lunedì 30 luglio 2018

Turchia, scoperto un meraviglioso busto romano

Turchia, il busto appena trovato a Soli Pompeiopolis
(Foto: hurriyetdailynews.com)
Un busto romano, risalente a 1700 anni fa, è stato portato alla luce durante gli scavi nell'antica città di Soli Pompeiopolis, nel quartiere Mezitli di Mersin, in Turchia. Il busto è stato descritto come una meraviglia artistica e si pensa che rappresenti un aristocratico romano o il comandante che visse nella città alla fine del II o all'inizio del III secolo d.C.
Durante gli scavi sono stati trovati centinaia di manufatti, quali statue di divinità, busti di imperatori e notabili e tra gli edifici sono emersi un teatro, un balneum, il porto della città ed un acquedotto. Si ritiene che l'antica città, abitata sin dall'epoca neolitica, possa essere equiparabile ad Efeso, nella Turchia occidentale, una volta portati a termine gli scavi che sono condotti dal Professor Remzi Yagci della Dokuz Eylul University.
I manufatti rinvenuti finora sono esposti al Museo di Mersin, nel quale verrà ospitato anche il busto appena scoperto, che è lungo 82 centimetri e largo 60. Il busto presenta delle fratture, ma complessivamente l'artefatto è solido e non presenta ulteriori danni. Ritrae un uomo barbuto con un volto severo.
Lo stile del busto fa pensare ad un ritratto del periodo degli Antonini, che governò l'impero dal 96 al 192 d.C., anche se gli archeologi pensano che sia stato scolpito durante l'epoca severiana (193-235 d.C.).
Soli Pompeiopolis era una città portuale della Cilicia, nell'odierna provincia di Mersin. Fu colonia di Rodi che la fondò nel 700 a.C.; venne successivamente distrutta e fu ricostruita da Pompeo Magno da cui prese, in seguito, il nome. Non molto è rimasto dell'importante porto cittadino, fortunatamente sono sopravvissute 41 colonne lungo la strada principale. Almeno 33 di queste colonne hanno conservato i loro capitelli e quelle che si trovano sul lato meridionale presentano ulteriori basi su cui erano collocate le statue degli imperatori romani e di dignitari locali.

Fonte:
hurriyetdailynews.com

Il passato normanno di Palermo, sepolture

Palermo, gli scavi della chiesa "normanna"
(Foto: Slawomir Mozdzioch
)
Gli archeologi polacchi hanno scoperto sepolture risalenti ad 800 anni fa nei pressi della chiesa medioevale di San Michele, a Palermo. Secondo i ricercatori si tratterebbe di sepolture normanne. "Alcuni dei morti sepolti nel cimitero erano senza dubbio membri dell'élite o del clero, come sembra indicare la forma di alcune tombe", ha affermato il Professor Slawomir Mozdzioch, dell'Istituto di Archeologia ed Etnologia dell'Accademia polacca di Scienze a Wroclaw, responsabile degli scavi.
Quest'anno gli archeologi hanno complessivamente scoperto 10 sepolture, delle quali tre di donne e due di bambini. Gli scheletri rimasti sono piuttosto difficili da esaminare. A detta dei ricercatori il cimitero era, un tempo, associato all'ospedale della chiesa, menzionata in un documento del XII secolo. Purtroppo all'interno delle tombe non sono stati trovati corredi. Tuttavia i ricercatori sono stati in grado di determinare l'origine dei defunti. Ci sono molte indicazioni che li ricollegato all'Europa occidentale (Francia settentrionale), per cui erano Normanni, discendenti dei Vichinghi.
Secondo gli antropologi la statura massiccia e la costituzione stessa degli scheletri sta ad indicare proprio la loro origine nordica. Questa non è certo una sorpresa per gli archeologi. "Nella seconda metà dell'XI secolo l'isola fu strappata agli arabi dal nobile normanno Roger de Hauteville", ha spiegato Professor Slawomir Mozdzioch. E' interessante notare che la costruzione della chiesa fortificata è iniziata prima che la vicina città di Palermo fosse riconquistata dagli arabi. Per questo l'edificio di culto venne costruito su una collina, un luogo sicuramente strategico. Si tratta di un edificio che in origine aveva tre absidi ed un'unica navata con pianta cruciforme.
Gli scavi sono stati condotti anche all'interno della chiesa medioevale che, per la forma, l'architettura e quanto vi è stato scoperto - monete coniate in Champagne e a Lucca - richiama proprio il nord Europa, da cui provenivano quasi sicuramente i costruttori. I risultati della ricerca sul campo confermano che la chiesa venne costruita nel XII secolo, così come affermato nella documentazione esistente.

Fonte:
scienceinpoland.pap.pl

Giordania, il primo pane del mondo

Giordania, uno dei focolari dove sono stati trovati i resti di pane
(Foto: Alexis Pantos/PNAS)
In Giordania gli archeologi hanno rintracciato minuscoli granelli di pane in alcune strutture utilizzate dai cacciatori-raccoglitori di 14000 anni fa. Queste briciole sono state sicuramente identificate come pane e questo suggerisce che ci si trova di fronte all'alba dell'agricoltura.
Si tratta di piccoli grumi di pochi millimetri di dimensione, trovati nei focolari di un sito nel deserto posto a nordest della Giordania. I grumi sono stati sottoposti all'analisi del radiocarbonio per accertarne la composizione. Tra i resti, inoltre, i ricercatori hanno dissotterrato dei tuberi piccoli e rotondi di una pianta che cresce nelle zone umide e resti di piante appartenenti alla famiglia del cavolo, oltre a resti di cereali selvatici tra i quali grano ed orzo macinati.
Alcuni dei grumi carbonizzati all'analisi hanno rivelato di essere composti anche da altre piante. L'analisi sembra suggerire, anche, che la farina utilizzata per fare questo primitivo pane potrebbe essere stata setacciata mentre la mancanza di un forno suggerisce che il composto sia stato cotto nella cenere oppure su una pietra calda. In sostanza, secondo i ricercatori, si tratterebbe di una sorta di pane azzimo.
Finora le tracce più antiche di pane sono quelle trovate nel sito di Catalhoyuk, in Turchia, datate a 9000 anni fa. All'interno dei focolari sono state rinvenute anche ossa di gazzella e di almeno una dozzina di uccelli acquatici, il che conferisce al ritrovamento l'aspetto di un pasto condiviso tra un gruppo numeroso di persone, forse una sorta di banchetto comunitario.

