mercoledì 27 aprile 2022

Egitto, rinvenuto il tempio di Zeus-Kasios

Egitto, resti del tempio dedicato a Zeus
(Foto: Ministero Egiziano del Turismo e delle Antichità)

Il Ministero del Turismo e delle Antichità ha dichiarato che sono stati rinvenuti i resti di un tempio dedicato a Zeus nel sito archeologico di Tell el-Farma, nel nordovest del Sinai.
Tell el-Farma è altrimenti noto con l'antico nome di Pelusium e risale al tardo periodo faraonico e fu utilizzato anche in epoca greco-romana e bizantina. Sono presenti, sul sito, anche resti risalenti al periodo cristiano e al primo periodo islamico.
Il tempio è stato distrutto da un forte terremoto in tempi antichi. Un tempo sorgeva tra il forte di Pelusium ed una chiesa. Qui sono stati rinvenuti una serie di blocchi di granito, probabilmente utilizzati per costruire una scalinata per permettere ai fedeli di arrivare al tempio.
Gli scavi sul luogo risalgono all'inizio del 1900, quando l'egittologo francese Jean Clédat trovò antiche iscrizioni greche che mostravano l'esistenza del tempio di Zeus-Kasios, ma non ritenne opportuno di riportarlo alla luce.
Zeus-Kasios era una divinità risultante dalla fusione tra Zeus, dio greco del cielo, e il monte Kasios, che si trova in Siria, dove era adorata la stessa divinità. Le iscrizioni ritrovate in situ fanno cenno ad un restauro del tempio in epoca adrianea (117-138 d.C.).

Fonte:
Associated Press via archaeologynewsnetwork.blogspot.com


Norvegia, trovato un antico sandalo su un passo montano

Norvegia, sandalo dell'Età del Ferro trovato nel ghiaccio
(Foto: Espen Finstad)

La scoperta di un sandalo dell'Età del Ferro su una montagna norvegese, fornisce ulteriori prove che la montagna fungeva da percorso di viaggio circa 1700 anni fa. L'area in cui è stato rinvenuto è conosciuta come Horse Ice Patch ed il ritrovamento è avvenuto alla fine di agosto 2019.
Una volta recuperato il sandalo, gli archeologi hanno datato al radiocarbonio la calzatura intorno al 300 d.C. Insieme al sandalo sono stati trovati altri manufatti, ma nessuno più antico del sandalo.
Quest'ultimo reperto, unitamente ad altri come il letame di cavallo congelato risalente all'Era Vichinga (dall'800 al 1066 d.C. circa), dimostrano che un percorso attraverso la montagna ghiacciata collegava la Norvegia interna alla costa. Questa scarpa fu forse abbandonata dal suo proprietario perché si era danneggiata. Essa era ispirata alla moda dell'Impero Romano e questo è indice di contati tra la Norvegia ed il mondo esterno.
Altri reperti rinvenuti nei pressi del passo montano rivelano che il sito era frequentato dai cacciatori. Si tratta in prevalenza di punte di frecce risalenti a circa 2000-3000 anni fa.

Fonte:
livescience.com


domenica 24 aprile 2022

Gran Bretagna, Sutton Hoo una tomba emblematica

Gran Bretagna, fermaglio a spalla trovato nella sepoltura
di Sutton Hoo (Foto: Rob Roy)

Nell'estate del 1937 Edith Pretty, una ricca vedova che viveva vicino Woodbridge, piccola città del Suffolk, in Gran Bretagna, incontrò il curatore del locale museo per discutere lo scavo di tre cumuli di terra posti nella sua proprietà, Sutton Hoo (il nome deriva dall'inglese antico "Sut" combinato con "tun" che significa "insediamento" e "hoh" che viene tradotto come "a forma di sperone calcaneare"). Lo scavo iniziò nella primavera dell'anno seguente, affidato all'archeologo dilettante autodidatta Basil Brown.
A Brown, nell'anno successivo, si unirono gli archeologi del British Museum e venne riportata alla luce la più ricca sepoltura medioevale mai trovata in Europa. La tomba risale al VI o VII secolo d.C. e si crede che appartenesse ad un re anglosassone. Conteneva frammenti di una nave la cui struttura in legno era deteriorata ed una camera funeraria piena di centinaia di oggetti preziosi, ora esposti al British Museum.
La scoperta del sito ha anche contribuito a far luce sulla vita nel periodo altomedioevale anglosassone (dal 410 al 1066 circa) ed ha anche spinto gli storici a rivedere il loro pensiero sul medioevo, l'era che seguì la partenza delle legioni di Roma dalle isole britanniche (inizio V secolo d.C.). Contrariamente a quanto si credeva da tempo, i manufatti di Sutton Hoo riflettevano la vita in una società vivace e mondana.
"La scoperta nel 1939 ha cambiato la nostra comprensione di alcuni dei primi capitoli della storia inglese", ha affermato Sue Brunning, curatrice delle collezioni europee altomedioevali, che sovrintende ai manufatti di Sutton Hoo del British Museum. "Un'epoca che è stata sempre vista come arretrata è stata illuminata ed appare, ora, come colta e sofisticata. La qualità e la quantità dei manufatti trovati all'interno della camera funerari erano di tale elevata tecnica artistica che ha cambiato la nostra comprensione del periodo".
Nel corso di numerosi scavi tra il 1938 ed il 1939, Brown ed il team archeologico trovarono 263 oggetti sepolti nella camera centrale dell'enorme nave anglosassone. I rivetti di ferro, identificati come parte della nave, sono stati il primo indizio che ha allertato l'archeologo dell'enorme nave sepolta nel sito.
Tra i manufatti portati alla luce c'erano raffinati vasi da banchetto, ciotole decorative estremamente raffinate, argenteria di Bisanzio, tessuti di lusso ed accessori per abiti in oro con granati dello Sri Lanka.
La camera funeraria della sepoltura era ripiena di armi e di equipaggiamenti militari di alta qualità. Si ritiene che uno scudo trovato all'interno sia stato un dono proveniente dalla Scandinavia. I fermagli destinati a trattenere i mantelli sulle spalle sembrano essere stati modellati su quelli indossati dagli imperatori romani, suggerendo che il proprietario dell'armatura attingesse da culture e basi di potere diverse per affermare la propria autorità.
I manufatti includevano anche una fibbia per cintura in oro con un meccanismo a tripla chiusura, la cui superficie era decorata con immagini semi-astratte di serpenti che strisciavano l'uno sotto l'altro. Brown ha inoltre rinvenuto 37 monete d'oro, tenute probabilmente in una borsa di pelle, ed un coperchio decorato appeso a tre cinghie incernierate da una cintura in vita e fissato con una fibbia d'oro. Questo coperchio era ornato di granati rossastri ed è considerato uno dei migliori esempi di cloisonné, una lavorazione in cui le pietre sono trattenute da strisce d'oro.
Sebbene gli oggetti di metallo siano sopravvissuti all'acidità del terreno del Suffolk meglio degli oggetti organici (tessuti e legno), il team ha trovato una serie di manufatti inaspettati molto ben conservati. Le sepolture di navi così elaborate e piene di tesori erano rare nell'Inghilterra anglosassone, in particolare verso la fine del periodo altomedioevale. La ricchezza dei corredi funerari trovati a Sutton Hoo, così come il posizionamento della nave e del suo contenuto, che aveva sicuramente richiesto una notevole quantità di manodopera per il trasporto, suggeriscono che il proprietario della sepoltura fosse di uno status sociale molto elevato, forse un re, anche se l'identità dell'individuo resta un mistero. Uno dei "candidati" probabili è re Raedwald dell'East Anglia, morto intorno al 625 d.C.
L'oggetto più iconico di Sutton Hoo è un elmo decorato con immagini di guerrieri in lotta e danza e creature feroci, incluso un drago le cui ali formano le sopracciglia del copricapo e il corpo forma la parte che copre il naso e la coda copre parte della bocca. I granati allineano le sopracciglia, una delle quali è sostenuta da lamine d'oro. Trovato molto corroso e rotto in centinaia di frammenti, l'armatura è stata accuratamente restaurata dai conservatori del British Museum all'inizio degli anni '70.


