo, mancante ma si arguisce che la statua doveva avere un'altezza umana. Durante i passati scavi ad Aizanoi sono stati anche trovati reperti relativi a questa divinità, il che ha fatto pensare che ci siano stati alcuni edifici di culto di epoca romana dedicati esclusivamente alla divinità e, di conseguenza, alla salute.
Il sito, che si trova vicino alla città di Cavdarhisar, nella provincia turca di Kutahya, ospita anche uno dei templi meglio conservati dell'Anatolia, dedicato a Zeus, il sovrano dell'Olimpo ellenico.
Aizanoi è una città che rivaleggia con l'antica Efeso, antica città della Turchia greca. Gli archeologi vi stanno lavorando alacremente per portare alla luce i porticati sulle ali ovest e sud dell'agorà e le botteghe che vi si affacciavano. Proprio da uno dei bracci di questi porticati proviene la statua di Igea, il cui nome è alla radice del termine "igiene".
Aizanoi ha avuto il suo periodo aureo tra il II ed il III secolo d.C., quando divenne il centro dell'episcopato di epoca bizantina. Recenti scavi nei pressi del tempio dedicato a Zeus hanno rivelato l'esistenza di diversi livelli di insediamento, i più antichi dei quali si datano al 3000 a.C. Nel 133 a.C. la città venne conquistata dai Romani. Il sito venne riscoperto dai viaggiatori europei intorno al 1824.
Tra il 1970 ed il 2011, l'Istituto tedesco di archeologia ha portato alla luce un teatro ed uno stadio oltre a due balnea, una palestra, un edificio commerciale, una necropoli e la grotta sacra dedicata a Meter Streune, un sito di culto che si pensa sia stato utilizzato prima del I secolo a.C.

Fonte:
hurriyetdailynews.com

sabato 21 agosto 2021

Turchia, la stele di Lucius Lesbonax e Furnia Sympnerusa

Turchia, la stele funeraria rinvenuta a Parion
(Foto: Anadolou Agency)
Durante gli scavi condotti a Parion, importante città portuale vicino Kemer, nella provincia occidentale turca di Canakkale, è stata rinvenuta una stele funeraria di 1900 anni fa.
Gli scavi nell'antica Parion sono finanziati dal Ministero della Cultura e del Turismo. A dirigere gli scavi è il Professor Vedat Keles, del Dipartimento di Archeologia dell'Università Ondokuz Mayliz, il quale ha affermato di aver scoperto un'importante sepoltura durante lo scavo della necropoli meridionale di Parion.
La stele tombale è tornata alla luce proprio durante lo scavo della sepoltura. Il reperto misura un metro di altezza per un metro di larghezza ed è una delle stele tombali in migliori condizioni mai scoperte nella regione. Presenta due figure principali: una donna seduta, sul lato sinistro ed una figura maschile sdraiata accanto a lei. Attorno sono raffigurati anche dei servitori. Il Professor Keles ritiene che la donna sia la proprietaria della sepoltura, raffigurata con i suoi averi e con la sua ancella; l'uomo potrebbe essere suo marito, raffigurato anch'esso con i suoi servi ed i suoi averi.
Sulla parte inferiore della stele c'è anche una scritta che, secondo una prima analisi epigrafica, recita: "Lucius Furnius Lesbonax, che fu liberato da Lucius, fece costruire questa stele funeraria per sé e sua moglie Furnia Sympnerusa". 
La tomba era coperta da cinque pietre ad indicare quattro fasi di sepoltura per un totale di ben dieci individui inumati. Secondo le informazioni fornite dagli antropologi, uno di loro era un bambino e gli altri nove erano adulti. Nelle tombe sono stati trovati doni funerari separati per ciascun individuo.