Fonte:
theguardian.com

domenica 29 luglio 2018

Sardi, emergono tracce di guerra

Sardi, scavi archeologici nell'antica città
(Foto: hurriyetdailynews.com)
Resti di natura militare sono stati rinvenuti nell'antica città di Sardi, nella provincia occidentale turca di Manisa Salihli. I ricercatori ritengono che siano stati utilizzati in uno scontro armato tra lidi e persiani. L'antica città di Sardi fu capitale della Lidia e fu un centro molto importante tra il VII secolo a.C. ed il VII secolo d.C.. Ora è in fase di scavo. Qui vennero coniate molte monete e fu sede di una delle sette chiese importanti durante i primordi del cristianesimo.
L'equipaggiamento militare appena rinvenuto è stato forse utilizzato durante il conflitto che portò alla fine dell'impero di Lidia nel 546 a.C.. Il responsabile degli scavi a Sardi, Professor Nicholas Dunlop, ha affermato che gli archeologi continueranno a lavorare all'interno della terrazza di quello che, un tempo, era un palazzo, dove lo scorso anno è stato riconosciuto un livello risalente all'Età del Bronzo.
I manufatti ritrovati sono uno scudo militare, un pezzo di avorio proveniente da un sigillo e della mobilia. "Questi oggetti avvalorano la nostra previsione che in questo punto vi fosse una sorta di campo d'armi del palazzo. Abbiamo trovato anche vasi, ciotole e una parte di un piano di cottura. Abbiamo trovato tre punte di freccia che potrebbero appartenere all'epoca dello scontro tra Creso e Ciro. In diversi campi, durante gli scavi che si sono effettuati nel corso degli anni, sono state trovate 40-50 di queste punte di freccia", ha detto il Professor Dunlop.
Le mura dell'enorme terrazza vennero costruite per supportare delle strutture monumentali, costituite da da pietre di 3 metri per 1 per un'altezza di 50 metri. Si trattava di strutture megalitiche che dovevano manifestare il potere del sovrano regnante.

Fonte:
hurriyetdailynews.com

Sicilia, trovato un cranio femminile con segni di cancro

Sicilia, il cranio della donna morta per cancro
(Foto: Roberto Micciché, Giuseppe Carotenuto, Luca Sineo)
Gli archeologi hanno scoperto il cranio di una donna morta per cancro, sepolto rivolto verso una grotta artificiale scavata nella roccia, in una posizione che sembra fissare i resti di almeno 50 persone sepolte all'interno. Il cranio è stato rinvenuto vicino la città di Baucina, in Sicilia ed ha lasciato piuttosto perplessi i ricercatori.
Quando morì, la "proprietaria" del cranio aveva tra i 35 ed i 50 anni. Il cancro sembra essersi esteso fino al cranio, lasciandovi ben 14 fori. I ricercatori ritengono che la malattia sia iniziata dal seno per diffondersi, in seguito, in tutto l'apparato scheletrico. Purtroppo la sepoltura è stata violata, con la conseguenza che i resti scheletrici di chi vi è stato sepolto sono sparpagliati ovunque ed i corredi funerari sono stati rubati. Non si sa dove sia sepolto il resto del corpo della donna.
"Possiamo supporre che il cranio sia rimasto indisturbato nella sua posizione originale e che i ladri di tombe abbiano utilizzato un altro modo per entrare nella grotta", ha affermato Roberto Micciché professore aggiunto di antropologia dell'Università di Palermo. Il cranio è stato scoperto nel 2014, durante gli scavi nella grotta artificiale.
Proprio il cancro di cui soffriva la donna può contribuire a spiegare perché sia stata sepolta con il cranio rivolto verso la grotta. I fori nella calotta cranica e altri sintomi della sua malattia possono essere stati visti come insoliti dalla comunità in cui viveva e potrebbero aver impressionato molto le persone che facevano parte della comunità. "Personalmente sono d'accordo su questa interpretazione, sul fatto che l'apparenza clinica delle metastasi sul cranio, con fori sparsi, può aver impressionato la percezione dell'aldilà delle persone che vivevano accanto alla donna deceduta", ha affermato il Professor Micciché. "Un'altra possibilità potrebbe essere quella collegata ad un particolare ruolo svolto dalla donna all'interno dell'antica comunità di cui faceva parte". 

