venerdì 31 agosto 2012

Antichissima imbarcazione coreana

Il frammento di legno che apparterrebbe
ad un'imbarcazione da pesca
di 8000 anni fa
Gli archeologi di Uljin, nella Corea del Sud, hanno ritrovato i resti di una barca da pesca che pensano sia antica di ben 8000 anni. La forma dei frammenti è stata, dapprincipio, estremamente difficile ad essere identificata.
Il legno dell'imbarcazione è ricavato dall'albero della canfora, mentre il remo è in legno di quercia. I resti giacevano sotto quasi due metri di terra e sono stati ritrovati sette anni fa.

Il giaguaro di Izapa

Il giaguaro in pietra di Izapa
Gli archeologi messicani hanno scoperto una scultura di quasi 2000 anni fa, raffigurante un giaguaro. La scultura pesa una tonnellata e misura 1,38 metri di lunghezza, 87 centimetri di altezza e 52 di larghezza. Il giaguaro è riconoscibile dall'unica incisione su uno dei lati della pietra. La figura appare flessa, come se fosse sdraiata.
Il giaguaro di pietra è stato ritrovato a Izapa, a circa 12 chilometri dal confine con il Guatemala. Izapa è stato un importante centro religioso costruito, 2500 anni fa, da una civiltà preincaica.
Questa è la novantunesima scultura rinvenuta a Izapa, dove sono presenti moltissimi monumenti, tra i quali sculture, altari, troni e stele.

Il cervello di Heslington

Il cervello di Heslington
E' stato scoperto un cervello perfettamente conservato all'interno di un cranio umano di più di 2500 anni fa. La scoperta risale allo scorso anno, nel sito archeologico di Heslington, nello Yorkshire, in Gran Bretagna. Il sito, 2500 anni fa, ospitava un insediamento permanente che ha restituito numerosi artefatti e testimonianze, tra le quali anche crani umani che si suppone siano quanto rimane di sacrifici umani o omicidi rituali.
Il cervello di Heslington è il più antico cervello conservato che si conosca in Europa. Probabilmente il meglio conservato al mondo. Il cranio dell'individuo a cui apparteneva, conteneva porzioni del cervello ancora ben riconoscibili per forma e struttura. Il cranio, secondo gli antropologi, apparteneva ad un uomo adulto di circa 30 anni di età ed è stato ritrovato separato dal corpo, accanto ad un cranio di cervo. Le cause della morte dell'individuo sono ancora da stabilire, ma i danni che sono stati rilevati alle vertebre del collo lasciano pensare che il decesso sia sopravvenuto in seguito a impiccagione o decapitazione.
La buona conservazione del cervello è dovuta al fatto che la testa mozzata è stata posta, quasi immediatamente, in una fossa piena d'acqua e priva di ossigeno. Il cervello, malgrado tutto, si è ridotto di circa il 20 per cento rispetto alle sue dimensioni originali.
L'analisi forense successiva alla scoperta ha accertato che l'uomo morì per impiccagione e che successivamente venne decapitato con una lama corta molto tagliente, con modalità estremamente precise.

giovedì 30 agosto 2012

Le maschere di Ilisu

Le maschere teatrali di Ilisu
Lo scavo organizzato dal Museo di Mardin nei pressi della diga di Ilisu, in Turchia, ha portato alla scoperta di reperti molto particolari, quali due maschere teatrali di epoca romana. Dopo il restauro i due reperti saranno esposti nel Museo di Mardin.
Anticamente non c'erano teatri nelle vicinanze di Ilisu, le maschere potrebbero essere il "bagaglio" di una compagnia itinerante. Esse risalgono al 200-300 d.C.. Una delle maschere è in bronzo, l'altra in ferro. E' una scoperta molto rara, in Turchia. 

Ritorno a Tell Khaibar

Ziggurat monumentale dell'antica Ur, che si trova
nella provincia di Thi Qar, nel sud dell'Iraq
Nel 1978 a Jabal Hamrin, una cresta collinare ad est dell'Iraq, Robert Killik, giovane archeologo britannico della spedizione che stava scavando  una tomba del 2300 a.C., era incaricato di indagare su alcuni misteri, relativi proprio alla sepoltura.
Nella tomba, di 4 per 5 metri, gli archeologi aveano rinvenuto il tipo di oggetti che ci si aspetterebbe di trovare in una tomba di un individuo che credeva nella vita dopo la morte: più di 50 vasi in ceramica, punte di lancia ed armi di diverso tipo e resti di un carro che doveva servire al guerriero sepolto per fare il suo ingresso trionfale nel mondo ultraterreno. Furono trovati anche gli scheletri di due asini e onagri, ma nessuna traccia di uno scheletro umano.
Il giovane Robert Killick, allora, si diede da fare per cercare il defunto apparentemente scomparso. Proprio durante le ricerche si imbatté in una difformità in una delle pareti della tomba. Aperto il muro da quella parte, Killick trovò il defunto deposto in una camera a parte, una sorta di piccola camera da letto.
Meno dell'un per cento è stato scavato e studiato, in Iraq. Il paese è sempre stato ritenuto, all'unanimità, la culla della civiltà. Proprio per questo il dottor Killick, unitamente all'archeologa Jane Luna, tornerà presto nel paese per iniziare gli scavi con una squadra anglo-irachena, scavi che saranno i primi dopo vent'anni di sosta forzata dovuta alle scosse dei due conflitti che hanno sconvolto il paese.
Gli archeologi hanno in mente di iniziare le loro esplorazioni dal sito di Tell Khaibar, a 20 chilometri dalla città di Ur, nei pressi di Nassiriya, nella provincia di Thi Qar. Proprio qui, nel sud dell'Iraq, la civiltà così come noi la conosciamo è iniziata più di 5000 anni fa. Qui, infatti, hanno prosperato i Sumeri, che hanno inventato la scrittura cuneiforme ed hanno sviluppato la vita urbana. Poi sono arrivati i Babilonesi, che fondarono, sul commercio e sulle armi, un impero potente.
Dalla ceramica raccolta in superficie sul sito, gli archeologi ritengono che la popolazione abbia vissuto a Tell Khaibar per più di 3000 anni, dal 5000 al 2000 a.C.. La città certamente godette di un lungo periodo di prosperità anche grazie alla sua posizione sul ramo occidentale dell'Eufrate. Le immagini dal satellite suggeriscono la presenza di grandi edifici pubblici rettangolari posti sui due tumuli principali dell'insediamento. Forse si tratta di palazzi reali o edifici amministrativi della città.

Romani di Bulgaria, Plovdiv

Odeon di Plovdiv
Gli archeologi che stanno lavorando agli scavi del Foro Romano e dell'odeon della seconda città della Bulgaria, Plovdiv, hanno riportato alla luce una serie di reperti piuttosto interessanti, pertinenti diverse epoche.
L'antico Foro Romano si trova accanto all'attuale Ufficio Postale centrale e risale al II secolo d.C.. Il complesso ha un'estensione di circa 11 ettari ed è, probabilmente, il più grande esempio di foro di epoca romana esistente in Bulgaria. Alcuni archeologi sostengono che vi sono altri reperti in attesa di essere scoperti al di sotto della massiccia gettata di cemento dell'Ufficio Postale.
Nelle vicinanze del Foro Romano, si trova l'odeon, risalente al V secolo d.C., sede del teatro di epoca romana. I lavori di ristrutturazione della piazza dovrebbero iniziare nel 2013 e comprendono, tra l'altro, anche la rimozione di alcuni edifici tra i quali il piccolo centro informazioni posto nelle vicinanze dell'Ufficio Postale.
Sul luogo dove era, un tempo, il foro, ai primi di agosto è stata ritrovata un'iscrizione in greco antico. L'archeologa Elena Kisyakova, responsabile degli scavi, ha affermato che si tratta di un'iscrizione risalente all'imperatore Antonino Pio, che governò tra il 138 e il 161 d.C. e informa che l'edificio al quale era affissa era stato costruito in suo onore. Purtroppo solo una piccola parte dell'iscrizione è arrivata fino a noi.
Scavi del Foro Romano di Plovdiv
Tra i ritrovamenti di questi mesi vi sono anche delle monete di III secolo d.C. e del 1359-1389, del sultano Murad. Sono stati anche rintracciati edifici medioevali del X e XII secolo, un periodo poco noto della storia di Plovdiv. Presso il sito in cui sorgeva l'odeon è stata anche ritrovata un'aquila in marmo che si pensa risalire al III secolo d.C.. Quest'aquila era, probabilmente, esposta all'interno di un edificio pubblico assieme a colonne di marmo e altri lussuosi oggetti.
Il sito dell'odeon ha restituito, anche, 300 monete e tessere musive raffiguranti maschere teatrali, oltre a ceramica di epoca romana. Le monete recano le effigi di Geta e Caracalla e sono state coniate nell'antica Sofia e nella Plovdiv romana tra la fine del II e l'inizio del III secolo d.C.. Altri reperti ritrovati sono chiodi, bicchieri, tazze, ciotole, anfore, un tubo in piombo di epoca romana che faceva parte di un sistema fognario e recipienti per bere utilizzati per rituali religiosi.

