sabato 27 marzo 2021

La ricca necropoli di Valsgarde

La necropoli di Valsgarde, nei pressi della città di Uppsala, nella Svezia centrale, ospita più di 90 sepolture risalenti all'Età del Ferro ed è particolarmente conosciuta per le sue spettacolari barche-tombe risalenti al 600 e 700 d.C., il cosiddetto periodo merovingio svedese, di poco antecedente la prima età vichinga.
All'interno di queste sepolture sono stati trovati anche resti di tessuti. Due di queste barche-tombe, in particolare, lunghe 10 metri, contenevano i corpi di due persone ed avevano spazio per quattro o cinque paia di remi. Si tratta di sepolture destinate a guerrieri di alto rango, accompagnati, nel loro ultimo viaggio, da elmi, scudi ed armi riccamente decorati. Nelle sepolture sono stati anche trovati strumenti per la caccia. In una di esse è stato anche deposto un gufo reale euroasiatico privo di testa. Accanto sono stati trovati resti di altri animali, tra i quali cavalli.
I guerrieri sembrano essere stati sepolti con quanto necessario per navigare anche negli inferi e per sbarcare nell'aldilà con l'ausilio di cavalli. Due guerrieri, inoltre, erano stati deposti al di sopra di strati di biancheria da letto che, probabilmente, aveva la funzione di evidenziare il loro stato sociale. La biancheria da letto rinvenuta nelle tombe di Valsgarde è la più antica finora trovata in Scandinavia. Gli uomini sepolti con questa particolare cura dovevano certamente appartenere al più alto grado della società dell'epoca.
E' stato anche accertato che sono stati utilizzati diversi tipi di piumaggi per confezionare questa biancheria. Alcune delle piume sono state identificate come appartenenti a delle anatre, provenienti quasi sicuramenti da Helgeland o da altre aree del nord del Paese. La gran varietà di piume rinvenute nelle sepolture ha permetto, ai ricercatori, di avere una visione unica della fauna avicola presente nel Paese durante l'Età del Ferro. 
Alcune tradizioni raccolte nel XVIII secolo, ma la cui origine risale ad epoche preistoriche, vogliono che l'uso di piume di animali domestici (anatre, polli) o di gufi, piccioni e corvi avrebbe potuto essere un ottimo mezzo per accompagnare il trapasso dei defunti. In alcune aree della Scandinavia le piume d'oca erano considerate il mezzo migliore per consentire all'anima di lasciare il corpo.
Nella saga islandese con protagonista Erik il Rosso, un cuscino imbottito di piume di galline domestiche venne posto sul trono di Heriòlfsnes, in Groenlandia, per farvi accomodare uno sciamano femminile in visita. La saga si pensa sia stata composta nel XIII secolo, ma narra eventi verificatisi nell'anno 1000.
Le piume contenute nella biancheria delle sepolture di Valsgarde apparteneva ad oche, anatre, galli cedroni, corvi, passeri, trampolieri e gufi reali e sono molto ben conservate.

Fonte: Università Norvegese di scienza e tecnologia, archaeologynewsnetwork.blogspot.com

Foto:    Un elmo rinvenuto in una delle sepolture di Valsgarde (Museo Universitario di Uppsala)
            Una spada rinvenuta nella necropoli di Valsgarde (Joe Mabel)

venerdì 26 marzo 2021

Polonia, ulteriori notizie sulla necropoli di Debiany

Ulteriori notizie in merito alla grande necropoli rinvenuta in Polonia, nei pressi della città di Debiany. La scoperta della necropoli è il risultato dello studio, grazie alla fotografia satellitare, delle linee dei raccolti in un campo.
Nei pressi della necropoli sono stati individuati anche i resti di una fortezza altomedioevale ed una sepoltura dell'Età del Bronzo contenente due cavalli. Ancora non si conosce l'estensione completa dell'antico cimitero. Gli archeologi pensano che la necropoli possa contenere circa una dozzina di tumuli, ciascuno della lunghezza tra i 40 ed i 50 metri, costituiti da terrapieni, pietre e palizzate in legno ora marcite. Si tratta di una delle necropoli megalitiche più grandi ed interessanti dell'Europa centrale.
Un archeologo indipendente di Cracovia ha notato, per la prima volta, che le linee rette visibili in una fotografia satellitare di un campo, potevano essere causate dai resti sotterranei di una struttura quadrangolare. Quest'ultima si rivelò essere una fortezza ed un fossato del primo medioevo (IX - X secolo d.C.) antecedente al primo regno polacco (1205).
Gli scavi del 2019 e del 2020 hanno anche rivelato lunghi tumuli neolitici sui quali è stata edificata la fortezza medioevale. Questi tumuli erano, un tempo, molto alti ed erano stati realizzati accumulando terra sopra una tomba posta al centro e rivestita di pietra. La struttura venne, in seguito, rinforzata con palizzate di legno delle quali rimangono solo labili tracce.
Il team di archeologi hanno anche recentemente portato alla luce, nella stessa località, una sepoltura in cui erano stati inumati, fianco a fianco, due cavalli insieme ad i resti di una briglia. La tomba è stata datata alla metà dell'Età del Bronzo, circa 3500 anni fa.
Le genti che edificarono questi tumuli si diffusero in tutta l'Europa centrale dal 4100 a.C. Si pensa che fossero agricoltori emigrati nella regione da quelle che attualmente sono la Spagna e la Francia, a loro volta discendenti da gruppi umani emigrati dai Balcani, dove avevano adottato precedenti pratiche agricole provenienti dal Medio Oriente.