Fonte:
livescience.com

Israele, i sorprendenti mosaici della sinagoga di Huqoq

Israele, il mosaico rinvenuto nella sinagoga di Huqoq
(Foto: Jim Haberman)
Un antico mosaico, raffigurante due esploratori antichi inviati a perlustrare la terra promessa, è stato portato alla luce in una sinagoga di 1600 anni fa nel nord di Israele. Nel mosaico i due esploratori recano un grappolo d'uva posto su un palo, forse un riferimento ad un episodio che si trova nel Libro dei Numeri della Bibbia, dove Mosè invia 12 esploratori, tra i quali Joshua, nella terra di Canaan per sapere chi vi abitava, e se il terreno era fertile (Numeri 13, 17.23).
Il mosaico raffigura due di questi esploratori che avevano appena tagliato "un tralcio con un grappolo d'uva, che portarono in due con una stanga, e presero anche melagrane e fichi" (Numeri 13, 23). Il mosaico è uno dei circa dodici che gli archeologi hanno scoperto in una sinagoga dell'antico villaggio di Huqoq, in Galilea. Il dettaglio e l'ampiezza delle scoperte indicano che l'abitato ebbe il suo apogeo artistico durante il V secolo d.C., quando la regione era sotto il dominio della Roma cristiana.
"I mosaici che decorano il pavimento della sinagoga di Huqoq rivoluzionano la nostra comprensione dell'ebraismo in questo periodo", ha affermato il Professor Jodi Magness, che insegna archeologia all'Univesità di Chapel Hill, nel North Carolina. "Si è sempre pensato che l'antica espressione artistica ebraica fosse aniconica, carente d'immagini. Questi mosaici colorati e pieni di scene figurate, attestano una ricca cultura visiva anche per quanto riguarda il dinamismo e la diversità dell'ebraismo nei periodi tardi dell'impero romano e bizantino".
Israele, mosaico della sinagoga di Huqoq raffigurante il mese di Tevet
con il segno zodiacale del capricorno (Foto: Jim Haberman)
Il team di archeologi guidati dal Professor Magness ha iniziato a scoprire questi mosaici dal 2012. Da allora, in collaborazione con la Israel Antiquities Authority e con l'Università di Tel Aviv, sono venuti alla luce altri mosaici quali quelli che raffigurano l'Arca di Noè, la separazione delle acque del Mar Rosso, la Torre di Babele, mosaici di elefanti, amorini e persino uno raffigurante Alessandro il Grande.
Quest'anno gli archeologi hanno focalizzato la loro attenzione sui mosaici della navata nord della sinagoga di Huqoq e qui hanno scoperto il mosaico raffigurante due degli esploratori inviati da Mosè. Un altro mosaico, individuato nei pressi, mostra un giovane che porta un animale con una corda. Questa rappresentazione fa riferimento ad un versetto di Isaia "...e un fanciullo li guiderà" (Isaia 11,6). All'estremità nord della navata est della sinagoga, gli archeologi hanno rinvenuto un'iscrizione ebraica frammentaria "Amen selah", che vuol dire "per sempre amen".
"Non esiste nessun'altra sinagoga in Israele che contenga così tante decorazioni. E molte delle scene nella nostra sinagoga non si trovano in nessuna delle altre antiche strutture religiose", ha affermato il Professor Magness. I mosaici erano destinati sia a decorare la sinagoga che a svolgere una funzione educativa, dal momento che all'epoca molte persone erano analfabete.

Fonte
livescience.com

Bulgaria, trovata stele funeraria romana

Bulgaria, la stele funeraria romana appena trovata
(Foto: ETA)
Una stele funeraria romana riccamente decorata è stata rinvenuta nella fortezza di Kale Kovachevsko, nel nordest della Bulgaria. La stele risale all'epoca tarda dell'impero romano. Si pensa che la fortezza di Kale Kovachevsko sia stata costruita tra il 308 e il 324 d.C., durante il regno di Costantino I il Grande (303-337 d.C.) e di Licinio (308-324 d.C.), che governarono insieme nel sistema definito Tetrarchia.
Non si conosce il nome antico di Kale Kovachevsko, che era una città romana di medie dimensioni con imponenti fortificazioni che dovevano proteggerla contro le invasioni barbariche della Mesia inferiore (attuale nord e nordest della Bulgaria). La città e le sue fortezze sono state gravemente danneggiate dalle invasioni dei Goti del IV secolo d.C. e dagli Unni di Attila nel V secolo d.C.. Vennero poi distrutte dagli Slavi e dagli Avari alla fine del VI secolo d.C.
Gli scavi nella fortezza di Kale Kovachevsko hanno portato, nel 2015, alla scoperta di un'antica, enorme, costruzione romana del IV secolo d.C. che, probabilmente, era destinata ad horreum (granaio). Nel 2016, invece, il Museo di Storia di Popovo ha annunciato la scoperta di 42 monete romane con l'effige di imperatori bizantini.
La stele romana appena scoperta è alta 110 centimetri, larga 80 ed ha 30 centimetri di spessore. L'iconografia è tipica del IV secolo d.C. e raffigura un uomo e una donna. L'uomo è rappresentato con i simboli del potere, con in mano un documento testamentario. La stele appare incompiuta poiché nello spazio dedicato all'iscrizione non vi è nulla. Secondo il Professor Oleg Alexandrov, dell'Università "Cirillo e Metodio" di Veliko Tarnovo, l'uomo raffigurato sulla stele funeraria non è probabilmente morto sul posto e così la stele che era stata preparata in anticipo non è stata mai completata.
Gli scavi del 2018 all'interno della fortezza di Kale Kovachevsko si sono incentrati sullo studio delle terme romane, delle quali due terzi sono stati già indagati nel 2017. Gli archeologi stanno cercando un tempio che si crede fosse stato eretto all'interno della fortezza.

Fonte:
archaeologyinbulgaria.com

Bulgaria, trovata iscrizione dell'epoca di Marco Aurelio

Kabyle, l'iscrizione romana trovata di recente
(Foto: Museo di storia regionale di Yambol)
Un'iscrizione romana intatta dell'epoca dell'imperatore Marco Aurelio (161-180 d.C.) è stata trovata dagli archeologi durante gli scavi che sono in corso nell'antica città tracia e romana di Kabyle. Si tratta del primo ritrovamento di un manufatto intatto rinvenuto nell'area di scavo negli ultimi 35 anni, a detta di Stefan Bakardzhiev, direttore del Museo regionale di storia della città di Yambol.
Kabyle si trova sul versante sudorientale di un'alta collina conosciuta come Zaychi Vrah (Monte del Conigli), su una curva del fiume Tundza. Venne fondata alla fine del II millennio a.C. ed ospitava un santuario in pietra nell'acropoli posta in cima alla collina. Kabyle fu la residenza dei primi re del regno Odrisi (V secolo a.C. - I secolo d.C.) e divenne un accampamento militare romano in epoca tardo-antica. Tutta l'antica Tracia a sud del Danubio inferiore era la parte più importante e potente del regno. Questa zona venne conquistata dai Romani nel 46 d.C. e sia l'aristocrazia che la popolazione tracia si integrarono perfettamente nella società romana.
La Tracia (Dacia) a nord del Danubio inferiore venne, invece, conquistata dall'imperatore Traiano (98-117 d.C.) nel 106 d.C. e venne perduta nel 271 d.C., mentre il resto della Tracia antica a sud del Danubio rimase parte dell'impero romano prima e di quello bizantino in seguito.
L'iscrizione romana recentemente scoperta è costituita da sette linee incise su una lastra in pietra di 60 centimetri di altezza e 80 di larghezza e si riferisce alla costruzione delle terme romane di Kabyle nel 166-169 d.C.. Queste terme vennero costruite dalla Cohors II Lucensium, un'unità militare romana di stanza, all'epoca, in città. I militari erano sotto il comando del prefetto Aelius Rufus. L'iscrizione è stata rinvenuta nei pressi dell'edificio che ospitava il comando dell'unità militare romana di stanza a Kabyle.
Negli scavi del 2017 gli archeologi del Museo di Yambol hanno scavato la residenza del prefetto della coorte romana. Finora si sapeva soltanto che la Cohors II Lucensium era arrivata a Kabyle nel 136 d.C.. L'iscrizione è la quarta finora rinvenuta in città che fornisce informazioni circa l'attività della coorte che vi era stanziata.

