lunedì 30 novembre 2015

In restauro il pavimento musivo del Grande Palazzo di Istanbul

Particolare di uno dei mosaici pavimentali del Grande Palazzo di
Costantinopoli (Foto: Daily Sabah)
Per la prima volta, dopo 28 anni, sono stati sottoposti a restauro diversi mosaici risalenti a 1500 anni fa, scoperti sui pavimenti del Grande Palazzo di epoca bizantina di Costantinopoli nel 1932. Il lavoro sarà svolto da esperti del Laboratorio di Conservazione e Restauro di Istanbul.
I mosaici del Grande Palazzo di Istanbul sono i primi ed unici reperti storici che saranno mostrati nel luogo dove sono stati originariamente scoperti. Il problema più grande che dovranno affrontare i restauratori è che i loro colleghi che hanno lavorato al restauro dei mosaici nel 1950 hanno utilizzato, come legante, malta cementizia. Oggi i restauratori evitano l'utilizzo di cemento, dal momento che contiene sali risolvibili che causano danni alle tessere musive. Dal momento che tutti i pannelli del mosaico che sono esposti nel museo di Istanbul sono in cemento, gli esperti del Laboratorio di Restauro e Conservazione dovranno valutare con attenzione la situazione e decidere se lasciare o meno i leganti cementizi al loro posto. Verranno, inoltre, analizzati i sali risolvibili per avere una chiara comprensione dei danni che hanno causato.
I mosaici sono stati portati alla luce nel 1930 e sono stati restaurati nel 1950. Dopo il restauro sono stati trasferiti al museo perché venissero conservati e, in seguito, esposti. Il Grand Palace Mosaic Museum dispone di oltre 100 mosaici di epoca bizantina. Il progetto di conservazione e restauro dovrebbe durare due anni, durante i quali il museo sarà chiuso al pubblico.
I mosaici all'attenzione dei restauratori risalgono al 450-550 a.C. e sono attualmente esposti all'interno della Moschea Blu Kulliyesi. La loro qualità artistica e la ricchezza delle loro scene descrittive li rendono straordinari. Essi furono realizzati su ordine dell'imperatore Costantino il Grande.
Le scene raffigurate sui mosaici si ispirano alla vita quotidiana, alla natura, alla mitologia; raffigurano animali come leoni, lucertole, grifoni, elefanti, cavalli.
Costruito o, quanto meno, iniziato da Costantino, il Grande Palazzo era un agglomerato di edifici posti intorno a corti e porticati, condizionati dalla conformazione del terreno collinare. Il tipo architettonico è quello delle residenze imperiali romane e delle ville signorili nelle quali era spesso presente un ippodromo. Il Grande Palazzo di Istanbul è stato spesso avvicinato ai palazzi dioclezianei di Antiochia, di Nicomedia, di Spalato e a quello di Galerio a Salonicco.
Giustiniano ampliò il palazzo verso sudovest ed altri imperatori seguirono il suo esempio fino alla metà del X secolo, quando Foca lo chiuse con mura che si collegavano con quelle marittime. Una campagna di scavi svoltasi tra il 1935 e il 1937 da archeologi scozzesi portò alla luce lacerti di un bel mosaico figurato che decorava i portici colonnati che recingevano un grande cortile.
Una seconda campagna di scavo (1952-1954) indagò l'area a sudest del peristilio dove vennero individuate altre sezioni del mosaico e le fondazioni di un'aula rettangolare absidata. Il mosaico venne immediatamente riconosciuto come un'opera d'arte di notevole qualità e dimensioni: si estendeva su una superficie di 1872 mq e decorava tutti i portici del peristilio. E' considerato una delle più grandi e dispendiose creazione dell'arte musiva antica, paragonabile ai mosaici parietali della moschea degli Omayyadi di Damasco.

domenica 29 novembre 2015

Gli scudi di Dura Europos

Il tempio di Bel a Dura Europos (Foto CC BY)
Uno scudo dipinto con scene della guerra di Troia, è sotto l'esame attento degli esperti, 80 anni dopo il suo ritrovamento. L'oggetto risale al III secolo d.C. ed è stato trovato dagli archeologi dell'Università di Yale nel sito archeologico di Dura Europos, nell'attuale Siria. Lo scudo fa parte di un gruppo di sei rinvenuti accatastati nel sito. Si tratta di cinque scudi ovali ed uno rettangolare.
Gli scudi costituiscono esempi straordinariamente rari di antiche tecniche di pittura sul legno. Gli esperti della Yale University stanno analizzando i materiali utilizzati per gli scudi ed il trattamento al quale sono stati sottoposti. Uno dei tre oggetti raffigura Marte, il dio romano della guerra, un altro mostra la battaglia dei Greci con le Amazzoni.
Scudo dipinto con due scene dall'Iliade
(Foto: Yale University Art Gallery)
Dura Europos venne fondata da coloni greci macedoni nel 300 a.C.. Diversi gruppi hanno abitato la regione nel corso dei secoli: Greci, Parti, Romani, soldati e civili. La città ospitò, inoltre, le prime comunità cristiana ed ebraica. Dura Europos sorge sull'Eufrate, al crocevia di diverse grandi rotte commerciali. Nella sua ultima fase storica, la città era un presidio romano saccheggiato dai Sassanidi nel 256 d.C., un evento che segnò la fine della città e il suo definitivo spopolamento.
I Romani fortificarono la città costruendo delle solide mura. Quando il sito venne scavato per la prima volta, tra il 1920 e il 1930, gli archeologi trovarono, sepolti sotto le mura, oltre agli scudi anche armi ed armature, tra le quali un'intera maglia ad anelli, accessori e suppellettili di abbigliamento militare e di bardature di cavalli, vari copricapi di lana e feltro che venivano probabilmente indossati sotto l'elmo, protezioni per il cavallo fatte da scaglie di cuoio, di lega di rame o di ferro, due bardature per i fianchi del cavallo fatte di scaglie di lega di rame su un supporto di lino, punte di frecce, proiettili per artiglieria, aste di lancia con ancora le piume. Dura Europos è un luogo incontaminato perché non venne scavato fino al secolo scorso e il terreno era in condizioni tali da permettere la conservazione dei reperti.
Uno degli aspetti più interessanti di uno degli scudi, quello che reca disegni molto simili a dipinti medioevali e rinascimentali, sono gli strati preparatori e quelli di pittura, in cui è stato notato l'utilizzo di materiale organico ed inorganico. Gli artigiani e gli artisti di Dura Europos svilupparono tecnologie simili a quelle impiegate in epoca più tarda per la creazione di opere d'arte. Le nuove tecniche applicate sugli scudi hanno permesso di vedere più chiaramente quanto vi era stato dipinto.
I ricercatori hanno irradiato uno degli scudi con luce ultravioletta nell'intento di individuare un tipo di colorante rosso di natura organica, estratto dalla radice della robbia, che si trova nell'attuale Siria. Questi scudi nel loro insieme sono un'eccellente opportunità per confrontarli anche con altri antichi dipinti su legno.
Il riesame degli scudi con moderne tecnologie è estremamente importante anche per la rarità del ritrovamento di dipinti su legno risalenti all'antichità. Le tracce di dipinto riportano tutte alla guerra di Troia.
Lo scudo di Duro Europos trovato nel corso della campagna di scavi del 1923 e custodito a Parigi (Foto: National Geographic)

Scoperti vasi greci a Montesarchio, in provincia di Benevento

Uno dei vasi riemersi recentemente a Montesarchio (Foto: Il Caudino)
A Montesarchio, in provincia di Benevento, è stato recentemente ritrovato, presso la centrale Piazza Poerio, un cratere con anse a volute di manifattura attica. Il manufatto è emerso in occasione di lavori di ampliamento della rete fognaria.
"E' un ritrovamento eccezionale. - Ha affermato la Dottoressa Luigina Tomay, già responsabile del Museo Nazionale del Sannio Caudino. - Ad oggi conoscevamo un unico esemplare di cratere a volute e a figure nere rinvenuto durante scavi settecenteschi nell'antica Saticula (S. Agata dei Goti) e attualmente custodito al Museo Nazionale di Napoli. Quello era decorato solo nella parte superiore, mentre questo è interamente decorato. E' di importazione attica, databile alla seconda metà del VI secolo a.C. ed è decorato appunto con la tecnica a figure nere".
La lekythos trovata a Montesarchio
(Foto: Il Caudino)
Si pensa che il vaso possa essere arrivato dalla Grecia in seguito ad una commissione di aristocrazie magnogreche o locali. Questo tipo di cratere, che serviva a mescolare vino ed acqua, accompagnava il morto nel suo ultimo viaggio. Si tratta di una delle più antiche testimonianze di deposizione di un cratere nelle tombe di Montesarchio.
Gli archeologi stanno ancora studiando la figurazione della superficie, che si è frantumata una volta che il vaso è stato liberato dalla terra che lo riempiva. La parte superiore presenta due scene figurate con sfilate di carri forse per una scena di guerra e scene di caccia alla quale presenziano delle divinità tra cui è riconoscibile Athena. Il corpo del vaso, invece, presenta figure di satiri, menadi e altri personaggi a cavallo.
Un altro ritrovamento, risalente a questi giorni, dallo stesso scavo, è costituito da alcuni vasi attici che sono una testimonianza reale dei collegamenti tra le aristocrazie sannite con il mondo greco. Sono emersi un lekythos a figure nere con scene di simposio risalente al VI-V secolo a.C. e un cratere a campana a figure rosse con immagini di divinità. Il lekythos è un vaso dal corpo allungato, dal collo stretto e con un'unica ansa. Vi si conservavano olio profumato e unguenti.