Fonte:
Angenzia Anadolu


Turchia, rinvenuto un rilievo raffigurante le guerre greco-persiane

Turchia, il sito dove è stato scoperto il rilievo
(Foto: aa.com.tr)

Nella Turchia nordoccidentale gli archeologi hanno scoperto un rilievo raffigurante un episodio bellico tra greci e persiani, risalente al V secolo a.C.
Le figure del rilievo mostrano soldati greci che combattono contro soldati persiani a cavallo. L'importante reperto è emerso dagli scavi dell'antica città di Dascylium, nella provincia di Balikesir.
I ricercatori ritengono che si tratti di un rilievo eseguito a scopo propagandistico durante le guerre greco-persiani.
Nel sito di scavo sono state portate alla luce anche parti di un muro in pietra e mattoni di fango risalente all'VIII secolo a.C. Si pensa che questo muro, probabilmente costruito dai Frigi a protezione del loro territorio, si elevasse un tempo per ben sette od otto metri ed avesse una larghezza di cinque metri.

Fonte:
aa.com.tr



Israele, trovato un "tesoretto" in spiaggia...

Israele, le monete rinvenute sulla spiaggia di Habonim
(Foto: Ofir Hayat)

Monete risalenti a circa 1700 anni fa sono state rinvenute da una famiglia che stava campeggiando su una spiaggia israeliana vicino ad Atlit.
Le monete pensano complessivamente sei chilogrammi e si sono agglomerate in seguito ad una lunga permanenza in acqua. 
E' stato appurato che le monete sono state utilizzate nel IV secolo d.C. e si pensa che possano essere state trasportate su un'antica nave.
Del resto ci sono diversi siti archeologici lungo tutta la striscia di spiaggia di Habonim. Documenti archeologici testimoniano che le navi arrivavano fin qui, scaricavano il loro carico a terra e venivano ripulite.

Fonte:
jpost.com

Irlanda, l'idolo della palude di Co Roscommon

Irlanda, l'idolo di Gortnacrannagh
(Foto: irishexaminer.com)

Gli archeologi irlandesi hanno portato alla luce un idolo pagano in legno nella palude di Co Roscommon, a circa sei chilometri dal sito preistorico di Rathcroghan. L'idolo avrebbe 1600 anni.
L'idolo è stato ricavato dal tronco spaccato di una quercia, durante l'Età del Ferro. Presenta una piccola testa dalle fattezze umane ad un'estremità e diverse tacche orizzontali incise lungo il corpo.
Finora sono stati rinvenuti una dozzina di figure simili, in Irlanda e quello attualmente rinvenuto è il più grande di tutti.
La scultura è stata scoperta dai ricercatori dell'Archaeological Management Solutions (AMS). La Dottoressa Eve Campbell, direttrice degli scavi, ha affermato che l'idolo è stato scolpito poco più di cento anni prima che San Patrizio approdasse sulle coste irlandesi. Probabilmente si tratta dell'immagine di una divinità pagana.
La contemporanea scoperta di ossa di animali e di un pugnale rituale sembra, inoltre, suggerire che nella località dove è stato rinvenuto l'idolo ligneo si facessero sacrifici di animali e che l'idolo potrebbe essere stato parte di queste cerimonie.
Idoli in legno sono stati rinvenuti in quasi tutte le paludi del nord Europa, dove le condizioni ambientali consentono la conservazione del legno. Le estremità inferiori di queste figura sono state lavorate in modo tale che danno l'impressione di essere state, un tempo, collocate in posizione verticale. Forse rappresentavano particolari individui o divinità, oppure erano una sorta di "sostituti" per i sacrifici umani.

Fonte:
irishexaminer.com

Spagna, trovati i resti di una femmina di Homo Sapiens

Spagna, la sepoltura della donna preistorica
(Foto:cenieh.es)

