Un antico sito minerario egizio nel Sinai del Sud |
"Sua Maestà ha inviato il tesoriere del dio, l'assistente e il responsabile delle truppe Her Wer Re, nella regione delle miniere e lui ha riferito: c'è abbondanza di turchese nelle colline". Con queste parole Her We Re iniziò a documentare il lavoro della sua spedizione mineraria, inviata dal faraone a Serabit al-Khadem, nel sud del Sinai, durante il periodo del Medio Regno (2055-1985 a.C.).
Nell'iscrizione sulla sua stelle ritrovata nei pressi della miniera, Her We Re vanta il successo della sua spedizione, malgrado all'epoca si dicesse che il turchese fosse piuttosto carente anche in quelle miniere. L'iscrizione sulla roccia, lasciata dagli antichi minatori Egizi nel sud del Sinai, è ricca di dettagli sulle condizioni di lavoro, sul tempo e sulle lodi che si profondevano al farone, rappresentando, in tal modo, una vivace narrazione della vita quotidiana che può essere efficacemente paragonata agli odierni report lavorativi o ai diari.
Il Sinai è chiamato, in arabo, Ard al-Fayrouz, la terra del turchese, dall'antico nome egizio Ta Mefkat o Khetyou Mefkat, che vuol dire "terrazze di turchese". I minerali erano tenuti in grande considerazione, nell'antichità, per creare gioielli da destinare al faraone oppure offerte da lasciare alle divinità. Le pietre preziose erano utilizzate anche per gli ornamenti e gli amuleti da apporre sulle mummie. Questa necessità di pietre preziose spinse i faraoni, sin dal primo periodo dinastico (3050-2890 a.C.) ad inviare spedizioni minerarie ad estrarre turchese e rame dal sud Sinai.
Wadi Maghara, Wadi Kharig, Bir Nasb e Serabit al-Khadem sono tra le miniere più attive dell'antichità e visitarle oggi offre un'esperienza insolita e diversa della storia e dell'archeologia, differente soprattutto dall'esperienza consueta dai templi e dalle tombe della Valle del Nilo e del Delta, che riflettono le credenze degli antichi Egizi sull'Aldilà. I siti archeologici nel sud del Sinai, infatti, rappresentano efficacemente la vita di ogni giorno in un'antica comunità mineraria.
Queste comunità hanno documentato il loro lavoro e le loro avventure nel deserto attraverso delle iscrizioni sulla roccia, dei graffiti e, talvolta, anche per mezzo di cappelle erette in onore della divinità locale, Hathor, conosciuta anche come la Signora dei Turchesi. Il responsabile della spedizione aveva il compito di sovrintendere anche alla documentazione della stessa: quanto era stato scavato dall'entrata della miniera, la data dell'inizio della spedizione, il nome del responsabile e quanto materiale era stato estratto. A Serabit al-Khadem l'iscrizione n. 56 recita: "La galleria della miniera è stata aperta dal responsabile Sanofret e chiamata Ammirando la Bellezza di Hathor".
Poichè gli antichi Egizi vedevano strette connessioni tra la vita di ogni giorno e la religione, i minatori si preoccupavano di offrire cappelle e stele alle divinità locali. Il sito di Serabit al-Khadem conserva ancora i resti del più ampio edificio religioso egizio nella penisola del Sinai. Situato ad 800 metri sul livello del mare, il tempio è costituito da dozzine di stele inscritte dai responsabili delle spedizioni del Medio e Nuovo Regno in onore di Hathor. L'edificio è circondato di antiche miniere.
I minatori scolpirono anche numerosi graffiti. L'attuale punto di ristoro di Rod al-'Air ricalca un analogo punto di sosta degli antichi minatori. Mentre si riposa, si possono ammirare i graffiti di imbarcazioni, animali e strumenti da lavoro. Si pensa che i graffiti si riferiscano alle imbarcazione utilizzate dalle diverse spedizioni minerarie per attraversare da est il deserto del Sinai. I resti di queste imbarcazioni sono stati scoperti dalla spedizione archeologica dell'Istituto Francese di Archeologia Orientale, che ha iniziato a scavare ad Ain Sokhna dal 2001.
A partire nel XIX secolo, queste località sono state esplorarte dai viaggiatori e dagli archeologi europei, come l'esploratore italiano Alessandro Ricci, che arrivò qui nel 1828, oppure l'egittologo tedesco K. Richard Lipsius (1845). I resoconti sul Sinai del grande archeologo Flinders Petrie, tra il 1905 e il 1906, sono le prime testimonianze archeologiche di ricerca in queste antichissime miniere. Molte esplorazioni furono condotte, in quest'area, tra gli anni '70 e gli anni '90 del secolo scorso. Ancor oggi la maggior parte dei siti minerari sono sconosciuti al pubblico.
Oltre che per la ricerca archeologica, queste località del Sinai hanno attirato l'attenzione anche da parte degli antropologi. La popolazione di Serabit al-Khadem offre un prezioso ritratto di una comunità beduina, in quando conserva tuttora molte delle antiche tradizioni, malgrado la presenza, nella comunità, di antenne paraboliche e telefoni cellulari. Queste comunità sono un'impareggiabile occasione di studio per gli etno-archeologi. Gli uomini guidano i tour nelle miniere mentre le donne creano il famoso artigianato beduino.
