domenica 29 gennaio 2012

Un'area sacra intorno al lago Cimino

Il lago Cimino visto dall'omonimo monte
E' stata individuata una vasta area sacra, intorno all'antico lago Cimino, che comprendeva anche il monte Cimino, il più alto del viterbese e della Tuscia. A fare questa importante scoperta è stato il paleologo professor Carlo Maria D'Orazi, di Ronciglione, con alcuni archeologi.
Già da tempo era stata individuata, sui monti Cimini, una fase dell'Età del Bronzo, risalente ad un periodo compreso tra il XVII e il X secolo a.C.. Il toponimo arcaico di uno dei monti del complesso Cimino, monte Venere, portava a supporre l'esistenza di un centro sacro, in età antica, alla dea Venere.
Le ricerche, condotte a più riprese nell'arco di diversi decenni, hanno portato alla conclusione che l'antico lago Cimino era circondato, un tempo, da un'antichissima area sacra etrusca arcaica, la cui fase più antica risale al IX secolo a.C.. Il monte Cimino era una bocca minore del più grande vulcano Vicano, spento da tempo e coperto dalle acque del lago.
A partire dal 2009 è in corso, sulla vetta del monte Cimino, una campagna di scavo condotta dal Dipartimento di Scienze Storiche Archeologiche e Antropologiche dell'Università "La Sapienza" di Roma.

Sorprese a Falerii Novi

Falerii Novi, Porta Giove
A Falerii Novi, non lontano da Roma, è stata effettuata una importante scoperta: alcuni elementi architettonici, uno in peperino e due in tufo, appartenenti probabilmente alla decorazione di uno dei grandi monumenti funerari che fiancheggiavano la via Amerina. Un fusto di colonna è lungo circa 1,5 metri, con scanalature e pesante oltre 300 chilogrammi.
I reperti sono stati individuati dai volontari dell'associazione l'Argilla, a poca distanza dal ponte romano sul rio Purgatorio, di fronte alle mura di Falerii Novi. La scoperta, ovviamente, è stata comunicata tempestivamente alla Soprintendenza per l'Etruria Meridionale.
Ad una prima analisi i reperti sono stati datati alla prima fase dell'impero romano. Dopo il restauro saranno espsoti nella chiesa di Santa Maria di Falerii, all'interno della cinta muraria, vicino a Porta Giove. La cinta muraria di Falerii Novi è quasi interamente conservata, costruita con grandi blocchi di tufo rosso per una lunghezza di 2.108 metri ed un'altezza di circa 17. Le mura erano intervallate da circa 80 torri quadrate, delle quali se ne conservano solo la metà. L'ingresso a Falerii si effettuava attraverso sette porte affiancate da grandi torri. La porta principale era quella di Giove, primo esempio di architettura etrusca in territorio falisco.
Il restauro delle mura è ancora in fase di progettazione, dal momento che sono a rischio di crollo in più punti. Gli scavi hanno permesso di ritrovare diverse case, il teatro e alcuni tratti stradali tra i quali quello della via Cimina. Il monumento più visibile è la chiesa romanica di S. Maria di Falerii, del XII secolo.

Restaurato l'elmo di Hallaton

L'elmo di Hallaton riassemblato
Dopo anni di restauri, l'elmo da parata romano, scoperto nel 2000 ad Hallaton, in Inghilterra, sarà esposto all'Harborough Museum. Il reperto, piuttosto raro, è datato ad un periodo compreso tra il 25 e il 50 d.C., l'anno in cui l'imperatore Claudio ordinò l'invasione della Britannia.
L'elmo era ridotto in numerosi frammenti, quando è stato ritrovato. E' fatto in ferro e ricoperto in argento, alcune parti sono addirittura in oro. Tra le decorazioni vi sono il busto di una donna e la figura di un uomo a cavallo, forse un imperatore, con un barbaro sotto gli zoccoli dell'animale. Una vittoria alata tiene una corona d'alloro sulla testa del cavaliere.
L'elmo è stato rinvenuto in uno dei luoghi più importanti dell'Età del Ferro in Gran Bretagna, dove sono state già recuperate 333 monete romane, 5.296 monete britanne, gioielli, lingotti, migliaia di ossa di maiale e gli scheletri completi di tre cani. Il sito era probabilmente sacro per gli abitanti locali, in particolar modo per la tribù dei Coritani (o Corieltauvi) che qui vivevano. Le ossa di maiale furono sepolte in epoche differenti intorno al 30 d.C.. Alcune rappresentano i resti di una grande festa mentre altre, le cui articolazioni risultano intatte, potrebbero aver rappresentato un sacrificio alle divinità. I resti dei cani, deposti in modo estremamente accurato, potrebbero dimostrare l'intenzionalità dell'uccisione degli animali e la loro deposizione a guardia del santuario.
Tra le monete romane ritrovate vi è anche un denario d'argento del 211 a.C. sepolto ad Hallaton tra il 40 e il 50 d.C..
L'elmo non era sicuramente un oggetto a buon mercato, vista la sua fattura piuttosto raffinata, per cui si è pensato che possa essere appartenuto a qualcuno che ricopriva un incarico importante, forse un alto ufficiale romano. Quando gli archeologi lo hanno ritrovato, lo hanno inizialmente scambiato per un secchio arrugginito. Forse è stato intenzionalmente seppellito come offerta ad una qualche divinità.

