Nel territorio di Corteolona (il cui nome deriva dal fiume omonimo e da Chorte, che nel linguaggio popolare era utilizzato per indicare la "corte"), in provincia di Pavia, potrebbe esserci un importante tesoro longobardo, magari sepolto nell'area in cui sorgeva il palazzo regio longobardo. E' stato questo l'argomento di una conferenza alla quale ha partecipato la ricercatrice di Archeologia Medioevale presso l'Università Cattolica di Milano Caterina Giostra.
Il paese era già denominato Curtis all'epoca di Alboino (568 d.C.), anche se non venne fondata dai Longobardi i quali, però, le diedero il ruolo di seconda capitale, a quanto afferma lo storico Paolo Diacono.
Secondo alcune fonti dell'VIII secolo, infatti, Liutprando (712-744), re dei Longobardi, volle costruire a Corteolona un palazzo di campagna, dotato anche di terme. Allo scopo si recò a Roma per asportare materiale di spoglio: marmi colonne, mosaici e suppellettili in metallo prezioso. Durante il viaggio, però, il re rinunciò a questa costruzione, si dice in preda a un fervore religioso e preferì far edificare la chiesa e il monastero di Sant'Anastasio. I materiali pregiati che aveva trasportato da Roma sono stati, poi, reimpiegati in paese o recuperati nei campi circostanti. Tra essi anche elmenti architettonici di provenienza egiziana e frammenti di antiche e pregiate sculture ora conservati presso i Musei Civici di Pavia.
Secondo il "Codex dipolomaticus Longobardorum", la curtis di Olona si estendeva dal fiume Olona fino al Po e, a nord, fino al territorio di Inverno. Dell'antica villa, però, non si è trovato nulla nei fabbricati della Cascina Castellana, almeno finora.
Il palazzo restò residenza regia anche durante l'epoca carolingia e ottoniana. Vi furono promulgate leggi e stesi diplomi e la villa venne, di volta in volta, definita palatium regium, curte imperiale, curte regia. Intorno al 900 Berengario I fortificò il complesso munendolo di torri e fossato contro l'avanzata degli Ungart che, nel 924, devastarono Pavia, capitale del Regnum Italicum.
Tra il 967 e il 972 Adelaide, moglie di Ottone I, donò il complesso e quanto gli era pertinente al monastero di S. Salvatore di Pavia. Questo condusse alla decadenza del palazzo. Tuttavia il sito rimase fortificato fino al '300, quando è chiamato castellarium, nome rimasto alla grande Cascina Castellaro, attualmente proprietà privata, in seguito alla soppressione napoleonica del monastero.
Sia la corte della cascina che l'ex chiesa di S. Anastasio potrebbero essere oggetto di scavo archeologico, dopo che si è verificato lo stato di conservazione delle stratificazioni più antiche. Tra i frammenti rinvenuti, un frammento di pluteo, scoperto nel 1888 e riutilizzato nelle murature di una delle abitazioni coloniche. Quattro colonnine con capitelli, ornati a motivi floreali e pulvini decorati a intreccio risalenti all'VIII secolo e provenienti dall'arredo di Corteolona, sono riutilizzati in una bifora dell'ex monastero di Santa Cristina Bissone.
Il paese era già denominato Curtis all'epoca di Alboino (568 d.C.), anche se non venne fondata dai Longobardi i quali, però, le diedero il ruolo di seconda capitale, a quanto afferma lo storico Paolo Diacono.
Secondo alcune fonti dell'VIII secolo, infatti, Liutprando (712-744), re dei Longobardi, volle costruire a Corteolona un palazzo di campagna, dotato anche di terme. Allo scopo si recò a Roma per asportare materiale di spoglio: marmi colonne, mosaici e suppellettili in metallo prezioso. Durante il viaggio, però, il re rinunciò a questa costruzione, si dice in preda a un fervore religioso e preferì far edificare la chiesa e il monastero di Sant'Anastasio. I materiali pregiati che aveva trasportato da Roma sono stati, poi, reimpiegati in paese o recuperati nei campi circostanti. Tra essi anche elmenti architettonici di provenienza egiziana e frammenti di antiche e pregiate sculture ora conservati presso i Musei Civici di Pavia.
Secondo il "Codex dipolomaticus Longobardorum", la curtis di Olona si estendeva dal fiume Olona fino al Po e, a nord, fino al territorio di Inverno. Dell'antica villa, però, non si è trovato nulla nei fabbricati della Cascina Castellana, almeno finora.
Il palazzo restò residenza regia anche durante l'epoca carolingia e ottoniana. Vi furono promulgate leggi e stesi diplomi e la villa venne, di volta in volta, definita palatium regium, curte imperiale, curte regia. Intorno al 900 Berengario I fortificò il complesso munendolo di torri e fossato contro l'avanzata degli Ungart che, nel 924, devastarono Pavia, capitale del Regnum Italicum.
Tra il 967 e il 972 Adelaide, moglie di Ottone I, donò il complesso e quanto gli era pertinente al monastero di S. Salvatore di Pavia. Questo condusse alla decadenza del palazzo. Tuttavia il sito rimase fortificato fino al '300, quando è chiamato castellarium, nome rimasto alla grande Cascina Castellaro, attualmente proprietà privata, in seguito alla soppressione napoleonica del monastero.
Sia la corte della cascina che l'ex chiesa di S. Anastasio potrebbero essere oggetto di scavo archeologico, dopo che si è verificato lo stato di conservazione delle stratificazioni più antiche. Tra i frammenti rinvenuti, un frammento di pluteo, scoperto nel 1888 e riutilizzato nelle murature di una delle abitazioni coloniche. Quattro colonnine con capitelli, ornati a motivi floreali e pulvini decorati a intreccio risalenti all'VIII secolo e provenienti dall'arredo di Corteolona, sono riutilizzati in una bifora dell'ex monastero di Santa Cristina Bissone.
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