Antiche urne in India

L'urna scoperta dai fotografi indiani
Un gruppo di fotografi amatoriali, salito su un poggio nei pressi di Maski, in India, hanno fatto una sorprendente scoperta: hanno ritrovato venti antiche urne con all'interno resti scheletrici. La località, infatti, è uno dei siti storici più antichi di Karnataka e i fotografi dilettanti si sono imbattuti in un complesso di sepolture dell'Età del Ferro che, esposte alle lunghe pioggia, erano visibili a fil di terreno.
La località di Maski è nota anche per l'Editto di Ashokan, inciso nella roccia, scoperto da un ingegnere britannico nel 1915. L'opera scolpita sulla pietra risale al III secolo a.C.. Il vicino sito di Hirebenakal è uno dei più grandi complessi megalitici funerari dell'India, con i suoi 400 dolmen datati ad un periodo compreso tra l'800 e il 200 a.C.. Nella zona sono stati ritrovati attrezzi utilizzati nelle pitture del Neolitico, vasellame, scorie di ferro ed anche grotte utilizzate come abitazioni.

Testimonianze dell'Età della pietra in Israele

Una delle statuine ritrovate a Tel Motza
L'Israel Antiquities Authority ha annunciato che gli archeologi hanno riportato alla luce, vicino Gerusalemme, due figurine di 9.500 anni fa che potrebbero essere molto utili per gettare una luce sulla religione e sulla società esistenti nel paese durante l'età della pietra.
Le figurine, stando a quanto dichiarato, sono state dissotterrate a Tel Motza, tra Gerusalemme e Tel Aviv, durante uno scavo destinato ad ampliare la carreggiata di una strada. Una delle statuine è a forma di ariete, ricavata dal calcare. L'altra, in dolomite, rappresenterebbe un bue. Entrambi i reperti sono lunghi circa 15 centimetri. Gli archeologi pensano che potrebbero essere dei portafortuna per i cacciatori, oppure delle rappresentazioni di animali domestici.

Misteri vichinghi

Spada vichinga
Gli archeologi sostengono che un molo molto imponente sia stato rintracciato in un antico villaggio vichingo in Svezia. I subacquei stanno lavorando alla scoperta al largo della costa dell'isola di Bjorko, vicino a Stoccolma. Il molo potrebbe fornire ulteriori particolari sulla cultura vichinga e le abitudini di questo popolo. Non solo: la nuova scoperta fa pensare che l'antico villaggio fosse più grande di quanto finora si è ritenuto.
Gli archeologi pensano, addirittura, che nelle acque del porto fosse stato installato un vero e proprio mercato. Sono stati ritrovati pilastri di pietra in acque piuttosto profonde e questi pilastri costituiscono una rarità per l'epoca. La grandezza del molo, inoltre, significherebbe che i commerci condotti dai Vichinghi sono stati più imponenti di quanto si crede.
Il villaggio di Birka, nei pressi del quale è avvenuta l'importante scoperta, è considerato l'insediamento più antico di Svezia. Il suo nome, letteralmente, significa "isola delle betulle". I siti di Birka e di Hovgarden, nella vicina isola di Adelso, sono un importante complesso archeologico che illustrano la rete commerciale dei Vichinghi in Europa e la loro influenza nella storia della Scandinavia.
Il sito archeologico di Birka
Birka fu fondata nell'VIII secolo e fu uno snodo importante che univa il mondo scandinavo all'impero bizantino. A Birka venne anche fondata la prima congregazione cristiana di Svezia da Sant'Oscar, nell'831. La città venne abbandonata nel X secolo, precisamente intorno al 960, epoca in cui venne soppiantata dalla vicina Sigtuna. Le ragioni di questo declino non sono state ancora chiarite.
Le rovine di Birka si trovano nella parte settentrionale dell'isola e si estendono su una superficie di sette ettari. Gli archeologi hanno riportato alla luce edifici e sepolture mentre, nella parte meridionale del sito, è emerso il Borgen, vale a dire la fortezza. La maggior parte degli edifici era in legno. Le tombe ritrovate sono circa 3.000. Probabilmente il centro amministrativo, però, era situato fuori città, nella vicina Adelso.
Secondo Rimberto Birka era fortificata con palizzate di legno ed il porto era protetto da pali conficcati nel fondo del lago che impedivano a molte imbarcazioni di avvicinarsi.

mercoledì 29 agosto 2012

Un teatro esclusivo

Il teatro di Ayutla Maya
In Messico gli archeologi hanno ritrovato un teatro di 1200 anni fa. La struttura si trova nel sito di Ayutla Maya, nello stato del Chiapas, al confine con il Guatemala. Molto probabilmente il teatro è stato funzionale per la legittimazione del potere nella regione.
Il teatro, secondo le prime osservazioni, aveva una capienza ridotta di circa 120 persone e si trova su una sorta di acropoli a 42 metri di altezza rispetto agli spazi del sito adibiti a piazze. Il palco si trovava all'interno di un complesso di palazzi. Per creare la struttura è stata rimossa la facciata di uno di questi edifici. Nei pressi del teatro sono stati ritrovati anche strumenti musicali quali fischietti ed ocarine, unitamente a sculture in stucco rappresentanti divinità sia umane che animali.
Un'altra immagine del teatro di Ayutla Maya
Teatri come questo esistono anche in altre grandi città Maya, come Tikal, Chinkultic, Chiapas, Pecal ma quello di Ayutla Maya è l'unico, al momento, a mostrare una sorta di destinazione esclusiva dell'edificio. Il palco ha un'ampia scalinata a tre livelli definiti da rampe. La datazione è stata fissata all'850 d.C., quando a Ayutla Maya convivevano diversi gruppi etnici. Ricerche archeologiche hanno ipotizzato che l'antica città si chiamasse Sak T'zi, in conflitto, nell'800 d.C., con altre città Maya.
I particolari spazi in cui è stato suddiviso il teatro sono stati studiati nel 1985 dagli archeologi messicani e, più recentemente, da quelli americani. Notizie di teatri del genere si trovano anche nelle cronache dei sacerdoti al seguito delle truppe di invasione spagnole.

martedì 28 agosto 2012

La colonna di Eliseg

Il tumulo e la colonna di Eliseg
Sabato 8 settembre i visitatori potranno accedere agli scavi accanto alla colonna di Eliseg, un monumento in pietra del IX secolo d.C. che si erge su una collinetta vicino Valle Crucis Abbei Llangollen, nel nordest del Galles.
Il progetto di scavo è stato condotto utilizzando tecnologie estremamente moderne. L'obiettivo principale è stato quello di capire meglio il significato e le finalità di questo misterioso monumento e come sia stato utilizzato nel corso dei secoli. La colonna di Eliseg, in origine un'alta croce in pietra, si erge su una collinetta ed è ancora un punto di riferimento di una certa importanza. Attualmente solo una parte del monumento è visibile. Un tempo vi era una lunga iscrizione latina che informava i visitatori su come questa croce fosse stata posta qui da re Concenn, morto nell'854 a.C., in memoria del bisnonno Eliseg, che aveva respinto dalla regione gli invasori anglosassoni.
Durante la prima stagione di scavo, nel 2010, l'attenzione degli studiosi si è focalizzata su tre trincee accanto al tumulo. Una delle tre trincee ha rivelato che una parte del tumulo risale all'Età del Bronzo.