Ritrovata l'antica Arabikeleb

Gli archeologi Cechi a Van Bon Naga, Sudan
Archeologi Cechi hanno riportato alla luce un tempio dell'epoca di Meroe nei pressi della città di Van Bon Naga, in Sudan. Il tempio si trova a 130 chilometri a nord di Khartoum e non si avevano sue notizie dal XIX secolo.
Gli archeologi hanno lavorato sul sito per tre anni ed hanno recentemente rinvenuto un anello recante l'immagine di un dio-leone nubiano di nome Apede, una statuetta di Osiride, una pietra con iscrizioni meroitiche e alcuni blocchi di arenaria.
In epoca meroitica (IV secolo a.C. - VI secolo d.C.), sul sito di Van Bon Naga ospitava una delle città più grandi della Nubia, il cui nome era Arabikeleb, che aveva 25.000 abitanti, un grande palazzo e ben cinque templi. Il palazzo reale apparteneva alla regina Amanishakheto, vissuta nel I secolo a.C, e risulta essere in ottime condizioni di conservazione.

giovedì 26 gennaio 2012

Una cantante nella Valle dei Re

Il sarcofago di Nehmes Bastet
Nella Valle dei Re, in Egitto, è stata scoperta una sepoltura femminile ancora intatta e non saccheggiata, appartenente ad una cantante del tempio di nome Nehmes Bastet, vissuta durante la XXII Dinastia (945-712 a.C.), figlia del sommo sacerdote di Amon.
Il sarcofago è stato aperto dalla professoressa Susanne Bickel, dell'Università di Basilea. La mummia sembra essere in buone condizioni, malgrado i suoi quasi tremila anni. I primi esami hanno permesso di stabilire che la tomba non era stata scavata per la cantante, ma era di riutilizzo, dal momento che risale a 400 anni prima della morte di Nehmes Bastet.
L'eccezionalità della scoperta sta nel fatto che la defunta non apparteneva alla famiglia reale. La professoressa Bickel afferma che ci sono diverse tombe non reali, nella valle, scavate durante la XVIII Dinastia (1500-1400 a.C.), comprese quelle in cui sono stati sepolti sacerdoti e persone comuni. Si tratta di sepolture prive di decorazioni parietali.

San Vincenzo al Volturno in mostra

L'Abbazia di S. Vincenzo al Volturno
Il 22 gennaio scorso è stata inaugurata, a Venafro, una mostra dal titolo "Splendori dal Medioevo. L'abbazia di San Vincenzo al Volturno al tempo di Carlo Magno", organizzata dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise.
La storia dell'abbazia benedettina viene illustrata attraverso reperti e fonti storiche che coprono un arco temporale che va dall'VIII al IX secolo. Un'altra sezione della mostra mostra la rinascita carolingia che segnò il momento di massimo splendore dell'abbazia. Carlo Magno, infatti, volle includerla nel novero delle abbazie poste sotto la sua diretta protezione.
Il IX secolo è il momento in cui l'abbazia ebbe la sua maggiore espansione, divenendo una vera e propria città monastica, acquisendo ben nove chiese e incrementando le sue già ricche finanze. Nell'881 gli Arabi saccheggiarono l'abbazia e, fino al X secolo, scarse sono le notizie del monastero. Nuove notizie si cominciano ad avere alla fine del X secolo, quando l'abbazia rinasce attraverso il recupero di strutture ed edifici precedenti, attentamente restaurate. Nell'XI secolo l'arrivo dei Normanni determinò il trasferimento della comunità monastica sulla riva opposta del Volturno dove, non lontana dalla vecchia abbazia, viene edificato un nuovo monastero fortificato.
Info:
Venafro, Museo Archeologico (ex Convento di Santa Chiara), Corso Garibaldi
data: 22 gennaio - 4 novembre 2012
dal martedì al sabato dalle ore 9.00 alle ore 19.00; domenica dalle ore 13.30 alle ore 19.30
Biglietto: € 2,00
Prenotazioni: tel. 0865.900742 - e-mail: sba-mol@beniculturali.it

Ancora scoperte nel Parco di Vulci

La testa di sfinge di Vulci
Proseguono gli scavi archeologici a Vulci e proseguono le scoperte nella necropoli dell'Osteria, presso l'ingresso al Parco naturalistico archeologico. Le indagini sono condotte dalla Soprintendenza per i beni archeologici dell'Etruria Meridionale e sono eseguite dalla società Mastarna, che gestisce il Parco di Vulci.
In pochi giorni di lavoro sono già stati individuati venticinque ipogei ricavati nel banco roccioso. Sono state ritrovate una sfinge - presentata recentemente - un frammento di statua in nenfro raffigurante un leone e la splendida testa di un'altra sfinge. Gli scavi cercano di offrire maggiore visibilità e cercano di incrementare l'offerta cultura del Parco di Vulci, già ricco di tombe principesche etrusche quali la Tomba François e il Tumulo della Cuccumella.

domenica 22 gennaio 2012

Una tessera per prostitute ritrovata in Inghilterra

Il ciondolo ritrovato nel Somerset
Un abitante del Somerset ha trovato, nel giardino posteriore di casa sua una rarità: un ciondolo romano che identificava, con tutta probabilità, una prostituta, dal momento che vi erano raffigurati un uomo e una donna impegnati in un atto sessuale.
Il pendaglio è stato rinvenuto nel villaggio di Pylle, vicino alla strada romana nota come Fosse Way e sede di un antico insediamento.

Bappir, l'antenata della birra

Una tavoletta con citazioni di una birra babilonese
Delle tavolette cuneiformi e i resti di diverse navi di oltre 4000 anni fa, fanno intendere che il succo fermentato di cereali era molto apprezato dagli abitanti della Mesopotamia. Oltre ai due cereali base, l'orzo e il farro, la bevanda prodotta dai Sumeri non si sa cosa contenesse. Nonostante si siano rinvenute diverse testimonianze scritte, è molto difficile ricostruire il processo con il quale si otteneva questa bevanda, antesignana della birra.
I testi cuneiformi di 4000 anni fa registrano un notevole afflusso di farro, orzo e malto di birra ma non descrivono alcun processo produttivo né danno ricette per produrre la birra, probabilmente perchè chi leggeva quelle tavolette era perfettamente a conoscenza di tale processo.
La bappir (sumero per "pane birra") non era conteggiata come il pane, nei testi amministrativi, ma era conteggiata in unità di misura come l'orzo macinato. Un poema intitolato "Inno di Ninkasi" è una delle fonti più significative per l'antica arte della fabbricazione della birra. Questa lirica è del periodo antico babilonese, intorno al 1800 a.C. ed è un poema mitologico che esalta proprio la produzione della birra.