Scoperto il sarcofago di un sacerdote a Luxor

Il sarcofago del sacerdote di Amon-Ra
(Foto: Egyptian Antiquities Authority)
Il ministro delle Antichità egiziano, il Dottor el-Damaty, ha annunciato la scoperta del luogo di sepoltura di un sacerdote di Amon-Ra il cui nome era Ankhef in Khunsu. La sepoltura era intatta e si trovava all'interno della tomba di Huy, visir di Amenhotep, in un pozzo tagliato nella roccia e ricoperto di pietre. La scoperta è della Missione Archeologica spagnola.
Secondo il rapporto della Missione Archeologica spagnola, il sarcofago del sacerdote è un tipico esempio della produzione funeraria della XXI Dinastia. Vi è riportato il ritratto di un uomo con una parrucca tripartita con strisce e una corona di fiori. Il sarcofago è in legno ricoperto di gesso. L'uomo è raffigurato con la barba intrecciata e un ampio collare usekh che gli protegge collo e spalle.
Si distinguono anche tre colonne di testo, sul sarcofago, che vanno da sotto le braccia fino ai piedi. Il sarcofago è decorato con rappresentazioni di offerte per la preparazione del defunto ad apparire al cospetto di Osiride, Nefertem, Anubis e Hathor.
Il ritratto scolpito sul sarcofago ritrovato a Luxor (Foto: Egyptian Antiquities Authority)

Prima prova della macellazione di elefanti in Grecia

Gli scavi a Maratohousa 1 con, esposte, le ossa di elefante
(Foto: Ministero Greco della Cultura)
Un luogo dove venivano macellati elefanti durante il Paleolitico inferiore è stato scoperto a Megalopoli, in Grecia, da un team di ricercatori del Ministero della Cultura greco e di paleoantropologi dell'Università di Tubinga. Il sito si chiama Marathousa 1.
Marathousa 1 si trova in una miniera di carbone a cielo aperto, un tempo riva di un lago poco profondo. Questa miniera a cielo aperto ha restituito, nel tempo, manufatti in pietra ed uno scheletro quasi completo di Elephas Antiquus, unitamente ai resti ben conservati di roditori, uccelli, anfibi, rettili, molluschi, insetti e piante. L'associazione di manufatti litici con i resti di elefanti indicano che Marathousa 1 è stato un sito dove venivano macellati questi animali.
I primi risultati evidenziano che i resti risalgono al Pleistocene Medio (tra i 600.000 e i 300.000 anni fa). I ricercatori hanno trovato strumenti in pietra che possono essere stati utilizzati dai primi cacciatori per raschiar via la carne dalle ossa. Questo potrebbe rendere Megalopolis l'unico sito dei Balcani dove si siano reperite tracce della macellazione di elefanti.
Marathousa 1 è uno dei più antichi siti archeologici greci. La regione era una delle vie più probabili della migrazione umana in Europa e può aver avuto anche la funzione di conservazione per fauna e flora durante il periodo glaciale.
Il sito di Marathousa 1 è scavato dal Dottor E. Panagopoulou in collaborazione con il Professor K. Harvati dell'Università di Tubinga.

Sepolture Ichma trovate a Lima

L'archeologa Mirella Ganoza esamina  una delle sepolture scoperte a Lima
(Foto: Angel Chàvez, La Republica)
Recentemente sono stati scoperti, nel sito archeologico peruviano di Huaca Pucllana, in un quartiere residenziale di Lima, quattro luoghi di sepoltura appartenenti a personaggi di ceto sociale elevato all'interno della cultura Ichma.
Lo scavo, di cui si occupa, da ben 35 anni, l'archeologa Isabel Flores, ha evidenziato le quattro sepolture di individui adulti, tre donne ed un uomo, vissuti tra il 1000 e il 1450 d.C.. I defunti sono stati sepolti in posizione seduta, rivolti verso il mare e circondati da ceramiche e tessuti. Sono stati trovati, all'interno delle sepolture, anche aghi, rotoli di filo e stoffe che sembrano indicare che i defunti si occupassero, in vita, di attività legate alla tessitura.
La cultura Ichma (o Ychma o Ychsma) è una delle prime due grandi culture che sorsero nella zona di Lima in seguito al frantumarsi dell'impero Wari. L'altra è la cultura Chancay. L'influenza degli Ichma si estese fino alla Valle Ricmac, a nord. Gli Ichma sono noti per aver costruito e ristrutturato molte delle strutture archeologiche presenti attualmente nella capitale peruviana. Gli Ichma abitarono anche il sito di Pachacamac, dove accrebbero la loro influenza religiosa sulla regione ed edificarono 16 piramidi. Nel 1400 circa, questa importante cultura venne definitivamente soppiantata da quella Inca.
Gli Ichma, secondo gli archeologi, furono i primi ad abitare Huaca Pucllana. La grande piramide a gradoni di Huaca Pucllana è una struttura in mattoni che misura 20 metri di altezza. Ha sette piattaforme e gli studiosi ritengono che vi si svolgessero sacrifici umani. Vi venivano sacrificate anche delle rane che, secondo gli Ichma, dovevano essere doni graditi alle divinità della pioggia.
Gli archeologi sono sicuri che presto emergeranno altri reperti dal terreno di scavo e sperano di trovare altre sepolture della cultura Ichma, malgrado il luogo sia stato saccheggiato dai conquistadores.

Rilevate due camere nascoste nella tomba di Tutankhamon

Ricostruzione della tomba di Tutankhamon (Foto: Kenneth Garrett,
National Geographic Creative)
Sembra ci sia la conferma ad una delle notizie più attese di questi ultimi mesi: nella tomba di Tutankhamon ci sono due camere nascoste.
Alla fine della conferenza stampa del ministro delle Antichità egiziano Mamdouh el-Damaty presso l'ingresso della Valle dei Re, sono stati resi noti i risultati preliminari delle analisi con il georadar all'interno della tomba KV62. Ovviamente non c'è, al momento, la certezza assoluta, il ministro ha, infatti, parlato del 90% di possibilità di esistenza di "camere segrete" al di là del muro settentrionale della Camera Funeraria.
Nicholas Reeves, dell'Università dell'Arizona, autore di un articolo che ha provocato non poco scompiglio nel mondo accademico e che ha aperto questo nuovo fronte di indagini, pensa che la tomba di Tutankhamon nasconda la sepoltura di Nefertiti. La Camera Funeraria darebbe accesso a due passaggi murati che, finora, non avevano attirato l'attenzione degli archeologi e degli studiosi.
Hirokatsu Watanabe al lavoro con il radar che ha individuato le
probabili camere segrete della tomba di Tutankhamon
(Foto: National Geographic)
Sugli intonaci dipinti della stanza sono state notate, proprio recentemente, grazie all'utilizzo della foto ad alta risoluzione, delle crepe altrimenti invisibili. Proprio queste crepe hanno offerto il destro per esplorare ulteriormente la sepoltura più conosciuta al mondo. Del resto la KV62 ha sempre lasciati piuttosto perplessi gli archeologi di tutto il mondo: si tratta di una sepoltura troppo angusta per un faraone, la più piccola delle sepolture della Valle dei Re; inoltre il corredo funerario di Tutankhamon è costituito per l'80% di materiale di "seconda mano", collocato qui frettolosamente all'indomani della sua morte prematura.
Di chi poteva essere questo materiale di "seconda mano" e la sepoltura principale, quella dalla quale è stata ricavata la tomba di Tutankhamon? Alcuni ricercatori hanno fatto il nome di Semnkhara, del quale si possiedono davvero pochi indizi, un breve e misterioso intervallo prima della salita al trono di Tutankhamon. Altri studiosi hanno pensato a Nefertiti, la Grande Sposa Reale di Akhenaton, padre di Tutankhamon. Nefertiti, secondo costoro, sarebbe stata prima co-reggente e poi vera e propria sovrana. Inizialmente si pensava che la regina fosse morta o caduta in disgrazia, poi nel 2012, a Dayr Abu Hinnis, è stata scoperta un'iscrizione del 16° anno di regno che recita: "Grande Sposa Reale, la sua amata, Signora delle Due Terre, Neferneferuaten Nefertiti". Secondo Reeves alcuni oggetti del corredo di Tutankhamon con tracce di cartigli di Ankheperura e Neferneferuaten, apparterrebbero proprio a Nefertiti e non a Smenkhara che, a questo punto, sarebbe solo un nuovo nome di intronizzazione. L'egittologo britannico è convinto che i testi, l'iconografia e le fattezze dei reperti fanno pensare ad un proprietario femminile e porta come prova gli inusuali buchi ai lobi delle orecchie della celebre maschera d'oro di Tutankhamon.
La collocazione, evidenziata in giallo, delle due camere segrete
all'interno della tomba di Tutankhamon (Fonte: The Burial of Nefertiti?)
In merito all'esistenza di camere segrete al di là della Camera Funeraria del faraone fanciullo è data per certa da Hirokatsu Watanabe, l'esperto giapponese che ha effettuato i rilevamenti con un sofisticato radar della Koden. Questo strumento è stato prima tarato nella KV5 (la tomba dei figli di Ramses II), sepoltura che presenta ancora corridoi noti ingombri di detriti. Poi è stato utilizzato per tre giorni nella stanza del sarcofago di Tutankhamon. Sulla parete nord, proprio in corrispondenza delle lesioni osservate in precedenza, Watanabe ha individuato un netto salto materiale, una transizione non graduale dalla pietra solida ad un vuoto molto profondo, perfettamente verticale e perpendicolare al soffitto: un passaggio nascosto.
Un'altra porta nascosta si troverebbe nella parete occidentale. El-Damaty ha informato che i dati raccolti saranno presto analizzati prima di procedere a indagini endoscopiche mediante l'apertura di un foro sulle pareti "incriminate".
Alcuni scienziati ritengono, in base a recenti analisi del Dna, che il corpo di Nefertiti si trovi nel Museo Egizio del Cairo, parte di un gruppo di mummie rinvenuto nel 1898. El-Damaty ha, del resto, affermato di recente che le misteriose camere segrete possano contenere il corredo funerario e il sarcofago di Kiya, una delle mogli di Akhenaton

