Il suo nome per intero, il suo nome di nascita, era Lucio Domizio Enobarbo, ma noi lo conosciamo meglio come Nerone. La storiografia cristiana lo ha consegnato ai posteri con un'aurea di nefandezze, crudeltà, spietatezza che hanno pochi precedenti. Si arrivò, addirittura, ad indentificare Nerone con l'Anticristo poichè aveva messo a morte gli apostoli Pietro e Paolo, oltre a numerosi altri cristiani.
Lucio Domizio Enobarbo nasce ad Anzio il 15 dicembre del 37 d.C. da Agrippina, discendente diretta di Augusto, e da Gneo Domizio Enobarbo, che fu console del 38 e morì nel 40 d.C.. Agrippina ha un altro "illustre" quanto sconcertante fratello, Caligola, ed un imperiale zio, Claudio, fratello del padre di Agrippina Germanico. Lucio Domizio Enobarbo non ha, quindi, un'infanzia granchè facile. Alla morte del padre, Agrippina viene mandata in esilio, e Lucio Domizio è affidato ad una zia. Caligola muore nel 41 d.C. e questo permette ad Agrippina di tornare a Roma. Ansiosa di vendicarsi delle ingiustizie subite, la donna affida suo figlio ad uno degli uomini più colti dell'epoca, Lucio Anneo Seneca, un filosofo che era stato mandato in esilio in Corsica e che Agrippina fa tornare nell'Urbe.
In questo periodo a governare Roma è Claudio, succeduto a Caligola, un uomo ultrasessantenne che si è appena sbarazzato dell'ingombrante e adultera Messalina, sua moglie. Agrippina è appena trentaquattrenne e decide che Claudio, malgrado i legami di parentela che li uniscono, sarà suo marito nonchè il padre adottivo di Lucio Domizio che diventerà, in questo modo, erede diretto dell'impero malgrado la presenza di Germanico, figlio naturale di Claudio e Messalina.
Lucio Domizio Enobarbo viene, dunque, adottato da Claudio con il nome di Nero Claudius Drusus Germanicus e viene fidanzato alla cugina Ottavia, lui tredicenne lei di appena nove anni. I due si sposano prima che Claudio muoia, forse avvelenato dalla stessa Agrippina. Così, nel 54 d.C., a soli 16 anni, Nerone divenne imperatore di Roma.
Nerone è sicuramente un uomo di erudizione e di fascino, circondato da uno staff di ottimi consiglieri, tra i quali il citato filosofo Seneca e il prefetto del pretorio Sesto Afranio Burro. L'intento di Nerone è di rimettere ordine nella pubblica amministrazione cercando di aumentare, nel contempo, il benessere dei cittadini. Riduce, a questo proposito, il potere dei liberti di cui si era circondato Claudio. Toglie, poi, il controllo degli appalti dalle mani dei senatori e ripristina la dignità della magistratura del consolato. Fa, inoltre, distribuire 400 sesterzi ad ogni cittadino bisognoso, una pensione ai membri del senato e frumento gratuito ai pretoriani.
Nerone, però, mira a riformare il sistema economico, osteggiato, in ciò, dai Senatori. Propone di eliminare alcune imposte indirette, sostituendole con altre che avrebbero colpito i proprietari ricchi alleggerendo il peso fiscale sui ceti meno abbienti. Ma i senatori si oppongono. Tuttavia Nerone riesce ad abolire le procedure segrete e discrezionali per appalti e procedimenti giudiziari e pone un limite alle parcelle degli avvocati, riducendo i compensi dei delatori. Tra il 54 e il 60 fa processare dodici governatori delle province per malversazione e vieta ai non residenti in Egitto di possedere nel paese delle terre. Nel 57 d.C. toglie il controllo dell'amministrazione della tesoreria al Senato, che non può coniare più monete.
I reali problemi di Nerone, però, sono, per così dire, intra moenia. Sua madre Agrippina è convinta di poter governare e per questo briga, cerca visibilità, ottiene cariche, trama nell'ombra, anche contro il figlio. Il matrimonio di Nerone con Ottavia finisce del tutto a causa della passione dell'imperatore per Atte, una liberta di origine greca. Seneca e Burro si incaricano di coprire l'adulterio ma Agrippina ne viene comunque a conoscenza e questo infastidisce Nerone che allontana dalle finanze imperiali Pallante, amante di Agrippina. La madre minaccia il figlio di detronizzarlo a favore del giovane Britannico, erede legittimo di Claudio. Il giovane, però, morirà ufficialmente per un colpo epilettico, in realtà si sospetta sia stato avvelenato. Nerone si stanca delle trame e della guerra intestina con sua madre ed incarica i sicari, nel 59 d.C., di ucciderla.