Anfore romane a Trieste

Le anfore ritrovate a Trieste
Gli scavi archeologici che la Soprintendenza di Trieste sta conducendo, preventivamente, nella costruzione del Park San Giusto, un parcheggio che passa attraverso il colle di San Giusto, alle pendici del quale si estendeva la città romana, hanno permesso di recuperare oltre cento anfore romane risalenti al I secolo d.C., ammucchiate in due filari sovrapposti.
Le anfore erano usate per trasportare e stoccare olio e vino. Quando ci si voleva liberare di questi contenitori, venivano gettate o reimpiegate per altri scopi. Nel caso di specie, le anfore, già sotterrate ai tempi antichi, sono state riutilizzate per trattenere le acque piovane o fermare le alte maree ed anche per scongiurare ristagni d'acqua nel terreno. Le anfore, infatti, sono state rinvenute accanto ad una strada costiera.
Le anfore sono tutte contenitori d'olio, molto diffusi nella penisola istriana. Su molte di esse è possibile ancora leggere il nome del produttore che potrà condurre gli archeologi a identificare la zona di fabbricazione dei contenitori.
Nell'area scavata erano già stati individuati altri tipi di anfore che provenivano da vari luoghi dell'Egeo, dell'Adriatico, dell'area Tripolitania, tutte risalenti al I secolo d.C.. Alcune di queste anfore erano anche utilizzate nelle sepolture di età tardo antica, alcune ritrovate sempre a Trieste in diverse aree della città. Anche negli scavi del Park San Giusto sono state rinvenute due sepolture, una di un adulto e una di un bambino, i cui scheletri sono ora all'esame degli specialisti dell'Università di Udine.

sabato 21 gennaio 2012

Antichi peruviani e... pop corn

Pop corn
Uno studio suggerische che gli abitanti della costa del nord del Perù usavano mangiare popcorn mille anni prima di quanto si pensasse. I ricercatori sostengono che le pannocchie rinvenute in un antico sito peruviano fossero utilizzate per ricavarne i semi per il pop corn.
Scienziati del Museo di Storia Naturale di Washington affermano che le più antiche pannocchie ritrovate risalgono al 4700 a.C.: le più antiche mai scoperte in Sud America. Il mais è stato addomesticato in Messico quasi 9000 anni fa, ricavandolo da una pianta selvatica. Qualche migliaio di anni più tardi il mais arrivò in Sud America, dove prese ad evolversi in diverse varietà divenute comuni nelle regioni andine. Sono stati scoperti semi di mais nei siti archeologici di paredones e Huaca Prieta.

Un Mitra inquieto a Londra

I lavori di smontaggio del tempio di Mitra
Sorprendente riscoperta a Londra: si tratta del tempio romano dedicato al dio Mitra. Il tempio, in realtà, è stato scoperto nel settembre del 1954. Allora si decise di smantellarlo e spostarlo per la costruzione di un complesso di uffici. Adesso si sta procedendo ad un altro spostamento, per poter far spazio alla sede di Bloomberg.
Nel 1954 le notizie del mitreo erano su tutte le pagine del giornale e la gente faceva le code per vederlo. Le sorti dell'edificio venivano discusse in riunioni di gabinetto ed erano attentamente monitorate dal primo ministro Winston Churchill.
Ora il tempio di Mitra sarà nuovamente smantellato da una squadra del Museo di Londra e verrà ricostruito sul sito originale a 90 metri di distanza da dove è ora. Con stupore degli archeologi sono venute alla luce, durante i preparativi per lo spostamento, le fondamenta originarie che si credevano rase al suolo nel 1954.
Il tempio aveva originariamente aveva una navata fiancheggiata da sette paia simboliche di colonne che portavano all'altare. Era costruito su un unico livello.