Gran Bretagna, una replica del famoso elmo di Sutton Hoo (Foto: Wikimedia Commons)



Gran Bretagna: uno, due...tanti Artù

Gran Bretagna, una delle tombe reali del periodo di Artù
(Foto: Ken Murphy/Dyfed Archaeological Trust)

La leggenda vuole che re Artù sia salito al trono nel V o VI secolo d.C. Si ritiene che la figura di questo sovrano sia piuttosto folcloristica che reale, una sorta di somma di diversi re che attraversarono la storia dell'isola.
L'archeologo Ken Dark dice di aver identificato le tombe a lungo ignorate di ben 65 di questi re. "Prima di questo lavoro, non eravamo a conoscenza del gran numero di probabili tombe reali sopravvissute, nella Gran Bretagna occidentale, in epoca post-romana", ha affermato Dark, che è attualmente archeologo all'Università di Navarra, in Spagna. "E' probabile che le indagini in corso contribuiscano a cambiare la nostra comprensione di aspetti importanti di questo periodo cruciale della storia britannica". L'analisi di Dark è incentrata su 20 probabili luoghi di sepolture reali, ciascuno dei quali ospita fino a cinque tombe, situati nell'Inghilterra occidentale e nel Galles. La maggior parte di queste sepolture sembra poter essere datata ad un periodo di tempo compreso tra il V ed il VI secolo d.C.
All'epoca la Gran Bretagna era un insieme di regni di varia forza e dimensione. I re celtici indigeni controllavano le parti occidentali e settentrionali dell'isola, mentre gli invasori germanici (anglosassoni) si andavano via via impadronendo del territorio a sud e ad est.
I ricercatori del passato hanno, probabilmente, sottovalutato l'importanza di queste tombe a causa della loro semplicità e della mancanza di corredi funebri. Queste sepolture, sebbene non particolarmente elaborate, sono degne di nota perché differiscono da altre tombe celtiche altomedioevali in un particolare piuttosto importante: la maggior parte delle fosse è stata scavata al centro di recinti rettangolari o quadrati, all'epoca probabilmente circondati da recinzioni o cancelli.
Delle migliaia di sepolture altomedioevali studiate nella regione fino ad oggi, solo un piccolo numero è disposto come quelle studiate dal Professor Dark. "Sappiamo che il rango politico principale, in quelle società, tra quelle persone, era la regalità. Quindi se vediamo alcune sepolture che si distinguono in questo modo, è possibile che siano sepolture di re", ha affermato l'archeologo.
Finora gli archeologi conoscevano solo due potenziali siti di sepoltura dei primi sovrani celtici. Ad Anglesey, nel Galles settentrionale, una pietra datata alla metà del VII secolo d.C. reca un'iscrizione latina che è stata tradotta come: "Re Catamanus, il più saggio, il più illustre di tutti i re". A Tintagel, un sito in Cornovaglia a lungo associato alla figura di Artù, cinque tumuli reali rispecchiano moltissimo la "ferta", le classiche tombe trovate in Irlanda.
Dark ha confrontato le sepolture gallesi ed inglesi con 43 "ferta" coperte da tumuli funerari o delimitate da recinti circolari. "Sebbene esistano differenze tra le due sepolture, chiaramente gli irlandesi ed i britannici avevano molto in comune a questo riguardo", ha affermato in seguito.
"La tradizione della tomba chiusa - ha poi detto Dark. - deriva direttamente dalle pratiche di sepoltura della tarda età romana. E questo è un buon motivo per cui le si trovano in Gran Bretagna ma non in Irlanda, perché la Gran Bretagna faceva parte dell'Impero Romano e l'Irlando no".
Le somiglianze tra le tombe celtiche e quelle irlandesi del primo medioevo sono sorprendenti rispetto alle tombe anglosassoni del periodo. Esempio importante è la sepoltura della nave di Sutton Hoo, queste tombe decorate erano riservate a reali o membri di alto rango della società; la loro ricca gamma di corredi funerari, dai gioielli d'oro alle armi, alle armature, simboleggiava l'identità sia sociale che religiosa. Per i Celti cristiani e gli Irlandesi, tuttavia, tali ostentazioni erano considerate inaccettabilmente pagane.