Fonte: livescience.com
Foto: La necropoli polacca di Debiany vista dall'alto (Jan Bulas)

Grecia, recuperata una statua del V secolo a.C.

Un uomo è stato arrestato, in Grecia, con l'accusa di contrabbando di antichità per aver tentato di vendere un'antica statua in marmo di fattura eccezionale, che un tempo adornava, con tutta probabilità, un tempio dell'Acropoli di Atene o delle circostanti pendici.
La statua risale al V secolo a.C. ed è stata recuperata a conclusione di un'operazione di polizia durata mesi. E' alta solo 37 centimetri e raffigura un giovane seduto piegato leggermente verso destra. Mancano la testa, le braccia e la maggior parte delle gambe. Dietro la spalla sinistra sono visibili due piccoli fori, probabilmente gli innesti di aste che dovevano assicurare la statua ad un frontone triangolare posto sui lati corti di un tempio.
"E' un'opera d'arte eccezionale, del tipo che non si trova facilmente nemmeno negli scavi sistematici", ha detto l'archeologo Dimitris Sourlas. Secondo lo studioso la statua potrebbe essere parte di una composizione più ampia ma, naturalmente, sono necessarie ulteriori ricerche. Le  autorità l'hanno collegata all'area dell'Acropoli di Atene e questo fa pensare che provenisse da un tempio.
Il reperto sembra essere stato sepolto per molto tempo e reca segni di danni causati dagli strumenti di scavo.

Fonte: Associated Press
Foto: Il reperto recuperato dalla polizia greca (Police Net)

mercoledì 24 marzo 2021

Egitto, rinvenute le rovine di un monastero cristiano

Un team archeologico franco-norvegese ha scoperto nuove rovine cristiane nel deserto occidentale dell'Egitto. Si tratta di una scoperta che getta nuova luce sulla vita monastica nella regione durante il V secolo d.C.
La missione ha portato alla luce diversi edifici in basalto, altri scavati nella roccia ed alcuni fatti in mattoni di fango nel sito di Tal Ganoub Qasr al-Agouz, nell'oasi di Bahariya. Il complesso è composto da sei settori contenenti le rovine di tre chiese e alcune celle di monaci, le cui pareti recano graffiti e simboli di origine copta.
Le pareti di una delle chiese erano decorate con iscrizioni religiose e passaggi della Bibbia in greco, elementi che illuminano sulla natura della vita monastica nella regione. Queste testimonianze mostrano che i monaci erano presenti, in questo luogo, dal V secolo d.C. Il sito si trova a sudovest de Il Cairo e venne occupato dal IV all'VIII secolo d.C., con un picco di presenza tra il V ed il VI secolo d.C.
Precedenti scavi effettuati nel 2009 e nel 2013 hanno messo il luce tracce della produzione e della conservazione del vino e dell'allevamento del bestiame in un contesto monastico.