martedì 17 gennaio 2012

L'oracolo di Umm-el-Breigat

I papiri studiati
(Corsera) - Chi mi ha rubato l'abito da sposa? Tizio, Caio o Sempronio? Recitano più o meno così la maggior parte delle frasi scritte nei 300 piccoli papiri risalenti al III secolo a.C., trovati di recente a pochi metri dal tempio appartenente al sito archeologico di Umm-el-Breigat (Tebtynis) nell'oasi del Fayum a 170 km a sud-ovest del Cairo, ai margini del deserto. Per un furto i postulanti si rivolgevano ai sacerdoti affinchè il loro dio li aiutasse a far luce sul possibile ladro. Segno che il clero all'epoca aveva ancora tanto potere.
"Se le pratiche oracolari erano d'uso abituale nell'Egitto del Nuovo Regno (1200 a.C.) quando le sentenze ottenute con il responso di un dio avevano efficacia esecutiva alla pari di quelle emesse dai tribunali ordinari, del tutto insolito è stato scoprire che esistevano ancora in piena epoca ellenistica (300-250 a.C.) quando il potere temporale non aveva lasciato più spazio alla giustizia divina: per infliggere qualsiasi sanzione al reo sarebbe stata sempre necessaria una sentenza emessa dal giudice competente", commenta Claudio Gallazzi, docente di papirologia all'Università degli Studi di Milano e direttore della missione archeologica franco-italiana di Umm-el-Breigat, artefice del ritrovamento.
Questi piccoli papiri, scritti nell'85% dei casi in demotico, cioè nella lingua egiziana, in molti casi sigillati con argilla e rinvenuti nel pattume dove erano sparpagliati in pochissimi metri quadrati e coperti di sabbia e breccia per non essere recuperati e letti, destano non pochi interrogativi. Uno di questi è il seguente: perchè ricorrere all'oracolo per un reato, se il responso del dio non aveva nessuna efficacia per la punizione del colpevole? Gli esperti archeologi hanno dato più di una risposta. Forse per profonda devozione. Forse per evitare lungaggini e costi: se qualcuno aveva solo vaghi sospetti e non certezze, era senz'altro più economico rivolgersi al proprio dio che intraprendere un processo dall'esito incerto. O forse per la soddisfazione di aver segnalato al dio il torto subito nella speranza che un giorno o l'altro il castigo divino si abbattesse sulla persona che aveva recato l'offesa.
"A fianco di questi motivi di tipo morale, ce ne può essere stato uno più concreto. Quello che l'opinione pubblica fatta di credenti poteva esercitare una pressione tale sulla persona indicata come colpevole tanto da indurlo ad accettare il verdetto del dio, ad ammettere le proprie responsabilità e a riparare il torto subìto", dice Claudio Gallazzi. Sembra inoltre impensabile che il responso richiesto fosse lasciato al caso. Più verosimilmente i sacerdoti eseguivano una vera e propria indagine per non disattendere la fiducia data loro dai postulanti, qualora il responso dato non fosse stato corretto, e per non vedersi ridurre i proventi derivati dalla compilazione dei biglietti e dalle offerte fatte dai fedeli.
Chi desiderava interrogare il proprio dio su un certo furto presentava infatti al tempio tanti piccoli papiri quanti erano i sospettati e riteneva poi copevole colui il cui nome era tracciato sul foglietto scelto come risposta del dio. Ritornando dunque alla domanda "chi mi ha rubato l'abito da sposa?", poichè gli indizi cadevano su tre persone, tre erano stati senz'altro i biglietti consegnati ai sacerdoti. Scriverli all'epoca tuttavia costava, perchè bisognava pagare uno scrivano. Per risparmiare, molti piccoli papiri recavano al loro interno solo il nome dell'ipotetico ladro invece di sette od otto righe di testo precedute da un'intestazione e seguite da una richiesta conclusiva, alcuni appena una croce e altri nessuna scritta. In quest'ultimo caso i postulanti presentavano al dio un biglietto bianco e un altro (o anche più d'uno) con qualche segno sopra, conferendo a essi significati diversi: a seconda di quale biglietto fosse stato loro restituito, stabilivano da sé quale fosse il responso ottenuto.


Scoperta una tomba a Messina

Tomba a tholos
A Messina, durante i lavori di un complesso commerciale, è ritornata alla luce una monumentale tomba a tholos, il primo ritrovamento del genere fatto nella città, considerato che la tomba è stata rinvenuta in un territorio che si trova al di fuori del limite della città greca.
La sepoltura risale all'Età del Bronzo ed è composta da una camera a pianta circolare con copertura a volta. Si trovava alla profondità di cinque metri sotto il livello della strada, il tetto purtroppo collassato e l'interno privo di corredo funerario. Il diametro esterno è di 3,75 metri.

domenica 15 gennaio 2012

Gli ebrei di S. Giovanni d'Acri

Lo stampo per pane ritrovato ad Horbat Uza
Un piccolo stampo per identificare i prodotti da forno, soprattutto il pane kosher mangiato dagli ebrei, è stato scoperto ad Horbat Uza, nei pressi di Acri. Il sigillo ha 1500 anni e risale al periodo bizantino. Reca l'immagine della Menorah, il candelabro a sette braccia.
Una certa quantità di stampi per pane recanti l'immagine della Menorah è custodita in diverse collezioni. Proprio la presenza della particolare raffigurazione identifica l'appartenenza degli stampi a degli ebrei, poichè gli stampi per pane cristiani recavano l'immagine della croce.
Gli archeologi hanno affermato che è la prima volta che uno stampo del genere è stato ritrovato in uno scavo e non in una collezione. Questo sarà determinante per stabilirne con certezza la datazione e la provenienza. La colonia ebraica, se ne deduce, continuò ad essere presente nell'insediamento cristiano-bizantino di Horbat Uza. La presenza di un insediamento ebraico vicino S. Giovanni d'Acri è una novità, dal punto di vista archeologico. Horbat Uza è un piccolo villaggio rurale dal quale provengono altri reperti: una lampada e vasi dipinti con motivi raffiguranti la Menorah, che non fanno che confermare la presenza evidente di una comunità ebraica sul luogo.

sabato 14 gennaio 2012

Il cavaliere trace di Perperikon

Gli archeologi bulgari hanno annunciato di aver trovato, recentemente, una ceramica a rilievo con la figura di un cavaliere trace presso Perperikon, in Bulgaria. La città era un antico sito di culto, che ha ospitato più di una forma di fede nel corso dei secoli.
L'immagine del cavaliere trace è stato trovata a 300 metri da una piccola collina nota come Besik Tepe.