Nel 62 d.C. compare, nella vita dell'imperatore, Poppea Sabina, una donna bellissima, intelligente ed astuta. In pochi mesi Poppea fa esiliare la liberta Atte in Sardegna e riesce a far inviare suo marito Otone come legato imperiale nella lontana Lusitania. Ottavia, sfortunata prpia moglie di Nerone, è accusata di ogni nefandezza, ripudiata ed esiliata nell'isola di Ventotene dove verrà uccisa. Così Nerone può sposare Poppea, già incinta della piccola Claudia, che però muore dopo soli quattro mesi di vita, a causa di un'improvvisa malattia.
L'intento dell'imperatore, oltre a quello di riequilibrare l'economia imperiale, è sicuramente quello di dirozzare la civiltà romana avvicinandola ai più raffinati modelli ellenistici. Comincia, quindi, a costruire ginnasi e palestre in cui i giovani vengano istruiti nelle arti, oltre che nella cura del corpo. Istituisce gli Augustani, atleti dediti alla cultura, nel 59 d.C. celebra gli Juvenalia, con competizioni di musica, teatro e danza. Nel 60 d.C. è la volta dei Neronia, giochi alternanti sfide artistiche a sfide atletiche e corse sui coccchi. Nel 64 d.C., infine, Nerone si esibisce in pubblico, a Napoli, città di cultura greca. Il successo e lo scandalo dei senatori sono entrambi enormi. Ancora più scandalo suscita l'imperatore tra i senatori quando decide di esibirsi nei secondi Neroniani.
Nella notte tra il 18 e il 19 luglio del 64 d.C., un improvviso incendio divampa da un lato del Circo Massimo. Il fuoco è una delle grandi tragedie di una Roma ancora costruita in legno e "raffazzonata" alla bell'e meglio. A causa del forte vento, le fiamme arrivano dal Circo Massimo alla Suburra, un quartiere popolare con vie strettissime, ingombre di materiale di ogni genere. Poi, da qui, investono anche le lussuose abitazioni dei ricchi. Nerone è ad Anzio e, alla notizia, si precipita a Roma per coordinare la guerra contro il fuoco. Per prima cosa fa aprire il Campo Marzio, il monumento di Agrippina, terme, templi e i suoi giardini sull'Esquilino per ospitare e dare conforto agli sfollati. Mobilita, quindi, le legioni e fa giungere da Ostia aiuti alimentari ed altri vigiles. Egli stesso viene visto correre, solo e senza scorta, nei luoghi più colpiti. Ma il fuoco, tragicamente, sembra non diminuire e divora la città in sei giorni. Solo quattro delle 14 regiones augustee riescono a scampare al disastro.
Nerone, contrariamente all'iconografia cristiana che lo ha immortalato contemplare l'incendio dalla sua terrazza e bearsi al suono della cetra, non perde un minuto per organizzare i soccorsi e avviare la ricostruzione. Fa redigere un nuovo piano regolatore, nel quale le case devono essere distanziate tra loro, costruite in mattoni, fronteggiate da portici e su strade larghe. Inizia, nel contempo, la costruzione del complesso denominato Domus Aurea. In soli sette mesi Roma rinasce più bella e i 400 mila senzatetto hanno un luogo in cui vivere che è più sicuro del precedente. Si cercano anche i colpevoli di quell'immane disastro. Si sa, a Roma, che ebrei e cristiani sono spesso protagonisti di sanguinose faide. L'inchiesta di polizia, condotta dal ministro Tigellino, porta proprio alla comunità giudaica, protetta da Poppea, che accusa i cristiani. In questo modo finiscono sul rogo o dilaniate dalle fiere del circo, ben 300 persone, secondo le pene previste, all'epoca, per i piromani. Quindi non fu una persecuzione univoca e immotivata contro la comunità cristiana.
Nerone rimette, a questo punto, mano alla riforma monetaria. Svaluta i pezzi d'oro e d'argento, creando un utile per le casse dello Stato, promuove i ceti emergenti, gli imprenditori e i mercanti e "punisce" chi accumula ricchezza che non reimmette in circolo. I privilegi degli aristocratici sono sempre di più nell'occhio del ciclone. Conseguenza ne è la congiura, scoperta, del 65 d.C., che aveva coinvolto il senatore Gaio Calpurnio Pisone. I congiurati sono tutti senatori e cavalieri, appoggiati dai cavalieri della guardia pretoriana e da intellettuali quali Petronio, Lucano e lo stesso precettore dell'imperatore Seneca, costretto a suicidarsi. Sono 41 i congiurati, di questi solo 18 morirono, gli altri sono perdonati o esiliati.