Fonte e foto:
msn.com

Israele, le incredibili sorprese del deserto di Giuda

Gli archeologi dell'Autorità Israeliana per le Antichità (Iaa), che dal 2017 sta scavando in alcune grotte nel deserto di Giuda, hanno scoperto minuscoli frammenti di un antico rotolo biblico vicino al Mar Morto, a 60 anni dalla scoperta dei primi rotoli di pergamena. I frammenti sono stati rinvenuti durante uno scavo regolare nella cosiddetta Grotta dell'Orrore, nella riserva di Naval Herver.
Durante gli scavi sono stati rinvenuti anche i resti mummificati di una bambina di 6000 anni fa ed un cesto che si pensa sia il più antico del mondo, rinvenuto intatto, risalente a circa 10.000 anni fa. La zona del ritrovamento è arida e desertica, la stessa dove, negli anni '40 e '50 del secolo scorso, sono emersi i famosi rotoli del Mar Morto.
Le nuove scoperte sono il risultato di un massiccio intervento del governo israeliano per esplorare centinaia di grotte lungo il Mar Morto al fine di scoprire eventuali altri rotoli. Nel 2013 i saccheggiatori di antichità hanno portato alla luce, in una grotta nella zona del Mar Morto, un impressionante papiro risalente a 2700 anni fa, che reca la più antica iscrizione ebraica conosciuta della parola "Gerusalemme".
Per quattro anni gli archeologi si sono calati lungo i fianchi delle rocce del deserto ed hanno esplorato quasi la totalità delle 500 grotte conosciute lungo la costa occidentale del Mar Morto. Attualmente rimangono ancora 20 grotte da esplorare.
Tranne tre grotte, tutte le altre sono state già "visitate" dai saccheggiatori negli anni '50. Nell'area di Nahal Hever in Israele, nella Grotta dell'Orrore, che deve il suo nome alle dozzine di scheletri umani scoperti in uno scavo degli anni '60, gli archeologi hanno trovato un insieme di minuscoli frammenti di pergamena vergati in greco antico. I pezzi sono stati ricomposti come un puzzle ed i ricercatori hanno stabilito che il testo che ne è risultato è una traduzione greca di diversi versetti dei Dodici Profeti Minori, un libro della Bibbia ebraica. Questi frammenti corrispondevano a frammenti più consistenti del rotolo scoperti da un archeologo israeliano negli anni '60 nella stessa grotta.
In base allo stile di scrittura, i frammenti sembrano risalire al I secolo a.C.. Sulla base di alcune monete trovate anch'esse nella grotta, il rotolo venne portato qui nel 135 d.C., al termine di una rivolta ebraica contro i Romani condotta da Bar Kokhba. Le monete recano simboli tipicamente ebraici quali un'arpa e palme da dattero. Sono stati rinvenuti anche utensili quali punte di freccia e di lancia, tessuti, sandali e persino pettini per pidocchi.
Il greco era ampiamente parlato nella comunità ebraica dell'epoca, oltre all'ebraico ed all'aramaico. I testi sono redatti completamente in greco, tranne il Tetragrammaton, in venerato nome delle quattro lettere di Dio, che nei frammenti appare in caratteri ebraici antichi.
Sul rotolo sono stati anche riscontrati errori di copiatura, che rivelano il mondo culturale dello scriba. Nella Caverna dell'Orrore è stato scoperto anche il corpo di una bambina parzialmente mummificato, avvolto in un panno, del quale si conservano - in parte - tendini e capelli. Il corpo giaceva in posizione fetale e la particolare disposizione del lenzuolo in cui era avvolto, fa pensare che il corpo sia stato "rimboccato" con quel lenzuolo, come si fa con un bambino addormentato. La bambina, secondo uno studio preliminare condotto dalla Dottoressa Hila May dell'Università di Tel Aviv, aveva tra i 6 ed i 12 anni di età.
Nelle grotte è stato rinvenuto anche un enorme cesto intrecciato risalente al periodo Neolitico, circa mille anni prima dell'invenzione della ceramica. Si tratterebbe del più antico cesto intatto mai trovato. Il cesto ha la capacità di circa 100 litri. I ricercatori stanno ora studiando i piccoli campioni di terreno trovati al suo interno per capire cosa vi fosse contenuto.
Il clima secco del deserto ha reso possibile la conservazione straordinaria dei reperti, che sono stati datati utilizzando la tecnica del radiocarbonio dalla Professoressa di origine italiana Elisabetta Boaretto dell'Unità di Archeologia Scientifica dell'Istituto Weizmann di Rechovot. "Fortunatamente questi reperti sono scampati ai saccheggiatori di antichità: la loro importanza è enerme perché ci consentirà di portare avanti studi sulla conservazione dei prodotti prima dell'invenzione della ceramica", ha affermato, in una intervista a Repubblica, la Professoressa Boaretto.

Fonte:
npr.org

Foto:
- parte dei frammenti del rotolo trovato nel deserto di Giuda (Shai Halevi/Israel Antiquities Authority)
- monete del periodo di Bar Kokhba rinvenute nella grotta (Ofer Sion/Israel Antiquities Authority)
- il grande cesto nel laboratorio di conservazione (Yaniv Bernam/Israel Antiquities Authority)

Grecia, trovata una statuetta bronzea raffigurante un toro

Vicino all'antico sito di Olimpia, nei pressi del tempio di Zeus e dell'Altis, recinto sacro e nucleo del santuario, è stata rinvenuta una statuetta di bronzo raffigurante un toro, che si ritiene sia antica di almeno 2500 anni. I segni di bruciatura presenti sull'artefatto suggeriscono che potrebbe trattarsi di una delle migliaia di oggetti offerti a Zeus.
La scoperta è stata fatta da un'archeologo all'indomani di un periodo di forti precipitazioni atmosferiche. Ad attirare l'attenzione dello studioso è stato uno dei corni che spuntava dal terreno.
Le prime analisi indicano che la statuetta taurina risale al Periodo Geometrico (dal 1050 al 700 a.C.). Si ritiene che animali quali tori e cavalli siano stati adorati ad Olimpia a causa dell'importanza rivestita da questi animali nella sopravvivenza umana.

Fonte:
bbc.com/news/world-europe

Foto:
la statuetta bronzea di toro (Reuters)

Gran Bretagna, trovate le fondamenta di un palazzo vescovile

Durante dei lavori di costruzione edile nel Somerset, in Gran Bretagna, sono emerse le fondamenta di un palazzo vescovile di epoca medioevale. Il muro di fondazione, che si trova nei giardini del palazzo di Wiveliscombe, risale al XIII secolo ed ha identificato la posizione del palazzo che sarebbe stato una delle numerose residenze utilizzate dal vescovo di Bath and Wells nel Somerset.
Il sito dove sorgeva il palazzo era già noto, ma la recente scoperta ha fornito agli archeologi la posizione precisa del palazzo vescovile, le cui fondamenta si trovano al di sotto di un'area di proprietà di un pensionato di 81 anni. Le rovine del palazzo comprendono, oltre al muro di fondazione, anche un camino.
Bob Croft, l'archeologo della Contea per il South West Heritage Trust, ha definito le rovine del palazzo vescovile una "scoperta significativa" ed ha detto che ha "messo un punto importante sulla mappa di Wiveliscombe, ma anche sulla mappa del Somerset".
Ma chi risiedeva in questo palazzo risalente a 800 anni fa? Secondo la BBC News, diversi documenti mostrano che due vescovi in particolare svolsero importanti lavori di costruzione a Wiveliscombe tra il 1309 ed il 1363. Questi vescovi erano il vescovo Drokensford (1309-1329) e il vescovo Ralph di Shrewsbury (1329-1363). Secondo il sito web del Somerset Historic Environment Record, il palazzo vescovile fu costruito o ricostruito da John Drokensford. Si dice che sia stato "un ritiro preferito dei vescovi per tutto il medioevo".
La documentazione archeologica del sito è stata completata, ma il prossimo passo del processo è decidere come verranno conservate le fondamenta.