Altri resti umani a Tancama

La ricomposizione dello scheletro femminile
ritrovato a Tancama
Nel sito archeologico di Tancama, a 12 chilometri dal comune di Jalpan de Serra, nella Sierra Gorda di Queretaro, gli archeologi dell'Istituto Nazionale di Antropologia e Storia hanno ritrovato delle sepolture con scheletri umani completi che risalgono a circa 850 anni fa.
La scoperta è stata effettuata durante i lavori di consolidamento di una struttura pre-ispanica. I resti umani erano sparsi su una rampa di una delle scale che circonda uno degli edifici maggiori della cosiddetta Plaza de la Promessa. Ora si attende che gli antropologi determinino età, sesso e malattie attraverso lo studio di questi resti. Al momento è stato possibile analizzare solo lo scheletro di una donna di 45 anni di età.
Pare che gli scheletri ritrovati siano stati appositamente deposti in questo luogo da chi, un tempo vissuto nell'antica città, vi è ritornato esclusivamente per la cerimonia funebre. Dal 2001 ad oggi sono stati ritrovati 64 crani pertinenti individui molto giovani. Quando saranno ultimate le analisi antropologiche si riuscirà a stabilire se i segni individuati sui crani sono dovuti a scarificazione per sacrificio o se i teschi sono stati rimossi da un altro luogo e riposizionati nel sito del ritrovamento.

Altri ritrovamenti a Zeugma

Rovine dell'antica Zeugma
Lo scavo nella città di Zeugma, nella provincia di Gaziantep, in Turchia, ha rivelato i resti di piccole sculture. I ritrovamenti sono stati molti, in questa località, nel corso del 2012. Il lavoro principale è stato fatto sul sito di Casa Muzos e sul luogo dove è riemersa, negli anni passati, una domus romana.
Su una collina in particolare, chiamata Belkis Tepe, sono stati ritrovati alcuni reperti riguardanti il culto che, un tempo, vi si svolgeva. La città di Zeugma è stata fondata da Seleuco I Nicatore, uno dei diadochi (generali) di Alessandro Magno, nel 300 a.C..
La città è stata dotata, nel 2000, di una diga che ha inghiottito i resti dell'antica metropoli. Alcuni dei preziosi mosaici che la caratterizzavano sono stati in qualche modo tutelati e giacciono sotto il grande lago formato dalla diga stessa.
La città nacque per unire (il suo nome, in greco, significa "unione, legame") due insediamenti precedenti che si trovavano sulle rive opposte del fiume: Seleucia allo Zeugma e Apamea allo Zeugma. Qui ebbe il proprio campo la IV Legio Scythica e la città fu residenza di ufficiali e funzionari di alto rango dell'impero romano che arricchirono l'economia cittadina.
In passato a Zeugma sono stati ritrovati ben 65.000 sigilli di argilla (bullae), una sorta di archivio delle merci della città, utilizzati per vidimare papiri, pergamene, borse del denaro e contenitori per merci.

domenica 26 agosto 2012

Tombe del misterioso regno Shangshung

Rovine di Shangshung
Recentemente sono state rinvenute quattro tombe nella regione autonoma del Tibet, che si crede risalgano ad un antico regno che prosperò nel paese più di duemila anni fa. Nelle tombe sono stati ritrovati cofanetti in legno con resti umani, oggetti in rame, scheletri di animali che si ritiene siano stati seppelliti come elementi sacrificali.
Gli archeologi cinesi sono convinti che le tombe sono posizionate in quello che era il centro dell'antica Shangshung, che era la città principale del Tibet del VII secolo. Le tombe sono vicine ad un monastero Bon. La religione Bon precedette, in Tibet, quella buddista. Fu introdotta nel paese dall'India nel VII secolo. I suoi seguaci adoravano gli "spiriti della natura", come le montagne ed i laghi. Il regno di Shangshung si crede sia stata proprio la culla della religione Bon, un centro culturale e politico molto importante.
Rovine di Shanshung
Le spade ritrovate nelle tombe provengono dalle regioni centrosettentrionali della Cina, mentre una maschera d'oro, sempre ritrovata all'interno di una delle quattro sepolture, proviene dal nord dell'India. Già nel 2005 i monaci avevano ritrovato pettini, utensili da cucina in rame, piante carbonizzate e pezzi di seta con dipinte delle scritte. Questi reperti risalgono ad un periodo compreso tra i 1.800 ed i 2.200 anni fa, all'epoca della Dinastia Han Occidentale (206 a.C. - 24 d.C.). I frammenti di seta appartenevano, con tutta probabilità, a doni fatti da imperatori cinesi.
Le ossa di cavalli, bovini ed ovini ritrovate nelle sepolture appena scoperte stanno ad indicare il grado di potere e di agiatezza raggiunto dai proprietari delle tombe. Una di queste ospitava i resti di quattro o cinque persone mentre nelle altre tre era sepolto un cadavere ciascuna.
Afferma una leggenda che vi erano due regni chiamati Shanshung dove fiorì la religione Bon. Uno era in Tsada, nel Ngari e l'altro era nella contea di Qingzhong, a Nakchu. Le rovine di quest'ultimo si affacciano sul lago sacro di Dangra Yumtso, alle spalle della montagna sacra alla religione Bon, il Daguo.

I segreti sepolti di Cuma

Sepolture paleocristiane a Cuma
Al termine della via sacra che porta all'acropoli di Pozzuoli, è stato scoperto un imponente monumento del VI secolo a.C. che potrebbe far riscrivere l'intera storia del sito. Ad effettuare questa importantissima scoperta è stata una squadra di studiosi di Lettere e Filosofia della Seconda Università degli Studi di Napoli, coordinati dal professore di archeologia classica Carlo Rescigno.
Gli archeologi ed i ricercatori si sono avvalsi delle ricerche storiografiche che, negli anni '20 del secolo scorso, sono state condotte sul sito cumano ed hanno integrato queste ricerche con quanto è venuto alla luce un anno fa. In questo modo sono riusciti ad individuare, in modo inconfutabile, la presenza di un monumento risalente a 2.500 anni fa, coevo al vicino tempio attribuito a Giove.
Interno di una delle sepolture di Cuma
Questa importantissima scoperta suffraga la teoria che vuole che sul punto più alto di Cuma, antica colonia greca inizialmente governata dal tiranno Aristodemo, la presenza di un complesso di edifici di culto che si dipanava lungo una sorta di via processionale. Al momento attuale sono emerse due porzioni di templi: quello di Giove e quello di Apollo, ma presto verrà riportato alla luce anche il nuovo edificio religioso. Chissà, a questo punto, quanti altri edifici si potrebbero trovare nascosti nelle viscere del promontorio campano.
Intanto si è quasi certi che il tempio inizialmente attribuito a Giove fosse dedicato, invece, ad una triade venerata a Cuma con un culto sia maschile che femminile che, durante l'epoca cristiana, si trasformò nel culto a San Massimo e Santa Giuliana. Nel corso dell'attuale campagna di scavi sono stati rinvenuti, sotto il tempio, tra le tombe protocristiane, proiettili di colpi di mortaio, cucchiai e divise militari del secondo conflitto mondiale.
Lastra tombale, Cuma
Le tombe risalenti al periodo cristiano, scoperte nella campagna scavi del 2011, sono circa una trentina e sono state individuate nel tempio di Giove. Sono fosse ad inumazione contenenti i resti dei primi cristiani ed il loro corredo funerario. La pavimentazione del tempio è stata in parte divelta per poter riportare alla luce queste testimonianze della cristianità che vanno dal V secolo d.C. al 1200. Le fosse sono separate l'una dall'altra, ottenute scavando nella pavimentazione. Non tutte le sepolture sono state scavate, sono state riportate alla luce, per ora, solo quelle che sofisticate apparecchiature hanno permesso di classificare come particolarmente interessanti per la presenza di un corredo di pregio.
Si spera, ora, che vengano stanziati i fondi per proseguire gli scavi e la riscoperta del volto antico dell'antica Cuma.