giovedì 26 novembre 2015

Scoperta una lastra tombale a Paestum

Eccezionale scoperta a Paestum: i carabinieri hanno trovato alcuni pezzi affrescati di una tomba sannitico-campana del IV-III secolo a.C.
Le lastre, una delle quali reca l'immagine di un giovane eroe armato di scudo circolare e giavellotti, che conduce per le briglie un mulo con un carico e un cagnolino, provengono dalla zona di Paestum. I particolari del ritrovamento verranno resi noti al Museo Storico dell'Arma dei Carabinieri di Roma durante la presentazione della mostra "L'Arma Custode della Memoria".

lunedì 23 novembre 2015

L'anello di Cupido...

L'anello ritrovato a Tangley, in Gran Bretagna, con l'immagine di Cupido (Foto: K. Hinds)
Nel villaggio di Tangley, in Gran Bretagna, è stato rinvenuto un anello d'oro finemente intagliato con una pietra recante, incisa, l'immagine di Cupido, il dio associato all'amore erotico. Cupido, che i Greci chiamavano Eros, è rappresentato completamente nudo con una torcia in mano.
L'anello risale a 1700 anni fa circa ed è stato scoperto da un archeologo dilettante "armato" di metal detector. I ricercatori ritengono che il gioiello poteva essere indossato sia da un uomo che da una donna. Esso reca anche dei disegni a spirale.
La pietra sulla quale è inciso Cupido è di nicolo, un tipo di onice scura alla base e bluastra nella parte superiore. Cupido è appoggiato ad una piccola colonna tortile e mostra delle piccole ali che contribuiscono ad identificarlo. Le raffigurazioni del giovane dio erano molto popolari, nell'antichità, e molti anelli recavano pietre incise con l'immagine del dio dell'amore. Il design del gioiello da poco ritrovato indica che venne creato intorno al IV secolo d.C.
Le prime rappresentazioni artistiche di Cupido e della sua compagna Psiche risalgono ad almeno 2500 anni fa. Apuleio, autore della più famosa favola che vede protagonista i due giovani, "Amore e Psiche", dipinge Cupido come un giovane molto seducente, armato di arco e frecce, dal carattere piuttosto dispettoso.

Trovata un'isola della battaglia di Arginuse

L'isolotto scoperto nel Mar Egeo (Fonte: repubblica.it)
(Fonte: La Repubblica) - Un gruppo internazionale di archeologi e geologi ha ritrovato un'isola nel Mar Egeo, in Turchia, che molto probabilmente in passato ospitava la città di Kane. Questo lembo di terra, del quale parlava lo storico greco Senofonte, è famoso perché si trova vicino al luogo dove si tenne nel 406 a.C. la battaglia di Arginuse. Fu lì che gli ateniesi sconfissero gli spartani, verso la fine della Guerra del Peloponneso. Ma le perdite furono pesanti per Atene che successivamente affrontò la sconfitta.
Le isole Arginuse, oggi chiamate Garip, si trovano a poche centinaia di metri al largo della costa turca. Le fonti storiche parlano di tre isole, ma per lungo tempo l'esatta posizione della terza è rimasta sconosciuta. I test effettuati dai ricercatori indicherebbero che l'attuale penisola costituiva un tempo un'isola. In un momento imprecisato prima della fine del Medioevo, tra l'isola e la terraferma si formò un ponte di terra. Una mappa ottomana del XVI secolo mostra infatti che all'epoca l'isola era già diventata una penisola. Sembra che l'isola si sia connessa con la terraferma grazie ai depositi accumulatisi in uno stretto canale naturale, forse in seguito a un terremoto o all'erosione del suolo.
"Gli studiosi stanno cercando di stabilire l'età della stratificazione attraverso la datazione al radiocarbonio, il che contribuirebbe a determinare la dinamica del fenomeno", ha detto Felix Pirson, direttore dell'Istituto Archeologico Tedesco di Istanbul. Gli archeologi hanno anche rinvenuto nelle vicinanze i resti sommersi di un antico porto risalente al periodo Ellenistico (dal 323 a.C. al 31 a.C.), il che costituisce un'ulteriore indicazione del fatto che l'attuale penisola era un tempo separata dalla terraferma.
Anche se durante l'antichità Kane era solo un villaggio, occupava una posizione strategica lungo una rotta commerciale marittima dal Mar Nero lungo la costa meridionale della Turchia, con un vasto porto nel quale le imbarcazioni potevano trovare riparo dalle tempeste. Le ricerche precedenti avevano riportato alla luce sull'isola ceramiche che evidenziano la presenza di rotte commerciali; una rete di rotte la cui esistenza è oggi ulteriormente testimoniata da microrganismi originari del Mar Nero. "L'archeologia classica è diventata ben più complessa rispetto a un ventennio fa. - Spiega Pirson - Oggi può essere integrata da tecniche sofisticate che permettono di studiare le diverse influenze ambientali".
La battaglia delle Arginuse ebbe un risvolto amaro per gli ateniesi. Pur avendo sconfitto gli spartani, in seguito una tempesta rese loro impossibile recuperare i compagni le cui navi erano andate distrutte. Quando i generali ateniesi fecero ritorno a casa, vennero condannati a morte dai loro concittadini per non essere riusciti a salvare i loro soldati. "Ciò demoralizzò i comandanti ateniesi e di fatto contribuì, un anno dopo, alla loro definitiva sconfitta nella Guerra del Peloponneso", spiega lo storico Barry Strauss della Cornell University. La vendetta di Atene decretò di fatto la successiva sconfitta e vittoria degli spartani, concorda Paul Cartledge della Cambridge University. "Mettendo sotto processo gli otto ammiragli che avevano vinto la battaglia, e condannandoli illegalmente a morte, la democratica Atena trasformò una vittoria in sconfitta".
E' probabile che ci siano ancora resti delle imbarcazioni in legno impiegate nella battaglia delle Arginuse, ma le prossime ricerche cercheranno di ricostruire una cronologia coerente con le fonti storiche che offra un quadro preciso delle rotte marittime dell'intera regione.

domenica 22 novembre 2015

Presto visibile il relitto dell'Isola del Giglio

La chiglia di un relitto di epoca arcaica, ritrovato all'isola del Giglio, è stato consegnato dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici di Firenze a Coopera, il gruppo che gestisce la Fortezza a Porto Santo Stefano e il Forte Stella a Porto Ercole.
L'imbarcazione greca, alla quale apparteneva la chiglia, era greca ed era affondata nei pressi della spiaggia gigliese. Era una sorta di emporio ambulante che dalla Grecia, attraverso lo stretto di Messina, era arrivata nel Tirreno dove esisteva un insediamento etrusco. Qui si riforniva di acqua in cambio di alcune merci, per poi proseguire il suo viaggio verso la Francia.
Nel 1982 l'archeologo subacqueo inglese Mensun Bound riuscì ad ottenere il permesso per cercare i resti dell'imbarcazione antica. Gli scavi terminarono nel 1985. Il frammento più lungo della chiglia è di 193 centimetri ed è stato chiuso, con gli altri, in una teca di vetro.
Al momento del suo naufragio il relitto conteneva lingotti di rame e piombo, ceramiche, profumi e unguenti, anfore, flauti in legno che sono stati ricostruiti dal musicista Stefano Cocco Cantini e olive di cui sono stati trovati i noccioli. Il reperto sarà presentato il 6 dicembre nella Fortezza Spagnola. Per l'occasione si terrà un concerto di musica etrusca tenuto dal musicista Stefano Cocco Cantini che utilizzerà flauti identici a quelli antichi.

