Duemila anni fa, ad Avigliana c'era la stazione di confine tra l'impero Romano ed i territori dei Celti, governati da re Cozio, sovrano che dette nome anche ad un tratto delle Alpi, le Alpi Cozie. La località era nota come Ad Fines Cotii, "ai confini di Cozio".
Qui sono tornati alla luce i resti della stazione di posta, dove i commercianti che transitavano dai valichi montani, dovevano pagare ai romani un pedaggio chiamato quadragesima galliarum, corrispondente al quarantesimo del valore delle merci importate da e verso la Gallia. L'appalto del pedaggio era affidato a privati, che attendevano le carovane di commercianti in una statio, un ostello munito dei comforts dell'epoca, tra i quali anche servizi termali.
Tutto questo è stato accertato dagli archeologi della Soprintendenza, guidati da Egle Micheletto. Gli scavi restituiscono una storia che inizia, praticamente, nel 13 a.C., quando Augusto cercava di sottomettere all'impero Romano le popolazioni gallo-alpine. Una delle popolazioni più fiere e combattive erano i Segusini guidati da re Cozio che fu nominato, in seguito, prefetto dai Romani, che rispettarono sempre la sua autonomia territoriale al punto di relegare il territorio da lui governato a rango di provincia.
Il valico doganale fu attivo fino all'arrivo dei Burgundi (490 d.C.) che saccheggiarono Torino. Solo nel 1858 un padre cappuccino, Placido Bacco, cominciò ad indagare su questi terreni, rinvenendo epigrafi dedicate a Giove ma anche a divinità celtiche alle quali si rivolgevano schiavi e liberti che lavoravano nella stazione doganale, le cosiddette Matronae. Affiorarono anche due rilievi raffiguranti barbari prigionieri.
Gli scavi appena ultimati confermano la presenza di un articolato edificio pubblico, peraltro identificato nel 2003. Più tardi sono emersi i resti dell'antica stazione doganale, stratificate in almeno quattro successive fasi edilizie. La più antica risale all'impero Romano e presenta un ambiente circolare di cinque metri di diametro, intonacato dentro e fuori che, presumibilmente, era parte di un edificio termale.
Successivamente, all'ambiente circolare vennero aggiunti altri locali, nei quali sono stati ritrovati dei tubuli attraverso i quali si convogliava aria calda da forni nelle pareti degli ambienti. Altri locali vennero aggiunti con l'andar del tempo finquando, in epoca tardo imperiale, l'edificio perse la sua funzione. I locali furono dotati anche di un impianto fognario coperto con lastroni di pietra di recupero.
Nel IV secolo d.C. si sovrappose un altro edificio all'impianto originario. Questo edificio è stato datato all'epoca dell'imperatore Costantino grazie al rinvenimento di una moneta sotto il pavimento.
Qui sono tornati alla luce i resti della stazione di posta, dove i commercianti che transitavano dai valichi montani, dovevano pagare ai romani un pedaggio chiamato quadragesima galliarum, corrispondente al quarantesimo del valore delle merci importate da e verso la Gallia. L'appalto del pedaggio era affidato a privati, che attendevano le carovane di commercianti in una statio, un ostello munito dei comforts dell'epoca, tra i quali anche servizi termali.
Tutto questo è stato accertato dagli archeologi della Soprintendenza, guidati da Egle Micheletto. Gli scavi restituiscono una storia che inizia, praticamente, nel 13 a.C., quando Augusto cercava di sottomettere all'impero Romano le popolazioni gallo-alpine. Una delle popolazioni più fiere e combattive erano i Segusini guidati da re Cozio che fu nominato, in seguito, prefetto dai Romani, che rispettarono sempre la sua autonomia territoriale al punto di relegare il territorio da lui governato a rango di provincia.
Il valico doganale fu attivo fino all'arrivo dei Burgundi (490 d.C.) che saccheggiarono Torino. Solo nel 1858 un padre cappuccino, Placido Bacco, cominciò ad indagare su questi terreni, rinvenendo epigrafi dedicate a Giove ma anche a divinità celtiche alle quali si rivolgevano schiavi e liberti che lavoravano nella stazione doganale, le cosiddette Matronae. Affiorarono anche due rilievi raffiguranti barbari prigionieri.
Gli scavi appena ultimati confermano la presenza di un articolato edificio pubblico, peraltro identificato nel 2003. Più tardi sono emersi i resti dell'antica stazione doganale, stratificate in almeno quattro successive fasi edilizie. La più antica risale all'impero Romano e presenta un ambiente circolare di cinque metri di diametro, intonacato dentro e fuori che, presumibilmente, era parte di un edificio termale.
Successivamente, all'ambiente circolare vennero aggiunti altri locali, nei quali sono stati ritrovati dei tubuli attraverso i quali si convogliava aria calda da forni nelle pareti degli ambienti. Altri locali vennero aggiunti con l'andar del tempo finquando, in epoca tardo imperiale, l'edificio perse la sua funzione. I locali furono dotati anche di un impianto fognario coperto con lastroni di pietra di recupero.
Nel IV secolo d.C. si sovrappose un altro edificio all'impianto originario. Questo edificio è stato datato all'epoca dell'imperatore Costantino grazie al rinvenimento di una moneta sotto il pavimento.
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