Fonte:
smithsonianmag.com


Svizzera, la bambina di Basilea

Svizzera, fibbia in ferro con intarsi in oro
(Foto: Servizio Archeologico Basilea)

In Svizzera, nella parte antica della città di Basilea, collocata sulla riva destra del Reno, durante gli scavi per la posa delle condutture del riscaldamento, è stata rinvenuta una sepoltura altomedioevale di una bambina con un corredo molto particolare.
Grazie alle indagini antropometriche è stato stabilito che la piccola aveva circa 12 anni al momento della morte. Assieme al suo corpo, nella sepoltura, sono state ritrovate antiche collane oppure un corpetto finemente ornato, al collo, con 350 perline multicolori di vetro e di ambra.
E' stata, inoltre ritrovata anche una particolare fibbia da borsa in ferro ed una in materiale ferroso con intarsi in oro. Per questo non si esclude la possibilità che le perline fossero state utilizzate come decorazione esterna della borsa, oppure si trovassero all'interno della stessa, come una sorta di tesoretto. La bambina, quindi, doveva essere di nobile famiglia, vista la ricchezza del ritrovamento.
Le indagini al radiocarbonio potranno accertare l'epoca della morte della piccola che, presumibilmente, deve collocarsi intorno al VI secolo d.C.

Fonte:
mediterraneoantico.it



Egitto, scoperto un laboratorio di ceramica ad Alessandria

Egitto, frammenti di statue in terracotta dal sito di
Alessandria (Foto: Ministero egiziano del Turismo e
delle Antichità)

In Egitto gli archeologi hanno scoperto un antico laboratorio di ceramiche contenente vasi, monete, figurine ed una "stanza rituale", il tutto risalente al periodo romano. Il sito si trova nella parte occidentale di Alessandria, a Tabba Matouh.
Il sito era utilizzato principalmente per la produzione di anfore, vasi a due anse con un collo più stretto del corpo principale, utilizzati per lo stoccaggio ed il trasporto di merci quali, ad esempio, il grano e l'olio.
Gli archeologi del Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano hanno anche scoperto, nello stesso luogo, una serie di edifici, tra i quali un laboratorio nel quale erano presenti una serie di forni, due dei quali scolpiti nella roccia ed uno in ottime condizioni di conservazione. In epoca bizantina (dal 330 al 1453 d.C.), molto tempo dopo che nel sito era cessata la produzione di ceramica, gli edifici vennero probabilmente utilizzati per la produzione di calce. Gli archeologi hanno riportato alla luce anche tombe, costituite da buche scavate nella roccia, il che porterebbe a pensare che in epoca medioevale il luogo sia stato utilizzato anche come necropoli. Una delle sepolture conteneva i resti di una donna incinta.
In un ripostiglio in loco gli archeologi hanno rinvenuto utensili da cucina e stoviglie. Diversi edifici in pietra sono stati utilizzati anche come residenze temporanee per i lavoratori. E' stata rinvenuta una stanza con una piattaforma elevata e resti di statue in terracotta: si pensa che fosse stata utilizzata a scopo rituale. Alcune delle statue recuperate rappresentano il dio Arpocrate, come era chiamato il dio Horus da bambino. In un'altra stanza erano presenti stufe e resti di anfore contenenti lische di pesce e si pensa che l'ambiente fosse deputato alla conservazione di derrate alimentari oppure per cuocere e vendere il cibo.
Il sito risale al primo periodo romano dell'Egitto, intorno al 30 a.C., dopo che Ottaviano ebbe sconfitto Antonio e Cleopatra. In seguito l'Egitto divenne una provincia romana, che fornì all'impero una notevole varietà di prodotti artigianali quali la ceramica.
Tra gli oggetti di dimensioni più piccole riportati alla luce dagli archeologi vi sono piccole statue, ossa di animali ed una serie di monete con l'effige di Cleopatra e di Alessandro Magno, unitamente ad un amuleto del dio egizio Bes, ad una corona di piume associata alla medesima divinità, che era preposta alla musica, all'allegria ed al parto. Sono emersi anche ami da pesca e l'ancora di un'imbarcazione.

Fonte:
livescience.com

Gran Bretagna, sepolture misteriose e morti decapitati...