Una nuova congiura viene scoperta nel 66 d.C., ordita da Annio Viniciano, genero del generale Gneo Domizio Corbulone, che preferisce suicidarsi piuttosto che presentarsi dinnanzi a Nerone. Alla fine dell'estate del 66 Nerone, stanco delle trame di corte, parte per la Grecia con una corte di 5000 persone. Sbarca a Corfù, poi raggiunge Nicopoli, Azio e Corinto che elesse a sua residenza. Qui dà il via al taglio del Canale di Corinto, taglio ripreso e concluso nel XIX secolo, che avrebbe dato vigore e impulso ai commerci. L'entusiasmo che circonda l'imperatore è enorme, al punto che lo si paragona a Giove e Apollo. Nerone realizza, in questi frangenti, l'ultimo dei suoi sogni: la partecipazione a quattro giochi panellenici, Olimpici, Pitici, Istimici e Nemei. Conquista in questo modo 1808 ghirlande.
Dopo un anno e mezzo di assenza dall'Urbe, Nerone torna a Roma, spinto anche dalla notizia della rivolta di Vindice. Costui è un legato imperiale e convince alla sua causa il governatore della Spagna Citeriore, Servio Sulpicio Galba e il legato della Lusitania Salvio Otone. Nerone assume, allora, il consolato per avere i poteri necessari a reagire. Alla fine di maggio le truppe di Virginio Rufo, fedele legato della Germania Superiore, sconfiggono quelle di Vindice a Vesantio (Besançon). Vindice si suicida.
I nemici di Nerone, però, non demordono. C'è una nuova congiura, fomentata da Galba, che sarà poi imperatore. Tigellino, prefetto di Roma, si allontana dall'urbe con una scusa, consentendo al prefetto del pretorio Ninfidio Sabino, di convincere Nerone a lasciare la Domus Aurea per motivi di sicurezza. Denuncia, quindi, l'allontamento dell'imperatore come fosse una fuga. I sostenitori di Nerone, tratti in inganno, lasciano Roma. L'8 giugno il Senato dichiara Nerone nemico pubblico. Il giorno seguente questi scopre che i pretoriani non presidiano più il palazzo e che la sua terza moglie, Messalina, è scomparsa. Si rifugia, quindi, nella casa di campagna di uno dei suoi liberti ma, all'arrivo dei pretoriani inviati a catturarlo, si toglie la vita facendosi aiutare dal segretario Epafrodito. Ha solo 30 anni.
Lucio Domizio Enobarbo nasce ad Anzio il 15 dicembre del 37 d.C. da Agrippina, discendente diretta di Augusto, e da Gneo Domizio Enobarbo, che fu console del 38 e morì nel 40 d.C.. Agrippina ha un altro "illustre" quanto sconcertante fratello, Caligola, ed un imperiale zio, Claudio, fratello del padre di Agrippina Germanico. Lucio Domizio Enobarbo non ha, quindi, un'infanzia granchè facile. Alla morte del padre, Agrippina viene mandata in esilio, e Lucio Domizio è affidato ad una zia. Caligola muore nel 41 d.C. e questo permette ad Agrippina di tornare a Roma. Ansiosa di vendicarsi delle ingiustizie subite, la donna affida suo figlio ad uno degli uomini più colti dell'epoca, Lucio Anneo Seneca, un filosofo che era stato mandato in esilio in Corsica e che Agrippina fa tornare nell'Urbe.
In questo periodo a governare Roma è Claudio, succeduto a Caligola, un uomo ultrasessantenne che si è appena sbarazzato dell'ingombrante e adultera Messalina, sua moglie. Agrippina è appena trentaquattrenne e decide che Claudio, malgrado i legami di parentela che li uniscono, sarà suo marito nonchè il padre adottivo di Lucio Domizio che diventerà, in questo modo, erede diretto dell'impero malgrado la presenza di Germanico, figlio naturale di Claudio e Messalina.
Lucio Domizio Enobarbo viene, dunque, adottato da Claudio con il nome di Nero Claudius Drusus Germanicus e viene fidanzato alla cugina Ottavia, lui tredicenne lei di appena nove anni. I due si sposano prima che Claudio muoia, forse avvelenato dalla stessa Agrippina. Così, nel 54 d.C., a soli 16 anni, Nerone divenne imperatore di Roma.