Fonte:
archaeologyinbulgaria.com

Vulci, trovate monete romane in una sepoltura

Vulci, le monete romane in bronzo trovate nei pressi di una sepoltura
(Foto: ansamed.info)
Eccezionale scoperta nel sito archeologico di Vulci, dove è stato ritrovato, intatto, un tesoro composto da monete risalenti al III secolo a.C.. Si tratta di 15 grandi monete in bronzo, forse originariamente custodite in un sacchetto di cuoio, trovate sulla tegola di chiusura di una sepoltura unitamente ad uno strigile in ferro e numerose ceramiche, tutti elementi di un rituale funebre.
Uno degli individui sepolti nei pressi era di sesso maschile ed aveva una moneta, simile a quelle ritrovate recentemente, collocata sulla spalla sinistra unitamente ad una fibbia in bronzo ed altri oggetti in ferro e ceramica. La morte dell'uomo è stata causata, forse, da un oggetto in ferro - si pensa ad una lancia - trovato nei pressi del cranio.
Il secondo defunto è stato cremato e quanto ne rimaneva avvolto in un sudario chiuso, probabilmente, da una fibbia in bronzo trovata nei pressi. Altri oggetti sono stati trovati nel vestibolo della sepoltura tra i quali una piccola pisside circolare con copertura a piombo.
Le monete, che appartengono alle prime emissioni romane, presentano una prua di imbarcazione su un lato e l'immagine di Giano bifronte sull'altro, a rappresentare il passaggio dei defunti dal mondo dei vivi a quello degli inferi. Carlo Casi, direttore scientifico della Fondazione Vulci, ha affermato che la scoperta è parte delle "vaste e sistematiche indagini" che da anni sono in corso nella necropoli di Poggetto Mengrelli. "Sono state scavate più di 100 tombe, databili tra la metà dell'VIII secolo e il II secolo a.C.", ha aggiunto. "In questo caso specifico, lo studio del contesto è interessante, perché ci permette di definire meglio la continuità sociale tra Etruschi e Romani dopo la conquista di Roma, che ha avuto luogo nel 280 a.C.".

Fonte:
ansamed.info

Egitto, edifici portuali emersi nella piana di Giza

Piana di Giza, gli edifici emersi nei pressi dell'antico porto
(Foto: Ancient Egipt Research Associates)
Gli archeologi che lavorano all'organizzazione Ancient Egipt Research Associates hanno scoperto due antichi edifici vicino alle piramidi di Giza. Le strutture potrebbero aver ospitato i funzionari responsabili della supervisione sulla produzione del cibo per l'esercito. Gli edifici risalgono a più di 4500 anni fa e sono emerse nei pressi di quello che, un tempo, era il porto di Giza, utilizzato durante la costruzione della piramide di Menkaura (2490-2472 a.C.).
Una delle strutture si pensa abbia ospitato un funzionario che curava la macellazione degli animali, mentre l'altra ospitava, forse, un sacerdote che faceva parte di un'istituzione chiamata wadaat, che comprendeva sacerdoti di alto rango. I due edifici sono contigui ad altre strutture che potrebbero aver ospitato una guarnigione di almeno 1.000 soldati. Gli archeologi hanno anche calcolato l'entità del cibo necessario a nutrire questo stanziamento militare: si parla di quantità molto elevate di farro e carne.
Il porto situato nei pressi delle piramidi di Giza doveva essere molto importante, in antico, poiché raccoglieva le merci provenienti da tutto l'Egitto e dal Mediterraneo orientale. Gli archeologi avevano già rinvenuto, in precedenza, altri edifici residenziali in questo porto, tra le quali uno composto da 21 stanze, in cui lavoravano degli scribi. Il porto era, probabilmente, già in funzione a Giza quando venne costruita la piramide di Khufu (2551-2528 a.C.), secondo quanto risulta da una sorta di "giornale di bordo", scritto da un ispettore di nome Merer, vissuto nel 27mo anno di regno di Khufu. Al momento si sta completando la traduzione di questo importantissimo documento.