Sorprese dal sito di Yavneh

Una delle tavole di offerta a tempietto trovati a Yavneh
(Foto: Raz Kletter, Israel Antiquities Authority)
Al termine di diversi anni di scavo è stato rilasciato un comunicato sull'esplorazione del sito archeologico di Yavneh, a 20 chilometri da Tel Aviv, in Israele.
Nel sito sono stati recuperati ben 7.000 oggetti di culto risalenti al IX-VIII secolo a.C., alcuni dei quali sono stati già restaurati e sono visibili in alcuni musei. Unici sono circa 120 modellini di tavole per offerta, ma anche alcune ciotole depositate in una fossa, che contenevano, un tempo, delle sostanze allucinogene utilizzate dall'antica popolazione di Yavneh per indurre visioni profetiche.
Lo scavo è iniziato nel 2002 ed è stato condotto dal Dottor Raz Kletter, che all'epoca lavorava per la Israel Antiquities Authority. Lo scavo è ancora in corso.

Scoperta un'altra villa romana nel Kent

Gli scavi alla villa romana di Otford
(Foto: West Kent Archaeological Society)
Una villa romana molto vasta è stata scavata a Otford, nei pressi di Otford Palace. Gli archeologi pensano possa considerarsi il secondo più grande ritrovamento di un edificio romano nel Kent. Il proprietario di questa villa doveva essere un uomo agiato e di una certa importanza, vissuto al tempo dell'imperatore Magnus Maximus.
Una delle ali della villa è lunga 60 metri, il complesso è scavato da archeologi indipendenti che hanno svolto un'indagine geofisica del sito. L'edificio risale ad un periodo compreso tra il 300 e il 400 d.C., ma poco di quanto conteneva - forse anche mosaici pavimentali - è rimasto intatto. Sembra che sia stato tutto smantellato per essere trasferito altrove. Mattoni e tegole trovate sono quasi tutte infranti e incompleti.
Il sito è stato portato alla luce meno di due anni fa, ma documenti del 1930 segnalavano già la presenza di qualcosa di straordinario nel luogo. Non sono stati trovati oggetti o reperti di metallo, al momento. Sono state scavate due trincee, attualmente coperte da un telone per proteggerle dal gelo.
Otford, secondo il Presidente della Otford Historical Society, era un luogo di una certa importanza, in epoca romana. Nel terreno, secondo gli studiosi, vi sono anche altri tre ambienti da scoprire.

Il ritorno del magnifico cratere





E' stato finalmente restaurato, dopo tre anni di assenza dal suo paese, il famoso cratere di Trebeniste, risalente al VI-V secolo a.C.. Questo significa che presto il prezioso reperto potrà tornare ad essere visitato nel museo di Belgrado, dopo essere stato curato in Italia.
Il cratere, in bronzo, risale all'Età del Bronzo recente ed era utilizzato per trasportare il vino. Fu scoperto dall'archeologo Nikola Vulic nel villaggio di Gorenica, non lontano da Trebeniste, in Macedonia, e fa parte del patrimonio del Museo Nazionale di Belgrado. E' un reperto eccezionale ed un esempio raro di bronzo del VI secolo a.C. ben conservato nel corso del tempo.
Il reperto fu ritrovato nella sepoltura di un principe guerriero della gente illirico-balcanica ed è senz'altro segno del valore e del prestigio raggiunto da quest'uomo tra la sua gente. Il cratere è alto 81,5 centimetri ed ha un diametro di 44,5. E' sicuramente frutto di una bottega greca dell'isola di Egina, 500 chilometri distante dal luogo in cui fu deposto. Egina è una piccola isola del golfo Saronico, nota per il santuario di Athena Afaia, costruito nel V secolo a.C. i cui frontoni erano decorati da statue ma nota, altresì per essere stata, nel VI secolo a.C., la maggiore potenza marinara della Grecia, rivale della stessa Atene.
La bellezza di questo splendido reperto è rappresentata innanzitutto dall'alto collo con due anse a volute, poi dal tripode con una decorazione ricca e raffinata, ottenuta per fusione e incisione. Al centro delle volute ioniche che decorano le anse del cratere, vi è un busto di Gorgone alata con lingua estroflessa. A fianco della Gorgone due lunghe serpi. Il collo è decorato con quattro cavalli e cavalieri lanciati, ventre a terra, al galoppo, realizzati a parte, in rilievo, per poi essere applicati. L'effige della Gorgone è ripetuta sulle zampe del treppiede, che hanno sagome e artigli da fiera.
Che il cratere sia stato prodotto ad Egina è frutto della scoperta dei restauratori italiani, quando hanno ripulito l'oggetto dalle terre di fusione ed hanno rilevano una compatibilità tra la presenza di due minerali con la terra presente sull'isola greca, dove le fonti attestano l'opera di officine per la lavorazione del bronzo nel VI e V secolo.

Il tesoro dei Daci



E' stato recuperato uno dei tesori più belli e importanti del mondo, trafugato dal sito archeologico di Samisegetusa Regia. Si tratta di ben 232 manufatti, tra i quali un braccialetto d'oro, due scudi di ferro e diverse monete d'oro e d'argento in possesso di un collezionista privato.
Solo il bracciale d'oro pesa quasi un chilogrammo. Faceva parte di una serie di ben undici braccialetti rubati nel 2005 e risalenti al I secolo d.C. e parte del tesoro dei Daci, un popolo indoeuropeo conquistato dai Romani nel I secolo d.C., antenati degli attuali Rumeni.
Sarmizegetusa Regia era il più importante centro dell'antica Dacia, nel I secolo d.C.. Si ergeva su una rupe di 1200 metri di altezza e comprendeva sei cittadelle. La capitale dei Daci copriva un'area di nove ettari, tre dei quali erano esclusivamente riservati all'acropoli. La cinta muraria di Sarmizegetusa era formata da massicci blocchi di pietra e si snodava su ben cinque differenti terrazzamenti. Oltre ad essere la capitale dei Daci, Sarmizegetusa era anche un importante santuario religioso e raggiunse l'apice dello splendore con Decebalo, re sconfitto in due campagne militari dai Romani guidati dall'imperatore Traiano.
Una volta sconfitti i Daci, i Romani installarono a Sarmizegetusa una guarnigione militare e costruirono la loro nuova capitale, Colonia Ulpia Traiana Augusta Dacica Sarmizegetusa, a 50 chilometri dalle rovine dell'antica capitale.

La scala dei Maya



A El Palmar, in Guatemala, è stata scoperta una scalinata che reca incisi dei geroglifici Maya. I geroglifici sono stati interpretati e hanno rivelato che El Palmar mantenne per molto tempo i contatti con la città di Calakmul, nello stato messicano di Campeche, e con Copàn, in Honduras.
La scalinata è composta da sei gradini e 90 blocchi che recano incisi più di 130 glifi facenti riferimento da un periodo compresto tra il 250 e il 900 d.C.. La costruzione è associata a strutture piuttosto modeste e sorge in quella che un tempo era la periferia della città.
L'epigrafista Octavio Esparza Olguin ha esaminato le iscrizioni ed ha potuto capire che esse narrano della visita di personaggi stranieri a El Palmar. Ad un primo esame i glifi sono stati composti intorno al 726 d.C.. Le iscrizioni hanno fornito, anche, notizie sui signori della città e sui commerci di El Palmar. La scalinata conduceva ad una stanza sotto il cui pavimento è stata ritrovata una sepoltura contenente dei resti umani e due recipienti. I resti umani, a detta di un'antropologa, sono quelli di un uomo di alto rango, con giade incastonate nei denti.

Coniugi e martiri



Sono stati identificati gli scheletri di una coppia di sposi cristiani morti circa 2000 anni fa. Le analisi sugli scheletri custoditi, fino a qualche tempo fa in una cattedrale italiana, sembrano avvalorare la leggenda di Chrysanthus e Daria, che la leggenda vuole essere stati perseguitati per la loro appartenenza al credo cristiano.
I Romani uccisero i coniugi nel III secolo d.C., secondo la leggenda, dopo che essi avevano convertito, alla nascente religione, molti Romani. Pur non potento asserire al cento per cento che i resti ritrovati siano proprio quelli di Chrysanthus e Daria, Ezio Fulcheri, paleopatologo dell'Università di Genova, ha comunque affermato che vi è un'alta probabilità che i resti ritrovati siano quelli dei coniugi della leggenda.
Nel 2008, durante i lavori di restauro della cattedrale, nella città di Reggio Emilia, furono ritrovate più di 300 ossa in una cripta sigillata posta sotto l'altare principale della cattedrale. Le ossa formavano, messe insieme, due scheletri completi. I teschi, invece, erano stati posti in un paio di reliquiari d'oro e d'argento posti nella cripta della cattedrale.
Dall'analisi delle ossa, Fulcheri ha dedotto che i resti appartengono ad un uomo e una donna piuttosto in buona salute, al momento della loro morte. Dall'analisi delle pelvi, la donna doveva avere circa vent'anni. Daria, secondo la leggenda, era stata una vergine vestale prima di convertirsi al cristianesimo. Il secondo scheletro, invece, è quello di un adulto di sesso maschile della probabile età di 17 o 18 anni. Entrambi i defunti sembra siano stati piuttosto agiati, quando erano ancora in vita: le ossa non mostrano segni di deformità o usura da lavoro fisico. Entrambi gli scheletri presentavano tracce di un avvelenamento da piombo, assai comune tra la popolazione romana dell'epoca. Si è stimato che i defunti siano vissuti intorno all'80-340 d.C.
Si dice che sia stato persino eretto un santuario sul luogo dove furono seppelliti.