Gran Bretagna, la sepoltura di un uomo decapitato
(Foto: Rubicon Heritage)

Gli archeologi inglesi hanno scoperto, in Galles, i resti di quello che probabilmente era un  mercenario romano, sepolto con la sua spada unitamente allo scheletro di un altro individuo di sesso maschile vissuto in epoca romana. Quest'ultimo era stato decapitato e la sua testa era stata posta ai suoi piedi.
Sono in corso indagini su queste due distinte sepolture, come anche esami di altre sepolture presenti nel sito che è stato frequentato fin dall'età della pietra.
In un punto sono state rinvenute centinaia di sepolture appartenenti a due diversi periodi. Le persone vissute nel periodo altomedioevale (dal 4160 al 1169 d.C.) scelsero di seppellire i loro defunti all'interno di un tumulo utilizzato precedentemente dagli abitanti dell'Età del Bronzo (2500-800 a.C.). Direttore dello scavo e del progetto è il Dottor Mark Collard, archeologo e direttore del Rubicon Heritage, un'associazione archeologica con sede in Irlanda.
Il sito è stato scoperto negli anni '60 del secolo scorso, dopo il ritrovamento di resti di case tonde dell'Età del Ferro (800 a.C. - 43 d.C.) e dopo il rinvenimento della villa romana di Whitton Lodge, costruita su una fattoria risalente al periodo romano (43-410 d.C.). Tuttavia è stato solo di recente che, durante un'indagine archeologica preventiva alla costruzione di alcuni assi viari, gli archeologi si sono resi conto che il sito conservava una storia molto più antica e ricca.
La Rubicon Heritage ha scavato qui nel 2017 e per la maggior parte del 2018, rinvenendo strumenti in selce appartenenti a cacciatori-raccoglitori del Mesolitico o della Media Età della Pietra (dall'8000 al 4000 a.C.), a dimostrazione che qui le persone, durante il Mesolitico, si spostavano per cacciare animali quali l'uro (Bos Primigenius).
Durante il Neolitico (dal 4000 al 2500 a.C.) gli uomini che vivevano in questo luogo costruirono una sorta di struttura rituale ad uso della comunità, secondo quanto suggeriscono diverse grandi buche trovate dagli archeologi. Sono stati portati alla luce anche i resti di una persona sepolta in posizione accovacciata nelle vicinanze, che si pensa sia stata deposta in una sorta di rito propiziatorio. Sono stati trovati anche i resti di diverse case rotonde e sepolture a tumulo risalenti all'Età del Bronzo.
Nell'Età del Ferro la comunità umana è diventata più stabile, con la presenza di piccole case rotonde in legno con il tetto in paglia e terreni coltivati. Queste fattorie erano vicine tra loro e vi si svolgeva l'allevamento del bestiame e la lavorazione del grano. Si producevano anche strumenti in ferro, come i coltelli. In seguito le costruzioni in pietra sostituirono le capanne rotonde. Non si sa se queste costruzioni in pietra, a pianta rettangolare, fossero abitate dagli stessi proprietari o dalla stesse famiglie che prima vivevano nelle capanne rotonde. L'unica cosa certa è che quelle antiche popolazioni furono completamente assimilate all'interno dell'Imero Romano.
I ricercatori hanno in programma l'esame del Dna conservato nelle sepolture umane, in particolare quello che sarà possibile raccogliere dalle circa 450 sepolture trovate nel tumulo utilizzato dall'Età del Bronzo fino al periodo altomedioevale.
Un probabile mercenario, secondo gli archeologi, ha qui avuto una sepoltura piuttosto particolare. Si trova in mezzo ad un campo, vicino ad una villa romana che si affaccia sulla vallata e sul mare. Il defunto è stato deposto a faccia in giù, con una lunga spada di ferro, una spilla d'argento e stivali d'argento, all'interno di una bara chiusa con chiodi di ferro. Sia la spada che la spilla sono distintive di insegne militari romane risalenti alla fine del IV inizio V secolo d.C.
L'uomo era alto circa 1,75 metri ed aveva un'età, alla morte, di circa 20 anni. Non è chiaro come sia morto, ma i ricercatori pensano che possa aver sofferto di un'infezione all'orecchio che ha finito per diffondersi al cranio. Durante il periodo della presenza romana in terra britannica, i Romani assunsero dei mercenari per combattere gli invasori. E' possibile che quest'uomo, la cui spilla somiglia a quelle trovate in Europa continentale, fosse un mercenario romano, oppure un invasore che si era impadronito della villa romana. Si spera di acquisire maggiori informazioni dall'analisi genetica dei resti dell'uomo.
Anche l'altro uomo, quello decapitato, aveva circa vent'anni al momento della morte. Il suo teschio è stato rimosso e posto ai suoi piedi. I resti di legno e chiodi di ferro attestano che venne sepolto in una bara ricoperta da un sudario. Secondo uno studio del 2021, il 2-3% circa delle sepolture in siti romani presenta uomini decapitati, forse durante un'esecuzione

Fonte:
livescience.com


lunedì 18 aprile 2022

Torino, "annunsando" un vaso egizio...

Torino, Museo Egizio, un vasetto per profumi
(Foto: Federico Taverni)

Ricercatori dell'Università di Pisa hanno svelato per la prima volta il contenuto di circa 50 vasi e anfore provenienti dalla tomba di Kha e Merit del Museo Egizio di Torino.
Grazie ad una innovativa tecnologia non invasiva, gli studiosi hanno "annusato" le tracce dei composti organici residui all'interno dei preziosi contenitori di alabastro, senza che questi venissero aperti o intaccati. All'interno sono state quindi identificate resine e unguenti miste a cera d'api, uno dei materiali più rinvenuti perché usato sia come conservante sia come base per la preparazione di cosmetici.
Nei contenitori da trasporto, invece, sono state rinvenute tracce di pesci essiccati e molecole volatili la cui presenza potrebbe essere associata a farine d'orzo o a birra, come suggerito dalla presenza di composti volatili specifici della fermentazione dei cereali.
"Questo studio ha dimostrato la possibilità di impiegare questo genere di strumentazione direttamente nei musei, per ottenere informazioni importanti su numerosi oggetti in modo rapido e completamente non distruttivo. - Spiega la Professoressa Ilaria Degano, dell'Università di Pisa. - Un simile approccio potrà dunque essere impiegato in nuove campagne diagnostiche ed eventualmente in futuro esteso anche all'indagine di materiali diversi provenienti dall'ambito dei beni culturali, quali ad esempio collezioni di oggetti d'arte moderni e contemporanei".