Gli scienziati del Centro Nacional de Investigaciòn sobra la Evoluciòn Humana (CENIEH) hanno partecipato alla scoperta, nel sito di Cova Gran de Santa Linya (La Noguera, Lleida), dei resti di una femmina di Homo Sapiens, vissuta nel nordest della penisola iberica alla fine del Paleolitico superiore, circa 14000 anni fa, come dimostra la datazione al carbonio14 dei sedimenti ne ricettacolo naturale in cui sono stati rinvenuti i suoi resti.
Cova Gran conserva innumerevoli vestigia sepolte dei sedimenti che la compongono, che consentono di ricostruire la storia delle popolazioni vissute nei pre-Pirenei di Lleida negli ultimi 50000 anni, dai Neanderthal fino ai primi contadini. Precedentemente erano stati rinvenuti materiali di 45000 e 4000 anni fa, ma nessuna delle ossa degli individui che abitavano questa cavità.
La cintura pelvica rinvenuta nell'anfratto è stata attribuita ad un individuo di sesso femminile, adulta, forse di piccola statura, soprannominata Linya. I resti comprendono anche due femori, uno dei quali ancora attaccato al bacino, nonché ossa lunghe degli arti superiori (omero, radio, ulna) e inferiori (tibia e perone), metapodi e falangi sparsi. Il cranio, le vertebre e le costole, sebbene presenti, sono scarsamente rappresentati.
La donna è stata rinvenuta in uno spazio considerato un ricettacolo naturale, formato da diversi grandi blocchi caduti dal tetto del rifugio. Venne deposta in questo spazio in posizione supina. Attualmente i ricercatori stanno studiando gli elementi di quello che potrebbe essere una sorta di corredo funerario, pratica in uso tra gli Homo Sapiens. Si stanno campionando i sedimenti dello spazio all'interno dei blocchi per determinare i processi ai quali è stato sottoposto il corpo e per cercare microresidui che potrebbero indicare se era coperto di pelli o di fibre vegetali, che giustificherebbe l'intenzione di deporre il cadavere senza bisogno di scavare la tomba.
Tra i cacciatori-raccoglitori, il trattamento funerario potrebbe suggerire varie possibilità, che vanno dalla sepoltura intenzionale alla sepoltura secondaria, con deposizione solo parziale del corpo, cannibalismo o morte accidentale.
Il sito di Cova Gran de Santa Linya è considerato fondamentale per lo studio della presenza umana nella penisola iberica nordorientale. Con un'estensione di oltre 2.500 mq, è uno dei pochi siti della regione mediterranea dove sono state individuate tracce di momenti di "transizione", come quello degli ultimi Neanderthal (45000 anni fa) e l'avvento dei primi uomini moderni (tra i 37000 ed i 30000 anni fa), che si prolungò fino all'ultimo periodo glaciale (dai 20000 ai 15000 anni fa) e alla comparsa dei primi agricoltori (7000-4000 anni fa).