A Paestum i primi gladiatori

Uno degli affreschi pestani con lotta tra gladiatori
Nel 1967 ad Agropoli, in contrada La Vecchia, un contadino, arando nel suo campo, scoprì accidentalmente un'antica sepoltura. Gli archeologi della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Paestum confermarono che si trattava di una tomba lucana, di notevole fattura, con pareti dipinte e con un corredo funebre contenente vasi firmati da Assteas, un noto artigiano pestano, lo stesso che ha creato il famoso vaso del "Ratto di Europa".
Contemporaneamente alla scoperta di questa sepoltura, vennero effettuate altre scoperte a Paestum, in contrada Andriuolo, dove venne alla luce un'intera necropoli lucana. Altre vengono scoperte in località Arcioni, Gaudo, Laghetto. I dipinti delle pareti di alcune di queste sepolture ripetono gli stessi temi funebri della tomba lucana di Agropoli.
I Lucani conquistarono la greca Poseidonia tra la fine del V e l'inizio del IV secolo a.C. e la ribattezzarono Paistom. I Lucani si insediarono su tutto il territorio, dal fiume Sele ad Agropoli, costruendo diverse fattorie agricole, tra le quali, con tutta probabilità, quella di contrada La Vecchia. La sepoltura trovata in questa località è divisa in due per consentire l'inumazione di marito e moglie ed è estremamente importante per l'elevata qualità delle pitture e del corredo funerario che fanno pensare ad un capo guerriero lucano. La tomba è stata datata dagli archeologi al 350-320 a.C..
Molti archeologi concordano nell'affermare, in base proprio a questi e ad altri ritrovamenti di tombe lucane, che i primi combattimenti tra gladiatori si sono svolti nel territorio pestano.

Trentino preistorico

Gli scavi del villaggio mesolitico in Val di Ledro
In Val di Ledro, nel Trentino, a 1.770 metri di altezza, i ricercatori del Museo delle Scienze di Trento hanno individuato un accampamento mesolitico, una delle testimonianze umane più antiche del Trentino sudoccidentale.
L'accampamento è stato datato a 10.000 anni fa ed era, con tutta probabilità, un campo stagionale di caccia. Le ulteriori analisi del terreno e l'eventuale individuazione di reperti ceramici potrà essere utile per stabilire l'occupazione successiva del sito, che si trova sul monte Tremalzo, in località Pozza Lavino.
Il Museo delle Scienze di Trento ha condotto, nel corso del 2011, diverse indagini in Val di Lendro, sotto la direzione di Gianpaolo Dalmeri. Queste ricerche si sono concretizzate nell'individuazione di 15 nuovi siti archeologici appartenenti a diverse epoche preistoriche.
La scoperta del villaggio mesolitico apre nuovi fronti di ricerca sulle antiche vie di accesso al Trentino. Inoltre la presenza dell'uomo in Val di Ledro è stata, grazie alla scoperta, retrodatata di ben 6000 anni.

sabato 25 agosto 2012

Un dinosauro zingaro in Francia

Un paleontologo al lavoro sul luogo
del ritrovamento del dinosauro
E' stato scoperto un nuovo tipo di dinosauro, risalente a 75 milioni di anni fa durante gli scavi nel comune di Velaux, nei pressi di Aix-en-Provence, nel sudest della Francia. Le operazioni di recupero si sono svolte in tre campagne, nel 2002, nel 2009 e nel 20012, in totale discrezione, per evitare saccheggi sul sito, che è di proprietà del Consiglio Generale.
Il dinosauro è stato battezzato Velauciensis Atsinganosaurus, dinosauro zingaro, per la sua affinità con i dinosauri ritrovati in Romania. Appartiene alla famiglia dei titanosauri della quale sono stati già ritrovati, in Europa, altri tre esemplari.
I paleontologi hanno trovato il 70 per cento dello scheletro dell'animale, ma non il cranio. Secondo i primi elementi raccolti, l'animale, un erbivoro dai piccoli denti a forma di cilindro e dalla lunghezza di 12 metri, avrebbe avuto una costituzione gracile. Lo stesso sito che custodiva i resti del dinosauro ha restituito altri fossili del Cretaceo, un'epoca che precedette l'estinzione dei dinosauri. Tra questi resti vi è il cranio di un coccodrillo, torace e gusci di tartarughe ed ossa di altri dinosauri.
Tra il 2009 e il 2010 le ossa del dinosauro sono state delicatamente rimosse in un'operazione piuttosto complessa e delicata. Sono state poi analizzate per valutare che appartenessero realmente ad un dinosauro di una specie particolare. La missione attuale ha esteso i lavori iniziati nel 2009, scoprendo lo scheletro di un Ankylosaurus.

Una moneta d'oro dalle acque di Cipro

La moneta d'oro ripescata a Cipro
Una moneta d'oro è stata scoperta nella zona tra Limassol e Larnaca da un locale pescatore dilettante. Secondo le autorità cipriote, la moneta ha un grande valore.
Il reperto numismatico risale al I secolo d.C. e rappresenta l'imperatore romano Caligola nell'atto di uccidere un animale e, dal lato opposto, il tempio esastilo di Augusto. Molte monete della stessa epoca sono state ritrovate nelle stesse acque, ma questa ritrovata recentemente ha un'importanza particolare, dal momento che è stata coniata in oro.
Si attendono, ora, ulteriori indagini per capire come sia finita a Cipro questa preziosa moneta.

Gli antenati dei tombaroli a Cnido

Il tholos di Cnido
Gli scavi nei pressi della tomba a tholos della città greca di Cnido, ripresi dopo cinque anni di sospensione, hanno rivelato indizi di furto e saccheggio risalenti a 1800 anni fa. L'antica Cnido si trovava dove oggi sorge la moderna Datca.
Gli scavi degli archeologi dell'Università di Selçuk hanno accertato che alcuni elementi della tomba a tholos sono stati rubati o danneggiati già nell'antichità. "Abbiamo scoperto che i ladri antichi erano più veloci dei nostri contemporanei, nel predare le sepolture. Gli antichi tombaroli hanno svuotato il mausoleo 350 anni dopo la sepoltura dei primi proprietari dello stesso, nel IV secolo a.C.. Abbiamo trovato una candela, abbandonata, nella fretta della fuga, dagli stessi tombaroli, che hanno anche perso alcuni oggetti d'oro", ha affermato il dottor Ertekin Doksanalti.
Scavi a Cnido
Cnido fu costruita in parte in terraferma e in parte sull'isola di Triopion o Capo Krio. In epoca antica l'isola era collegata alla terraferma da una strada rialzata e da un ponte. Apparteneva all'Anatolia e sorgeva di fronte Alicarnasso. Fu fondata dai Dori del Peloponneso sotto la guida di Triopes e faceva parte della Esapoli dorica.
Dell'antica Cnido sopravvivono alcuni reperti monumentali, come le mura ciclopiche, i resti di due porti, due teatri e tracce di un grande edificio, forse un tempio. Sono stati identificati l'agorà, il teatro, un tempio di Dioniso, uno dedicato alle Muse, uno ad Afrodite ed un gran numero di edifici minori. Prassitele scolpì proprio per Cnido la sua statua più famosa, l'Afrodite di Cnido, sfortunatamente andata perduta. La sua copia più fedele si trova, ora, ai Musei Vaticani.
A Cnido era popolare il culto di Apollo, al quale era stato consacrato il promontorio Triopio.