Fonti:
bbc.com/news/uk-england-somerset
cospiratori.it

Foto:
i resti delle fondamenta del palazzo vescovile (South West Heritage Trust)

lunedì 22 marzo 2021

Cecoslovacchia, le meraviglie di un'antica necropoli...

Una necropoli di 1600 anni fa è stata scoperta nella Boemia orientale e sta gettando nuova luce su quel periodo storico. La scoperta risale, in realtà, al 2019 ed è stata fatta dagli archeologi del Museo della Boemia orientale.
Il sito è stato datato al V secolo d.C., all'epoca del crollo della parte occidentale dell'impero romano e all'inizio del medioevo. Le sepolture di questo periodo sono piuttosto rare. La prima sepoltura del genere venne scoperta negli anni '60 del secolo scorso, si trattava della sepoltura di un uomo anziano e di un bambino.

Una delle sei tombe rinvenute nel 2019 è molto interessante: è riuscita a sfuggire all'opera dei tombaroli che avevano saccheggiato già in passato le altre cinque sepolture. Si tratta della sepoltura appartenente ad una donna morta tra i 35 ed i 50 anni.
Quanto è stato ritrovato nelle tombe viene esaminato da esperti dell'Università Masaryk di Brno, dell'Università di Chimica e Tecnologia di Praga, dell'Istituto di archeologia dell'Accademia delle scienze ceca e dell'Istituto tedesco Max Planck.
La sepoltura rinvenuta intatta conteneva diversi oggetti di straordinaria importanza storica e di altrettanta importanza artistica, come quattro fermagli in argento ed oro intarsiati con pietre semipreziose e un copricapo decorato. Sui fermagli sono stati rinvenuti i resti di due diversi tipi di tessuto. Uno apparteneva all'indumento che veniva allacciato con le fibbie, l'altro ad un cappotto o stoffa che copriva il corpo della donna. Sulle fibbie sono stati riconosciuti anche resti di pelle e pelliccia.
Le altre cinque sepolture della necropoli contenevano i corpi di individui di età compresa tra i 16 ed i 55 anni. Sebbene siano state saccheggiate, conservavano ancora i resti di offerte funebri: una spada corta, coltelli, perline di vetro e d'ambra, componenti metalliche di cinture, accessori decorativi per le scarpe e pettini in osso.
Di un'altra sepoltura sono rimasti solo un coltello in ferro, perline ed un vaso in ceramica. Le analisi effettuate su quest'ultimo hanno rivelato che vi era stata cotta della carne. La presenza di alcuni acidi e grassi indica che si trattava della carne di un ruminante, probabilmente una mucca. In nessuna delle tombe sono state trovate tracce di cibo di origine vegetale.
Sulle ossa di una delle persone sepolte nella necropoli erano evidenti le tracce di artrite dovute sia all'età che allo sforzo fisico. L'antropologa Milada Hylmarova, dell'Università di Masaryk ha notato muscoli significativamente asimmetrici sugli arti inferiori di una delle persone sepolte. Su un cranio e sui resti di un bacino sono state individuate tracce di cancro. Tracce di altre malattie sono state trovate sui denti e sulle articolazioni di alcuni defunti.
Al momento è stato possibile determinare solo il sesso dello scheletro rinvenuto nella sepoltura non saccheggiata. Sulla base degli oggetti rinvenuti in un'altra tomba - la numero tre - si è ipotizzato che il defunto fosse un uomo, mentre nella tomba numero sei è stata sepolta con tutta probabilità una donna.