giovedì 12 gennaio 2012

Ritrovata un'antica collana in Guatemala

La collana scoperta a Takàlik Ab'aj
E' stata scoperta, in Guatemala, una collana appartenente ad un antenato del Senor de la Greca a Takàlik Ab'aj, che in linguaggio k'iche significa "pietra ritta". Takàlik Ab'aj è un'antica città preispanica situata sulla costa pacifica del Guatemala. Il sito ha una lunga storia cosmopolita che va dall'800 a.C. al 900 d.C.. All'inizio della sua vita sembra aver interagito con la cultura olmeca e fu agli albori della prima cultura maya.
Gli archeologi, guidati da Christa Schieber de Lavarreda e Miguel Orrego Corzo, hanno concluso gli scavi in questa località con una scoperta straordinaria: una collana composta da più di 70 grani di giadeite di diverse forme e di bellezza stupefacente. Questa collana, probabilmente un'offerta votiva, si trovava a  più di quattro metri di profondità e vi è stata deposta in un periodo compreso tra il 190 a.C. e il 10 d.C.. E' la più antica città sede di atti rituali.
La collana ritrovata rappresenta il punto di partenza per i futuri scavi. Tra i reperti ritrovati vi sono due teste in miniatura costruite a mosaico con tessere di giadeite, scoperta nel 2010, alle quali è stato dato il nome di Senor de la Greca. Doveva essere uno dei personaggi più potenti ed importanti di Takàlib Ab'aj.
Per quanto riguarda la collana, potrebbe essere un segno per indicare la sepoltura di un bambino o, più probabilmente, potrebbe indicare la riesumazione di un corpo avvenuta in epoca tardo-classica. Comunqe sia, sembra che la collana possa risalire a cento anni prima della sepoltura reale scoperta alcuni anni fa a Takàlib Ab'aj. Per questo motivo si stanno predisponendo le analisi sulla presenza di calcio e fosforo nella collana.

martedì 10 gennaio 2012

Linee misteriose in Giordania

I circoli ritrovati in Giordania
Una Nazca in Giordania? Esistono delle linee simili a quelle della celeberrima Nazca, solo che si trovano in territorio giordano, tra la Siria e l'Arabia Saudita. Possono essere, come Nazca, viste dall'alto e gli studiosi ne contano già oltre duemila. Gli archeologi parlano di ruote, in realtà si tratta di massi di pietra con un'ampia varietà di disegni e raffigurazioni, tutti accomunati dalla forma tonda e dai raggi che partono dal centro.
Questi cerchi, che probabilmente risalgono a duemila anni fa, si trovano per lo più sulle distese di lava ed hanno estensioni che vanno dai 25 ai 70 metri di ampiezza. Il professor David Kennedy, che insegna materie classiche e storia antica presso la University of Western Australia, sostiene che le strutture di questo tipo, costruite in pietra, sono molto più numerose delle linee di Nazca. I suoi recenti studi rivelano, infatti, che queste ruote sono solo una parte di tutta una serie di disegni in pietra, che comprendono aquiloni (una sorta di trappole per animali), ciondoli (pietre antropomorfe allineate che partono da luoghi di sepoltura) e mura, tutte strutture misteriose che non sembrano avere alcuno scopo pratico.
Nessuna delle ruote trovate sinora sembra scavata e questo rende la loro interpretazione molto più difficile. Gli archeologi, qualche anno fa, pensavano che potesse trattarsi di resti di case e cimiteri. Alcune delle ruote sono state ritrovate in località piuttosto isolate; altre, invece, erano vicine le une alle altre. In un luogo in particolare, non lontano dall'oasi di Azraq, se ne sono trovate un centinaio ammassate tutte insieme in gruppi di dodici.
In Arabia Saudita il gruppo di Kennedy ha trovato tipi di ruota leggermente diversi: rettangolari e con l'apparenza completamente diversa dalla ruota. Altri tipi di ruota, pur conservando la forma circolare, hanno solo due raggi che formano una sbarra allineata in direzione del sorgere e del tramontare del sole.
Le strutture antropomorfe, invece, a volte circondano il perimetro di un muso, altre volte si trovano tra i raggi.

Il rifugio dei Maya

Ricostruzione del sito maya
Un team di archeologi statunitensi ha riportato alla luce, di recente, le rovine di un'antica città maya rimasta finora celata tra le montagne dello stato della Georgia. Gli archeologi hanno stimato che la città risalga a 1.100 anni fa e che sia stata edificata dai Maya sfuggiti a catastrofi umane e naturali, tra le quali una forte carestia che, all'epoca, affliggeva il centro America.
Il nome della città da poco rivelata potrebbe essere Yuhapa, la stessa che è stata cercata per lungo tempo dall'esploratore spagnolo Hernando de Soto nel 1540. Finora sono state disotterrate 154 pareti e marciapiedi pavimentali ed un sofisticato sistema di irrigazione.
L'archeologo Mark Williams, negli anni '90 del secolo scorso, venne a conoscena che i residenti del villaggio di Sautee erano a conoscenza dell'esistenza di una montagna piramidale composta da cinque parti distinte. Si trattava, come scoprì in seguito, di una montagnola argillosa edificata intorno al 900 d.C.. La sua datazione recente aveva indotto il dottor Williams ad escludere l'attribuzione della cittadina ai Maya. In seguito, però, l'attribuzione ai maya venne confermata.

Pitture rupestri messicane

Uno degli antichi dipinti ritrovati in Messico
Archeologi messicani hanno scoperto ben 3000 pitture rupestri, alcune databili a duemila anni fa, nello stato di Guanajuato. Le scoperte sono state fatte tra agosto ed ottobre 2011, ma sono state rese note solo ora, quando sono state completate le analisi da parte degli studiosi.
Le immagini più antiche si riferiscono a riti di passaggio, di guarigione, a preghiere per la pioggia e sono state dipinte da antichi cacciatori-raccoglitori che occuparono l'area durante i primi secoli dell'era cristiana. Questi dipinti, in cui prevale il giallo, il rosso e il nero, in genere rappresentano figure umane, con acconciature, abiti e scudi.
Gli animali rappresentati sono soprattutto cervi, cani, ragni e millepiedi, oltre ad una grande varietà di uccelli raffigurati ad ali spiegate forse a rappresentare il sole. Nella zona del ritrovamento sono state rinvenute anche immagini religiose di epoca coloniale dipinte dalla comunità indiana degli Otomi tra il XIX e il XX secolo.