Nerone è sicuramente un uomo di erudizione e di fascino, circondato da uno staff di ottimi consiglieri, tra i quali il citato filosofo Seneca e il prefetto del pretorio Sesto Afranio Burro. L'intento di Nerone è di rimettere ordine nella pubblica amministrazione cercando di aumentare, nel contempo, il benessere dei cittadini. Riduce, a questo proposito, il potere dei liberti di cui si era circondato Claudio. Toglie, poi, il controllo degli appalti dalle mani dei senatori e ripristina la dignità della magistratura del consolato. Fa, inoltre, distribuire 400 sesterzi ad ogni cittadino bisognoso, una pensione ai membri del senato e frumento gratuito ai pretoriani.
Nerone, però, mira a riformare il sistema economico, osteggiato, in ciò, dai Senatori. Propone di eliminare alcune imposte indirette, sostituendole con altre che avrebbero colpito i proprietari ricchi alleggerendo il peso fiscale sui ceti meno abbienti. Ma i senatori si oppongono. Tuttavia Nerone riesce ad abolire le procedure segrete e discrezionali per appalti e procedimenti giudiziari e pone un limite alle parcelle degli avvocati, riducendo i compensi dei delatori. Tra il 54 e il 60 fa processare dodici governatori delle province per malversazione e vieta ai non residenti in Egitto di possedere nel paese delle terre. Nel 57 d.C. toglie il controllo dell'amministrazione della tesoreria al Senato, che non può coniare più monete.
I reali problemi di Nerone, però, sono, per così dire, intra moenia. Sua madre Agrippina è convinta di poter governare e per questo briga, cerca visibilità, ottiene cariche, trama nell'ombra, anche contro il figlio. Il matrimonio di Nerone con Ottavia finisce del tutto a causa della passione dell'imperatore per Atte, una liberta di origine greca. Seneca e Burro si incaricano di coprire l'adulterio ma Agrippina ne viene comunque a conoscenza e questo infastidisce Nerone che allontana dalle finanze imperiali Pallante, amante di Agrippina. La madre minaccia il figlio di detronizzarlo a favore del giovane Britannico, erede legittimo di Claudio. Il giovane, però, morirà ufficialmente per un colpo epilettico, in realtà si sospetta sia stato avvelenato. Nerone si stanca delle trame e della guerra intestina con sua madre ed incarica i sicari, nel 59 d.C., di ucciderla.
Nel 62 d.C. compare, nella vita dell'imperatore, Poppea Sabina, una donna bellissima, intelligente ed astuta. In pochi mesi Poppea fa esiliare la liberta Atte in Sardegna e riesce a far inviare suo marito Otone come legato imperiale nella lontana Lusitania. Ottavia, sfortunata prpia moglie di Nerone, è accusata di ogni nefandezza, ripudiata ed esiliata nell'isola di Ventotene dove verrà uccisa. Così Nerone può sposare Poppea, già incinta della piccola Claudia, che però muore dopo soli quattro mesi di vita, a causa di un'improvvisa malattia.
L'intento dell'imperatore, oltre a quello di riequilibrare l'economia imperiale, è sicuramente quello di dirozzare la civiltà romana avvicinandola ai più raffinati modelli ellenistici. Comincia, quindi, a costruire ginnasi e palestre in cui i giovani vengano istruiti nelle arti, oltre che nella cura del corpo. Istituisce gli Augustani, atleti dediti alla cultura, nel 59 d.C. celebra gli Juvenalia, con competizioni di musica, teatro e danza. Nel 60 d.C. è la volta dei Neronia, giochi alternanti sfide artistiche a sfide atletiche e corse sui coccchi. Nel 64 d.C., infine, Nerone si esibisce in pubblico, a Napoli, città di cultura greca. Il successo e lo scandalo dei senatori sono entrambi enormi. Ancora più scandalo suscita l'imperatore tra i senatori quando decide di esibirsi nei secondi Neroniani.
Nella notte tra il 18 e il 19 luglio del 64 d.C., un improvviso incendio divampa da un lato del Circo Massimo. Il fuoco è una delle grandi tragedie di una Roma ancora costruita in legno e "raffazzonata" alla bell'e meglio. A causa del forte vento, le fiamme arrivano dal Circo Massimo alla Suburra, un quartiere popolare con vie strettissime, ingombre di materiale di ogni genere. Poi, da qui, investono anche le lussuose abitazioni dei ricchi. Nerone è ad Anzio e, alla notizia, si precipita a Roma per coordinare la guerra contro il fuoco. Per prima cosa fa aprire il Campo Marzio, il monumento di Agrippina, terme, templi e i suoi giardini sull'Esquilino per ospitare e dare conforto agli sfollati. Mobilita, quindi, le legioni e fa giungere da Ostia aiuti alimentari ed altri vigiles. Egli stesso viene visto correre, solo e senza scorta, nei luoghi più colpiti. Ma il fuoco, tragicamente, sembra non diminuire e divora la città in sei giorni. Solo quattro delle 14 regiones augustee riescono a scampare al disastro.