Sorprendenti ritrovamenti in Messico

Gli scavi a Zultépec-Tecoaque, in Messico
(Foto: INAH)
Continua da ben 25 anni lo scavo presso il sito archeologico di Zultépec-Tecoaque, a Tlaxcala, in Messico. In tutti questi anni di scavi non sono mancate, per gli archeologi, le sorprese ed è di questi giorni un'altra di queste: lo scheletro di un cittadino Acolhua, sepolto in una cisterna con moltissimi oggetti che ne denotano l'alto rango.
Tra gli oggetti ritrovati vi è anche un trono in roccia vulcanica, roccia utilizzata ampiamente per la costruzione anche di ornamenti pre-ispanici, quali un cilindro scolpito con il pittogramma del dio azteco Ometochtli, altrimenti detto "Due coniglio". Gli Acolhua hanno utilizzato le cisterne come quelle in cui è stato trovato lo scheletro, del diametro di 130 centimetri, per conservare le acque piovane da utilizzare quando altre fonti di acqua si fossero esaurite.
Finora i ricercatori hanno scavato 13 cisterne ma questa è la prima volta che è stato trovato, all'interno di una di queste, uno scheletro. La zona di scavo è rinomata per l'elevata produzione di pulque, una bevanda alcolica a base di linfa fermentata della pianta maguey.
Lo scheletro sepolto nella cisterna apparteneva ad uomo di circa 25 anni, di sesso maschile e alto all'incirca 160 centimetri. Ulteriori studi permetteranno di acquisire altre informazioni su di lui e sulle cause della sua morte. I ricercatori pensano che possa trattarsi di un personaggio che rivestiva, all'interno della sua comunità, una certa importanza. Ad accompagnare il defunto sono state trovate caraffe per il pulque e le costole e le vertebre di almeno tre bambini, uno dei quali mostra chiari i segni di bollitura e, forse, di cannibalismo.

Frammento del Vangelo di Giovanni in vendita su eBay

Il papiro che si ritiene contenere alcune linee del Vangelo di Giovanni
(Foto: Geoffrey Smith, The University of Texas at Austin)
Uno studioso del cristianesimo delle origini all'Università del Texas, ha annunciato di aver scoperto, all'inizio di quest'anno, un frammento inestimabile del Nuovo Testamento in greco antico in vendita su eBay.
Il papiro, delle dimensioni di una carta di credito, risale ad un periodo compreso tra il 250 e il 350 d.C. e contiene sei righe del Vangelo di Giovanni su una parte e sull'altra un testo cristiano ancora non decifrato completamente.
Sembra che il frammento di papiro fosse, in origine, nella collezione privata di un Professore di cristianesimo delle origini presso l'Università di Chicago, Harold R. Willoughby, morto nel 1962. Su eBay è stato messo da un parente di quest'ultimo, che l'ha trovato in una scatola di carte. Non è ancora chiaro se il venditore fosse a conoscenza o meno del reale valore del reperto, anche se è stato contattato da numerosi collezionisti che gli hanno offerto notevoli quantità di denaro.
I papiri del Nuovo Testamento in greco sono estremamente rari: ne sono noto almeno 130 a tutt'oggi e sono considerati le prime "traduzioni" del testo originale del Nuovo Testamento.

venerdì 20 novembre 2015

Una paletta per incenso da Khirbet el-Eika

La pala d'incenso trovata a Khirbet el-Eika, nella Galilea orientale
(Foto: Tal Rogovski/Times of Israel)
Gli archeologi che stanno scavando nei pressi delle rovine di Khirbet el-Eika, ad ovest del Mare di Galilea, hanno scoperto una pala di incenso ellenistica che potrebbe essere risolutiva nel datare l'insediamento che sorgeva sulle colline vicino al Kinneret dei Giudei.
La pala d'incenso, antica di più di duemila anni, è stata scoperta da un gruppo di archeologi dell'Università di Gerusalemme guidati dal Dottor Uzi Lebner, che sta cercando di fare luce sull'identità degli abitanti di Galilea durante il periodo del Secondo Tempio. Secondo le prime scoperte, quest'area fu inizialmente abitata da popoli non ebrei tra il V e il III secolo a.C.. Dopo un periodo di dominazione ellenistica, questo luogo passò sotto il dominio ebraico.
Il sito di Khirbet el-Eika era una città fortificata che venne violentemente distrutta nel 140 d.C. circa. Poco lontano gli archeologi hanno scoperto un villaggio ebraico-romano con una sinagoga adorna di splendidi mosaici. La pala d'incenso appena ritrovata è sicuramente l'indizio della presenza di una popolazione pagana. Il modello è di ispirazione greco-romana e potrebbe essere associato con i resti di un antico naufragio trovati ad Ashkelon, nel 1998. Qui i ricercatori rinvennero due mestoli di bronzo ornati con teste d'anatra, forse utilizzati nei rituali o come oggetti cerimoniali e apotropaici.
La pala per incenso è stata trovata insieme ad altri reperti quali anfore di Rodi e Kos, del peso di circa 39 chilogrammi. L'importazione di questi oggetti deve essere stata piuttosto costosa e per questo venivano considerati, con tutta probabilità, oggetti di lusso.
Il Dottor Leibner ha affermato che Khirbet el-Eika venne distrutta dagli Asmonei, anche se è necessario trovare ulteriori riscontri a questa ipotesi.

La seconda "strega" di San Calocero

I resti della ragazza scoperti nel complesso di San Calocero
(Foto: news.discovery.com)
Gli archeologi italiani hanno portato alla luce i resti di un'adolescente di sesso femminile, vissuta nel medioevo, che venne bruciata e gettata con noncuranza in un pozzo. Questa sua frettolosa sepoltura venne, in seguito, ricoperta di pesanti lastre di pietra.
Lo scheletro è stato rinvenuto presso il complesso di San Calocero di Albenga, sulla Riviera Ligure. A trovarlo un team guidato dal direttore scientifico Philippe Pergola, docente di topografia della Orbis Christianus Antiquus presso il Pontificio Istituto di Archeologia in Vaticano.
Nel mese di settembre 2014, nello stesso luogo, gli archeologi hanno dissotterrato i resti di un'altra ragazza di 13 anni sepolta a testa in giù, come se in vita fosse stata una sorta di "strega". La sepoltura a faccia in giù caratterizzava, appunto, le persone ritenute in vita legate al demonio. Ulteriori analisi hanno stabilito che la povera ragazza seppellita a faccia in giù soffriva di scorbuto, una malattia causata da un insufficiente apporto di vitamina C.
Gli archeologi non ritengono che le due sepolture siano collegate. La prima ragazza è morta intorno al 1400, mentre lo scheletro appena ritrovato è sicuramente più antico. "Siamo in attesa dei risultati della datazione al radiocarbonio. Al momento possiamo datare la sepoltura tra il IX e il XV secolo", ha dichiarato l'archeologo Stefano Roascio, direttore degli scavi.
La ragazza il cui scheletro è stato trovato in questi giorni, aveva tra i 14 e i 17 anni quando morì. Gli archeologi non sono in grado di stabilire se venne bruciata prima o dopo la morte. Le prime analisi sui resti scheletrici hanno rilevato la presenza di una grave anemia dovuta a carenza di ferro. Lo smalto dei denti, inoltre, mostra i segni della malnutrizione. I pallori e lo svenimento, quando era in vita, a cui doveva essere soggetta questa giovane donna devono aver spaventato la sua comunità.
Purtroppo, però, lo scheletro di questa giovane donna è danneggiato proprio là dove avrebbe potuto essere rilevata la presenza o meno di scorbuto. Lo scavo è attualmente finanziato da Fondazioni private e continuerà fino al 2016.

Tesoro romano in Svizzera

La cittadina di Frick, nel cantone di Aargau, in Svizzera
Un contadino svizzero ha fatto una sorprendente scoperta nel suo giardino. Incuriosito da uno scintillìo fuori dal comune, ha finito per scoprire un vero e proprio tesoro di 4.166 monete romane in bronzo e argento, uno dei più grandi tesori mai trovati in Svizzera.
L'Associated Press riporta che il ritrovamento è avvenuto a Ueken, nel cantone settentrionale di Aargau, a breve distanza da un antico insediamento romano che sorgeva vicino alla città di Fick. Il fortunato agricoltore ha immediatamente contattato il servizio archeologico regionale che ha impiegato diversi mesi per scavare e recuperare, con estrema attenzione, tutte le monete, alcune delle quali erano state sepolte in piccole sacche di pelle.
Il tesoro pesa, in totale, circa 15 chilogrammi e si compone di antiche monete romane coniate a far tempo dal regno dell'imperatore Aureliano (270-275 d.C.) fino al regno di Massimiano (286-305 d.C.), che condusse diverse campagne militari volte ad alleggerire la pressione delle truppe germaniche sulle province del Reno. La moneta più recente è stata datata al 294 d.C.
Le monete sono in condizioni eccellenti, con la stampigliatura ancora ben visibile e leggibile. Gli esperti in numismatica pensano che siano state tolte dalla circolazione immediatamente dopo essere state coniate. Ritengono, inoltre, che siano state conservate per il loro valore in bronzo e argento.
La regione in cui sono state trovate le monete ha una storia molto lunga. Si pensa che qui vi fosse un grande insediamento romano tra il I e il IV secolo d.C.. Resti di una tenuta romana del II secolo d.C. sono stati trovati lungo la strada principale della città di Frick; una fortezza di IV secolo d.C. è stata, poi, scoperta sotto la collina dove sorge un edificio religioso. Il nome romano di Frick era Ferraricia e faceva riferimento ad una miniera di ferro sfruttata dai Romani in questa zona.