Un palazzo minoico ad Anatoli, Creta

Gli archeologi dinnanzi ai resti del palazzo di Anatoli, Creta
Un palazzo minoico del 1600-1400 a.C. è stato scoperto nella zona montagnosa di Anatoli, a Ierapetra, nel sudovest di Creta. L'edificio sembra non essere stato saccheggiato e le prime indicazioni raccolte dagli archeologi indicano che gli originari occupanti sono fuggiti dalla struttura in tutta fretta, senza prendere alcun oggetto che era all'interno. Non è stato ancora possibile accertare le cause che hanno determinato la distruzione della struttura, ma si prevede che le risposte emergeranno con il progredire degli scavi.
Numerose residenze minoiche sono state localizzate e scavate in altre parti dell'isola di Creta. Tutte o quasi si trovano in pianura, in stretta connessione con lo sviluppo agricolo dell'isola. L'edificio di Anatoli è il secondo in quota ad essere scavato a Creta. L'altro edificio analogo si trova a Zominthos ed è stato scavato da Yiannis ed Efi Sakelaraki.
"Con questo ulteriore scavo stiamo cercando di comprendere l'importanza delle regioni montane nell'economia minoica e stiamo cercando di determinare quali risorse naturali siano state sfruttate dai Minoici a così alta quota", ha dichiarato il responsabile dello scavo dottor Yannis Papadatos. Il secondo obiettivo, ha  affermato Papadatos, è quello di capire cosa è successo a Ierapetra in epoca minoica.
"Nonostante la diversa importanza della valle di Ierapetra, non abbiamo la minima idea della posizione occupata dal principale insediamento minoico, né sappiamo se ci fosse una sorta di centro amministrativo o di palazzo come quelli scavati nelle zone adiacenti di Gournia, Gialos e Myrtos. Abbiamo fiducia che l'edificio scoperto ad Anatoli ci aiuterà a dare risposta ad alcune di queste domande", ha aggiunto Papadatos.

Umani moderni nel sudest asiatico

Ricostruzione del cranio umano ritrovato a Pa Hang
Nella Grotta delle Scimmie, nel Laos, sono stati trovati di recente dei frammenti di cranio che sono le prime testimonianze dell'antica, rapida, migrazione degli esseri umani verso le terre asiatiche. Esseri umani anatomicamente moderni sono comparsi circa 200.000 anni fa in Africa. Testimonianze archeologiche e dati genetici suggeriscono che questi umani "moderni" migrarono rapidamente dall'Africa fino al sudest asiatico almeno 60.000 anni fa. Questa teoria non è, però, sufficientemente suffragata dal ritrovamento di fossili di occupazione umana "moderna" nel continente asiatico, probabilmente perché le ossa non resistono molto al caldo delle regioni tropicali.
Ora un cranio parziale dalla Grotta delle Scimmie, nel Laos, potrebbe colmare questa misteriosa lacuna nella documentazione fossile. I fossili sono stati scoperti nel 2009 nella grotta calcarea posta nella parte superiore del monte Pa Hang, a 1.170 metri sul livello del mare. La grotta è circondata da papaya e alberi di banane, per cui spesso le scimmie si recano spesso a farvi scorta di cibo.
Nel sito non è stato rinvenuto alcun manufatto né traccia di occupazione umana. Gli studiosi ritengono che il frammento di cranio si trovava in un altro luogo e che sia stato portato là dove è stato scoperto dalla pioggia. La forma dell'osso ed i denti sono decisamente umani e l'anatomia è simile a quella degli umani moderni. Un metodo di datazione dei sedimenti fossili circostanti suggerisce un range temporale dai 46.000 ai 51.000 anni fa. L'osso ritrovato, in particolare, sarebbe antico di 63.000 anni e questo, se ulteriormente confermato, lo renderebbe la prima prova della presenza di umani anatomicamente moderni ad est del Medio Oriente.
I ricercatori, ora, cercheranno di estrarre il Dna da questi fossili in modo da stabilire che essi siano effettivamente da mettere in relazione con l'uomo che, un tempo lontanissimo, viveva in queste grotte.

L'origine delle parole

Servendosi di una tecnica utilizzata per ricostruire le origini dei ceppi di virus, un team di scienziati internazionali si è messo alla ricerca del luogo d'origine delle lingue indoeuropee. Le lingue di ceppo indoeuropeo si sarebbero originate in Anatolia, nel sudovest della penisola asiatica che ora è compresa nella Turchia, tra gli 8000 ed i 9500 anni fa e il loro sviluppo e la loro diffusione è stata seguita, almeno in parte, dallo sviluppo e dalla diffusione dell'agricoltura.
Altri studiosi sostengono che l'origine delle lingue di ceppo indoeuropeo si troverebbe, invece, nelle steppe a nord del mar Caspio e Nero e che questo linguaggio primitivo sarebbe stato diffuso dalle popolazioni seminomadi Kurgan.
Quentin Atkinson, dell'Università di Auckland, in Nuova Zelanda, invece di ricorrere ad una sorta di albero genealogico delle lingue, ha confrontato, con la sua squadra di studiosi, i linguaggi ritenuti affini e le parole principali delle diverse lingue europee aventi la stessa origine. I ricercatori hanno compreso, in queste loro comparazioni, anche 20 lingue estinte. Alcune di queste ultime, come l'ittita, erano parlate più di 3000 anni fa.
Gli scienziati hanno anche preso in esame eventi storici come la trasformazione del latino, lingua parlata in tutto l'impero romano, nelle lingue romanze al fine di stabilire una scala temporale nell'evoluzione delle lingue indoeuropee.
La diffusione dell'agricoltura attraverso i contadini che si sono messi in cerca di nuove terre da coltivare, o attraverso i cacciatori-raccoglitori "convertiti" al nuovo modo di sopravvivenza, è uno dei meccanismi che può spiegare la diffusione delle lingue di ceppo indoeuropeo. Ovviamente non è il solo meccanismo, ma è sicuramente quello principale.

venerdì 24 agosto 2012

Un poema per Poppea

Il papiro con il poema dedicato a Poppea
Un poema greco antico, scoperto in Egitto, correttamente tradotto si è rivelato essere la deificazione di Poppea Sabina, moglie dell'imperatore Nerone e la sua ascensione al cielo nelle vesti di divinità.
In base allo stile letterario e ad altri fattori, gli studiosi hanno accertato che il poema fu composto 200 anni dopo la morte di Nerone (circa 1800 anni fa). Questo fatto ha lasciato perplessi gli archeologi, che si sono chiesti chi mai si fosse preso la briga di comporre e ricopiare questo poema a così tanti anni dalla morte dell'imperatore e di sua moglie.
Nerone è noto soprattutto per le sue intemperanze. Gli antichi scrittori sostengono che egli fece uccidere sua madre Agrippina e la sua prima moglie. Secondo alcuni fu anche responsabile della morte di Poppea, alla quale avrebbe dato un calcio allo stomaco mentre era incinta.
La figura di Poppea esce ancor meno positivamente di Nerone, dai resoconti degli autori dell'epoca. Quando  Nerone fece uccidere la sua prima moglie, Ottavia, si dice che Poppea si fosse presentata con la testa di lei. Alcune fonti alludono al fatto che dietro la morte di Agrippina ci fosse, in realtà, sempre Poppea.
La poesia appena decifrata, comunque, offre un ritratto differente dell'antica coppia imperiale. Poppea, nel poema, è portata in cielo da Afrodite. L'autore lascia intendere, tra le righe, che Poppea amava Nerone e che, quindi, la storia del calcio datole da questi, che ne avrebbe provocata la morte, non può essere che un'invenzione di qualche scrittore.
La storia della decifrazione del testo inizia nel tardo XIX secolo, dopo lo scavo ad Ossirinco di Bernard Grenfell e Arthur Hunt, che ritrovarono centinaia di migliaia di antichi papiri nelle discariche antiche della città. Negli ultimi cento anni gli studiosi hanno progressivamente analizzato, tradotto e pubblicato i papiri di Ossirinco. In particolare il papiro che contiene il poema dedicato a Poppea, con molti altri papiri, è custodito nella Biblioteca Sackler dell'Università di Oxford.
Probabilmente il componimento fu creato dopo la morte di Poppea, quando Nerone era ancora in vita e poi ricopiato in diverse "edizioni" per duecento anni, dal momento che doveva essere anche piuttosto popolare. Un'alternativa è che il poema sia stato composto da uno scrittore del III secolo d.C. come un componimento di circostanza in occasione della morte della moglie di un funzionario egizio. In tal caso, le figure di Nerone e Poppea apparirebbero emblematiche di due amanti separati dalla morte di uno di loro.