Nerone, contrariamente all'iconografia cristiana che lo ha immortalato contemplare l'incendio dalla sua terrazza e bearsi al suono della cetra, non perde un minuto per organizzare i soccorsi e avviare la ricostruzione. Fa redigere un nuovo piano regolatore, nel quale le case devono essere distanziate tra loro, costruite in mattoni, fronteggiate da portici e su strade larghe. Inizia, nel contempo, la costruzione del complesso denominato Domus Aurea. In soli sette mesi Roma rinasce più bella e i 400 mila senzatetto hanno un luogo in cui vivere che è più sicuro del precedente. Si cercano anche i colpevoli di quell'immane disastro. Si sa, a Roma, che ebrei e cristiani sono spesso protagonisti di sanguinose faide. L'inchiesta di polizia, condotta dal ministro Tigellino, porta proprio alla comunità giudaica, protetta da Poppea, che accusa i cristiani. In questo modo finiscono sul rogo o dilaniate dalle fiere del circo, ben 300 persone, secondo le pene previste, all'epoca, per i piromani. Quindi non fu una persecuzione univoca e immotivata contro la comunità cristiana.
Nerone rimette, a questo punto, mano alla riforma monetaria. Svaluta i pezzi d'oro e d'argento, creando un utile per le casse dello Stato, promuove i ceti emergenti, gli imprenditori e i mercanti e "punisce" chi accumula ricchezza che non reimmette in circolo. I privilegi degli aristocratici sono sempre di più nell'occhio del ciclone. Conseguenza ne è la congiura, scoperta, del 65 d.C., che aveva coinvolto il senatore Gaio Calpurnio Pisone. I congiurati sono tutti senatori e cavalieri, appoggiati dai cavalieri della guardia pretoriana e da intellettuali quali Petronio, Lucano e lo stesso precettore dell'imperatore Seneca, costretto a suicidarsi. Sono 41 i congiurati, di questi solo 18 morirono, gli altri sono perdonati o esiliati.
Una nuova congiura viene scoperta nel 66 d.C., ordita da Annio Viniciano, genero del generale Gneo Domizio Corbulone, che preferisce suicidarsi piuttosto che presentarsi dinnanzi a Nerone. Alla fine dell'estate del 66 Nerone, stanco delle trame di corte, parte per la Grecia con una corte di 5000 persone. Sbarca a Corfù, poi raggiunge Nicopoli, Azio e Corinto che elesse a sua residenza. Qui dà il via al taglio del Canale di Corinto, taglio ripreso e concluso nel XIX secolo, che avrebbe dato vigore e impulso ai commerci. L'entusiasmo che circonda l'imperatore è enorme, al punto che lo si paragona a Giove e Apollo. Nerone realizza, in questi frangenti, l'ultimo dei suoi sogni: la partecipazione a quattro giochi panellenici, Olimpici, Pitici, Istimici e Nemei. Conquista in questo modo 1808 ghirlande.
Dopo un anno e mezzo di assenza dall'Urbe, Nerone torna a Roma, spinto anche dalla notizia della rivolta di Vindice. Costui è un legato imperiale e convince alla sua causa il governatore della Spagna Citeriore, Servio Sulpicio Galba e il legato della Lusitania Salvio Otone. Nerone assume, allora, il consolato per avere i poteri necessari a reagire. Alla fine di maggio le truppe di Virginio Rufo, fedele legato della Germania Superiore, sconfiggono quelle di Vindice a Vesantio (Besançon). Vindice si suicida.
I nemici di Nerone, però, non demordono. C'è una nuova congiura, fomentata da Galba, che sarà poi imperatore. Tigellino, prefetto di Roma, si allontana dall'urbe con una scusa, consentendo al prefetto del pretorio Ninfidio Sabino, di convincere Nerone a lasciare la Domus Aurea per motivi di sicurezza. Denuncia, quindi, l'allontamento dell'imperatore come fosse una fuga. I sostenitori di Nerone, tratti in inganno, lasciano Roma. L'8 giugno il Senato dichiara Nerone nemico pubblico. Il giorno seguente questi scopre che i pretoriani non presidiano più il palazzo e che la sua terza moglie, Messalina, è scomparsa. Si rifugia, quindi, nella casa di campagna di uno dei suoi liberti ma, all'arrivo dei pretoriani inviati a catturarlo, si toglie la vita facendosi aiutare dal segretario Epafrodito. Ha solo 30 anni.
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