(Foto: Ansa.it) |
Il mare e i vulcani, insieme al Tevere e ai suoi affluenti, hanno modellato i sette colli di Roma. A ricostruire la storia geologica della città è la ricerca pubblicata sulla rivista Quaternary International e condotta dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) grazie alla collaborazione di geocronologi, paleontologi, archeologi, vulcanologi e sismologi.
Dalla ricerca, condotta da Gian Marco Luberti, Fabrizio Marra e Fabio Florindo, emerge che a disegnare il paesaggio romano sono state le oscillazioni del livello del mare legate alle diverse epoche glaciali, insieme ai vulcani dei Monti Sabatini a nordovest e dei Colli Albani a sudest, alla tettonica e ai fiumi che, alternativamente, hanno esercitato un'azione di deposizione di sedimenti e di erosione. "La presenza di un grande corso d'acqua e la prossimità della costa - rileva Marra - hanno fatto sì che i fenomeni deposizionali, nell'ultimo milione di anni, siano stati regolati e scanditi dalle oscillazioni del mare, indotte dall'alternarsi dei periodi glaciali e interglaciali".
A rendere più dettagliata la ricostruzione, i depositi vulcanici ricchi di argon hanno permesso di fare "datazioni molto precise", osserva Marra. Proprio queste tecniche di datazione, messe a punto alla fine degli anni '90 da Ingv, Università di Berkeley e Berkeley Geochronology Center, hanno permesso di ricostruire la relazione diretta tra la deposizione dei sedimenti del Tevere e le risalite del livello del mare alla fine delle ere glaciali. In questo modo è stata rideterminata, per esempio, l'età del deposito sedimentario nel quale sono stati scoperti i crani di Homo neanderthalensis di Saccopastore e di dimostrare che i resti rinvenuti nella località della Valle dell'Aniene costituivano la più antica evidenza della presenza di questo ominide in Italia. Le nuove conoscenze dei materiali vulcanici, infine, hanno anche permesso di capire meglio l'edilizia dell'antica Roma.
Dalla ricerca, condotta da Gian Marco Luberti, Fabrizio Marra e Fabio Florindo, emerge che a disegnare il paesaggio romano sono state le oscillazioni del livello del mare legate alle diverse epoche glaciali, insieme ai vulcani dei Monti Sabatini a nordovest e dei Colli Albani a sudest, alla tettonica e ai fiumi che, alternativamente, hanno esercitato un'azione di deposizione di sedimenti e di erosione. "La presenza di un grande corso d'acqua e la prossimità della costa - rileva Marra - hanno fatto sì che i fenomeni deposizionali, nell'ultimo milione di anni, siano stati regolati e scanditi dalle oscillazioni del mare, indotte dall'alternarsi dei periodi glaciali e interglaciali".
A rendere più dettagliata la ricostruzione, i depositi vulcanici ricchi di argon hanno permesso di fare "datazioni molto precise", osserva Marra. Proprio queste tecniche di datazione, messe a punto alla fine degli anni '90 da Ingv, Università di Berkeley e Berkeley Geochronology Center, hanno permesso di ricostruire la relazione diretta tra la deposizione dei sedimenti del Tevere e le risalite del livello del mare alla fine delle ere glaciali. In questo modo è stata rideterminata, per esempio, l'età del deposito sedimentario nel quale sono stati scoperti i crani di Homo neanderthalensis di Saccopastore e di dimostrare che i resti rinvenuti nella località della Valle dell'Aniene costituivano la più antica evidenza della presenza di questo ominide in Italia. Le nuove conoscenze dei materiali vulcanici, infine, hanno anche permesso di capire meglio l'edilizia dell'antica Roma.
Fonte:
Ansa.it
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