Fonte: expats.cz/czech-news
Foto
expats.cz/czech-news

lunedì 8 marzo 2021

Malta, scoperte interessanti sulla dieta mediterranea

Da uno studio maltese effettuato in base al ritrovamento di alcuni reperti preistorici, gli studiosi hanno ricavato che gli uomini dell'epoca erano probabilmente molto appassionati di porridge, avevano ideato un modo per fare il formaggio ed utilizzavano un sistema per immagazzinare i prodotti del raccolto.
Lo studio ha esaminato i residui rinvenuti all'interno di resti di ceramica recuperati nel sito preistorico di Il-Qlejgha tal-Bahrija ed ha rivelato alcune abitudini alimentari dei maltesi vissuti tra il 2500 ed il 700 a.C. Lo studio, condotto da Davide Tanasi, dell'Institute for Advanced Study of Culture and Environment dell'University of South Florida, fa parte del Mediterranean Diet Archaeology Project.
Sono stati analizzati diversi tipi di ceramica per determinare le funzioni tradizionali di questi vasi e tentare di ricostruire le abitudini alimentari, le pratiche di lavorazione del cibo e le strategie economiche legate all'agricoltura della comunità indigena maltese. Le analisi hanno rivelato che i contenitori rinvenuti nel sito contenevano una miscela di latte bovino e cereali, una sorta di porridge preistorico. La maggior parte dei contenitori in cui era conservato, contiene tracce di proteine compatibili con il grano, altri contenitori hanno restituito altre tracce di proteine, ad indicare che i contenitori erano stati utilizzati per la conservazione dell'orzo.
I maltesi di Il-Qlejgha tal-Bahrija usavano allevare bovini per ottenerne del latte. La presenza di grandi giare di stoccaggio, in cui venivano conservati i cereali, suggerisce che vi era un sistema di raccolta e ridistribuzione delle eccedenze agricole, pratica già osservata in precedenza in alcune località della Sicilia. Questo suggerisce che la comunità maltese si stava orientando da un sistema economico egalitario ad uno più gerarchico, nel quale una figura autoritaria aveva il compito di raccogliere le derrate alimentari per redistribuirle equamente. Anche alcuni contenitori in ceramica, precedentemente interpretati come bruciatori di incenso, simili, nella forma, a cesti di vimini, contenevano in realtà particelle di latte bovino. Questo sembra suggerire che il recipiente sia stato utilizzato per una sorta di produzione in serie di formaggio, praticamente si tratterebbe di un contenitore molto simile ai cestini a graticcio utilizzati per la ricotta.
Le analisi scientifiche sono state condotte presso il Laboratorio di spettrometria di massa organica del Dipartimento di Scienze Chimiche dell'Università di Catania in collaborazione con l'Institut de Chimie Radicalaire dell'Aix-Marseille Université (Francia).
A differenza dei lipidi antichi, le proteine sono soggette ad una maggiore degradazione nel corso del tempo. I campioni raccolti sopravvivono solo grazie alla natura porosa della terracotta che, quindi, aiuta a preservarli nel tempo.

Fonte: timesofmalta.com
Foto: Contenitori in terracotta che hanno restituito tracce di latte bovino - timesofmalta.com

Polonia, scoperto la più antica necropoli megalitica del Paese


Gli archeologi polacchi hanno scoperto uno dei più grandi cimiteri megalitici della Polonia, nel quale hanno finora portato alla luce sette sepolture, risalenti a circa 5500 anni fa. La necropoli megalitica si trova nei pressi del villaggio di Debiany, ad ovest della città di Sandomierz. Gli archeologi pensano che ci siano ancora molte sepolture in attesa di essere scoperte.
Le pareti delle sepolture non erano formate da pietre, come nel caso delle tombe megalitiche trovate nel nord della Polonia, ma erano costituite da pali di legno. Secondo gli archeologi le tombe in pietra calcarea erano situate sotto i tumuli funerari. Sfortunatamente quasi tutti i resti umani e quanto i defunti avevano come corredo funebre, sono stati rimossi quando il cimitero era ancora in uso.

Fonte: archaeologynewsnetwork.blogspot.com
Foto: le tombe megalitiche trovate in Polonia - J. Bulas

sabato 6 marzo 2021

Puglia, gli straordinari ritrovamenti della necropoli di Alezio

Una piazza cerimoniale, numerose sepolture tra le quali quella di un bambino, la scoperta di olive come offerte per accompagnare il viaggio nell'aldilà sono alcuni dei ritrovamenti della prima campagna di ricerca archeologica effettuata nella necropoli messapica di Monte d'Elia, ad Alezio, in Puglia, condotta dal Laboratorio di Archeologia Classica dell'Università del Salento, sotto la direzione del Professor Giovanni Mastronuzzi.
Ora gli esperti stanno portando avanti le analisi dei reperti. Si tratta di un team composto dai ricercatori CNR-ISPC Ivan Ferrari e Francesco Giuri, archeologi professionisti formatisi presso la UniSalerno. Le indagini si svolgono su concessione ministeriale MIBACT  e in convenzione con la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Brindisi, Lecce e Taranto, con il contributo economico del Comune di Alezio e dell'Università.
"Nel corso di alcune settimane di ricerca sono emersi nuovi dati fondamentali per lo studio della civiltà messapica, innanzitutto attraverso la ricostruzione topografica dell'area di Monte d'Elia ed il riconoscimento dei riti funerari ivi pratica in tempi antichi", spiega il Dottor Mastronuzzi. "Alcune prove di scavo hanno permesso di recuperare informazioni sulla morfologia dell'area, cioè sul corso del colle che ospita la necropoli di Alezio, dal quale si vede il mare da un lato e l'antico insediamento messapico".
Di grande importanza è l'individuazione di una grande piazza cerimoniale attorno alla quale, all'interno di recinti costruiti con grandi massi, erano concentrati gruppi di tombe appartenenti a famiglie o clan. Costituiva il punto di arrivo delle processioni che accompagnavano il defunto nell'ultimo viaggio dalla casa al luogo di sepoltura.
"Elementi di maggior dettaglio provengono dallo scavo di sepolture che non sono state rilevate durante le indagini degli anni Ottanta della Soprintendenza Archeologica della Puglia. E' stata infatti individuata una fossa, con pavimento in blocchi di calcare e cornice in pietra di Carparo, all'interno della quale sono stati accumulati i resti di almeno dodici individui. Un ossario, insomma, connesso al funzionamento della necropoli e alla pratica del riutilizzo delle strutture funerarie per successive sepolture", ha affermato la Dottoressa Serena Strafella, della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio.
"Abbiamo trovato alcuni oggetti che appartenevano al corredo funerario: una lucerna, un piatto, una trozzella (vaso tipico della civiltà messapica), due pesi da telaio e la punta di un giavellotto. Con alcuni di questi oggetti il sesso del defunto è stato identificato durante la cerimonia di sepoltura (la trozzella per le donne, le armi per gli uomini), e potrebbe indicare il rango e il ruolo ricoperto nella vita. Un'altra scoperta molto importante è quella della tomba di un bambino, sepolto in un piccolo sarcofago con alcuni corredi funebri: un bicchiere da vino (skyphos), un'anfora, un sonaglio e un astragale che fungeva da giocattolo ed anche uno strigile. Quest'ultimo è un elemento che contraddistingueva gli atleti e può essere, quindi, considerato come un dono che rimarcava il mancato raggiungimento dell'età adulta. Attorno alle tombe sono, inoltre, presenti numerose deposizioni secondarie: i resti di inumazioni precedentemente collocati all'interno dei sarcofagi sono stati rimossi e spostati per accogliere nuove sepolture. Le ossa e gli ornamenti personali, come anelli e spille, sono stati raccolti religiosamente e posti nelle immediate vicinanze delle tombe", continua la Dottoressa Strafella.
"Un dato di straordinaria importanza è, infine, rappresentato dal ritrovamento delle olive, come offerte alimentari destinate ad accompagnare il viaggio nell'aldilà. - Ha aggiunto la Dottoressa Strafella. - Attualmente è stato avviato il restauro e lo studio dei reperti, manufatti e reperti bio-archeologici, attività che proseguirà nei prossimi mesi parallelamente alla preparazione della documentazione di scavo. Sulla base dei risultati, sarà possibile programmare una nuova campagna di ricerca sul campo, da svolgere a partire dalla prossima primavera in accordo con la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per le Provincie di Brindisi e Lecce".