lunedì 16 novembre 2015

Scoperto un altro mosaico a Lod, in Israele

Dettaglio del mosaico appena scoperto a Lod, in  Israele
(Foto: Assaf Peretz, courtesy of the Israel Antiquities Authority)
Un impressionante mosaico è stato rivelato dagli scavi condotti dalla Israel Antiquities Authority a Lod e sarà esposto, per la prima volta, questa settimana.
Nella campagna di scavi condotta nel 2014, gli archeologi hanno esplorato il quartiere Neve Yerek, di Lod, una zona dove era stato già rinvenuto un mosaico eccezionale che fungeva da pavimento di una villa di 1700 anni fa. Negli ultimi scavi è stato scoperto un altro mosaico, di 11 x 13 metri, che si trovava nel cortile.
Il Dottor Amir Gorzalczany, direttore degli scavi per conto della Israel Antiquities Authority, ritiene che la villa nella quale sono stati rinvenuti i due mosaici fosse un'abitazione benestante di epoca romano-bizantina. La città, all'epoca, si chiamava Lod Diospolis e fu capoluogo di distretto finquando venne sostituita dalla città di Ramla, dopo la conquista da parte dei musulmani.
Le scene nel mosaico appena scoperto raffigurano la caccia, animali vari, pesci, fiori, vasi, uccelli. La qualità delle immagini presenti indica una capacità artistica altamente sviluppata. Il ritrovamento di numerosi frammenti di affreschi fanno pensare ad un'abitazione lussuosa.

Le prime "eco-lampade" del mondo trovate in Cina

Le "eco-lampade" in bronzo trovate dagli archeologi nella tomba di
Liu He, imperatore della Dinastia Han (Foto: Xinhua/Wan Xiang)
Gli archeologi cinesi hanno fatto una scoperta unica in un antico cimitero della Dinastia Han Occidentale (221-206 a.C.). Si tratta di due lampade in bronzo la cui funzione potrebbe essere stata quella di assorbire il fumo. Se così fosse, si tratterebbe delle prime lampade "ecologiche" del mondo.
Le lampade hanno la forma di un'oca che cattura un pesce. Il lumino era posto nella bocca del pesce. Il fumo emesso durante la combustione della cera entrava nel corpo dell'oca, si diffondeva attraverso il collo per essere stemperato nell'acqua immagazzinata nell'acqua nella pancia dell'oca. La Dinastia Han ha prodotto una notevole quantità di lampade in bronzo, ma quelle appena trovate sono le prime lampade di assorbimento del fumo emesso dalle candele e, molto probabilmente, appartenevano all'élite della società cinese. Probabilmente poteva essere regolata anche la luminosità della lampada.
Il cimitero in cui sono state rinvenute le lampade si trova ad Haihunhou Nanchang, nella provincia dello Jiangxi. La tomba si pensa essere appartenuta a Liu He, nipote dell'imperatore Wu, considerato il sovrano più importante della Dinastia Han. Liu He governò soltanto per 27 giorni prima di essere detronizzato dagli stessi appartenenti alla Dinastia Han, per la sua vita dissoluta e lo scarso talento politico.
Altri tesori erano contenuti nella tomba dell'imperatore dei 27 giorni, tra i quali più di 10.000 pezzi in oro, bronzo, manufatti in ferro, tavolette di legno, slitte di bambù, giada, strumenti musicali, ben 10 tonnellate di monete di bronzo. Gli scavi sono iniziati nel 2011 e sono tuttora in corso.

giovedì 12 novembre 2015

Cimitero di navi e nuove rotte nell'Egeo

Al largo dell'Egeo, nell'arcipelago di Fourni, composto da 13 isolette non lontane dalla Turchia, è stato rinvenuto un enorme cimitero di navi. Si tratta di relitti di epoca classica ed ellenistica (700-400 a.C.) ma anche di resti di navi del XVI secolo.
La scoperta è opera di un team di archeologi greco-statunitensi, coordinati dall'Università di Southampton, rimasti sorpresi per primi dalla scoperta. Si tratta di 22 relitti in tutto che svelano la presenza di una rete commerciale sconosciuta, lontana dai porti dell'antichità e dalle rotte conosciute. Anche i carichi delle navi sono tra i più disparati: anfore, piatti, ceramiche, orci.
L'arcipelago di Fourni era un punto di appoggio per la navigazione orientale dell'Egeo. Gli archeologi sono al lavoro, ora, per creare una mappa in 3D del sito.

martedì 10 novembre 2015

Le sorprese di Selinunte

Interno del cosiddetto Tempio E di Selinunte (Foto: Evan Erikson)
Nel 409 a.C. le truppe cartaginesi ridussero in schiavitù o uccisero gli abitanti di Selinunte, una città magnogreca di cui si sono conservati, nel tempo, gli antichi templi. Gli archeologi hanno lavorato per diversi anni allo scavo della città, riportando alla luce l'impianto di 2.500 case, le strade, il porto e la zona industriale.
I ricercatori hanno paragonato Selinunte a Pompei per il grado di conservazione. Il 15 per cento della città, compresa la spettacolare acropoli ed i suoi templi, è rimasto esposto ed è stato indagato dagli inglesi ai tempi del Grand Tour. Selinunte era chiamata "la Città degli Dei" ed è l'unica città greca dell'epoca classica ben conservata, dal momento che è stata per la maggior parte sepolta dalla sabbia e dalla terra. "E', quindi, un'occasione unica per scoprire come funzionava una città greca", ha affermato il Dottor Martin Bentz, dell'Università di Bonn, responsabile degli scavi che sono attualmente in corso nell'antica città siciliana.
Ceramica fatta a Selinunte che mostra Artemide di fronte ad un
altare (Foto: Marie-Lan Nguyen)
Prima della scoperta di Selinunte, gli studiosi non avevano trovato una sola città greca intatta e i loro studi sulla planimetria antica era piuttosto frammentaria. Lo studio di Selinunte ha permesso di far luce sul mondo antico, sulla demografia e gli stili di vita. Gli archeologi hanno trovato anche resti di cibo in un'abitazione, accanto ad un camino, lasciati a bruciare forse proprio durante l'assedio della città. Sono stati trovati anche decine di vasi in ceramica cruda e piastrelle, in una città nota per avere una notevole produzione di ceramica.
Recentemente sono stati portati alla luce forni per ceramica e interi laboratori. I ricercatori hanno anche individuato i pigmenti utilizzati per dipingere la ceramica e circa 80 forni, alcuni dei quali circolari, impiegati per la produzione di tegole, vasi, anfore ma anche le statue delle divinità. I ceramisti avevano una cappella in cui potevano adorare Athena Ergane, l'Athena dei lavoratori, unitamente ad Artemide, Demetra e Zeus.
Gli studiosi stanno ora esaminando diverse ceramiche che circolavano nel Mediterraneo antico per capire quante di queste provenissero da Selinunte. Una stima sulla produzione della città parla di 300.000 pezzi di ceramica prodotti in un anno. Poco meno del 20 per cento era destinata ad uso domestico.
In città sono stati trovati anche vetro e pezzi di bronzo provenienti dall'Egitto, dalla Turchia, dalla Francia meridionale e dall'Italia settentrionale. Gli antichi Greci fondarono Selinunte tra il 650 e il 630 a.C.. Poco più di 200 anni dopo essa venne attaccata e distrutta dai Cartaginesi, che ridussero in schiavitù la maggior parte dei residenti e dei difensori. Selinunte cadde dopo un assedio di nove giorni. Selinunte non risorse mai più all'antico splendore. Durante la prima guerra punica, nel 250 a.C., i Cartaginesi distrussero la città prima che potesse essere conquistata dalle truppe romane.

lunedì 9 novembre 2015

Cipro, teatro e vie colonnate a Nea Pafos

Colonne di granito frammentate trovate negli scavi di Nea Pafos
(Foto: Dipartimento delle Antichità, Repubblica di Cipro)
Il Dipartimento delle Antichità di Cipro ha annunciato il completamento della stagione di indagini archeologiche del 2015, svoltasi presso il sito del teatro ellenistico-romano di Nea Pafos. Qui hanno operato gli archeologi australiani dell'Università di Sydney.
Gli archeologi hanno scoperto il teatro più antico di Cipro, una struttura che è stata utilizzata come un luogo per spettacoli per oltre sei secoli e mezzo, a partire dal 300 a.C. fino alla sua distruzione a causa di un terremoto nel 365 d.C.. Scavi recenti hanno tentato di posizionare il teatro nel suo antico contesto urbano, localizzandolo tramite gli indizi contenuti nelle fonti antiche, quali la presenza di antiche strutture attorno all'edificio ludico.
Immagine fotogrammetrica dell'antico teatro di Nea Pafos
(Foto: Dipartimento delle Antichità, Repubblica di Cipro)
A sud del teatro gli archeologi hanno rivelato una strada romana, larga circa 8,40 metri, che era la principale arteria che conduceva sia al ninfeo che al teatro. I ricercatori pensano che fosse un'importante asse viario di Nea Pafos. La scoperta di numerosi frammenti di colonne di granito sul sito del teatro conferma l'importanza della strada asfaltata. Probabilmente le colonne sono state importate appositamente per erigere un colonnato lungo la principale strada romana. Le colonne sono in granito e provengono dalle cave di Troade in Turchia, note in tutto il Mediterraneo antico.
Sono stati trovati anche frammenti di altre colonne, molti dei quali sono stati riutilizzati per la costruzione di edifici successivi all'epoca romana, quali, ad esempio, la basilica paleocristiana di Chrysopolitissa. Altri, invece, sono stati incorporati in moderne opere in muratura, recinzioni, fontane e giardini. Nea Pafos aveva una strada colonnata che correva dal porto di Pafos lungo un'asse nord-sud. Anche la strada che conduceva al teatro della città era colonnata e correva da nord ad ovest. Gli archeologi sperano di trovare altre colonne di granito, in situ, in modo da avere un'indicazione sull'architettura del colonnato.