Dov'è sepolto Riccardo III d'Inghilterra?

Riccardo III
Riccardo III, re d'Inghilterra, immortalato in un dramma di William Shakespeare, morì nel 1485 ma, nel tempo, si è persa notizia del luogo in cui fu sepolto. Ora l'Università di Leicester, il Leicester City Council e la Richard III Society hanno unito le loro forze per cercare la tomba del sovrano inglese.
Riccardo III governò l'Inghilterra dal 1483 al 1485 e morì durante la battaglia di Bosworth Field, uno dei tanti scontri che costellarono la Guerra delle Rose tra la casata di Lancaster e quella di York. Riccardo fu l'ultimo re inglese a morire in battaglia. Fu una figura carismatica che allora come ora attrae l'interesse di molti, malgrado la diffamazione subita nel corso degli anni.
Dopo la morte, il re fu portato a Leicester, dove venne seppellito nella chiesa del convento francescano noto come Greyfriars, la cui dislocazione si è perduta nel corso dei secoli. Ora gli archeologi e gli storici stanno cercando proprio il luogo dove, un tempo, sorgeva l'antico convento, ultimo soggiorno in terra di Riccardo III. Si pensa che il convento sorgesse dove attualmente è un parcheggio cittadino ed alcuni uffici comunali.

La difesa di Roma: le mura

Mura Aureliane nei pressi dell'Appia
La leggenda conosciuta di Roma, vuole che Remo fu ucciso quando scavalcò, in maniera arrogante, il muro che il fratello Romolo aveva cominciato a costruire sul Palatino. Le prime mura di Roma, però, risalgono al periodo etrusco.
La tradizione ci narra che gli ultimi re dell'Urbe furono di origine etrusca. Il secondo di costoro, Servio Tullio (579-534 a.C.) costruì, a detta degli antichi storici, un'enorme cinta muraria che abbracciava l'area della città. Tito Livio afferma che questo grandioso progetto era stato già previsto da Tarquinio Prisco, suocero di Servio Tullio. Alla fine del I secolo a.C., le mura costruite da Servio Tullio risultano già in disuso, al punto che venivano identificate con l'unica struttura difensiva della città menzionata dalla tradizione storica.
Le prime strutture difensive di Roma, però, risalenti al 540 a.C., non circondavano interamente la città di Roma ma proteggevano solo le sue aree più vulnerabili. L'enorme agger (terrapieno) associabile ad una vera e propria difesa dell'intera città, è da far risalire ad un periodo intorno al 480 a.C.
Mura Serviane di IV secolo a.C. a
S. Anselmo all'Aventino
Nel 390 a.C., sulle rive del fiume Allia, affluente del Tevere che scorre a 18 chilometri da Roma, i Galli Senoni di Brenno sconfissero i Romani e devastarono il territorio circostante. Le cosiddette Mura Serviane furono costruite immediatamente dopo questo episodio, probabilmente erette tra il 378 e il 350 a.C., in piena età repubblicana. Queste mura sono visibili, oggi, a tratti nei pressi della Stazione Termini.
Le Mura Serviane si dipanavano su una lunghezza di 11 chilometri e proteggevano 426 ettari di territorio. Il fossato che le accompagnava era largo 29,6 metri, con una profondità di 9. Le mura erano alte circa 10 metri ed erano costituite da diversi tipi di pietre da costruzione tagliate in blocchi: il tufo grigio o cappellaccio, il tufo giallo, il tufo di Grotta Oscura (di migliore qualità), il tufo proveniente dalle cave di Veio. I blocchi erano posti alternativamente di punta e di taglio. Non erano previste torri sporgenti dalle mura e le porte erano delle semplici aperture. Questo standard fu utilizzato, in tutta Italia, fino al I secolo d.C.
Le mura, però, dovettero subire cambiamenti in funzione di nuove e pressanti minacce dall'esterno. Appiano narra che i consoli in carica nell'87 a.C., minacciati dall'esercito di Mario, cercarono di rinforzare le difese di Roma scavando altri fossati, restaurando le mura e creando alloggiamenti per l'artiglieria. Le Mura Serviane, però, erano destinate ad una lenta ma inarrestabile decadenza. L'imperatore Aureliano non si dette cura di ripararle e già all'epoca di Augusto il loro tracciato non era più ben identificabile.
Porta Esquilina o Arco di Gallieno
Lucio Domizio Aureliano era di origini provinciali. Era nato in Illiria forse nel 214 o nel 215 d.C., da una famiglia contadina, anche se correva voce che la madre fosse stata una sacerdotessa del Sol Invictus. Aureliano fu un soldato esemplare e questo gli consentì di avanzare nella carriera militare che ebbe il suo culmine sotto l'imperatore Gallieno (253-268 d.C.). Fu promosso comandante in capo della cavalleria e si distinse nella guerra contro i Goti. Alla morte di Claudio, Aureliano fu proclamato imperatore dall'esercito danubiano nell'ottobre del 270 d.C.. Una delle sue prime preoccupazioni, visto il periodo incerto che attraversava l'impero, fu quella di dotare Roma delle mura che ancor oggi portano il suo nome. Le Mura Aureliane sono in opera cementizia rivestita di mattoni, il che conferiva alle mura una solidità maggiore ed una minore esposizione ai crolli.
Le Mura Aureliane erano lunghe 19 chilometri e racchiudevano 2500 ettari di territorio. A sud un saliente incorporava nelle mura un tratto della via Appia, in modo da proteggere l'acquedotto dell'Aqua Antoniniana. Verso ovest, al di là del Tevere, parte della XIV Regio (più o meno l'attuale Trastevere) fu inclusa nel saliente che si arrampicava fin sul Gianicolo. I mulini per il grano si trovavano proprio sulle pendici di quest'ultimo ed erano alimentati dagli acquedotti Aqua Traiana e Aqua Alsietina. Acquedotti e mulini rivestivano una notevole importanza per l'alimentazione della città e la loro dislocazione condizionò inevitabilmente Aureliano al momento della costruzione della cinta muraria.
Porta Celimontana con, a destra, l'Arco di Dolabella e Silano
Due terzi della riva orientale del Tevere risultavano protetti dalle Mura Aureliane. Il tracciato, in questo modo, includeva tutti i ponti urbani (tranne, forse, Ponte Elio e il Ponte Neroniano). Alla fine del III secolo d.C., le mura di Roma avevano sicuramente un aspetto più imponente che in passato ed erano sicuramente più spesse e più alte. A questo si aggiunse un'importante innovazione: solide torri sporgenti collocate ad una distanza di 30 metri lungo la cortina. Le porte furono meglio difese, facendole affiancare da imponenti torri.
Porta Appia o di San Sebastiano
La parete propriamente detta delle Mura Aureliane era costituita da un nucleo omogeneo di pezzi irregolari di tufo e travertino, tenuti insieme da caementa di calce e pozzolana che, indurita, era solida e compatta. I materiali di costruzione erano completamente nuovi, non derivando, come per il passato, dalla demolizione di edifici più antichi o di pietre tombali. L'opus caementicium era ampiamente diffuso nel III secolo d.C.. Nelle Mura Aureliane, questo nucleo compatto venne rivestito di mattoni o tegole legati con malta.
Le Mura Aureliane vennero realizzate in piccoli segmenti lunghi da 4,5 a 6 metri ed alti da 1,3 a 1,8. L'assenza di fori è indice del fatto che i costruttori lavorarono stando direttamente sulle mura o su un'impalcatura a se stante. Erano mura resistenti, in grado di affrontare intemperie e terremoti. Le differenze riscontrabili da parate a parte del "cantiere" costruttivo, sono principalmente dovute al grado di maestria delle diverse manodopere impiegate. Lo storico bizantino Giovanni Malalas afferma che l'imperatore affidò la costruzione delle sue mura alle corporazioni urbane di operai (collegia), sotto la supervisione di un comitato ristretto di militari.
Porta Latina vista dall'interno delle mura
La costruzione del progetto imperiale di Aureliano a difesa di Roma si prolungò per tutto il regno di questo imperatore. Alla sua morte (autunno del 275 d.C.) i lavori non erano stati ancora completati. Fu Probo a completare l'opera del suo predecessore. In tutto, tra l'ideazione e il completamento, ci vollero sei anni per vedere in opera le Mura Aureliane.
Aureliano incorporò nella sua cinta muraria diverse strutture ed edifici preesistenti, come le mura di contenimento degli Horti Aciliorum e degli Horti Sallustiani a nord; le cortine e le torri dei Castra Praetoria, in seguito sopraelevate; un breve tratto dell'acquedotto Aqua Claudia-Anio Vetus su entrambi i lati di Porta Prenestina-Labicana; l'anfiteatro Castrense degli inizi del III secolo d.C. con le arcate meridionali murate. All'interno del circuito murario vennero inseriti anche alcuni edifici funerari, come la sepoltura di Marco Virgilio Eurisace e la Piramide di Gio Cestio.
Porta Asinara a S. Giovanni
Il perimetro delle Mura Aureliane ospitava ben 381 torri, poste ad una distanza regolare di 30 metri l'una dall'altra. Si tratta di torri quadrangolari, di 7,6 metri di larghezza e 4,5 di altezza sopra al camminamento. In nessun punto delle mura si poteva accedere direttamente alla camera di manovra di una torre o al camminamento di ronda. Per arrivarci si dovevano percorrere alcuni gradini nei pressi del fornice d'ingresso, gli stessi gradini che conducevano ai torrioni che fiancheggiavano la porta.
In origine le Mura Aureliane avevano 18 porte, 9 delle quali sono visibili tuttora. In realtà gli accessi veri e propri erano 29, contando le numerose posterule. Le porte possono riferirsi a quattro tipi architettonici: Tipo I - Porta Flaminia, Porta Appia, Porta Ostiense Est, Porta Portuense, provviste in origine di due archi di ingresso con rivestimento in travertino, fiancheggiati da due torri semicilindriche; Tipo II - Porta Salaria, Porta Nomentana, Porta Tiburtina, Porta Latina, provviste di un solo arco e fiancheggiate anch'esse da torri semicilindriche ma sprovviste di rivestimento in travertino; la Porta Prenestino-Labicana incorporò gli archi monumentali che Claudio fece costruire per scavalcare la via Prenestina e Labicana. Tra i due archi si trovava il monumento funebre di Marco Virgilio Eurisace, pistor et redemptor (fornaio e appaltatore); Tipo III - Porta Pinciana, Porta Chiusa, Porta Asinara, Porta Metronia, Porta Ardeatina e Porta Settimiana, avevano un modesto ingresso a un solo fornice ed erano porte adibite al traffico locale, prive di torrioni e poco più che posterule; Tipo IV - Porta Ostiense Ovest e una serie di porte piccole e posterule adibite a necessità private.