Fonte
cenieh.es


martedì 17 agosto 2021

Pompei, trovata l'eccezionale sepoltura di Marcus Venerius Secundio

E' ancora una volta una storia affascinante e piena di mistero quella che arriva dall'ultima straordinaria scoperta del Parco Archeologico di Pompei, riportata alla luce grazie ad una campagna di scavi condotta insieme con l'Università Europea di Valencia. Un ritrovamento sul quale è al lavoro un team interdisciplinare di esperti e da cui ci si aspetta tantissimo - sottolineano unanimi il direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel e Llorenç Alapont, dell'Università di Valencia - anche per le condizioni di conservazione del defunto, che appare in parte mummificato, la testa ricoperta di capelli bianchi, un orecchio parzialmente conservato, così come piccole porzioni del tessuto che lo avvolgeva.
"Uno degli scheletri meglio conservati della città antica", anticipa all'Ansa Zuchtriegel. Di fatto, insomma, una miniera d'oro di dati scientifici. "Pompei non smette di stupire e si conferma una storia di riscatto, un modello internazionale, un luogo in cui si è tornati a fare ricerca e nuovi scavi", applaude il ministro della cultura Dario Franceschini, ringraziando "le tante professionalità dei beni culturali che con il loro lavoro non smettono di regalare al mondo risultati straordinari che sono motivi di orgoglio per l'Italia".
Costruita subito all'esterno di Porta Sarno, uno degli importanti varchi di accesso alla città, la tomba, che risale agli ultimi decenni di vita di Pompei, appartiene a Marcus Venerius Secundio, un liberto che nella vita era stato prima il custode del Tempio di Venere, un tempio molto importante perchè proprio a Venere i Romani avevano intitolato la città, nonché minister degli augustali e infine, sicuramente solo dopo la manomissione, anche Augustale, ovvero membro di un collegio di sacerdoti del culto imperiale.
Un ex schiavo, quindi, che dopo il riscatto aveva raggiunto un certo agio economico, abbastanza da potersi permettere una tomba di livello in un luogo assolutamente di prestigio. E tanto da potersi vantare, proprio nell'iscrizione del suo sepolcro, di aver dato "ludi greci e latini per la durata di quattro giorni", cosa che poteva assimilarlo alla classe sociale più elevata e più colta della cittadina, perché in quel periodo, spiega Zuchtriegel, nell'area del Mediterraneo "la lingua greca era un po' come oggi per noi l'inglese", molto diffusa, quindi, ma non alla portata di tutti a Pompei dove, comunque, le famiglie più agiate impazzivano per Omero, Eschilo, Euripide.
I primi esami sul corpo ci dicono che la morte ha colto il nostro uomo già anziano. "Doveva avere più di 60 anni e non aveva mai svolto lavori particolarmente pesanti", anticipa il direttore. Dati compatibili con le caratteristiche del suo nome, che lo indica come un ex schiavo "pubblico", uno dei tanti che a Roma o nelle città di provincia, svolgevano lavori di custodia o amministrativi. Ma perché farsi inumare, scegliendo per sé un rito che veniva usato in epoca molto più antica piuttosto che nel mondo greco ma non a Pompei dove, con la sola eccezione dei bambini, i cadaveri venivano cremati? Tra le ipotesi possibili, ragiona il direttore generale dei musei statali Massimo Osanna, quella che Marcus Venerius Secundio si sentisse o fosse estraneo al corpo sociale delal città, uno straniero, insomma, forse arrivato proprio da quache altro luogo dell'impero romano o da Roma "dove in quel periodo alcune famiglie continuavano a praticare l'inumazione, cosa che diventerà poi usuale dal secolo successivo".
I misteri non si esauriscono qui: nel recinto della tomba, alle spalle della cella sigillata nella quale era adagiato il corpo di Secundio, sono state trovate due urne, una delle quali in vetro appartiene ad una donna chiamata Novia Amabilis, forse la moglie del defunto, ipotizzano gli archeologi, per la quale si sarebbe usato un rito più propriamente pompeiano. Ma perché alla signora sarebbe stato riservato un trattamento diverso? Senza contare il giallo della parziale mummificazione del cadavere di Secundio che potrebbe essere dovuta alla perfetta chiusura della camera sepolcrale, certo, ma anche ad una pratica di imbalsamazione. "Potremo capirne di più dall'analisi dei tessuti - dice Alapont - dalle fonti sappiamo che determinate stoffe come l'asbesto venivano usate per l'imbalsamazione. Anche per chi come me si occupa di archeologia funeraria da tempo, la straordinaria ricchezza di dati offerta da questa tomba, dall'iscrizione alle sepolture, ai resti osteologici e alla facciata dipinta, è un fatto eccezionale, che conferma l'importanza di adottare un approccio interdisciplinare, come l'Università di Valencia e il Parco Archeologico di Pompei hanno fatto in questo progetto".