sabato 7 gennaio 2012

Una tomba collettiva a quota 4300 metri sull'Himalaya

I resti umani ritrovati nelle grotte nepalesi
Lo scavo in una grotta nella Bassa Mustang (Nepal), hanno portato alla luce nuovi indizi che potrebbero aggiungere dei tasselli alla storia umana di questa regione. Indizi risalenti al 450 a.C.. Sono stati, infatti, estratti due scheletri, recuperati dal complesso di grotte della Mhebrak Muktinath.
I resti appartengono ad una donna ed a quello che, con molta probabilità, era suo figlio, un bambino, ed entrambi risalgno al 450 a.C.. La posizione della donna suggerisce agli studiosi che essa possa aver protetto in qualche modo il suo bambino. Il piccolo è stato trovato con le ossa e le articolazioni staccate. Un sottile strato di pelle ancora ricopriva queste ossa. Anche alcune parti del corpo della donna, tra cui gli arti, erano intatti, come mummificati. Gli archeologi pensano che, inizialmente, i corpi siano stati posti su ampie mensole di legno in seguito sgretolatesi e crollate.
Questa scoperta, di cui si ha notizia solo oggi, è stata effettuata nelle campagne di scavo tra il 1992 e il 1997 e non sarebbe la sola: secondo le autorità locali sarebbero ben 63 i resti umani recuperati finora. Questo porta a pensare che il complesso di grotte Mehbrak sia stato un luogo consacrato alle sepolture. Molti dei corpi ritrovati nelle grotte, a 4300 metri di altezza, sono stati scarnificati, secondo i ricercatori si tratta di un rito funebre himalyano che finora era sconosciuto.
Con i resti umani ritrovati nelle caverne nepalesi sono emersi vasi in ceramica pieni di cibo che parlano di una cultura particolare, diversa da quelle che la circondano.

I misteri di Aelia Capitolina

Strada colonnata di Aelia Capitolina
Un team di archeologi ha condotto, recentemente, degli scavi a Gerusalemme ovest che hanno fatto emergere nuovi interrogativi sulla città del II secolo d.C. Gli scavi sono diretti da Shlomit Weksler-Bdolah e sono iniziati nel 2005. Nel 2010 è emersa un'importante arteria stradale romana che attraversava il centro di Gerusalemme nel II secolo d.C., il periodo successivo alle fallite rivolte ebraiche, che vide sorgere una nuova città completamente romanizzata con il nome di Aelia Capitolina.
Gli scavi sono andati in profondità fino ad intercettare una cava di VIII secolo a.C., utilizzata dagli antichi scalpellini per estrarre il calcare per costruire la maggior parte delle strutture murarie di Gerusalemme. Al di sopra di questa cava gli archeologi hanno individuato un ambiente di quattro stanze in tipico stile israelita del Primo Tempio, con tre camere sviluppate in lunghezza e parallele le une alle altre ed una stanza più grande, perpendicolare a tutte. All'interno di questa struttura sono venuti alla luce parecchi sigilli personali in forma sia circolare che ellittica, con incisi dei nomi ebraici. Tra la sporcizia che ostruiva l'interno erano sparsi migliaia di frammenti di vasellame e di terrecotte zoomorfe e antropomorfe, tutte datate alla seconda parte del periodo del Primo Tempio (VIII-VI secolo a.C.). Gli archeologi pensano che la struttura sia stata distruta dai Babilonesi nel 586 a.C., insieme al resto di Gerusalemme, ma mancano le prove tangibili di un incendio, generalmente associato a questa distruzione. La struttura potrebbe anche essere stata distrutta da un terremoto. Comunque sia l'edificio somiglia molto ad una casa forse abitata dai membri della tribù di Giuda, come testimoniano i sigilli e il resto del materiale ritrovato che, tra l'altro, manifestano forti richiami alla cultura assira.
Sono stati ritrovati pochissimi reperti della fine del periodo del Primo Tempio e dell'inizio del periodo tardo romano (II secolo d.C.), malgrado Gerusalemme sia stata notevolmente ingrandita durante il periodo asmoneo (167-37 a.C.). Probabilmente una qualche risposta può essere trovata tra i resti della strada colonnata conosciuta come cardo orientale romano, una delle due strade principali della Gerusalemme del II secolo d.C.. Qui i Romani, secondo gli archeologi, hanno praticamente distrutto tutti gli strati che potevano contenere materiale del periodo del Secondo Tempio al fine di costruire la strada. Quest'ultima, per essere posta in opera, comportava, infatti, il taglio della naturale pendenza che si trova in quel punto di Gerusalemme.
Il tratto di strada romana finora riportato alla luce è di 26 metri di larghezza ed è pavimentato con grandi lastre di calcare o di pietra poste in diagonale. Ai lati della strada correva un marciapiede (crepidine) piuttosto alto, anch'esso ricavato da lastre di pietra disposte parallelamente alla direzione della strada. su entrambi i lati del cardo vi era un colonnato coperto, riservato al passaggio dei pedoni. Nel lato occidentale e paralleli alla strada sono emersi i resti di ben otto punti vendita scavati nella rupe rocciosa contemporaneamente alla posa in opera delle pietre della strada.
Il cardo fu costruito sicuramente nel II secolo d.C. e per questo ha fornito la base per la datazione dei reperti ritrovati sotto il solciato, tra i quali anche una moneta datata 116-138 d.C. e un assemblaggio di vasi in argilla che risalgono, presumibilmente, al 70 o 130 d.C. Il cardo continuò ad essere utilizzato anche in epoca bizantina (VI secolo d.C.), da notare che esso scorre parallelamente al Muro Occidentale che, in epoca erodiana, costituiva la parete del Monte del Tempio di Erode.
Gli archeologi hanno anche riportato alla luce due strade colleterali che corrono perpendicolarmente al cardo verso il Muro Occidentale o Monte del Tempio. Probabilmente queste strade sono una traccia per scoprire qualcosa di veramente importante, risalente all'epoca di Aelia Capitolina, che sorgeva nel luogo in cui sorgeva, un tempo, il Secondo Tempio. Alcuni studiosi hanno proposto l'idea che si trattasse di un tempio consacrato a Juppiter (Giove Capitolino) o a qualche divinità romana, oppure ad una serie di divinità pagane. Ancora non è stato, però, ritrovato niente di concreto che possa sostenere quest'ipotesi.

