domenica 15 aprile 2012

Culti orientali a Roma (i culti siriani) - 3

Antica raffigurazione di Giove Dolicheno
Una delle più famose divinità di origine siriana "importate" a Roma è certamente Giove Dolicheno. Il dio era originario, come dice il suo nome, da Doliche, nell'Anatolia sud-orientale ed è collegato ad un'altra divinità, Teshup, protagonista del pantheon hittito-hurrita. E' solitamente rappresentato stante su un toro in marcia, abbigliato come un generale romano, con stivaletti frigi ed il capo coperto dal pileo, berretto tipico delle divinità di provenienza orientale. Nella mano destra, sollevata, reca una scure bipenne mentre la sinistra regge delle folgori. La sua paredra è Giunone regina, raffigurata in piedi su un cervide, mentre con la destra tiene uno specchio e con la sinistra si appoggia ad uno scettro.
Nei bassorilievi dolicheni sono altresì raffigurati l'aquila, il Sole e la Luna che sottolineano la dimensione cosmica del potere di Giove Dolicheno, invocato come cosmocrator, garante della salute dei suoi fedeli, militari o civili che fossero, dell'autorità dell'imperatore e della stabilità del mondo romano. Giove Dolicheno è, inoltre, promotore della fecondità e dell'abbondanza.
Giove Dolicheno era adorato in appositi santuari, i dolocena, ed i suoi fedeli erano organizzati gerarchicamente e, talvolta, erano riuniti in collegi. Tra i titoli che ci sono pervenuti dall'interpretazione dalle iscrizioni ritrovate in diversi santuari, appaiono quello di candidatus e di patronus. I membri di un medesimo santuario si chiamavano tra loro fratres. Era uso, nel culto a questa divinità, consumare banchetti comuni, durante i quali si mangiava pane; fare processioni durante le quali venivano trasportate le statue di culto ed altre suppellettili sacre, come i cosiddetti triangoli dolicheni.
Sempre da materiale epigrafico si sa che Giove Dolicheno usava apparire in sogno per impartire le prescrizioni alle quali l'adepto doveva attenersi, veri e propri ordini.
Giove Dolicheno e Giunone "Dolichena"
Il tempio di Giove Dolicheno si trovava, secondo i Cataloghi Regionari, sull'Aventino ed era noto come Doliolum o Dolocenum. Fu scoperto casualmente durante i lavori per la realizzazione di una fognatura nel 1935, lavori effettuati tra le chiese di S. Alessio e di S. Sabina. In una prima fase il culto a Giove Dolicheno dovette avvenire a cielo aperto, in un'area delimitata da un muro dell'epoca di Antonino Pio. Nel II secolo d.C. questo spazio aperto venne coperto, come è attestato dai bolli rinvenuti sulle tegole di copertura (non prima del 159 d.C., anno al quale appartengono ben 15 bolli qui ritrovati). Fino a quel momento si era a conoscenza di pochi santuari dedicati a Giove Dolicheno, divinità che aveva avuto largo seguito a Roma tra il II e il III secolo d.C.. Furono i Severi che favorirono, in quanto originari della Siria, la diffusione del culto del dio nell'Urbe.
Il santuario venne addossato ad un precedente edificio, probabilmente una domus, le cui finestre a bocca di lupo, relative agli ambienti ipogei, furono tamponate. La zona indagata nel 1935 non è più visibile, poiché fu interrata subito dopo lo scavo. Sono stati lasciati praticabili solo alcuni ambienti della domus precedente, ai quali si può accedere da una botola posta sul marciapiede. Il tempio si compone di tre vani. Il vano centrale, quello più ampio, era pavimentato a mosaico con riquadri bianchi e neri, i muri erano dipinti. Addossato alla parete settentrionale e meridionale era presente un bancone che, è stato stimato, doveva essere alto circa 60 centimetri e leggermente inclinato verso il muro, preceduto da due scalini. Questa struttura ricorda molto gli ambienti deputati al culto di Mitra, per cui gli studiosi hanno pensato che la stanza in questione potesse essere utilizzata come coenatorium o triclinium per i banchetti previsti per il culto di Giove Dolicheno.
Panorama della terra d'origine di Giove Dolicheno
All'interno di una nicchia rettangolare nello stesso ambiente, è stata rinvenuta una dedica alla divinità, murata, con un'ampia iscrizione, dovuta a Annius Iulianus e Annius Victor. Di fronte questa iscrizione si trovava un altare cilindrico. Proprio la dedica in questione è stata utile per l'identificazione della divinità adorata in questo luogo.
La sala comunicava attraverso un ampio accesso con un altro vano dotato di un'ampia nicchia rivestita di crustae marmoree e di un altare, come si deduce dalla presenza di una struttura sormontata da una lastra in marmo. La presenza, in questo ambiente, di numerosi oggetti in marmo e terracotta ha fatto pensare ad un sacrarium che doveva conservare gli oggetti votivi del santuario.
Gli adepti che qui si riunivano non erano certamente dei militari ma membri di tutti i ceti sociali, soprattutto persone di origine orientale. Le iscrizioni confermano che il culto di Giove Dolicheno ebbe seguaci anche tra liberti, amministratori e membri imperiali.
Molte sono le divinità menzionate nelle epigrafi provenienti da questo sito e diverse sono le statue o le raffigurazioni di divinità, oltre a Giove Dolicheno e Giunone Regina. Si hanno raffigurazioni di Ercole, Silvano, Artemide, Ifigenia, Sole, Luna, Serapide, Iside, i Castori, Mitra e Apollo.
Il santuario fu prevalentemente utilizzato in epoca severiana. Successivamente le offerte si fecero sempre più sporadiche anche se è attestata una continuità d'uso del santuario anche in un periodo successivo a Diocleziano. La struttura, al momento dello scavo, si presentava ingombra di materiali (murature e statue) tanto da far pensare che fosse stata abbandonata in seguito ad un evento naturale quale, per esempio, un terremoto, piuttosto che ad una distruzione intenzionale.

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