Il cantiere sulla seconda piramide di Ameny Qemau (Foto: Ministero Egiziano delle Antichità) |
Nel sito di Dahshur, in Egitto, è stata trovata una camera sepolcrale che si ritiene ospitasse la mummia di una principessa di nome Hatshepset (che non è la ben più nota Hatshepsut). La camera si trova all'interno di una piramide di 3800 anni fa. Questa scoperta contribuisce, insieme ad altre, ad aiutare gli archeologi a comprendere il perché un faraone, chiamato Ameny Qemau, avesse a Dahshur due piramidi.
Già il mese scorso è stata ritrovata un'iscrizione incisa su un blocco di alabastro, all'interno della piramide che ospita la camera sepolcrale principesca, che menziona il faraone Ameny Qemau (o Qemaw), che governò l'Egitto per un breve periodo intorno al 1790 a.C.. Si tratta della seconda piramide in cui compare il nome di questo faraone. La prima venne scoperta nel 1957 e si trova a circa 600 metri di distanza dalla piramide scoperta recentemente.
La camera funeraria della principessa Hatshepset conteneva anche una teca lignea nella quale erano riposti i vasi canopi per gli organi interni della donna. Purtroppo questi vasi canopi non sono stati ritrovati e all'interno della teca gli archeologi hanno trovato solo pochi resti di bendaggi. Sulla scatola lignea ci sono anche tre linee in scrittura geroglifica che sembrano riferirsi ad una figlia di Ameny Qemau. Le iscrizioni risalgono al Secondo Periodo Intermedio (dal 1640 a.C. circa al 1540 a.C.).
Le linee di scrittura sono state decifrate da James Allen, un professore di egittologia della Brown University, il quale ha confermato che la teca era sicuramente un contenitore per vasi canopi. Le linee riportano un augurio "Neith stenda le braccia su Duamutef che è in te". Duamutef era la divinità associata al vaso canopo che conteneva lo stomaco, mentre Neith era la divinità incaricata di proteggerlo. In un'altra riga si legge "Venerati con Neith, figlia di Hatshepset", in un'altra, che corre verticalmente, si legge "Venerati con Duamutef, figlia di Hatshepset". Lo stesso James Allen ha avanzato l'ipotesi che Hatshepset fosse figlia del faraone Amery Qemau e che sia stata sepolta nella piramide del padre.
Altri ricercatori ritengono che Amery Qemau possa aver usurpato la piramide costruita per un suo predecessore per seppellirvi la figlia, dal momento che non è possibile ancora spiegare perché avesse avuto bisogno di costruire due piramidi. All'interno della camera funeraria recentemente scoperta, gli archeologi hanno trovato i resti di un sarcofago mal conservato. Gli scavi sono ancora in corso.
Già il mese scorso è stata ritrovata un'iscrizione incisa su un blocco di alabastro, all'interno della piramide che ospita la camera sepolcrale principesca, che menziona il faraone Ameny Qemau (o Qemaw), che governò l'Egitto per un breve periodo intorno al 1790 a.C.. Si tratta della seconda piramide in cui compare il nome di questo faraone. La prima venne scoperta nel 1957 e si trova a circa 600 metri di distanza dalla piramide scoperta recentemente.
La camera funeraria della principessa Hatshepset conteneva anche una teca lignea nella quale erano riposti i vasi canopi per gli organi interni della donna. Purtroppo questi vasi canopi non sono stati ritrovati e all'interno della teca gli archeologi hanno trovato solo pochi resti di bendaggi. Sulla scatola lignea ci sono anche tre linee in scrittura geroglifica che sembrano riferirsi ad una figlia di Ameny Qemau. Le iscrizioni risalgono al Secondo Periodo Intermedio (dal 1640 a.C. circa al 1540 a.C.).
La teca lignea per i vasi canopi appartenente, probabilmente, alla figlia di Ameny Qemau (Foto: Ministero Egiziano delle Antichità) |
Altri ricercatori ritengono che Amery Qemau possa aver usurpato la piramide costruita per un suo predecessore per seppellirvi la figlia, dal momento che non è possibile ancora spiegare perché avesse avuto bisogno di costruire due piramidi. All'interno della camera funeraria recentemente scoperta, gli archeologi hanno trovato i resti di un sarcofago mal conservato. Gli scavi sono ancora in corso.
Fonte:
Live Science
Live Science
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