mercoledì 22 agosto 2012

Una nave bizantina nell'Atlantide Russa

L'imbarcazione bizantina nelle profondità delle acque
di Taman Bay, in Russia
Un'antica nave mercantile è stata scoperta nella Taman Bay, presso la località russa di Sochi, sul Mar Nero. Circa 13 secoli fa, l'imbarcazione aveva lasciato il porto di Bisanzio per poi affondare al largo di Phanagoria, la più grande colonia greca della penisola di Taman, nonché il più grande centro economico e culturale del Mediterraneo.
Gli archeologi russi stanno cercando di fare luce sulle cause del naufragio dell'imbarcazione. Non è ancora chiaro come mai ci fosse una sola ancora a bordo e che fine abbia fatto il carico. Non si sa quale fosse il nome della nave.
Phanagoria era, nel V secolo d.C., un centro importantissimo dell'impero bizantino e tale rimase per molti secoli. In seguito divenne il capoluogo della Bulgaria e, di conseguenza, una delle più grandi città dell'impero Kazaro. Attualmente un terzo dell'antica città si trova sotto le acque del mare, il che ha fatto chiamare questo luogo l'Atlantide russa. Vladimir Kuznetsov, capo della spedizione archeologica, sostiene che bisogna continuare ad indagare sotto la superficie marina per cercare i reperti dell'antica imbarcazione naufragata.
La città di Phanagoria ha iniziato ad essere esplorata nel XVIII secolo, quando era parte integrante dell'allora Impero Russo. La fase più produttiva è, tuttavia, iniziata alcuni anni fa.

Antiche forcine per capelli in Turchia

Antiche forcine per capelli
Gli archeologi che conducono gli scavi nella provincia nord-occidentale turca di Canakkale Ayvacik, hanno scoperto degli aghi crinali di più di duemila anni fa, che costituiscono la prova di come gli antichi ci tenessero a presentarsi bene in pubblico. Il professor Nurettin Arslan, dell'Università di Canakkale, ha ipotizzato che, nel luogo del ritrovamento degli aghi crinali potesse esserci una vera e propria fabbrica degli stessi.
Aghi crinali e forcelle sono stati trovati in diverse parti della città, la maggior parte si trovava sul luogo dell'antica agorà, dove si sta ancora scavando. Dai disegni che sono stati riprodotti sui reperti, il professor Arslan ha dedotto che essi risalgono al II secolo a.C.. Aghi crinali e forcelle sono stati ricavati dalle ossa di animali diversi, le stesse ossa che servivano a confezionare collane e cucchiaini, anch'essi frequentemente ritrovati negli scavi. Le forcine erano i particolari che distinguevano le donne ridotte in schiavitù da quelle libere nell'antica civiltà greca. Gli abiti, per entrambi i gruppi femminili, erano sostanzialmente identici, ma dagli antichi testi si sa con certezza che le donne libere si distinguevano per avere i capelli lunghi.

Mummie al microscopio

La dottoressa Karin Sowada spiega la sua
ricerca dinnanzi ad un sarcofago
Scienziati nucleari australiani stanno collaborando con un team internazionale di archeologi e storici per venire a capo del mistero che avvolge una collezione di mummie egiziane, di cui non si conosce né sesso né età.
La dottoressa Karin Sowada, socio onorario del Dipartimento Macquarie di Storia Antica dell'Università di Sidney, ha iniziato questa affascinante indagine qualche anno fa, quando era Assistente Curatore al Nicholson Museum presso l'Università di Sidney, che ospita le mummie. Le sue indagini hanno prodotto alcuni risultati interessanti. Innanzitutto si è accertato che la mummia chiamata NM R28.2, deposta nella bara di un uomo di nome Padiashaikhet (725-700 a.C.), era in realtà di epoca romana e più recente di circa 800 anni (68-129 d.C.). La datazione al carbonio di una testa mummificata facente parte della collezione del museo, ha dato come risultato il periodo Tolemaico (204-49 a.C.). Il risultato più sorprendente è stato quello offerto da una TAC alla quale è stata sottoposta la mummia NM R27.3, che ha rivelato che si trattava di un uomo sepolto nella bara di una donna.
Nel XIX secolo era frequente, per i viaggiatori occidentali che si recavano in Egitto, tornare a casa con casse contenenti mummie ed altri manufatti come souvenir, acquistate da rivenditori locali che, per aumentare il profitto, erano soliti frantumare gli oggetti in più parti per venderli separatamente. Nel corso dei decenni, molte di queste antichità sono state trasferite dalle collezioni private nei musei ed è proprio con questi provvidenziali trasferimenti che si stanno compiendo più approfondite indagini sugli oggetti, indagini che si stanno rivelando molto sorprendenti.
Gli oggetti e le mummie vengono sottoposti ad un'accurata analisi che comprende l'esame dello stile del sarcofago, delle tecniche e dei metodi di imbalsamazione, l'estrazione del DNA, la TAC e la datazione al carbonio.

Sepolture paleocristiane in Islanda

Il cimitero di Hofsstadir, in Islanda
Nel corso dello scavo di un antico luogo di sepoltura nella zona di Myvatn, nel nord-est dell'Islanda, sono state ritrovate due tombe di bambini. Gli archeologi ritengono che si tratti di bambini non battezzati, sepolti fuori dai cimiteri cristiani.
Le ricerche archeologiche ad Hofsstadir, nella zona di Myvatn, stanno andando avanti da 14 anni. Il sito sembra risalire alla seconda metà del X secolo. Finora sono stati riportati alla luce 177 scheletri umani e due chiese. Quest'estate gli archeologi hanno concentrato le ricerche attorno al muro del cimitero e nell'area immediatamente esterna ad esso. Il progetto è tutt'altro che terminato, ma mancano i fondi per raccogliere tutte le ossa e reperire ulteriori notizie sulle cerimonie funebri e le chiese del medioevo esistenti nella località in questione.