Fonte e foto:
ansa.it

sabato 7 agosto 2021

Egitto: i segreti custoditi nella città di Thonis-Heracleion

Egitto, frammento di canestro ritrovato nella città
sommersa di Heracleion (Foto: C. Gerigk - F. Goddio)
Resti di canestri che contenevano frutta e che sono sopravvissuti dal IV secolo a.C. finora e centinaia di antichi manufatti in ceramica e bronzo, sono stati scoperti tra le rovine sommerse della leggendaria città di Thonis-Heracleion, al largo della costa egiziana.
Questi cesti sono rimasti quasi intatti da quando la città è scomparsa sotto il livello del mare, nel II secolo a.C., per poi ulteriormente inabissarsi nell'VIII secolo d.C., a seguito di catastrofi naturali quali terremoti e maremoti.
Thonis-Heracleion, il primo nome egizio, il secondo greco, fu per secoli il più grande porto egiziano sul Mediterraneo, prima che Alessandro Magno fondasse Alessandria nel 331 a.C. Il vasto sito nella baia di Abukir, vicino ad Alessandria, è stato dimenticato fino alla scoperta da parte dell'archeologo subacqueo francese Franck Goddio, due decenni fa. Si è trattato di uno dei più grandi ritrovamenti archeologici degli ultimi tempi.
Dal sito subacqueo furono recuperate statue colossali, testimoni di una civiltà opulenta congelata nel tempo. Goddio è rimasto sorpreso dalle ultime scoperte, da questi incredibili frammenti di cesti per frutta che hanno conservato in parte la loro funzione a dispetto dei duemila anni di età. Alcuni erano ancora pieni di doum, il frutto della palma africana sacra agli antichi egizi, così come di semi d'uva.
Una spiegazione alla loro sopravvivenza potrebbe essere il fatto che fossero stati collocati all'interno di una stanza sotterranea, forse con connotazione funeraria. Sono stati, infatti, rinvenuti in un'area in cui Goddio ed il suo team di archeologi hanno scoperto un considerevole tumulo, lungo circa 60 metri per 8 metri di larghezza, e sontuose offerte funerarie di matrice greca ad indicare il luogo di sepoltura dei mercanti greci che vivevano in città all'inizio del IV secolo a.C. e che, di fatto, gestivano il commercio dall'accesso al ramo canopico del Delta del Nilo. La città controllava l'ingresso in Egitto, alla foce del ramo canopo del Nilo. I Greci erano stati autorizzati a stabilirsi lì durante il tardo periodo faraonico e qui avevano anche edificato templi alle loro divinità.
Sul tumulo Goddio ha dichiarato: "E' una specie di isola circondata da canali. In questi canali abbiamo trovato un'incredibile quantità di depositi di bronzo, tra cui molte statuette di Osiride. Su questa specie di isola abbiamo anche trovato centinaia di depositi di ceramica, uno sopra l'altro. Queste ceramiche sono importate dall'Attica, a figure rosse e nere". Intorno al tumulo erano presenti manufatti in bronzo, tra i quali specchi e statuette.
Goddio ha anche trovato ampie prove di incendio, nei pressi del tumulo, che sembra suggerire una cerimonia particolare che deve aver impedito alle persone di entrare in seguito in questo sito, sigillandolo di fatto per centinaia di anni. Nessuno dei reperti trovati, infatti, era successivo al IV secolo a.C., anche se la città ha continuato a prosperare per diverse centinaia di anni. Goddio spera di trovare risposte alle sue domande all'interno di alcuni tesori rinvenuti, quali i resti ben conservati di un divano in legno per banchetti, un grande vaso attico ed un'amuleto d'oro di squisita qualità. Tra gli altri reperti spicca l'amuleto in oro di Bes.
A circa 350 metri di distanza, gli archeologi hanno anche trovato una galea tolemaica di 25 metri di lunghezza, costruita secondo i dettami della tradizione classica, con giunta a mortasa e tenone, ma recante anche caratteristiche dell'antica tradizione egiziana, con un fondo piatto che sarebbe risultato perfetto per la navigazione sul Nilo e nel suo delta.