Malgrado non sia molto praticata, l'estrazione del turchese - chiamato tarkiz nel dialetto locale - è un segreto locale. E' un'attività piuttosto comune nel sud del Sinai, specialmente attorno alle antiche miniere.
Nell'iscrizione sulla sua stelle ritrovata nei pressi della miniera, Her We Re vanta il successo della sua spedizione, malgrado all'epoca si dicesse che il turchese fosse piuttosto carente anche in quelle miniere. L'iscrizione sulla roccia, lasciata dagli antichi minatori Egizi nel sud del Sinai, è ricca di dettagli sulle condizioni di lavoro, sul tempo e sulle lodi che si profondevano al farone, rappresentando, in tal modo, una vivace narrazione della vita quotidiana che può essere efficacemente paragonata agli odierni report lavorativi o ai diari.
Il Sinai è chiamato, in arabo, Ard al-Fayrouz, la terra del turchese, dall'antico nome egizio Ta Mefkat o Khetyou Mefkat, che vuol dire "terrazze di turchese". I minerali erano tenuti in grande considerazione, nell'antichità, per creare gioielli da destinare al faraone oppure offerte da lasciare alle divinità. Le pietre preziose erano utilizzate anche per gli ornamenti e gli amuleti da apporre sulle mummie. Questa necessità di pietre preziose spinse i faraoni, sin dal primo periodo dinastico (3050-2890 a.C.) ad inviare spedizioni minerarie ad estrarre turchese e rame dal sud Sinai.
Wadi Maghara, Wadi Kharig, Bir Nasb e Serabit al-Khadem sono tra le miniere più attive dell'antichità e visitarle oggi offre un'esperienza insolita e diversa della storia e dell'archeologia, differente soprattutto dall'esperienza consueta dai templi e dalle tombe della Valle del Nilo e del Delta, che riflettono le credenze degli antichi Egizi sull'Aldilà. I siti archeologici nel sud del Sinai, infatti, rappresentano efficacemente la vita di ogni giorno in un'antica comunità mineraria.
Queste comunità hanno documentato il loro lavoro e le loro avventure nel deserto attraverso delle iscrizioni sulla roccia, dei graffiti e, talvolta, anche per mezzo di cappelle erette in onore della divinità locale, Hathor, conosciuta anche come la Signora dei Turchesi. Il responsabile della spedizione aveva il compito di sovrintendere anche alla documentazione della stessa: quanto era stato scavato dall'entrata della miniera, la data dell'inizio della spedizione, il nome del responsabile e quanto materiale era stato estratto. A Serabit al-Khadem l'iscrizione n. 56 recita: "La galleria della miniera è stata aperta dal responsabile Sanofret e chiamata Ammirando la Bellezza di Hathor".
Poichè gli antichi Egizi vedevano strette connessioni tra la vita di ogni giorno e la religione, i minatori si preoccupavano di offrire cappelle e stele alle divinità locali. Il sito di Serabit al-Khadem conserva ancora i resti del più ampio edificio religioso egizio nella penisola del Sinai. Situato ad 800 metri sul livello del mare, il tempio è costituito da dozzine di stele inscritte dai responsabili delle spedizioni del Medio e Nuovo Regno in onore di Hathor. L'edificio è circondato di antiche miniere.
I minatori scolpirono anche numerosi graffiti. L'attuale punto di ristoro di Rod al-'Air ricalca un analogo punto di sosta degli antichi minatori. Mentre si riposa, si possono ammirare i graffiti di imbarcazioni, animali e strumenti da lavoro. Si pensa che i graffiti si riferiscano alle imbarcazione utilizzate dalle diverse spedizioni minerarie per attraversare da est il deserto del Sinai. I resti di queste imbarcazioni sono stati scoperti dalla spedizione archeologica dell'Istituto Francese di Archeologia Orientale, che ha iniziato a scavare ad Ain Sokhna dal 2001.
A partire nel XIX secolo, queste località sono state esplorarte dai viaggiatori e dagli archeologi europei, come l'esploratore italiano Alessandro Ricci, che arrivò qui nel 1828, oppure l'egittologo tedesco K. Richard Lipsius (1845). I resoconti sul Sinai del grande archeologo Flinders Petrie, tra il 1905 e il 1906, sono le prime testimonianze archeologiche di ricerca in queste antichissime miniere. Molte esplorazioni furono condotte, in quest'area, tra gli anni '70 e gli anni '90 del secolo scorso. Ancor oggi la maggior parte dei siti minerari sono sconosciuti al pubblico.
Oltre che per la ricerca archeologica, queste località del Sinai hanno attirato l'attenzione anche da parte degli antropologi. La popolazione di Serabit al-Khadem offre un prezioso ritratto di una comunità beduina, in quando conserva tuttora molte delle antiche tradizioni, malgrado la presenza, nella comunità, di antenne paraboliche e telefoni cellulari. Queste comunità sono un'impareggiabile occasione di studio per gli etno-archeologi. Gli uomini guidano i tour nelle miniere mentre le donne creano il famoso artigianato beduino.
Malgrado non sia molto praticata, l'estrazione del turchese - chiamato tarkiz nel dialetto locale - è un segreto locale. E' un'attività piuttosto comune nel sud del Sinai, specialmente attorno alle antiche miniere.
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