Fonte:
livescience.com

venerdì 27 luglio 2018

Un'antica statio sull'Appia beneventana

Archeologi al lavoro lungo la via Appia, dove sorgeva un'antica statio
romana (Foto: Sannio Report)
Un insediamento romano, datato tra la fine del I secolo a.C. e il 50 d.C., lungo la via Appia, a Benevento. E’ quanto sta emergendo dagli scavi di un team di archeologi dell’Università di Salerno, guidati dal Professor Alfonso Santoriello, in località Masseria Grasso, alle porte del capoluogo sannita.
Il progetto Ancient Appia Landscapes, iniziato nel 2011 e che vede la collaborazione anche della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Caserta e Benevento, oggi vede dei risultati importanti. Grazie ad un approfondito studio con tecniche tradizionali ed innovative, l’equipe di professionisti sta riportando alla luce un tesoro inestimabile: si tratta secondo i primi riscontri di Nuceriola, la prima ‘statio’ lungo l’Appia a IV miglia dalla città di Benevento. Una ipotesi suffragata anche dalle fonti storiche ed in particolare dalla Tabula Peutingeriana, che segnalava la presenza del borgo come prima stazione della “Regina Viarum” in direzione di Brindisi.
Nell’area indagata, lungo un tronco stradale di 14 metri di lunghezza e 5 di larghezza, dagli studiosi è emerso un complesso artigianale articolato con almeno 5 ambienti nei quali erano attive almeno due fornaci per la produzione di terracotta ed argilla. Un segnale che fa ipotizzare che l’insediamento fosse esteso per almeno 7 ettari.
Ritrovamenti importanti che restituiscono un quadro più chiaro del Sannio romano. Una comunità che nasceva intorno all’Appia, vera via di comunicazione e sviluppo dell’intero territorio. Secondo gli archeologi, inoltre, ‘Nuceriola’ sorgerebbe su un sito ancora più antico e risalente ai Sanniti che nell’area avrebbero dato vita a diversi piccoli centri sorti intorno ad un santuario che sorgeva in zona.
Il progetto di ricerca, però, non si ferma solo ai beni materiali ritrovati, ma si allarga alla ricostruzione del paesaggio storico sannita. Uno studio capace di ricostruire e valorizzare l’intera area beneventana.
Ad ogni modo, al centro dello scavo resta la via Appia. Arteria di collegamento fondamentale per i romani e non solo e che oggi ritorna prepotentemente all’attenzione grazie ai nuovi studi e pubblicazioni, ma anche al rilancio della candidatura Unesco. Un riconoscimento che se dovesse arrivare potrebbe significare il definitivo rilancio della antica strada sia dal punto di vista della tutela e valorizzazione, ma anche della fruizione e del turismo consegnando un bene importantissimo alla collettività, come ha sottolineato l’assessore comunale ai rapporti con l’università, Rossella Del Prete.

Fonte:
ntr24.tv

Halaesa torna alla luce

Halaesa, pavimentazione appena tornata alla luce
(Foto: repubblica.it)
Messina e Oxford, insieme, per riportare alla luce il santuario del dio Apollo a Tusa. Per il secondo anno consecutivo, si è svolta una campagna di scavi della missione italo-inglese nell’area che custodisce i resti del più importante santuario dell’antica città di Halaesa dove sono state ritrovate anche le tracce di un teatro antico del quale è stata data recentemente notizia, grazie alla collaborazione con gli archeologi francesi stavolta. 
Molto fortunati e molto fieri di annunciarvi che la Sicilia conta un teatro antico in più”, lo hanno annunciato sulla pagina Facebook, gli studiosi francesi: è qui a Tusa/Halaesa, "E alla fine l’abbiamo trovato”. In Sicilia dal 12 luglio, la missione archeologica francese ha scovato quel che cercava: “Una grande porzione lunga più di 50 metri e larga due metri", nella quale emerge "un profilo regolare con dei gradini, un sedile in pietra coperto da una fascia destra e in basso, lo spazio orizzontale dell’orchestra circondata da un pavimento”. Secondo gli archeologi francesi, quindi, l’Isola ha un nuovo teatro antico, a Tusa. Cittadina nel Messinese che fa gola agli archeolog.
"Siamo in presenza di un esempio di proficua sinergia tra università francesi, inglesi e siciliane, istituzioni e governo regionale ed amministrazioni locali - dice il sindaco di Tusa Luigi Micelifinalizzata alla crescita e allo sviluppo del territorio, attraverso lo studio e la valorizzazione delle risorse archeologiche e culturali".
Halaesa, infatti, era una città siculo-greca di grande bellezza che prendeva il nome dal fiume Alesa, oggi torrente Tusa. Qui si trovava un santuario dedicato al dio Apollo che sovrastava la costa e la foce del fiume e che venne individuato negli anni Cinquanta ma, da allora, coperto da vegetazione e caduto nel dimenticatoio. Da giugno a luglio, il sito è stato protagonista di sei settimane di lavoro per gli archeologi delle Università di Messina, diretti da Lorenzo Campagna, e di Oxford, guidati da Jonathan Prag, in collaborazione con il museo delle Tradizioni silvo-pastorali di Mistretta e la soprintendenza messinese. In campo 48 tra archeologi, dottorandi e studenti dei due Atenei e di altre università italiane e straniere coordinati da Alessio Toscano Raffa del Cnr-Ibam di Catania e ospitati nei locali dell’ex Collegio messi a disposizione dal Comune di Tusa. Le attività hanno consentito di ricostruire la planimetria del grande complesso religioso in cui troneggiava un podio lungo 50 metri e alto 4 metri; individuati anche altri due edifici sacri mentre è ipotizzata la presenza di almeno altri due templi di dimensioni minori, che saranno oggetto di indagine nella campagna del 2019. Al centro del santuario ci sono le tracce del suo edificio più importante e grande con una pavimentazione a mosaico bianco, colonne e decorazioni architettoniche. Al suo interno dovevano esserci diverse statue di cui sono stati rinvenuti alcuni frammenti nel corso dello scavo e a cui appartiene anche una statua di divinità femminile custodita nell’antiquarium di Tusa.

Fonte:
palermo.repubblica.it

domenica 8 luglio 2018

Turchia, bambini e sacrifici umani nell'antica Mesopotamia?