Fonte:
theguardian.com

Ungheria: la donna che veniva da lontano ed i suoi gemelli

A sinistra i resti di una madre ed a destra i resti dei suoi
gemelli, parzialmente cremati (Foto: Cavazzuti)

Nell'attuale Ungheria, durante l'Età del Bronzo, una donna incinta di due gemelli incontrò una tragica fine. Morì, infatti, poco prima o durante il parto, stando alle risultanze degli studi su questa singolare sepoltura.
La donna ed i suoi due gemelli furono cremati e sepolti in un'urna con sontuosi corredi funebri: una collana di bronzo al collo, un anello d'oro per capelli e spille o aghi d'osso ad indicare che la donna apparteneva all'élite dell'epoca. Un'analisi chimica dei denti e delle ossa della donna ha indicato che non era del posto, ma era venuta da lontano, forse per sposarsi in una nuova comunità. "Sebbene l'aspetto esterno dell'urna non sia così diverso da tutti gli altri, gli oggetti di prestigio indicano che la donna si trovava al vertice della comunità o faceva parte di un'élite emergente", ha affermato il responsabile dei ricercatori Claudio Cavazzuti, assistente professore nel Dipartimento di Storia e Culture dell'Università di Bologna.
I resti della donna e dei suoi gemelli sono stati rinvenuti in un cimitero dell'Età del Bronzo ungherese (dal 2150 a.C. al 1500 a.C.), scoperta durante uno scavo di salvataggio prima della costruzione di un grande supermercato sul fiume Danubio, a poca distanza da Budapest. Finora sono state scavate 525 sepolture che fanno di questa necropoli una delle più grandi conosciute nell'attuale Ungheria per l'Età del Bronzo. Probabilmente sono migliaia le tombe dell'epoca nella zona che attendono di essere scoperte, secondo Cavazzuti.
Le sepolture appartengono alla cultura di Vatya, che prosperò durante l'antica e media Età del Bronzo ungherese, dal 2200 a.C. al 1450 a.C. circa. Il popolo Vatya aveva una cultura complessa, con insediamenti incentrati sull'agricoltura e l'allevamento, un'economia che faceva del commercio a lunga distanza il suo perno (il che spiega come i Vatya acquisissero bronzo, oro e ambra da diverse parti dell'Europa centrale, orientale e settentrionale) e fortificazioni che controllavano parti del fiume Danubio.
Per avere maggiori informazioni sulle persone sepolte nella necropoli, Cavazzuti ed i suoi colleghi hanno analizzato approfonditamente 29 sepolture (26 urne a cremazione e tre sepolture ad inumazione). Ad eccezione della sepoltura della donna con i suoi gemelli, tutte le tombe analizzate contenevano i resti di una sola persona e la maggior parte avevano semplici corredi in ceramica o bronzo. Circa il 20% delle sepolture di Vatya del sito contenevano corredi funerari in metallo, ma corredi come quelli della sepoltura appena scoperta sono piuttosto rari.
I tre individui sepolti nelle tombe analizzate dai ricercatori erano adulti il cui sesso non è stato ancora determinati. Degli individui cremati 20 erano adulti (11 femmine, 7 maschi, 2 di sesso indeterminato), due erano bambini di età compresa tra 5 e 10 anni e quattro di età compresa tra 2 e 5 anni.
I più giovani defunti sono sicuramente i gemelli, i cui resti sono stati appena analizzati. Si tratta di due bambini tra le 28 e le 32 settimane di gestazione. La loro madre aveva un'età compresa tra i 25 ed i 35 anni al momento della morte. Un'ulteriore attenzione alle ossa della defunta ha indicato che è stata cremata su una grande pira che deve aver bruciato per diverse ore. Ma quando l'incendio si è spento, le ceneri sono state raccolte con più attenzione del solito (il peso delle ossa è superiore al 50% rispetto alla media delle altre sepolture a cremazione) e depositate in un'antica urna Vatya. Dal momento che è stata sepolta con i feti dei gemelli, i ricercatori ritengono che sia morta in seguito a complicazioni legate al parto.
Il team di ricercatori ha effettuato un'analisi chimica dei denti della donna con isotopi dello stronzio, attraverso i quali si può determinare l'area di provenienza del defunto misurando lo stronzio assorbito dall'acqua e dal cibo consumati. La stragrande maggioranza delle ossa esaminate dal campione scelto dai ricercatori ha mostrato un'origine locale, in particolare uomini e bambini. La donna appartenente all'élite, invece, era nata altrove e si era trasferita nella regione tra gli otto ed i 13 anni. L'analisi del suo corredo funebre ha, inoltre, rivelato che la collana di bronzo al collo e l'anello d'oro per i capelli erano oggetti di prestigio simili ad altri rinvenuti in sepolture e tesori dell'Europa centrale. Probabilmente sia la collana che gli aghi per capelli erano destinati a simboleggiare un legame della donna con la sua terra d'origine, mentre l'anello per capelli era forse un regalo di nozze.
Anche un'altra donna, tra le sepolture esaminate, aveva un legame genetico non locale, forse riferito al lago Balaton nell'Ungheria occidentale o forse alla Slovenia centrale. Precedenti ricerche hanno rilevato che le donne di alto rango dell'Europa dell'epoca si sposavano al di fuori delle loro comunità originarie, almeno a partire dal tardo Neolitico o dall'Età del Rame (3200 a.C. - 2300 a.C. circa).
Durante l'Età del Bronzo le società di tutta Europa erano in gran parte patrilocali, il che significa che gli uomini rimanevano nelle loro terre e città d'origine mentre alcune donne provenivano da altre comunità e raggiungevano gli uomini per sposarsi. Forse questi matrimoni sono stati cruciali per l'élite emergente, al fine di istituire o rafforzare legami politici e alleanze militari, ma anche per garantire più stretti legami e collaborazioni economiche.

