Il tratto di strada romana individuata nei pressi dell'Aquila (Foto: ilcapoluogo.it) |
Si tratta di un tratto integro della lunghezza di circa 30 metri e della larghezza stimata di 4-5 metri (la via Appia antica è larga poco più di 4 metri) affiancato da un marciapiede porticato largo oltre due metri e dalle adiacenti costruzioni monumentali andate distrutte, che un tempo costituiva il cardo maximus della perduta città di Aveia, punto di cerniera e contatto tra la città alta (di cui rimangono resti nel cosiddetto "torrione" del borgo medioevale) e la città bassa (delimitata dalle mura oggi ancora visibili nelle campagne di Osteria), tratto urbano di quell'asse stradale di rilevanza territoriale voluto dall'imperatore Claudio per dotare di adeguate infrastrutture l'area delle conche amiternina e forconese, già interessate da imponenti e monumentali presenze insediative, da Foruli ad Amiternum, da Forcona a Peltuinum e oltre.
Della perduta città di Aveia scompare ogni traccia dal VII-VIII secolo d.C., probabilmente per i danni dovuti a catastrofi naturali (allagamenti, frane della montagna o terremoti). Nulla resta di visibile fuori terra oltre alle porzioni di mura urbiche nelle campagne e ai pochi resti sulle pendici del colle e inglobati nel borgo.
Particolare del basolato (Foto: ilcapoluogo.it) |
Aveia è ubicata, nella vallata del medio Aterno, alle pendici nordorientali di Monte Circolo e del borgo fortificato di Fossa, a soli 10 chilometri dall'Aquila. La città romana era strutturata su terrazze urbane degradanti sul versante montano e caratterizzata da una città alta, probabilmente monumentale, e da una città bassa che lambiva il corso del fiume Aterno, quella legata alle attività commerciali e di servizio del tratturo. Il percorso delle mura è ancora perfettamente leggibile, con il tratto monumentale meridionale che risale il versante fino al cosiddetto "torrione" del borgo medioevale. Una città romana che sembrava quasi completamente perduta, che viveva nella memoria di pochi, torna così prepotentemente a rivivere splendori e magnificenze di un antico e nobile passato.
Dal 1773, allorquando l'abate archeologo e filosofo Vito Maria Giovenazzi ebbe l'intuizione e il merito di riconoscere e identificare i monumenti di Fossa come quelli di Aveia, mai erano tornati alla luce resti monumentali così importanti.
Fonte:
ilcapoluogo.it
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