Turchia, la sepoltura dei fanciulli (Foto: Ba sur Hoyuk progetto di ricerca)
Circa 5000 anni fa, vennero sepolti due fanciulli di appena 12 anni, un ragazzo ed una ragazza. I loro corpi furono circondati da centinaia di punte di lancia in bronzo, forse parte di un sacrificio di otto individui.
Gli otto individui sacrificati sono stati trovati appena fuori la sepoltura, nel sito di Basur Hoyuk, nella Turchia sudorientale. Le vittime avevano un'età compresa tra gli 11 ed i 20 anni. I due fanciulli dodicenni, insieme agli altri, sono stati deposti in un angolo e dotati di un corredo di alto rango per il periodo e la regione.
La sepoltura è stata scoperta nel 2014. Accanto ai bambini sono stati rinvenuti i resti di un adulto ma si pensa che appartengano ad una sepoltura precedente che si è "mescolata" con quella dei due fanciulli. Al momento si hanno prove di un trauma violento solo su due degli scheletri rinvenuti, anche se i ricercatori ammoniscono che non sempre la morte violenta lascia tracce sui resti umani.
Turchia, punte di lance in bronzo trovate nella sepoltura
(Foto: 
Ba sur Hoyuk progetto di ricerca)
La preparazione attenta e la posizione dei corpi degli otto ragazzi trovati accanto alla sepoltura dei bambini, porta a pensare che siano stati vittime di un sacrificio per accompagnare questi ultimi e servirli nell'aldilà. Permangono, tuttavia, una serie di misteri: chi erano i due dodicenni che sembrano essere i "proprietari" della sepoltura? Sono stati anche loro sacrificati? Purtroppo lo stato di conservazione dei resti all'interno della camera sepolcrale non è dei migliori e non si hanno prove che anche i due ragazzi dodicenni siano stati sacrificati. Tuttavia il fatto che abbiano ricevuto una sepoltura elaborata fa pensare che abbiano avuto, in vita, uno stato sociale piuttosto elevato.
Sacrifici umani sono stati rintracciati in altre parti dell'antica Mesopotamia, come Arslantepe, in un sito risalente anch'esso a 5000 anni fa. Alcuni archeologi ritengono che la sepoltura rappresenti una manifestazione di potere da parte di una società sempre più gerarchizzata. Il potere di disporre di grande ricchezza ma anche della vita di altri esseri umani.

Fonte:
livescience.com

Memorie di Vindolanda, trovata una mano in bronzo di Giove Dolicheno

Scozia, la mano in bronzo di Giove Dolicheno
trovata a Vindolanda
(Foto: Vindolanda Trust)
Gli archeologi hanno scoperto un'antico reperto romano, chiamato "mano di Dio", ma la storia che questo particolare reperto racconta è tutt'altro che celeste. La mano è stata rinvenuta nei pressi del Vallo di Adriano ed è di 2,3 chili di peso. Il materiale in cui è forgiata è il bronzo massiccio. Fu quasi certamente il dono ad una divinità militare che doveva dare ai Romani una grande vittoria prima di un'operazione militare.
Per quanto riguarda quest'ultima, si pensa sia l'invasione romana della Scozia, condotta tra il 209 e il 210 d.C., uno degli eventi più sanguinosi della storia britannica che portò all'uccisione di migliaia di persone appartenenti alle tribù dell'attuale Scozia. I Romani sostenevano che i capi nativi avevano infranto un accordo di pace e li consideravano, pertanto, dei ribelli. E' probabile che la mano di bronzo, un oggetto sacro, sia stata sepolta da un comandante romano che aveva preso parte al conflitto.
Per descrivere la rabbia che i Romani provavano, Cassio Dione pone in bocca all'imperatore romano dell'epoca, Settimio Severo, un discorso particolarmente raccapricciante preso in prestito dall'Iliade: "Non ci accingiamo a lasciar vivo nemmeno un bambino nel grembo della madre, nessuno di loro deve sopravvivere. Tutto il popolo deve essere sterminato, nessuno deve rimanere a versare una lacrima per loro, non devono lasciare traccia". Anche se quasi certamente l'imperatore non pronunciò mai queste parole, esse restituiscono la dimensione violenta e vendicativa con cui agirono le truppe romane.
Moneta romana con ritratto di Settimio Severo trovata a Vindolanda
(Foto: Vindolanda Trust)
La mano in bronzo era stata depositata in una zona paludosa, ritualmente significativa, adiacente ad uno dei forti romani di Vindolanda. E' stata associata ad una divinità di origine mediorientale, Giove Dolicheno, originariamente una versione locale siriana di Giove, signore degli dèi. Giove Dolicheno era particolarmente venerato dai militari romani. La mano in bronzo veniva spesso posta sulla cima di un palo ed utilizzata per benedire o santificare i seguaci del durante i rituali religiosi all'interno dei templi a lui dedicati. I militari che occupavano i forti di Vindolanda erano di origine gallica ed erano prevalentemente militari di fanteria ausiliaria e cavalleria. Erano comandati da un ufficiale benestante di origine borghese, Sulpicius Pudens, che da quanto si conosce era particolarmente devoto a Giove Dolicheno, al quale dedicò due altari all'interno del tempio del forte di Vindolanda, nei pressi di una sorgente di zolfo.
Settimio Severo morì prima che il conflitto fosse completamente risolto ed i suoi successori mostrarono poco interesse per la Gran Bretagna. La mano di bronzo sarà in mostra permanente nel Museo di Vindolanda.

Fonte:
independent.co.uk

Luxor, trovati vasi canopi in una sepoltura

Luxor, i vasi canopi così come sono stati ritrovati
(Foto: english.ahram.org.eg)
Gli archeologi che stanno scavando una tomba a Luxor hanno scoperto quattro vasi canopi della XXVI Dinastia, dedicati alla "Signora della Casa Amenardis". La scoperta è stata fatta da una missione egiziano-americana guidata da Elena Pischikova e Fathy Yassin che si occupa dei lavori di restauro nella tomba di Karabasken, un sacerdote cuscita, che si trova nella necropoli di Asasif, sulla sponda occidentale di Luxor.
Mostafa Waziri, Segretario Generale del Consiglio Supremo delle Antichità, ha detto che i vasi sono stati trovati in un vano sepolcrale tagliato nella parete sud del corridoio colonnato della tomba. I vasi sono in buono stato, malgrado siano caduti, nel corso del tempo, a causa della pressione dell'acqua penetrata negli ambienti sepolcrali. Solo uno di loro è risultato frammentato. La Dott.ssa Pischikova ha dichiarato che i vasi erano vuoti e che probabilmente contenevano le viscere del defunto.
Il coperchio dei vasi canopi hanno forma di uomo, babbuino, sciacallo e falco e sono stati sapientemente scolpiti da almeno tre diversi artisti.