Fonte:
classicult.it

Sudan, memorie dal regno di Kush

Sudan, archeologi al lavoro in una struttura funeraria
(Foto: Michele R. Brizon)

Cumuli di rocce circolari punteggiano il paesaggio desertico del sito archeologico di Tombos, nel Sudan settentrionale. Questi veri e propri tumuli sono indice della presenza di tombe sotterranee utilizzate nel 2500 a.C. circa dagli abitanti che chiamavano questa regione Kush o Nubia.
La ricerca del XX secolo ha contribuito a portare maggiore attenzione su questa parte dell'antico Egitto conosciuta dagli studiosi come Kush, anche se questa nuova attenzione è stata in qualche modo macchiata da pregiudizi di natura razziale.
La Dottoressa Michele R. Buzon è co-direttrice, con il Dottor Stuart Tyson Smith, degli scavi a Tombos. Le sepolture, scoperte dal team archeologico diretto da entrambi, gettano nuova luce su molti aspetti della vita e della morte che si succedevano, migliaia di anni fa, in questa parte di Africa.
I resti degli antichi abitanti di Tombos rivelano informazioni sul loro stato di salute, sul lavoro che svolgevano, sulle infezioni dalle quali erano afflitti e sulla loro alimentazione. Le malattie cardiache, il cancro, le conseguenze di un lavoro duro lasciano segni indelebili sul corpo umano, segni che forniscono informazioni sulla situazione epidemiologica delle malattie in passato. A Tombos sono stati trovati, ad esempio, i resti di una donna adulta e di un bambino affetti da un disturbo della crescita. Dai resti di una donna anziana, vissuta fino a 60 anni di età, si evince che sia stata afflitta da artrite.
La struttura delle sepolture è indice del modo in cui i defunti rappresentavano se stessi e le loro famiglie dopo la morte. La sepoltura di un uomo di mezz'età comprendeva sia un letto che una bara, una curiosa combinazione delle pratiche tradizionali nubiane ed egiziane. La tomba conteneva anche ciotole in bronzo, una scatola in legno decorata, una serie di amuleti dalla valenza magica ed un deposito di armi in ferro che attestano il primo utilizzo del ferro in Nubia.
I ricercatori hanno scoperto che quando la Nubia era governata dall'Egitto, durante il Nuovo Regno (1200 a.C. circa), alcuni egiziani immigrati e gente del posto costruirono piramidi e tombe a camera in stile egiziano adibendole a sepolture. Contemporaneamente alcuni abitanti di Tombos privilegiarono la struttura tombale a tumulo, tipica del luogo.
Tombos è una località che si trova in corrispondenza della terza cateratta del Nilo, nel Sudan, a poca distanza da Kerma. Importante cava di granito della Nubia in epoca faraonica, la sua pietra venne utilizzata in gran parte per edificare statue e costruzioni tra il Delta del fiume e le regioni più meridionali del regno.
L'area di Tombos conserva numerose testimonianze del suo passato storico: dalla statua del faraone Taharqa (Nefertum Ra, XXV Dinastia), abbandonata da oltre 2700 anni, alle più antiche iscrizioni di epoca thutmoside che si ritrovano sulle rocce affacciate sul Nilo. La statua di Taharqa è riversa su un fianco dall'epoca in cui venne scolpita; forse per un errore o per un difetto della pietra, la scultura venne danneggiata rivelandosi inutilizzabile.

Fonte:
theconversation.com
wikipedia


Verona, riemerge un mosaico di un palazzo imperiale

Verona, i resti del pavimento musivo appena scoperto
(Foto: ansa.it)

Un mosaico pavimentale ritenuto facente parte di una villa un tempo di proprietà dell'imperatore ostrogoto Teodorico il Grande, risalente al IV secolo d.C., è stato portato alla luce fuori Verona.
Gli esperti affermano che la dimensione e la ricchezza delle caratteristiche del mosaico indicano l'appartenenza ad un edificio strettamente connesso all'imperatore o ad uno dei suoi ministri. Il ritrovamento è avvenuto a Montorio, poco fuori Verona, durante gli scavi per sostituire le tubature del gas.
"Negli ultimi decenni a Montorio sono emersi, in modo sparso, frammenti di mosaico, strutture termali e complessi residenziali ed è giunto il momento di sistemarli", ha dichiarato Vincenzo Tinè, soprintendente ai beni culturali di Verona. La zona è sottoposta a vincolo proprio per i suoi ritrovamenti, risalenti all'epoca romana.
Le strutture finora messe in luce suggeriscono la presenza di un palazzetto fortificato esteso su circa 15.000 metri quadrati, dotato di sale di rappresentanza e aule termali. Tra questi vi era anche un grande ambiente poliabsidato con una singolare pavimentazione musiva costituita da almeno 24 pannelli, oggi in gran parte perduti, decorati con motivi geometrici alternati talora a cesti e calici. Alcuni dei mosaici sono conservati al museo del Teatro Romano di Verona.
In tempi più recenti, interventi della soprintendenza hanno riportato alla luce altri mosaici e pavimenti in opus sectile di marmi di importazione. Non si può ancora dettagliare l'assetto planimetrico complessivo, né fissare con sicurezza la cronologia delle diverse fasi costruttive, già databili nei primi secoli imperiali, fanno sapere dalla Soprintendenza. I motivi dei lacerti rinvenuti sono caratteristici della fine del IV-VI secolo d.C. e riferibili alla tradizione nord-italica, con confronti in ambito altoadriatico e ravennate. Il complesso è verosimilmente da attribuire ad una committenza di età teodoriciana e non è escluso che sia da riconoscervi una delle proprietà del re o di un personaggio del suo entourage, fanno sapere sempre dalla soprintendenza.
Dal sottosuolo di Montorio, dunque, che fino al 1927 era comune autonomo, stanno emergendo frammenti di quella che potrebbe essere stata un'importante città romana.
Teodorico (o Teodorico il Grande) fu re degli Ostrogoti (471-526) e sovrano del Regno d'Italia ostrogoto indipendente tra il 493 ed il 526, reggente dei Visigoti (511-526) e patrizio dell'Impero Romano d'Oriente. Come sovrano dei regni gotici uniti, Teodorico controllava un impero che si estendeva dall'Oceano Atlantico al mare Adriatico.
Sebbene lo stesso Teodorico usasse solo il titolo di "rex", alcuni studiosi lo caratterizzano come un imperatore romano d'Occidente in tutto tranne che ne nome, poiché governava gran parte dell'Impero Romano d'Occidente, aveva ricevuto le ex insegne imperiali d'Occidente a Costantinopoli nel 497 e veniva chiamato "augustus" da alcuni suoi sudditi.

