sabato 16 aprile 2011

Vita militare ai confini dell'impero


Le incombenze dei soldati romani di stanza ai confini dell'impero, venivano definite su base quotidiana. Nella relazione giornaliera si annotava se un soldato era presente e in ordine. Fra i compiti attribuiti ai militi vi era il servizio di guardia ai principia, al granaio, la pulizia dell'equipaggiamento dei centurioni, alle latrine e alle terme. Il ruolino dei turni di servizio della cohors XX Palmyrenorum lilliaria equitata, che stanziava di guarnigione a Doura Europos, in Siria, durante la prima metà del III secolo d.C., indica che un quarto dell'unità svolgeva turni di guardia. Il soldato, però, oltre ai suoi doveri collettivi, era obbligato a pulire la sua attrezzatura, le armi, la corazza, doveva procurarsi il combustibile per cucinare e raccogliere la biada per gli animali del campo. Stando a quanto contengono i documenti pervenuti fino ai nostri giorni, sembra che i soldati romani fossero nutriti meglio dei civili in analoga condizione sociale. Gli alimenti di base erano il lardo di maiale, le gallette, il sale, il vino aspro e il grano, macinato dagli stessi soldati che ne traevano un pane non lievitato, chiamato puls o pasta. Non erano sempre a disposizione carne e formaggio, per cui la dieta era a base di grano. Gli animali venivano allevati nelle terre assegnate all'accampamento oppure venivano requisiti, comprati o cacciati. L'analisi effettuata sulle acque di scolo sul Vallo Antonino hanno confermato questa ricchezza di fibre nella dieta dei soldati romani. Nelle acque sono stati rinvenuti frammenti di grano, orzo, fagioli, fichi, aneto, coriandolo, semi di papavero, nocciole, lamponi, more, fragole, mirtilli e sedano. I liquami hanno provato che i soldati soffrivano di tricocefalosi e di ascaride. La carne di cui essi si nutrivano era prevalentemente bovina, ovina e suina, anche se non mancavano capre, cervi, caprioli, cinghiali, lepri, polli domestici, pesce e frutti di mare. Si consumava, per frutta, mele, pere, susisne, ciliege, noci. Tra le bevande vengono menzionate, dalle fonti, anche vini di varie annate e birra celtica. Per addolcire il cibo, i soldati usavano il miele. Anche ai confini dell'impero, poi, i Romani non rinunciavano alla salsa di pesce con cui insaporivano gli alimenti e che doveva essere molto simile a quella thai o vietnamita dei nostri giorni. Questa salsa, chiamata muria, è stata trovata in una delle anfore portate alla luce a Chesterholm. I soldati ricevevano, ogni giorno, una certa razione di cibo che ciascuno di loro doveva, poi, cucinare. Il grano doveva essere distribuito settimanalmente e, dal momento che i soldati dormivano in otto in una tenda, uno di loro si incaricava di cucinare per il gruppo. Sono stati, infatti, scoperti utensili da cucina e macine contrassegnate con il nome dei gruppi (contubernia) delle caserme. Le tavolette di Chesterholm-Vindolanda, inoltre, fanno riferimento ai "compagni di mensa" di un soldato. Le fonti letterari ci informano che, tra i viveri di un soldato, aveva una certa importanza anche l'acetum, un vino aspro che, a volte, era mescolato con acqua per dare origine ad una bevanda chiamata posca. Dai graffiti sulle anfore vinarie ritrovate nei siti militari, si è scoperto che i soldati non bevevano solo l'acetum, ma anche un vino "molto maturo" proveniente da Sorrento e da Messina. La bevanda era anche importata dalla Gallia Meridionale e dalla Penisola Iberica. Anche la birra godeva di una certa popolarità, tra i militi, dal momento che molti di loro avevano origini celtiche o germaniche. In un'iscrizione è citato un soldato in congedo della classi Germanica che riforniva il mercato militare della Germania Inferiore di birra locale. In una tavoletta ritrovata a Chesterholm-Vindolanda si fa riferimento ad un fornitura, per una settimana, di più di 46 litri di vino, tra cui il Massico, una produzione italiana di alta qualità, del vino agro e 69 litri di birra celtica oltre a 187 litri di orzo (hordeum). Una lettera, poi, fa riferimento a 1715 litri di bracis battuto, un cereale che veniva anch'esso utilizzato, come l'orzo, per la produzione della birra celtica.

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