giovedì 26 maggio 2011

Eran trecento ossa... ma di chi?



Come scritto precedentemente, ad aprile di quest'anno un gruppo di antropologi ha preso in esame due scheletri trovati nella cattedrale di Reggio Emilia, identificandoli come i martiri Crysanthus e Daria, morti nel III secolo d.C.
Vuole la leggenda che Crysanthus fosse figlio di un senatore romano, convertitosi al cristianesimo con grande dispiacere di suo padre. Quest'ultimo tentò di "recuperare" il figlio proponendogli diverse prostitue e, infine, facendogli sposare Daria, una vergine vestale di appena vent'anni. Crysanthus, però, riuscì a convertire persino la moglie che venne condannata per prostituzione.
Nel 283 d.C. i coniugi furono condannati a morte, forse arsi vivi, ma la leggenda è sostanzialmente piuttosto fumosa. La loro tomba fu fatta immediatamente oggetto di pellegrinaggio e mille anni dopo le loro ossa furono traslate laddove sono state ritrovate.
Le ossa che gli antropologi hanno rinvenuto nella cripta della cattedrale di Reggio Emilia sono più di trecento e sono state attribuite a due persone dell'età di 17-18 anni. Le analisi del Dna hanno confermato il sesso dei defunti, mentre le analisi con il C14 hanno datato i resti ad un periodo di tempo che va dall'80 al 340 d.C.. Le ossa non presentano traumi fisici e contengono un alto tasso di piombo. Questo, unitamente all'assenza di traumi fisici, ha portato gli antropologi a pensare che i due scheletri appartenessero a persone di alto rango sociale. Ma non tutti gli studiosi sono concordi con questa conclusione.
Le tracce di piombo rinvenute nelle ossa sono dovute al fatto che l'acqua, nelle case ricche di Roma, arrivava percorrendo tubi di questo materiale. I più abbienti, infatti, potevano installare nelle loro case rubinetti collegati a tubature che attingevano direttamente agli acquedotti. Ma anche chi viveva lungo il percorso di questi ultimi poteva usufruire - se pure abusivamente - di un servizio analogo. E' stato stimato che i prelievi effettuati in modo così poco ortodosso ammontassero a 89 milioni di galloni d'acqua al giorno su 100 milioni forniti complessivamente dagli acquedotti.
Gli avvelenamenti da piombo, però, non erano così elevati come comunemente si crede, perlomeno se si parla del piombo delle fistulae, i tubi che trasportavano l'acqua. Pare più probabile che l'avvelenamento da piombo fosse dovuto - come osservano Plinio il Vecchio e Columella - all'uso di utensili da cucina di piombo, nonchè all'abitudine di mettere del piombo del vino per rendere quest'ultimo più dolce.
Chissà, dunque, se i resti esaminati dagli archeologi sono proprio quelli dei due santi. C'è, poi, da dire che non ci si può fidare fino in fondo dell'agiologia, più simile ad un racconto mitico che a un resoconto storico dei fatti.

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