Tesori italiani all'estero: Orfeo e le Sirene

Il gruppo di Orfeo e le Sirene proveniente da Taranto e
custodito al Getty Museum di Malibu
(Foto: Pinterest)
Tra i tanti tesori che il Getty Museum di Malibu, in California, custodisce, moltissimi provenienti dall'Italia e, in particolare, dal sud, spicca uno straordinario gruppo statuario in terracotta, con tracce di policromia, proveniente da Taranto e risalente al IV secolo a.C. che raffigura Orfeo e le Sirene.
Questo gruppo scultoreo venne realizzato direttamente da artisti delle colonie magnogreche del Sud Italia. Vi compare un uomo nel gesto di suonare una lira che, purtroppo, è andata perduta. Molti ricercatori hanno attribuito a quest'uomo l'identità di Orfeo, il cantore capace, con il suono della lira e della sua voce, di incantare la natura e gli animali, oltre che gli uomini.
Accanto all'uomo compaiono due Sirene, creature legate al mondo dei morti che, nell'iconografia antica, potevano incontrarsi alle porte dell'Ade, dove consolavano le anime dei defunti con il loro canto. Il gruppo di Orfeo e le Sirene è tra i pochi che rimanda al mito e alle gesta degli Argonauti, dei quali Orfeo aveva fatto parte. Le Sirene sono alte entrambe 1,40 metri. In una delle due Sirene, quella di sinistra, gli studiosi hanno identificato la Sirena trauernde (termine tedesco che significa "mestizia"), una tipologia nata proprio a Taranto. La Sirena trauernde richiama il pianto e la sofferenza soprattutto in presenza della scomparsa di persone care. La Sirena di destra è stata identificata come Sirena musizierende (che vuol dire "musicante"). Probabilmente anche questa Sirena, come la raffigurazione di Orfeo, era dotata di uno strumento a corda andato perduto.

Emerge il porto di Ostia tra strutture e navi colossali

Scavi al porto di Ostia (Foto: Il Messaggero)
(Fonte: Il Messaggero) - Mastodontico non solo nelle sue dimensioni ma anche per quello che rappresenta: il porto di Ostia affiora dalle sabbie di un terreno agricolo davanti a Tor Boacciana, a ridosso della foce del Tevere.
Dopo il ritrovamento dei resti di due navi imperiali, i saggi archeologici per la realizzazione del nuovo ponte della Scafa, tra Ostia e Fiumicino, rivelano un'altra grande scoperta: il porto dell'antica città fondata da Anco Marzio. Gli esperti della Soprintendenza intorno alle rovine di quel molo ci stavano lavorando dalla primavera scorsa, fiduciosi di trovarsi di fronte a una sensazionale rivelazione: la localizzazione di quello che era un approdo descritto solo vagamente dalle fonti storiche.
Adesso c'è la certezza. "Siamo di fronte ad un evento di considerevole valore, che va ulteriormente approfondito e indacato ", dichiara Angelo Pellegrino, direttore degli Scavi di Ostia e del cantiere di via Tancredi Chiaraluce. "Il molo, risalente al secondo-terzo secolo dopo Cristo, ha dimensioni ragguardevoli a dimostrazione che si trattava di una struttura imponente, fronteggiava il mare e molto probabilmente è stato attivo sino al quarto secolo dopo Cristo quando ha subito un crollo".
L'area di scavo comprende una superficie di circa 500 metri quadrati di reperti archeologici. Il molo, realizzato in pozzolana, calce idraulica e materiale lapideo, è largo 5 metri circa e nel cantiere è emerso per circa trenta metri di frontemare. Il basamento presenta delle fessure usate all'epoca per smorzare la forza d'urto del mare. Non è chiaro se dietro al molo scorresse un canale, magari sormontato da tavole di legno. Un paio di travi sono state trovate nell'interrato, proprio nel fossato, a ridosso dell'approdo.
Tor Boacciana (Foto: Wikipedia)
Al centro dello scavo è stata individuata una struttura muraria dal piede ampio, affiancata da un arco in mattoni evidentemente crollato. "Non sappiamo spiegare ancora con precisione di cosa si stratti. - Aggiunge Michele Raddi, archeologo coordinatore. - Potrebbe essere la base di un faro: ne conosciamo la presenza alla foce del fiume e si è sempre ritenuto che quei resti farebbero parte delle fondamenta di Tor Boacciana. Quelle fonti, ora, potrebbero essere smentite. Ma solo per un'imprecisione di una cinquantina di metri". In quanto al crollo, Pellegrini ha una sua ipotesi: "Le tecniche murarie ci autorizzano a pensare che quella struttura possa essere stata vittima del terremoto a Roma che San Girolamo racconta sia avvenuto tra il 370 e il 380 dopo Cristo", sostiene il direttore degli scavi.
Nel cantiere lavora anche un'esperta di biodeterioramento dei Beni Culturali, la professoressa Marilena Leis dell'Università di Ferrara. "Per la prima volta al mondo, qui abbiamo rinvenuto mitili e ostriche ancora aderenti alle strutture murarie: ne faremo uno studio per valutare il paleoambiente", dice.
A cosa poteva servire un approdo a Ostia se ad appena tre chilometri di distanza sorgevano il porto di Claudio prima e quello di Traiano dopo? "Le fonti storiche, - risponde Marco Sangiorgio, esperto topografo. - riferiscono di un porto fluviale ad Ostia dove si procedeva allo scarico delle merci dalle grosse imbarcazioni a quelle più piccole che sarebbero risalite lungo il Tevere".
E, a proposito di barche, è della settimana scorsa il ritrovamento di una seconda nave imperiale a ridosso di quella rinvenuta a marzo. Si trova nelle argille della sponda opposta del fiume, all'Isola Sacra, e misura 14 metri contro i 12 della barca venuta alla luce per prima.
In tutto questo disvelamento storico e archeologico, si fa sempre più a rischio la realizzazione del Ponte della Scafa. Il porto di Ostia si trova nel cuore della viabilità di collegamento con l'infrastruttura. Il nuovo viadotto, appaltato al costo di 25,5 milioni di euro, sarà costituito da un arco metallico lungo 285 metri, largo 20 metri, con due corsie per ogni senso di marcia, ed alto 18 metri sul Tevere. L'impegno degli amministratori era di aprire il cantiere entro il prossimo dicembre ma tutto potrebbe cambiare, inclusa la localizzazione.

domenica 8 novembre 2015

Trovata una città sommersa in Croazia

Archeologi subacquei esplorano l'insediamento nel mare della Croazia che si crede risalire a 3500 anni fa
(Foto: ato Ilkic)
Tra le isole di Ricula e Galesnjak, nel canale di Pasman, in Croazia gli archeologi hanno scoperto, lo scorso anno, i resti di un grande insediamento ed un porto risalente a 3500 anni fa.
Ai primi di ottobre di quest'anno i ricercatori hanno dato il via ad una nuova campagna di ricerca lungo la costa di Turanj. Nel frattempo sono arrivati, dagli Stati Uniti, i risultati al radiocarbonio dei sondaggi sui resti di legname trovati nella profondità del mare croato. La datazione al radiocarbonio ha evidenziato che l'insediamento sarebbe stato sommerso dalle acque 3500 anni fa.

Laodicea, trovate colonne testimoni di un terremoto

Le colonne spezzate trovate negli scavi di Laodicea, testimoni del terremoto del 494 d.C. (Foto: DHA)
A Laodicea, una delle più grandi e antiche città greche della provincia ora turca di Denizli, sono state riportate alla luce, dopo più di 15 secoli, le colonne di un portico crollato durante il terremoto del 494 d.C..
Laodicea fu sede di una delle sette chiese menzionate nella Bibbia. Il responsabile degli scavi, il Professor Celal Simsek, ha già fatto rimuovere sei colonne, sepolte ad una profondità di sei metri nella zona chiamata Agorà Sacra. Le colonne sono testimoni del grande terremoto del 494 d.C., ma gli archeologi pensano di trovare altre tracce del drammatico evento.