Fonti:
ansa.it/english/news
archeologiavocidalpassato.com

giovedì 14 aprile 2022

Iraq, rimossa la barca di 4000 anni fa

Iraq, il profilo dello scafo della barca appena scoperta
(Foto: Istituto Archeologico Tedesco)

Tutto quello che resta oggi di un'antica imbarcazione, scoperta nel 2018 in quella che un tempo era Uruk, è il bitume, il catrame nero che un tempo ricopriva la struttura in canne, foglie di palma o legno. Il fragile materiale organico è scomparso da tempo. C'è, però, ancora abbastanza per poter dire che nel suo periodo di massimo splendore, la barca sarebbe stata un'imbarcazione relativamente snella, lunga 7 metri e larga circa 1,5, adatta alla navigazione nei fiumi e nei canali dell'antica Sumer.
Gli archeologi hanno rinvenuto l'imbarcazione in un'area che, 4000 anni fa, sarebbe stata il vivace entroterra della città più grande del mondo: Uruk. Fondata nel 5000 a.C. dalla fusione di due insediamenti più piccoli sulla riva del fiume Eufrate, Uruk fu una delle prime grandi città del mondo e, forse, anche il luogo di nascita della prima scrittura al mondo (i più antichi esempi di scrittura conosciuti al mondo sono le tavolette di Uruk). L'elenco dei re sumeri afferma che il leggendario re-eroe Gilgamesh regnò dal suo seggio ad Uruk nel 2600 a.C., non molto tempo prima che la barca recentemente scavata fosse costruita,  varata e affondata.
Al suo apice, intorno al 3000 a.C., Uruk vantava 40.000 residenti in città, con una popolazione complessiva che variava dalle 80.000 alle 90.000 persone nell'entroterra circostante. L'area fuori città vantava comunità minori, fattorie, antiche officine manifatturiere e reti di canali. Uruk iniziò il suo lento e lungo declino nel 2000 a.C., più o meno nel periodo in cui venne costruita l'imbarcazione rinvenuta nel 2018.
Sulla base del luogo di attuale "riposo" della barca, in strati di sedimenti limosi, sembra che sia affondata in un fiume, che l'ha rapidamente sepolta e preservata per i successivi 4000 anni. Quell'antico fiume si è insabbiato da tempo, ma alcuni anni fa ha iniziato a svelare almeno un segreto di lunga data: l'erosione ha rivelato il profilo della barca.
Nel 2018 gli archeologi dell'Iraqi State Board of Antiquities e dell'Istituto Archeologico Tedesco scelsero di lasciare la barca sepolta, dove il limo dell'antico fiume avrebbe potuto continuare a proteggerla dal decadimento e dai danni. Ma negli ultimi anni è diventato chiaro che la barca non era più al sicuro nel suo luogo di riposo. L'erosione dell'area aveva accelerato il ritmo e parti della struttura dell'imbarcazione sporgevano dalla superficie.
Gli archeologi hanno racchiuso la barca e un blocco del circostante sedimento in un guscio di argilla e gesso per facilitare il dissotterramento e lo spostamento in sicurezza. Ora, 4000 anni dopo aver intrapreso il suo sfortunato viaggio finale, la barca ha un nuovo porto di partenza: l'Iraq Museum a Baghdad, dove gli archeologi studieranno e conserveranno ciò che resta dello scavo e alla fine lo mostreranno al pubblico.

Fonte:
arstechnica.com


martedì 5 aprile 2022

Campania, sepolture romane emerse a San Marzano sul Sarno

Campania, le sepolture romane di San Marzano sul Sarno
(Foto: archeomedia.net)
A San Marzano sul Sarno, durante i lavori per la posa di nuove linee elettriche, emergono tre sepolture romane e viene messo in luce uno strato di lapilli e cenere, che probabilmente risale all'eruzione vulcanica del Vesuvio del 79 d.C., che distrusse Pompei ed Ercolano.
Le sepolture emerse sono del tipo "a cappuccina", risalenti ad un periodo compreso tra la metà del I secolo a.C. e la metà del I secolo d.C. I lavori di posa cavo sono stati immediatamente interrotti.
Questa scoperta potrebbe essere la prima di una serie di altri ritrovamenti, come spiega l'archeologo Antonio Mesisca: "Il rinvenimento è da attribuire a un'area di necropoli di epoca romana, ben più ampia rispetto al sito indagato, considerato che durante quella fase la frequentazione sul territorio è ampiamente attestata".
Proprio qui in precedenza erano state trovate altre tombe dell'Età del Ferro e dell'Orientalizzante (VIII-VI secolo a.C.). Si è potuto collegare l'attuale rinvenimento ad un evento storico importante. La coltre di lapilli, spessa circa 50 centimetri, potrebbe essere riconducibile all'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