Cause della caduta dell'impero Maya

Belize occidentale, sito cerimoniale di El Castillo
Xunantunich
Le città stato dell'impero Maya sorsero e si svilupparono soprattutto nel sud del Messico e nella parte settentrionale dell'America centrale. Improvvisamente, però, queste città-stato decaddero e la stessa civiltà Maya si disintegrò.
Due nuovi studi stanno facendo luce sulle ragioni del crollo della cultura Maya, individuando nei Maya stessi la causa del collasso dell'impero che avevano costruito. Sicuramente la siccità ha giocato un ruolo fondamentale nel tramonto di questa civiltà, ma i Maya hanno contribuito non poco disboscando selvaggiamente la giungla per far posto a città e coltivazioni. La legna, inoltre, era loro necessaria per cuocere grandi quantità di calce per ricavarne intonaco. Sever Thomas, archeologo dell'Università di Huntsville, in Alabama, ha stimato che ci sono voluti circa 20 alberi per la produzione di un solo metro quadrato di paesaggio urbano.
Sito fortificato di Becan, abbandonato e
mai più ripopolato
Il dottor Benjamin Cook, studioso di mutamenti climatici alla Columbia University Lamont-Doherty Earth Observatory ha dichiarato: "Non si tratta di spiegare l'intero fenomeno della siccità con la deforestazione, ma sicuramente quest'ultima è una causa essenziale nell'inaridimento progressivo del suolo e del clima". Gli studiosi, Cook in testa, hanno analizzato l'incidenza delle coltivazioni di mais nell'alterazione del clima ed hanno scoperto che, nel momento di massima deforestazione durante il periodo Maya, il passaggio dalla giungla alle coltivazioni di mais ha inciso per il 60 per cento sulla deforestazione.
Anche la riconfigurazione del paesaggio ha svolto la sua parte nel processo di progressivo inaridimento del suolo. Un indice dello stress a cui è stato sottoposto l'ambiente si trova nell'albero della sapodilla, utilizzato per ricavarne tavole da costruzione, il quale non risulta più adoperato nelle costruzioni di Tikal e Calakmul già dal 741 d.C.. Inoltre nella penisola dello Yucatan gli scienziati hanno registrato un calo di precipitazioni di ben il 15 per cento del totale.
Un'altra veduta del sito di Becan
Nel contempo anche la vecchia struttura politica ed economica dei Maya, dominata da sovrani semidivini, è venuta a decadere. Contadini ed artigiani sembrano aver abbandonato le loro case e le loro città in cerca di migliori opportunità economiche. Oggi molte delle antiche città Maya sono ricoperte dalla giungla, soprattutto nello Yucatan. Le immagini satellitari, però, mostrano che la deforestazione si sta verificando in altre regioni Maya, un tempo occupate.
L'impero Maya contava più di 19 milioni di persone sparse sul suo territorio tra il 250 e il 900 d.C.. Gli antenati dei Maya vivono ancora oggi in alcune parti del Messico, del Guatemala, del Belize di El Salvador e dell'Honduras.

martedì 21 agosto 2012

Il generoso mare di Calabria...

La testa del leone ritrovato
nelle acque di Reggio Calabria
Nel mare della Calabria, al largo di Capo Zeffirio, è stata scoperta una scultura di bronzo dorato che raffigura un leone. Scoperta anche un'armatura in bronzo e rame, incastrata tra gli scogli in profondità. Sia il leone che l'armatura distavano poche decine di chilometri dal punto in cui, 40 anni fa, sono stati ritrovati i Bronzi di Riace.
A ritrovare i preziosi reperti è stato un appassionato di immersioni, Leo Morabito. Ora i carabinieri del nucleo Patrimonio Artistico stanno indagando sulle modalità del ritrovamento. Pare che si siano palesate alcune irregolarità. Il ritrovamento pare essere avvenuto il 16 agosto, ma le autorità non sono state avvertite, come sarebbe stato d'obbligo, entro le 48 ore successive.
Sul sito del ritrovamento ci sarebbero un'altra statua ed un'intera nave. Il leone è alto circa 50 centimetri per un peso di 15 chilogrammi. Nella zona in cui giaceva vi sono anche resti di vasi di colore nero e la statua incagliata negli scogli. Si è fatta l'ipotesi che gli oggetti appartengano al carico di una nave affondata proprio davanti alle coste della Calabria.

lunedì 20 agosto 2012

Si scopre il medioevo di Perperikon

Perperikon
Sono state scavate due tombe precedentemente chiuse nell'antico sito bulgaro di Perperikon. Le due tombe sono costituite da grandi blocchi di pietra e potrebbero fornire importanti informazioni sulla storia di Perperikon nel medioevo.
Gli archeologi sperano, quest'anno, di trovare anche la residenza episcopale del XIII e XIV secolo. Finora sono state scoperte più di cento tombe risalenti a questo periodo e altre 15 sono ancora da esplorare. Una parte di quelli che sono considerati i tesori dei vescovi sono stati già trovati, si tratta di 11 monete d'oro e sei d'argento. Queste monete facevano parte di un tesoro predato venti anni fa dai tombaroli, che includeva, in origine, circa 50 monete d'oro.

Una sepoltura "aquatica" in Perù

Gli scavi nella tomba "acquatica" peruviana
Gli archeologi hanno scoperto una tomba "acquatica" nel nord del Perù che appartiene, a prima vista, ad una figura nobile molto importante nella cultura Lambayeque, sepolta qui nel XII o XIII secolo. La sepoltura è stata scoperta in un sito archeologico distante 8 chilometri dalla città di Chiclayo, sulla costa settentrionale del Perù.
Gli archeologi non hanno ancora determinato il sesso del defunto, che è stato seppellito con decine di offerte a significare l'alto grado sociale che ricopriva nella cultura Lambayeque. Tra le offerte figura un pettorale ornato d'oro, argento e rame. Il defunto è stato ritrovato sepolto al di sotto della sepoltura dell'unica defunta di sesso femminile appartenente a quest'antica civiltà che sia stata onorata con un rito particolare ed elaborato.
Sembra che la tomba sia stata volutamente scavata sotto una falda freatica. Del resto l'acqua era estremamente importante per i Lambayeque.

Un altro tesoretto romano in Inghilterra

Lo scavo nel villaggio di Ewell
Centinaia di monete romane sono state ritrovate in uno scavo archeologico nel villaggio di Ewell, in Inghilterra. In tre settimane di scavo sono state riportate alla luce tutta una serie di testimonianze storiche, tra cui ceramiche dell'Età del Ferro, scaglie di selce preistoriche e più di 100 monete di un periodo compreso tra il I e il IV secolo d.C.
Il sito in cui sono stati ritrovati i reperti è destinato a diventare un prolungamento del cimitero della chiesa che si trova al centro del paese ed il progetto di recupero era l'ultima occasione utile per svelare e registrare eventuali reperti romani che erano seppelliti nel sito.
Nikki Cowlard, direttore dello scavo, ha rivelato di aver trovato segni di un'aratura profonda, forse effettuata con uno dei primi trattori a motore del 1850, che aveva danneggiato gran parte dei resti di origine romana. Le monete non sono state rivelate dal metal detector, ma da uno scavo profondo, avvenuto nelle immediate adiacenze di una strada romana che corre tra Londra e Chichester.
Le monete saranno presto pulite ed esaminate per identificarle e datarle. Le informazioni così raccolte saranno utilizzate per creare un catalogo.

Turchia, gli "inviti" di Antioco I di Commagene...

Turchia, l'iscrizione di Antioco di Commagene (Foto: AA) Un'iscrizione trovata vicino a Kimildagi , nel villaggio di Onevler , in Tu...