Fonte:
livescience.com

Russia, il tesoretto di Fanagoria

Russia, gli stateri di rame trovati nel sito dell'antica città
di Fanagoria (Foto: Istituto di archeologia
dell'Accademia russa delle scienze)

Nella Russia sudoccidentale, dove un tempo sorgeva l'antica città greca di Fanagoria, gli archeologi hanno rinvenuto un tesoretto di monete del VI secolo d.C. Si tratta di 80 stateri di rame sepolti, nelle ceneri di un disastroso incendio, all'interno di un'anfora. Gli archeologi pensano che siano stati nascosi prima di un attacco, probabilmente da parte degli Unni o dei Turchi, che portò ad un vasto incendio che devastò la città greca.
"Tesori come questo non si trovano spesso", ha affermato l'archeologo Vladimir Kuznetsov, che dirige gli scavi da tre anni. "Di norma sono la prova di eventi catastrofici nella vita delle persone, a seguito dei quali chi ha nascosto denaro o oggetti di valore non è stato in grado di recuperare e utilizzare i risparmi nascosti. Il contesto stesso della scoperta parla di circostanze straordinarie in cui gli oggetti sono stati nascosti per ripararli da un improvviso attacco nemico." ha continuato Kuznetsov. "Un residente di Fanagoria, in gran fretta, ha nascosto un fagotto con 80 monete nel fondo di una vecchia anfora rotta ed ha poi sepolto quest'ultima sotto terra".
Gli archeologi hanno stabilito che le monete di rame erano state coniate, con tutta probabilità, alla fine del III o all'inizio del IV secolo d.C., ma continuarono a circolare, come alternative più economiche alla valuta aurea, fino al VI secolo d.C.
Con l'anfora e le monete sono stati anche scoperti resti di pavimenti in legno danneggiati dal fuoco, piatti ed un fonte battesimale frantumato. Quest'ultimo suggerisce che l'incendio abbia distrutto anche una basilica paleocristiana.
Nel 2019, nello stesso sito, Kuznetsov ha rinvenuto una moneta d'oro realizzata durante il regno dell'imperatore bizantino Giustiniano I, persa tra le macerie di un incendio del VI secolo d.C. Dopo la scoperta delle monete e dell'anfora, gli archeologi sono stati in grado di concludere che, in realtà, ci sono stati due incendi distinti a Fanagoria. Il primo devastò la città durante una rivolta che coinvolse l'intera regione contro Gord, capo degli Unni, nel 528 o 534 d.C. Il motivo del secondo incendio, che gli archeologi fanno risalire alla seconda metà del secolo, resta al momento un mistero.
"La moneta d'oro di Giustiniano che ho rinvenuto due anni fa a Fanagoria" ha detto Kuznetsov "serve come prova che questo nuovo ritrovamento può essere associato al secondo incendio, quello del tardo VI secolo d.C. Ma chi esattamente, Unni o Turchi, abbia distrutto la capitale della diocesi di Fanagoria, rimane un mistero".
Fanagoria fu la più grande colonia greca sulla penisola di Taman, estesa lungo la sponda orientale del Bosforo Cimmerio. La città divenne il grande emporio in cui si svolgevano tutti i traffici tra le coste del lago Meotide ed i paesi del Caucaso settentrionale. Fu la seconda città più importante del Regno del Bosforo. Sotto Kubrat fu scelta come capitale del khanato di Bulgaria.
La posizione di Fanagoria fu scoperta nel XVIII secolo, quando furono rinvenuti alcuni piedistalli di statue in marmo con dediche ad Afrodite. Un santuario della dea era erano stati menzionati da Ecateo e Strabone, che era anche il più grande dell'intera regione. L'esplorazione del sito iniziò nel 1822, quando dei soldati trovarono, scavando, un tumulo con un ricco corredo aureo. Gli archeologi si sono interessati alla vasta necropoli che circonda la città da tre lati. Le sepolture sono alcune migliaia, con molti sarcofaghi di cipresso o marmo, che stanno ad indicare la ricchezza dell'antica città.