Fonte:
stilearte.it


Francia, la dimora dell'arpista di Arles

Francia, gli scavi nella casa dell'arpista cieca
(Foto: archeomedia.net)
Un rito bacchico, un'arpista cieca e grandi figure su sfondo rosso. Una galleria di grandi figure, compresa l'arpista, posizionata su un piedistallo ed emergente su uno sfondo rosso vermiglio. La musicista è accompagnata da altri personaggi che forse rappresentano i protagonisti di una processione bacchica.
Questo tipo di grande figurazione si chiama "megalografia". Rari esempi di figure su sfondo rosso vermiglio sono conosciuti in Italia, soprattutto nella Villa dei Misteri a Pompei.
In Francia questo tipo di decorazione in tale stato di conservazione rappresenta una vera novità. Si parla degli affreschi pompeiani della Maison de la Harpiste ad Arles, recuperati nel corso degli scavi. In particolare il grande ciclo dell'Arpista, con le sue grandi figure, sarà totalmente ricomposto a partire dell'anno in corso.
Situato sulla riva destra del Rodano, il sito di La Verrerie, acquisito dalla città di Arles nel 1978, ha conosciuto diversi scavi che hanno portato alla luce ricche abitazioni urbane (domus), abbandonate a seguito di un incendio, intorno al 260 d.C.
La ripresa degli scavi da parte del Museo Dipartimentale di Arles Antique e dell'Inrap, tra il 2014 e il 2017, ha permesso di riportare alla luce la casa dell'Arpista. Oggi i magnifici affreschi in essa contenuti sono oggetto di un vasto programma di rimontaggio, studio e restauro. La casa dell'Arpista, che prende il nome dal misterioso personaggio, è stata scavata su 105 metri quadrati e si distingue per la sua antica datazione, il suo carattere lussuoso e l'eccezionale stato di conservazione dei suoi intonaci dipinti.
L'edificio fu costruito negli anni 70-50 a.C., ancor prima della creazione della colonia di Arles, da artigiani provenienti dalla penisola italiana che eressero la casa, utilizzando tecniche costruttive romane (per quel che riguarda muratura, coppi, pavimenti in mattonelle poste a spighe). Questa prima datazione testimonia che Arles fu un importante punto di diffusione di nuove mode e tecniche attraverso le province di nuova acquisizione a Roma.
L'atrio della casa dell'Arpista comprende una galleria che circonda una vasca di raccolta delle acque piovane (impluvium) e serve una serie di ambienti, due dei quali sono completamente scavati dagli archeologi. L'arredamento della prima stanza suggerisce che sia una sala da pranzo o una camera da letto. La seconda sala, in gran parte aperta sull'atrio e con sontuose decorazioni dipinte, non può che essere una sala di ricevimento. La casa è stata distrutta tra il 50 ed il 40 a.C. ed è stata riempita con le sue stesse macerie.
Al di là dei danni, la ricostruzione degli affreschi è possibile anche grazie al notevole stato di conservazione della materia pittorica, che si presenta compatta. Sono stati riconosciuti almeno sei decori, a testimonianza del lusso ostentato sviluppato dal proprietario. Questi dipinti si riferiscono al secondo stile pompeiano. Solo i personaggi più facoltosi, intrisi di cultura romana, avevano i mezzi necessari per portare in Francia botteghe italiane. La prima stanza, studiata quest'anno, presenta un arredo di ispirazione architettonica che divide la stanza in due ambienti distinti: anticamera e alcova.
Tipico di questo secondo stile pompeiano, l'ornamento imita un'architettura di grandi apparati. Ha un'anticamera prevalentemente gialla e un'alcova chiaramente evidenziata da ornamenti più elaborati e in colori più smaglianti. Nell'anticamera, la parte inferiore del muro imita un podio di marmo grigio che sostiene pesanti colonne gialle mentre file di blocchi colorati occupano la parte superiore. Nell'alcova, l'arredamento è similmente ispirato ma sviluppato con una policromia più lussuosa. Il podio dai colori vivaci è impreziosito da rosette tracciate in rosso bordeaux. Ricchi pannelli impiallacciati in finto marmo occupano l'area centrale, sormontata da file di blocchi ugualmente luccicanti e al suo interno è inserito un delicato fregio di amorini cacciatori.

Fonte:
stilearte.it


Friuli, rinvenuta una necropoli altomedioevale

Pordenone, resti dalla necropoli di Cordenons
(Foto: archeomedia.net)

A Cordenons, in località Manera, durante la sorveglianza archeologica alle attività di sbancamento presso la cava Ghiaie Santa Fosca, è stata individuata una necropoli con resti ossei di almeno quattro inumazioni a fossa, in parte sconvolto dai lavori agrari.
La sorveglianza agli scavi era conseguenza di una iniziativa della Soprintendenza in ragione della presenza di un complesso rustico di epoca romana, precedentemente documentato, del quale sopravvive soltanto un ambiente seminterrato con pavimentazione in tegole e perimetrali in mattoni.
Dopo il rinvenimento si è deciso di proseguire l'indagine archeologica per delimitare l'area di distribuzione delle sepolture, verificando in parallelo la possibile esistenza di componenti strutturali superstiti. Si è dunque arrivati a individuare diciotto sepolture, in vari stati di conservazione, per lo più prive di corredo funerario. Le poche evidenze hanno tuttavia permesso di datare, in via preliminare, le sepolture all'epoca altomedioevale. Solo una parte di queste risultano tuttavia non sconvolte da interventi arativi precedenti perché a una quota leggermente inferiore.
Le tombe sono tutte in semplice fossa in terra, alcune irregolarmente delimitate da grossi ciottoli. La maggior parte sono orientate est-ovest e distribuite lungo una singola fila. Altre sepolture hanno orientamento divergente e paiono distribuite in maniera casuale. Tra i pochi elementi di corredo sono stati individuati pettini in osso, fusi circolari da telaio, un orecchino in rame, occasionali frammenti di ceramica ad impasto grezzo.
L'analisi antropologica, ancora in corso, ha per ora permesso di stabilire il sesso degli inumati, in massima parte donne adulte di varia età, e di individuare patologie, fratture e fenomeni di usura legati alle attività lavorative svolte.
La tipologia della necropoli "a fila" e gli elementi di corredo permettono di sostenere una datazione all'epoca altomedioevale. Potrebbe trattarsi di una comunità di popolazione autoctona insediatasi tra le rovine della vicina villa rustica romana.