mercoledì 4 gennaio 2012

Ultime da Vulci

Gli archeologi all'opera in una delle sepolture di Vulci
A proposito del ritrovamento di una bellissima sfinge a Vulci, in realtà lo scavo archeologico della località vicino Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, ha rivelato anche altre cose sorprendenti. Innanzitutto quella che sembra essere l'ultima dimora di un alto dignitario della comunità etrusca locale. Qui gli archeologi hanno individuato le ossa di un cavallo e una grande olla, indice dell'importanza di chi vi era stato sepolto.
La necropoli potrebbe essere più estesa di quanto si era pensato in precedenza ed è stata individuata grazie agli operatori di una cooperativa fiorentina, che avevano l'incarico, da parte della Soprintendenza per l'Etruria Meridionale, di compiere dei saggi sul terreno.
Le tombe saranno presto ripulite e ispezionate dagli archeologi. Una risulta essere stata già "visitata" dai saccheggiatori in epoca remota. Un'altra dovrebbe, invece, essere intatta.

Le ... discariche di Pompei

Il pozzo dell'acqua trovato dalla professoressa
Emmerson tra due "butti" romani

Gli archeologi americani, diretti dalla professoressa Emmerson, stanno formulando ipotesi sul come e perchè vicino alle tombe dell'antica Pompei si trovassero depositi di rifiuti, tra i quali ossa di animali macellati e bruciati, stoviglie rotte e materiale architettonico. Questi materiali sono stati ritrovati sia dentro che accanto alle strutture sepolcrali, anche quelle meglio conservate, sopravvissuti all'eruzione del 79 d.C.
Gli studiosi pensano che le tombe ricoperte da rifiuti e antica spazzatura, nonchè da graffiti, dovevano essere in declino già due decenni prima della catastrofica eruzione del Vesuvio. Causa di questo declino è stato, probabilmente, il terremoto del 62 d.C., che ha portato ad un progressivo abbandono delle tombe, poichè i pompeiani erano occupati a pensare alla vita di tutti i giorni e a come riprendersi dai danni provocati dal sisma.
Le indagini degli ultimi 15 anni hanno rivelato che dopo il terremo del 62 d.C. e fino al momento dell'eruzione, Pompei si sforzò di tornare alla normalità, rinnovando ogni monumento e caseggiato. I pompeiani, però, avevano smesso di riparare e riedificare la loro città già prima della devastazione dell'eruzione del 79 d.C..
La professoressa Emmerson ha scavato una stanza in una casa, dove ha trovato una cisterna per lo stoccaggio dell'acqua potabile tra due pozzi destinati ai rifiuti, entrambi completamente pieni di spazzatura: vasellame domestico rotto, ossa di animali e rifiuti alimentari (semi d'uva e noccioli d'olive). I ricercatori hanno scoperto anche che diversa immondizia è stata depositata sui pavimenti delle case, nelle strade e nei vicoli fuori le case (a volte sono stati trovati diversi strati di sporcizia), nonchè nel margine urbano, lungo le mura di Pompei.
Non ci sono prove che la città avesse un sistema centralizzato di smaltimento dei rifiuti ed è probabile che gli abitanti trovassero naturale vivere a stretto contatto con la loro immondizia. Cimiteri e tombe, pertanto, erano ritenuti un luogo alternativo per concentrare la spazzatura. Coloro che scavarono ai primi del Novecento non fecero cenno alla presenza di spazzatura accanto alle tombe e nelle case, perchè non potevano pensare che gli antichi pompeiani convivessero tranquillamente con i loro rifiuti.

Il pagamento delle ... prestazioni a Roma


Gettone romano per bordello

Lungo le rive del Tamigi, a Londra, è stata ritrovata un "gettone" di bronzo, raffigurante un uomo e una donna intenti a compiere un atto sessuale. Si tratta della "moneta" utilizzata per i pagamenti dei servizi di una prostituta in un bordello. Sull'altro lato del getto è impresso il numero romano XIIII, che secondo gli archeologi stava ad indicare che il proprietario del gettone aveva pagato 14 assi (l'equivalente di sette pagnotte o della paga giornaliera di un operaio) per acquistarlo.
Il gettone è stato trovato per mezzo di un metal detector da un panettiere di 37 anni vicino Putney Bridge, a Londra ovest.

martedì 3 gennaio 2012

Riemerge la Dan biblica

Le rovine della città di Dan
Tell el-Qadi è il luogo in cui gli antichi ebrei avevano costruito molti grandi templi. Una località abitata sin dal Neolitico (4500 a.C.), conosciuta più comunemente come Tel Dan, si trova nei pressi del monte Hermon, vicino ad una delle fonti del fiume Giordano. Il Tel o collina è stato circondato di mura già durante il Bronzo Medio. Il sito è stato identificato grazie a documenti storici come Lais, una città alleata con la Sidone fenicia, in seguito ribattezzata Dan dal nome di una delle tribù di Israele.
Nel 1976 qui fu ritrovata una stele bilingue, in greco ed aramaico, che confermava il nome della città. Sulla stele si cita un certo Zoilo che aveva fatto voto al dio che è in Dan. Gli scavi iniziarono, in questo sito, nel 1966 grazie all'archeologo israeliano Avraham Biran, che effettuò spettacolari scoperte: la porta della città, costruita in mattoni di fango e datata al 1750 a.C., al tempo dei patriarchi biblici; un tempio israelita forse costruito da Geroboamo, re d'Israele che, probabilmente, ospitò il vitello d'oro di biblica memoria.
La scoperta più sensazionale, tuttavia, è stata quella di parte di una stele in pietra di basalto, recante un'iscrizione di una dichiarazione di un re di Damasco (forse Hazael, 840 a.C., o Ben Hadad, 802 a.C.), che proclama di aver distrutto alcuni territori del Regno d'Israele e ucciso due re. La scritta contiene l'espressione "Casa di Davide", frase raramente ritrovabile in contesti extra biblici.
Gli archeologi sperano di poter fare altri interessanti ritrovamenti durante la campagna di scavo del 2012

Tombe sassoni in giardino...