Fontearchaeologynewsnetwork.blogspot.com
Foto: Il Gallo

Berenice, amati gatti e amati cani...

Cani e gatti giacciono come se dormissero, in tombe individuali. Molti di loro indossavano collari o altri ornamenti ed erano stati curati da lesioni e malattie dovute alla vecchiaia, proprio come gli animali domestici di oggi. Con la differenza che l'ultima persona che seppellì il suo amato compagno a quattro zampe nell'arida terra egiziana, lo ha fatto quasi duemila anni fa.
Questo antico cimitero di animali, situato nei pressi del porto romano di Berenice, venne ritrovano dieci anni or sono, ma non se ne comprese la funzione, al di là di quella di conservare i corpi dei fedeli compagni di viaggio. Ora uno scavo approfondito ha portato alla luce i corpi di 600 tra cani e gatti con le evidenze che si trattava di animali domestici molto preziosi per l'uomo. Questo fatto renderebbe il sito il più antico cimitero di animali domestici mai conosciuto.
L'archeozoologa Marta Osypinska ed i suoi colleghi dell'Accademia delle scienze polacca hanno scoperto la necropoli nel 2011, appena fuori le mura della città, al di sotto di una discarica romana. Sembra che questo particolare cimitero sia stato utilizzato prevalentemente tra il I ed il II secolo d.C., quando Berenice era un vivace porto romano al quale affluivano avorio, tessuti ed altri beni di lusso dall'India, dall'Arabia e dall'Europa.
Nel 2017 il team della Dottoressa Osypinska ha riferito di aver portato alla luce i resti di circa 100 animali, per lo più gatti, curati al pari degli animali domestici. Ma all'epoca la natura esatta del sito non era ancora ben chiara. La Dottoressa Osypinska ed i suoi colleghi hanno, a tutt'oggi, scavato i resti di 585 animali, analizzando le ossa nel dettaglio. Un veterinario ha aiutato il team a determinare la salute, la dieta e la causa della morte delle bestie.
Gli animali sembra siano stati deposti con estrema delicatezza in fosse ben preparate. Molti erano coperti con tessuti o pezzi di ceramica che formavano una sorta di sarcofago. Il 90% degli animali erano gatti, molti dei quali portavano collari di ferro o collane di vetro e conchiglie. Uno dei felini è stato deposto sull'ala di un grande uccello. Sono state anche individuate prove di mummificazione, di sacrifici ed altri rituali già conosciuti come parte degli antichi luoghi di sepoltura di animali, come il sito di Ashkelon, in Israele. La maggior parte degli animali sepolta a Berenice sembra essere morta per ferite o malattie. Alcuni gatti presentano le zampe fratturate od altre fratture che potrebbero essere state causate da cadute accidentali o da calci di cavallo. Alcuni sono morti in giovane età, forse per malattie infettive che si diffondevano rapidamente nella città.
Le sepolture di cani sono il 5% del totale (il resto è costituito da sepolture di scimmie). I cani sembrano morti di vecchiaia. Molti avevano perso la maggior parte dei denti o soffrivano di malattie parodontali e degenerazione articolare. Sebbene molte patologie sembrano essere state piuttosto invalidanti, questi animali hanno potuto vivere a lungo grazie alla somministrazione di cibo, che talvolta era una pappa destinata a cani privi di denti.
Queste sepolture dimostrano l'esistenza di un forte legame affettivo tra i padroni ed i loro animali domestici, tanto più forte dal momento che Berenice era, all'epoca, una città quasi in rovina, dove tutte le merci necessarie dovevano essere importate.