Ceren, la Pompei di El Salvador

Alcuni degli edifici scavati dagli archeologi a Ceren, El Salvador
(Foto: ancient-origins.net)
Quasi 1400 anni fa il vulcano Caldera Loma, in El Salvador, esplose coprendo di cenere il piccolo villaggio maya di Ceren e conservandolo in ottime condizioni fino ai nostri giorni. Diversamente da Pompei, seppellita dalla cenere del Vesuvio nel 79 d.C. ed i cui abitanti sono stati sorpresi e per la maggior parte sono stati uccisi dalla cenere e dai vapori bollenti, gli abitanti di Ceren sono stati in grado di fuggire.
Da quando il villaggio è stato scoperto, nel 1978, gli archeologi hanno ipotizzato diverse cause per la distruzione di Ceren, prima di arrivare a scoprire che responsabile della stessa era stata un'eruzione vulcanica. Il ritrovamento offre uno sguardo su un panorama congelato nel tempo e sulla vita in un villaggio maya. Ceren è il villaggio maya meglio conservato di tutta l'America Latina.
Manufatto trovato nel villaggio di Ceren
(Foto: Università del Colorado)
A scoprire il villaggio è stato l'antropologo Payson Sheets, dell'Università del Colorado, il quale ha immediatamente sottolineato il parallelo con Pompei. Nel corso degli scavi la squadra del Dottor Sheets ha trovato tetti in paglia, vasi contenenti ancora fagioli e coperti da tessuti.
La popolazione di Ceren sembra essere vissuta in modo abbastanza libero, producendo architetture e religione apparentemente prive di costrizioni. Non sono state, finora, trovate prove di un'élite dominante. Il Professor Sheets ha ipotizzato che l'unica forma di interazione tra gli abitanti del villaggio con i governanti maya riguardava operazioni di mercato nella valle di Zapotitan. I prodotti eccedenti venivano scambiati con vasi policromi, coltelli di ossidiana ed asce di giada che venivano da notevoli distanze.
Gli archeologi hanno scavato 12 edifici, tra i quali strutture religiose ed un ambiente per sauna comunitaria, quartieri abitativi, magazzini, cucine e laboratori. Altri ancora devono essere scavati e analizzati. Finora non sono stati trovati resti di corpi umani. Negli scavi del 2009 si sono trovate tracce di coltivazione della manioca, utilizzata con tutta probabilità come cibo. Si tratta della prima e finora unica prova di coltivazione intensiva di manioca nel Nuovo Mondo. 

sabato 7 novembre 2015

Cina: la tomba dell'imperatore di 27 giorni

Le monete in bronzo trovate all'interno della sepoltura di Liu He, in Cina
(Foto: ancient-origins.net)
In Cina, nel 74 a.C., funzionari della Dinastia Han furono costretti a deporre l'imperatore in carica dopo soli 27 giorni di governo. I motivi furono la scarsa predisposizione dell'uomo e l'indulgenza nei piaceri effimeri. L'imperatore deposto morì cinque anni più tardi, per malattia, e venne sepolto in una tomba eccezionale come eccezionale fu il corredo che venne deposto con lui: oggetti in oro e argento, 10 tonnellate di monete di bronzo, strumenti musicali, carri e cavalli sacrificati per accompagnarlo nel suo ultimo viaggio. Gli archeologi hanno recentemente scoperto tutto questo.
La sepoltura dell'imperatore detronizzato si trova nel cimitero di Haihunhou, vicino Nanchang. Lui si chiamava Liu He ed era nipote dell'imperatore Wu, considerato il più importante della dinastia Han, la quale governò il paese dal 206 a.C. al 25 d.C.. Liu He fu imperatore solo per 27 giorni, dal momento che si riteneva fosse di facili costumi e privo di talento. Dopo essere stato costretto a lasciare il trono gli venne conferito il titolo di Haihunhou, che vuol dire "marchese di Haihun".
Secondo diverse fonti furono numerose le nefandezze commesse da quest'imperatore, anche se non ne viene menzionata con precisione alcuna. Si dice che fosse incline ai piaceri della carne ma che fosse anche folle, il che indusse diversi funzionari reali a destituirlo.
Pittura parietale nella grotta di Mogao con la
raffigurazione dell'imperatore Wu, il più grande monarca
della Dinastia Han. Liu He era suo nipote
(Foto: Wikimedia Commons)
Il cimitero di Haihunhou è così importante che è stato inserito nel Patrimonio Unesco dell'Umanità. Gli archeologi ritengono che il sito sia stata, un tempo, la capitale del Regno Haihun, a nord dello Jiangxi. Il cimitero si estende su circa 40.000 metri quadrati di superficie e comprende otto sepolture, tra le quali anche quella della moglie di Liu He. Vi sono, inoltre, strade, templi commemorativi e un sistema di drenaggio. Oltre alle monete in bronzo, gli archeologi hanno trovato oltre 10.000 altri elementi in oro, bronzo e ferro, tavolette in legno e manufatti in giada.
I ricercatori hanno anche scoperto diversi strumenti musicali, tra i quali un carillon, uno strumento a 25 corde, cosiddetti flauti di Pan ed uno sheng, uno strumento a fiato simile alla zampogna. Vi erano anche delle figurine in terracotta che mostrano come si suonavano i diversi strumenti.
La tomba di Liu He è l'unica, a sud del fiume Yangtze, ad avere veicoli reali a grandezza naturale. Con i carri sono stati sepolti anche quattro cavalli e 3.000 accessori decorati in oro e argento. Questa scoperta, sostengono gli archeologi, può aiutare a comprendere lo status sociale, l'economia e lo stato della cultura ai tempi della Dinastia Han Occidentale. Non solo, ma potrebbe rivelare ulteriori notizie circa lo sviluppo della musica, il trasporto e l'evoluzione della scrittura. Esperti in archeobotanica e archeozoologia stanno studiando metalli, tessuti e testi storici per meglio documentare questa straordinaria scoperta.

I misteri di Haft Tappeh, in Iran

La volta della tomba reale di Haft Tappeh, in Iran (Foto: ancient-origins.net)
I resti di centinaia di corpi accatastati dietro un muro in rovina restano a testimonianza della terribile tragedia che si è svolta in un'antica città Iraniana. Gli archeologi hanno scoperto anche diversi artefatti relativi a questa città, chiamata Haft Tappeh. La scoperta della fossa comune, però, ha confermato che ci sono ancora diverse domande alle quali i ricercatori dovranno trovare risposta.
Scavano ad Haft Tappeh gli archeologi dell'Università di Mainz, guidati dal Dottor Behzad Mofidi-Nasrabadi. Sono stati loro a scoprire che gli antichi abitanti di Haft Tappeh caddero vittime di un massacro all'indomani di un assedio alla loro città. I morti, di cui sono stati trovati i resti scheletrici, vennero accatastati disordinatamente l'uno sull'altro dietro un muro.
Sepoltura elamita all'interno di un contenitore, Museo di Haft Tappeh
(Foto: ancient-origins.net)
Haft Tappeh è uno dei più importanti siti archeologici dell'Iran. Risale al II millennio a.C. e si trova a circa 15 chilometri a sud di Susa, nella provincia del Khuzestan. Il sito venne costruito su 14 tumuli di terra, il più alto di 17 metri. Sembra accertato che le strutture monumentali, i templi e i palazzi siano da attribuirsi ai re elamiti Tepti-Ahar e Inshushinak-shar-ilani. La città fiorì per circa un secolo, distesa su 250 ettari di terreno, diventando un centro importante dell'impero elamita. Commercio e scambi diplomatici con gli stati confinanti costituivano la linfa vitale della città. Dallo scavo degli archivi è emersa una tavoletta d'argilla che descrive proprio questi commerci e l'industria dell'artigianato. Gli archeologi hanno poi riportato alla luce un grande tempio, dedicato alla divinità elamita Kirwashir.
Gli scavi, inoltre, hanno scoperto una volta costruita sopra la tomba del sovrano elamita Tepti Ahar.
Lo ziggurat di Chogha Zanbil, vicino Susa (Foto: ancient-origins.net)
Il complesso funerario sotterraneo ha, quindi, svelato una camera reale contenente dei resti scheletrici che, però, non si sa se siano quelli del re e della sua famiglia. La parte settentrionale del complesso funebre conteneva sette scheletri, mentre la parte meridionale ne conteneva tre deposti in un luogo e altri dieci poco distanti, seppelliti uno sull'altro.
Gli archeologi pensano che le fondazioni e la presenza di una serie di cortili e stanze tra le rovine della città possano essere indicative della presenza di un antico ziggurat che, forse, un tempo sorgeva in questo luogo. Forse si tratta di uno ziggurat simile a quello di Chogha Zanbil, nei pressi di Susa, città sacra del regno di Elam.
Sono molti i reperti raccolti ad Haft Tappeh, tra cui statuette di argilla di dee della fertilità, vasi in ceramica, corredi funerari femminili, gioielli, coppe. Alcuni defunti furono sepolti in vasi, altri in bare di argilla.
Come molte antiche città andate in rovina, non si conosce quale sia stata la fine di Haft Tappeh. Gli archeologi ritengono che le strutture monumentali siano state progressivamente abbandonate e che le rovine vennero, in seguito, saccheggiate per costruire le fattorie della zona.

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