Fonte:
Ufficio Comunicazione e Promozione della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia via archeomedia.it



Olanda, resti di imbarcazioni romane nei pressi del Reno

Germania, le tavole in quercia rinvenute durante i lavori di scavo
(Foto: Province of South Holland)

Durante gli scavi in Olanda, nei pressi dell'ex viadotto di Achterweg, sono state rinvenute alcune tavole di quercia su un fondo piatto. Gli archeologi ritengono che il legno provenisse da un mercantile romano di circa 30 metri di lunghezza.
L'imbarcazione aveva una struttura molto in voga nel Mediterraneo, dove le imbarcazioni di questo tipo erano realizzate in legno di rovere
Le assi di legno sono state rinvenute accanto all'ex aeroporto di Valkenburg. In precedenza, durante alcune ricerche archeologiche in zona, sono stati trovati i resti in legno di altre cinque imbarcazioni. La prima imbarcazione è stata rinvenuta negli anni '40 del secolo scorso. Gli altri reperti in legno, tra i quali quelli appartenenti a tre imbarcazioni molto simili a canoe, sono stati rinvenuti durante le indagini nei pressi dell'aeroporto risalenti allo scorso anno.
Gli archeologi stanno ora indagando sull'utilizzo dell'imbarcazione alla quale appartenevano le assi di legno. La ricerca, che ha preso in considerazione anche l'analisi degli anelli degli alberi impiegati, potrebbe essere in grado anche di capire quali alberi venissero utilizzati, quando sono stati abbattuti e quale fosse l'età dell'imbarcazione.
Le ricerche sembrano indicare che il Marktveldgeul venne scavato dai romani nel I secolo d.C. come fossato settentrionale ad uso di un accampamento militare. Successive inondazioni e sfondamenti della sponda del Reno potrebbero aver invaso il canale dando origine al canale Marktveld. L'imbarcazione potrebbe essere stata affondata durante un'inondazione od anche potrebbe essere stata affondata deliberatamente.

Fonte:
archaeologynewsnetwork.blogspot.com

I Romani e la birra...inglese

Inghilterra, resti di un forno romano nel Bedfordshire
(Foto: bbc.com)

Gli archeologi hanno identificato le prove della produzione di birra risalente a circa 2000 anni fa, in un sito dove si era programmato di migliorare l'impianto stradale.
I resti di un forno da malto romano e chicchi di farro carbonizzati sono stati trovati durante gli scavi nel Bedfordshire. Gli esperti hanno analizzato i grani ed hanno affermato che sembrano suggerire che chi viveva qui era coinvolto, in qualche modo, nella produzione della birra.
Durante gli scavi il team del Museum of London Archaeology e l'unità archeologica di Cambridge hanno scoperto i resti di una fattoria che era forse in uso durante la media Età del Ferro fino al tardo periodo romano. L'Età del Ferro in Gran Bretagna va dall'800 a.C. circa fino al periodo del dominio romano (43-410 d.C. circa). I chicchi di farro carbonizzati venivano lasciati germogliare prima di essere essiccati in una fornace. Poiché grandi quantità di cereali possono germogliare solo quando l'obiettivo è produrre il malto (il primo passo nel processo di produzione della birra), questo suggerisce che le persone che vivevano in quest'insediamento fossero impiegate nella produzione della birra.
Tuttavia non sono ancora state identificate tutte le prove necessarie per stabilire che nel luogo degli scavi fosse situata una struttura per la produzione della birra. Probabilmente, secondo la consulente scientifica del progetto di ricerca, Dottoressa Rachel Ballantyne, qui si produceva solo malto che, in seguito, veniva portato altrove.

Fonte:
bbc.com


Perù, trovata la sepoltura di un chirurgo

Perù, la sepoltura di quel che si ritiene essere un
chirurgo (Foto: Andina)

I resti di un individuo che si pensa sia stato un chirurgo durante il periodo del Medio Sican (900-1050 d.C.), sono stati rinvenuti dai ricercatori del Museo Nazionale Sicano nella necropoli meridionale di Huaca Las Ventanas, situata nel Santuario Storico della Foresta di Pomac, nella regione di Lambayeque.
La sepoltura conteneva i resti di un individuo che doveva avere a che fare con la medicina. Si tratta della prima scoperta di questo tipo nella regione settentrionale del Perù.
La scoperta è stata fatta nell'ambito di indagini archeologiche avviate tra il 2010 ed il 2011 nella necropoli meridionale di Huaca Las Ventanas. L'indagine è stata in seguito ripresa nell'ottobre 2021.
All'interno della sepoltura è stata trovata anche una maschera in oro pigmentata di cinabro, oltre ad una corazza ed una specie di mantello con lastre di rame. Secondo il direttore del Museo, sotto il mantello era stata collocata una bottiglia con due beccucci. C'erano anche ciotole di rame dorato ed un coltello cerimoniale, un "tumi". Il ritrovamento più interessante, però, resta un set di punteruoli, aghi e coltelli, molti dei quali con una lama tagliente su un lato e un bordo smussato su un altro lato.

Fonte:
andina.pe


Portogallo, rinvenute tre sepolture di età romana

Portogallo, i resti rinvenuti nelle sepolture (Foto: ERA Arquelogia) Uno scavo archeologico a Faro , in Portogallo , ha portato alla luce tr...