Fonte: sciencemag.org
Foto: Uno dei cani sepolti nella necropoli di Berenice protetto da un frammento di ceramica; lo scheletro di un gatto sepolto con un collare di bronzo (Marta Osypinska)

Mitilene, rinvenuta la porta in marmo del castello

Il castello medioevale di Mitilene, il monumento più emblematico della città, ha in parte rivelato nuovi dati archeologici attraverso la sua topografia, nell'ambito del progetto "Promozione e miglioramento della visitabilità del castello inferiore di Mitilene".
Nella zona di Kato Kastro, dove sono in corso lavori di restauro sulle fortificazioni medioevali, sono stati rintracciati i resti di un balneum medioevale a ridosso delle mura meridionali. Il balneum risalirebbe al XVI secolo. Il balneum, il primo trovato a Lesbo, conserva ancora la suddivisione in calidarium, frigidarium e tepidarium.
Al fine di evidenziare e proteggere il monumento, che sarà visibile presto ai visitatori, è stata indagata l'area ad ovest, dove è stata rinvenuta parte di un muro piuttosto spesso sul quale poggia la parete ovest della vasca, nonché una porta d'ingresso in marmo, che risalirebbe al primo periodo bizantino. La porta misura 3,20 metri in altezza e per costruirla sono state impiegate nove lastre di marmo locale grigio-bianco assemblate con malta. Il ritrovamento di una cavità fa pensare che fosse prevista anche una porta in legno. I pilastri che fiancheggiano la porta sono decorati con nastro ed un'onda convessa mentre l'architrave ha una cornice convessa. Sulla soglia è presente una striscia curva orizzontale in rilievo.
Il terrapieno della porta conteneva prevalentemente strati di combustione e ceneri, data la sua vicinanza ai locali dove veniva bruciato il legno che riscaldava il calidarium. Sono stati trovati anche utensili e ceramiche non smaltate. Accanto alla soglie sono state rinvenute monete del VI e VII secolo d.C.
Nel periodo bizantino sopravvivevano, nel castello di Mitilene, solo il muro orientale dell'Acropyrgos, la porta bizantina nelle mura nordorientali e l'ingresso al balneum. La porta in marmo, quindi, può essere considerata un'opera bizantina alla quale era collegato l'insediamento bizantino rimasto a lungo sconosciuto dal punto di vista archeologico.

Fonte e foto: Ministero Greco della Cultura e dello Sport

mercoledì 3 marzo 2021

Egitto, i misteri dell'imbalsamazione cominciano a svelarsi...

Sulla base della recente scoperta di un papiro medico di 3500 anni fa, contenente una sorta di manuale, l'egittologo dell'Università di Copenaghen Sofie Schiodt è stata in grado di ricostruire il processo di imbalsamazione utilizzato per preparare gli antichi egizi per l'aldilà. Si tratta del più antico manuale mai scoperto finora.
Nell'antico Egitto l'imbalsamazione era ritenuta un'arte sacra e la conoscenza del processo di mummificazione era appannaggio di pochissimi individui. La maggior parte dei "segreti del mestiere" sono stati probabilmente trasmessi oralmente, a quando pensano gli egittologi, pertanto le testimonianze scritte sono molto scarse. Fino a poco tempo fa erano stati identificati solo due testi sull'arte della mummificazione.
Gli egittologi, quindi, si sono sorpresi nel trovare un breve manuale sull'imbalsamazione in un testo medico che si occupa principalmente di erboristeria e gonfiori della pelle. Le descrizioni rinvenute sul papiro sono estremamente dettagliate. Si tratta di una sorta di promemoria e, pertanto, i lettori dovevano essere stati degli specialisti che potevano utilizzare il testo per richiamare alla memoria le nozioni possedute.
Tra le notizie più importanti fornite dal papiro vi è la procedura per imbalsamare il volto del defunto. Il composto era costituito in gran parte da sostanze aromatiche a base vegetale e leganti, che venivano cotte in un liquido con il quale gli imbalsamatori imbevevano un pezzo di lino rosso. Quest'ultimo veniva poi applicato sul volto del defunto e lo fasciava come un bozzolo protettivo di materia profumata ed antibatterica. Questo processo veniva ripetuto ad intervalli di quattro giorni.
Proprio questo intervallo di quattro giorni è la caratteristica principale descritta nel papiro Louvre-Carlsberg. Negli intervalli di quattro giorni, il corpo del defunto veniva coperto di stoffa a cui si sovrapponeva paglia infusa di sostanze aromatiche per tenere lontani insetti e parassiti.
Il papiro sul quale ha lavorato la Dottoressa Schiodt, è il papiro Louvre-Carsberg, così chiamato perché metà del documento appartiene al Museo del Louvre di Parigi e l'altra metà fa parte della Collezione Papyrus Carlsberg dell'Università di Copenaghen. Le due parti del papiro originariamente appartenevano a due collezionisti privati e diverse sezioni di esso sono ancora mancanti. Il papiro è lungo sei metri ed è stato datato al 1450 a.C., il che significa che precede di ben mille anni gli unici due altri esemplari di testi recanti notizie sull'imbalsamazione.
L'imbalsamazione, eseguita in un laboratorio appositamente costruito vicino alla sepoltura, si svolgeva in 70 giorni che sono stati divisi in due periodi: un periodo di asciugatura, che durava 35 giorni, ed un periodo di imbalsamazione vero e proprio, anch'esso di 35 giorni. Durante il periodo di asciugatura il corpo veniva trattato con natron secco sia all'interno che all'esterno. Il trattamento con il natron iniziava il quarto giorno di imbalsamazione, dopo la purificazione del corpo, la rimozione degli organi, l'asportazione del cervello e il collasso degli occhi. Il secondo periodo di 35 giorni era dedicato ad avvolgere il morto in bende e sostanze aromatiche.