Fonte:
english.ahram.org.eg

Tintagel, re Artù ed un misterioso scriba...

Tintagel, scritta trovata su una sorta di davanzale in pietra
(Foto: Christopher Ison)
Un componente di una finestra, probabilmente un davanzale, risalente al VII secolo d.C. recante un'iscrizione che è un mix di latino, greco e celtico, con nomi e simboli, è stato portato alla luce nel castello di Tintagel, nella Cornovaglia del nord. Il castello è noto per essere frequentemente associato alla leggenda di re Artù.
Nei pressi del castello sono stati scoperti altri reperti "curiosi", quali calici iberici e vasellame proveniente dalla Turchia, che portano a pensare che Tintagel sia stato un'importante avamposto reale per quel che riguarda i legami commerciali che dalla costa atlantica dell'Europa si dipanavano fino al Mediterraneo orientale.
Tintagel è uno dei luoghi più suggestivi e spettacolari della Gran Bretagna. Sulle scogliere sono stati costruiti più di 100 edifici abitati a partire dal IV secolo d.C. fino all'VIII. Il reperto con le iscrizioni appena ritrovato sembra essere stato una sorta di supporto per le esercitazioni di uno scriba, piuttosto che un prodotto finito. Questo suggerisce che chi ha inciso queste iscrizioni aveva familiarità con lo stile informale di scrittura utilizzato per i documenti e la grafia più formale che si trova nei Vangeli dell'epoca.
Sul reperto sono stati identificati due nomi, quello che si pensa essere un nome romano, Tito, e quello che è chiaramente un nome celtico, Budic. Compaiono anche parole latine come fili (figlio o figli) e viri duo (due uomini). Un altro elemento interessante è una lettera "A" con una "V" al suo interno ed una linea sulla parte superiore. La lettera "A" può riferirsi alla lettera greca alfa, associata a Dio.
Il reperto è stato scoperto nell'ambito di un progetto quinquennale commissionato dall'English Heritage e intrapreso dall'Unità archeologica di Cornovaglia (CAU). Gli archeologi pensano che a Tintagel, nel corso del medioevo, era insediata una comunità cristiana alfabetizzata con forti connessioni dall'Europa atlantica al Mediterraneo.
La professoressa Michelle Brown, esperta in manoscritti medioevali dell'Università di Londra, che ha decifrato l'iscrizione, ha affermato "La sopravvivenza della scrittura in questo periodo è rara e si tratta di una scoperta molto importante. Il testo presenta un mix di alfabeto latino con alcune lettere greche e un monogramma distintivo (la forma alla base della lettera "A"). Suggerisce un alto livello di alfabetizzazione e la consapevolezza della scrittura contemporanea di stili associati con i primi manoscritti miniati di Gran Bretagna e Irlanda. Altri esempi di scrittura in Cornovaglia e Bretagna occidentale in questo periodo assumono la forma di iscrizioni monumentali sulle pietre, ma questo esempio è differente, con uno stile di scrittura e un layout indicativi di uno scriba competente sicuramente cristiano, che aveva familiarità con la scrittura di documenti e libri".

Fonte:
theguardian.com

Sorprendente Roma: villa trovata vicino ponte Milvio

Roma, pavimenti della villa romana scoperta presso ponte Milvio
(Foto: roma.fanpage.it)
Una sorpresa che gli archeologi proprio non si aspettavano. Una villa residenziale di duemila anni fa che riaffiora sugli argini del Tevere, all'altezza di ponte Milvio, durante un cantiere di lavori dell'Acea. La scoperta è dell'inverno scorso.
A tornare alla luce è una vasta porzione di pavimento in opus sectile, decorato, cioè, con straordinari marmi policromi. Tarsie marmoree rosse e verdi che disegnano splendidi motivi floreali (non così comuni) intorno ad un quadrato centrale con doppia cornice. Secondo i funzionari della Soprintendenza Speciale di Roma responsabili dell'area, potrebbe trattarsi di una porzione di un ricco edificio a carattere residenziale risalente alla piena età imperiale. La bellezza del pavimento echeggia indubbiamente la preziosità di un complesso abitativo. Resta ancora da sciogliere l'enigma della posizione.
L'aspetto insolito è proprio la vicinanza al fiume. Il complesso è stato reinterrato, una scelta dettata dalle esigenze di conservazione e sicurezza dei reperti in considerazione dell'innalzamento stagionale del livello del Tevere che avrebbe potuto danneggiare i reperti.
Presso ponte Milvio confluivano, oltre alle vie Cassia e Flaminia, anche la Clodia e la Veientana. Il ponte fu costruito nel 207 a.C. da un appartenente alla gens Molvia, quindi pare che il nome derivi da Molvius, donde Molvio e quindi Milvio, durante il corso della seconda guerra punica e rinnovato nel 110 a.C. da Marco Emilio Scauro. Fu reso celebre per la storica battaglia del 312 d.C. combattuta tra Massenzio e Costantino che, nello stesso anno, avrebbe emanato un editto di tolleranza che rendeva legale la religione cristiana.

Fonti:
ilmessaggero.it
romadailynews.it

Ossario medioevale scoperto in Slovacchia

A Samorin, in Slovacchia, gli archeologi hanno trovato resti umani in un ossario risalente al XII-XIII secolo, sepolto ad un metro di profondità nel terreno accanto ad una chiesa romanica. L'ossario è stato dedicato a San Mikulas (Nicola), secondo l'archeologo Peter Nagy, del Museo Archeologico di Bratislava.
Il seminterrato dell'edificio in cui è stato trovato l'ossario è stato costruito in pietra ed è stato datato anche grazie ai materiali di costruzione dell'edificio stesso. La chiesa di Samorin è considerata il più prezioso monumento storico della città e conserva degli affreschi medioevali.