Particolare di una delle sepolture sassoni
Un uomo, nel Warwickshire, ha scoperto che sotto il suo patio giacevano ossa umane. Il villaggio in cui è avvenuta la macabra scoperta si trova vicino a Edgehill, dove fu combattuta l'omonima battaglia tra le armate del re e quelle dei Parlamentarians, nel 1642, all'inizio della Guerra civile inglese.
Ma i corpi non sono quelli dei combattenti della famosa battaglia, ma di persone vissute molti anni prima. Le ossa sono state datate ad almeno ottocento anni prima della battaglia di Edgehill. Le ossa sono state riportate alla luce più di un anno fa, ma solo in questi giorni sono stati diffusi i risultati delle ricerche.
Gli archeologi hanno identificato i resti di almeno quattro adulti, tra i quali due donne, un giovane uomo e un bambino la cui età si aggira tra i dieci e i dodici anni. La datazione al carbonio ha fissato la data della morte di questo gruppo ad un periodo compreso tra il 650 e l'820 d.C., conosciuto come periodo sassone. L'Inghilterra, al tempo, era divisa in un gran numero di reami.
Le analisi sui corpi hanno anche svelato informazioni preziose sulla salute degli inumati, che sembrano aver passato lunghi periodi di malnutrizione e sembrano anche essere stati sottoposti ad una serie di infezioni.

La sfinge d Vulci

La sfinge ritrovata a Vulci
A Vulci, non lontano da Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, è stata scoperta una statua lunga 50 centimetri, che ricorda la Sfinge di Giza. Accanto alla sfinge sono stati ritrovati anche vasi di epoca etrusca, alcuni dei quali ancora intatti.
La statua raffigura un felino dal volto di donna e dalle ali di uccello. Giaceva nel corridoio d'ingresso (dromos) di una tomba etrusca rinvenuta durante gli scavi archeologici diretti dalla Soprintendenza archeologica per l'Etruria meridionale.
La sepoltura fu profanata sicuramente già nell'antichità. Al suo interno potrebbe custodire, però, oggetti di molto valore, forse, addirittura, l'intero corredo funerario. A prima vista la sfinge sembra risalire al V-IV secolo a.C.

Un sovrano a Stratonikeia

La testa regale ritrovata a Stratonikeia
Dopo 2000 anni è tornato alla luce il busto di un re in rilievo, a Stratonikeia, nella Turchia costiera. Il dottor Bilal Sogut, professore di archeologia all'Università di Pamukkale nonchè capo della squadra archeologica che opera agli scavi, ha annunciato alla stampa l'importante scoperta di una strada fiancheggiata da colonne nell'antica Stratonikeia. Durante gli scavi è emerso anche il busto del re, di epoca ellenistica.
Il busto è di un metro e mezzo di altezza e quasi due metri di larghezza e reca i segni distintivi di teste di toro e la rappresentazione di una dea. La raffigurazione di teste di toro rappresentano la ricchezza e il potere. Il dottor Sogut ha affermato che le mura di Stratonikeia furono restaurate, per la prima volta, 2400 anni fa da re Mausolo. Esse erano, anticamente lunghe quasi 3600 metri. Finora sono stati scoperti 400 metri di queste antiche mura, conservatesi fino ad oggi.

domenica 1 gennaio 2012

Sacrifici umani Sicàn

La fossa comune ritrovata in Perù
Tracce di quel che sembra essere stato un sacrificio rituale di massa, sta riemergendo dagli scavi in prossimità di una piramide preincaica nel nord del Perù. Gli scavi accanto all'antica piramide di Huaca Las Ventanas, scoperta nell'agosto scorso, hanno portato alla scoperta di resti umani in una fossa di 15 metri di profondità. La piramide fa parte del complesso sacro di Sicàn, capitale dei Lambayeque-Sicàn, che hanno dominato la parte settentrionale del Perù tra il 900 e il 1100 d.C.
I resti ritrovati appartengono a più di cento morti sepolti alcuni completamente nudi, altri privi di testa. Si tratta di maschi adulti, con l'eccezione di due fanciulli che sembrano essere stati accompagnati da una donna adulta. Malgrado le apparenze, i Sicàn non erano un popolo violento. La loro economia si basava sul commercio.
I morti ritrovati nella fossa partecipavano, con tutta probabilità, ad un rito che celebrava la morte come modo per risorgere in un nuovo mondo, ad una nuova vita. Quindi la morte di queste persone sembra essere stata dovuta ad un sacrificio rituale di massa. Alcuni corpi giacevano disordinatamente, come se fossero stati gettati nella fossa; altri, invece, erano stati deposti con le braccia ripiegate sul petto. E' stato ritrovato anche, sul fondo della fossa, un vaso in ceramica utilizzato per preparare e servire la birra di grano chicha, una bevanda comune nei banchetti funebri in tutte le Ande.
Alcuni dei corpi sono stati decapitati, sono state ritrovate anche 20 teste mozzate disposte in una fossa più piccola all'interno del luogo di sepoltura. Ancora non si è proceduto a collegare le teste mozzate ai corpi. Sono stati, piuttosto, esaminati gli scheletri ritrovati per cercare segni di taglio e di traumi che potrebbero indicare un uccisione violenta, un'esecuzione.

Turchia, gli "inviti" di Antioco I di Commagene...

Turchia, l'iscrizione di Antioco di Commagene (Foto: AA) Un'iscrizione trovata vicino a Kimildagi , nel villaggio di Onevler , in Tu...