Fonte: Università di Copenaghe, Facoltà di Lettere
Foto: Sezione del papiro di Carlsberg - The Papyrus Carlsberg Collection, University of Copenaghen

Nuove analisi sui dipinti etruschi della Tomba della Scimmia

Gli scienziati, che si sono serviti di tecniche all'avanguardia, hanno scoperto scene colorate un tempo nascoste al di sotto di alcuni dipinti etruschi. Nuovi dettagli sono emersi, così, dagli affreschi della Tomba della Scimmia che "parlano" di un mondo sotterraneo.
Gli Etruschi erano molto accurati nel riprodurre le scene degli affreschi, ma il passare del tempo ha fatto sì che molti di questi sono ora solo parzialmente visibili e che si andato perso gran parte del colore originario. Il fatto che alcuni colori siano sopravvissuti al passare del tempo meglio di altri, può dare una visione distorta dell'aspetto che avevano gli antichi affreschi nel momento in cui sono stati creati. Ad esempio, alcune sfumature di verde tendono a non conservarsi bene, mentre, al contrario, il colore rosso è resistente al tempo.
Per rivelare i dipinti gli scienziati hanno utilizzato una tecnica chiamata estrazione iperspettrale multilluminazione (MHX), che prevede l'esame di dozzine di immagini nelle bande di luce visibile, infrarossa ed ultravioletta e l'elaborazione attraverso algoritmi statistici sviluppati dal Consiglio Nazionale delle Ricerche d'Italia a Pisa.
La tecnica può rilevare il blu egiziano, un colore sviluppato nell'antico Egitto che ha una risposta molto specifica ad una singola banda spettrale. Gli scienziati hanno anche analizzato i resti di altri colori che potevano aiutare ad individuare la gamma cromatica utilizzata dagli Etruschi. In questo modo hanno scoperto scene scomparse dagli antichi affreschi etruschi.
Nella Tomba della Scimmia, così chiamata perché un dipinto nella tomba mostra una scimmia su un albero, i ricercatori hanno scoperto i dettagli di un affresco raffigurante una persona. Ad occhio nudo il dipinto sembra essere una sorta di sfocatura rossa, ma dopo che le analisi specifiche sono state completate, il dipinto ha mostrato chiaramente una persona recante in mano un oggetto e alcuni dettagli dei capelli e del viso. 

Fonte: Live Science
Foto: Tomba della Scimmia, la figura umana rivelata dalle nuove analisi - Vincenzo Palleschi

martedì 2 marzo 2021

Altinum, la via commerciale verso il nord

Venezia, immagine aerea della laguna nord
(Foto: A. Cipolato)
La città di Altinum, oggi Quarto d'Altino, in provincia di Venezia, era dotata di un porto che testimoniava del ruolo commerciale della città romana, ruolo attestato anche dagli antichi autori e dalle testimonianze materiali rinvenute negli scavi.
Altinum era un centro importante per il commercio con il nord, commercio che percorreva la via Claudia Augusta ed attraversava l'entroterra padano ma si serviva anche delle vie marittime. Da queste strade passavano legno, olio e vino ma Altinum era altresì importante per le merci che esportava, come la lana. La ricostruzione del suo sistema portuale è stata realizzata solo di recente, grazie alle immagini provenienti dalle foto aeree e satellitari ed alle indagini geofisiche.
Un team coordinato dal Dottor Carlo Beltrame, docente di archeologia marittima, sta seguendo le tracce scoperte da Paolo Mozzi, geologo dell'Università di Padova, anch'egli coinvolto nel progetto, su una fotografia satellitare pubblicata nel 2009 sulla rivista Science, che mostra una grande darsena a forma di L, di quasi un ettaro di superficie, ad ovest del centro urbano di Altinum.
Anche il centro urbano è stato svelato nella sua interessa dalle stesse immagini dall'alto. La darsena è perfettamente inserita nella maglia ortogonale degli isolati urbani e segue un chiaro disegno urbanistico. E' collegata da uno stretto canale delimitato da pali all'attuale canale del Siloncello. Grazie alla collaborazione della Soprintendenza Archeologica, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e della laguna e la disponibilità dei terreni, attualmente coltivati, il progetto ha già potuto arricchirsi di informazioni mediante la raccolta di dati di superficie, carotaggi, analisi radiometriche di strutture di legno e rilievi geomagnetici. Questi ultimi in particolare hanno permesso di avere un'immagine abbastanza nitida della zona portuale, rivelando numerosi edifici dislocati intorno alla darsena di cui non si sapeva l'esistenza e che non potevano essere individuati dalle fotografie aeree.
In acqua sono state indagate strutture già segnalate in passato nel canale San Felice come la Torre Romana ed altre in contrada Ca' Ballarin che si confermano essere di epoca imperiale. Questi siti ben noti erano presumibilmente situati lungo una rotta di navigazione interna in una direzione che dal mare portava al porto della città antica.

Fonte: Università Ca' Foscari, Federica Ferrarin

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