Fonte:
news.artnet.com
Wikipedia

Arabia Saudita: scoperta un'epigrafe di Nabonedo, ultimo re di Babilonia

Arabia Saudita, parte dell'iscrizione dell'ultimo re di
Babilonia (Foto: agenzia di stampa saudita)

Nel nord dell'Arabia Saudita è stata scoperta un'iscrizione di più di 2500 anni fa, recante il nome di Nabonedo, ultimo re di Babilonia. L'iscrizione è stata incisa su una lastra di basalto.
Nella parte superiore dell'iscrizione compare la figura di Nabonedo che tiene in mano uno scettro, accompagnato da un serpente, un fiore e la raffigurazione della luna. Si tratta, quasi sicuramente, di simboli con valenza religiosa.
Queste incisioni sono seguite da circa 26 righe di testo cuneiforme che gli esperti stanno cercando di decifrare. Si tratta della più lunga iscrizione cuneiforme finora rinvenuta in Arabia Saudita. Il luogo in cui è stata trovata è Al Hait, nella regione di Hail, un tempo conosciuta come Fadak. Si tratta di un luogo già noto per la presenza di antiche strutture, come resti di fortezze, arte rupestre ed installazioni idriche.
Nabonedo regnò tra il 555 ed il 539 a.C., quando l'impero babilonese si estendeva dal Golfo Persico al mar Mediterraneo. All'inizio del suo regno Nabonedo conquistò parte dell'attuale Arabia Saudita e scelse, poi, di vivere a Tayma, un'oasi della regione, fino al 543 a.C. circa.
Gli studiosi stanno ancora discutendo sui motivi che spinsero il re babilonese a vivere in questa località. Una teoria avanzata è quella di conflitti con i sacerdoti ed i funzionari di Babilonia. Alla fine del regno di Nabonedo, l'impero babilonese subì l'attacco dei Persiani di Ciro il Grande. Nel 539 a.C. i Persiani entrarono a Babilonia e l'impero babilonese crollò definitivamente. Non si hanno notizie della fine di Nabonedo, forse prigioniero dei Persani, forse ucciso.

Fonte:
livescience.com

Egitto trovato il busto di una statua di Ramses scoperta nel 1930

Egitto, il busto di Ramses II appena rivenuto (Foto: finestresullarte.info) Un team di archeologi egiziani e di ricercatori dell'Univers...