Fonte:
spectator.sme.sk

Bassania, misteriosa città perduta in Albania

Albania, resti della scomparsa città di Bassania (Foto: M. Lemke)
Gli archeologi polacchi hanno scoperto una città perduta di duemila anni fa, Bassania, in Albania. Il centro venne probabilmente distrutto dai Romani agli inizi del I secolo d.C.
La città è stata trovata si pensa sia Bassania, descritta dallo storico romano Tito Livio nel contesto degli scontri tra le truppe romane con l'ultimo re dell'Illiria, Genzio. In maggio gli archeologi hanno portato alla luce una parte delle mura ed una porta. Le strutture sono apparse subito ben fatte, costituite da blocchi di pietra. La porta era accompagnata da due bastioni ugualmente eretti in pietra.
Secondo il Professor Piotr Dyzeck, direttore delle antichità del sudest Europa nel centro di ricerche dell'Università di Varsavia, questo tipo di costruzione è tipica delle strutture difensive di età ellenistica. L'attribuzione al I secolo d.C. è supportata anche dagli oggetti che gli archeologi hanno rinvenuto nei pressi delle mura: monete e frammenti di vasi in ceramica risalenti ad un periodo che va dal IV al I secolo a.C.. Questo indica che la città ha continuato ad esistere durante tutto il periodo del Regno Illirico e che cessò di essere in epoca romana.
La città era molto grande, le mura difensive in pietra circondavano un'area di circa 20 ettari. I ricercatori si domandano come mai vi sia un silenzio quasi totale su Bassania tra i viaggiatori che, circa un secolo fa, descrissero piccole e grandi rovine con straordinaria meticolosità. Probabilmente il nome di Bassania era stato dimenticato, visto che la città era stata completamente distrutta e mai più ripopolata in epoca antica. Recenti ricerche hanno confermato che la città cessò di esistere nel I secolo d.C., alla fine del regno di Ottaviano Augusto. Probabilmente le rovine sono sfuggite agli esploratori di un secolo fa per la struttura geologica della collina sulla quale sorgono, costituita da conglomerati ed arenarie. Dopo secoli di erosione, i resti di strutture in pietra erette dall'uomo finiscono per somigliare a strutture geologiche naturali.

Fonte:
scienceinpoland.pap.pl

Gerusalemme, un amuleto islamico trovato nella Città di Davide

L'amuleto islamico trovato in un edificio della Città di Davide
a Gerusalemme (Foto: haaretz.com)
Gli archeologi che stanno scavando in una delle zone più antiche della città di Gerusalemme hanno rinvenuto un piccolo amuleto islamico. Sull'oggetto vi è scritto il nome di un uomo, Kareem, che è vissuto nella Città Santa più di mille anni fa. Kareem, tramite l'amuleto, invocava la protezione di Allah.
Il piccolo talismano è stato datato al IX-X secolo d.C., all'epoca del califfato abbaside. La scrittura devozionale si snoda su due linee ed è stata tradotta come: "Kareem (ha) fiducia in Allah. Signore dei mondi è Allah". "Lo scopo di un amuleto come questo è quello di ottenere protezione personale", ha affermato il Dottor Yiftah Shalev dell'Israel Antiquities Authority. "E' come se un ebreo dei giorni nostri andasse in giro con un ciondolo con la preghiera Shema Yisrael. Da tempo immemorabile, lo scopo di amuleti come questo è quello di avere protezione dal malocchio".
L'edificio di epoca abbaside in cui è stato rinvenuto l'amuleo islamico
(Foto: haaretz.com)
La prima riga è stata facilmente interpretata grazie al raffronto con i graffiti trovati lungo la strada di Darb al-Haj, percorsa per il rituale pellegrinaggio alla Mecca dall'VIII al X secolo d.C.. La seconda riga presente sull'amuleto è apparsa piuttosto erosa e la sua interpretazione è stata ottenuta dal raffronto con frasi simili trovate su sigilli personali e nel Corano.
Gli Abbasidi discendevano dallo zio del profeta Muhammad, Al-Abbas ibn Abd al-Muttalib (566-653 d.C.) e governarono da Baghdad su un territorio esteso a partire dall'VIII fino al XIII secolo d.C.. Al suo apice il loro dominio si estendeva dal nord Africa fino alla Terra Santa ed a tutto il Golfo Arabico, raggiungendo Armenia, Turkestan e Afghanistan. In Israele governarono dall'VIII fino alla fine del X secolo d.C..
L'amuleto è stato rinvenuto in una zona immediatamente a sud del Monte del Tempio, dove si pensa sorgesse il primo nucleo abitativo di Gerusalemme. Questa zona, chiamata città di Davide (anche se non ci sono prove archeologiche dirette dell'esistenza di un re di nome Davide) presenta resti che vanno dall'Età del Bronzo fino al periodo ottomano, nonché strutture lasciate da Romani ed Arabi.
L'amuleto è stato datato dal Dottor Nitzan Amitai-Preiss dell'Università ebraica di Gerusalemme, in base alla calligrafia, tipica del terzo periodo del califfato, in base alla struttura nella quale è stato trovato e dai frammenti di ceramica presenti nei pressi tra i quali una lampada intatta, tipici tutti dell'epoca degli Abbasidi.
L'amuleto è unico nel suo genere, forgiato in argilla friabile. Non si sa se sia stato collocato volutamente nella pavimentazione durante la costruzione dell'edificio nel quale è stato rinvenuto, come una sorta di offerta di fondazione, oppure se sia stato perso dal suo proprietario, Kareem. Gerusalemme non era una capitale abbaside, ma la città rivestiva una grande importanza per l'Islam del califfato omayyade a causa del Monte del Tempio, che i musulmani chiamano Al-Haram al-Sharif, dove si crede che il profeta Muhammad sia asceso al cielo. Il Monte del Tempio è, parimenti, un luogo sacro anche per gli ebrei, poiché ospita i resti del primo tempio di Gerusalemme.

Fonte:
haaretz.com

Turchia, gli "inviti" di Antioco I di Commagene...

Turchia, l'iscrizione di Antioco di Commagene (Foto: AA) Un'iscrizione trovata vicino a Kimildagi , nel villaggio di Onevler , in Tu...