| Tarquinia, l'ingresso alla tomba appena scoperta (Foto: finestresullarte.info) |
Nella necropoli tarquiniese dei Monterozzi, patrimonio Unesco insieme a quella della Banditaccia a Cerveteri, si è conclusa la prima campagna di scavi promossa dal Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia. Le indagini hanno portato alla scoperta di una tomba a camera etrusca rimasta intatta, da datarsi, con tutta probabilità, alla fine dell'VIII secolo a.C.
All'interno della sepoltura è stata trovata una sola banchina modanata destinata alla sepoltura. Durante le operazioni di pulizia delle pareti e del letto funebre sono emerse tracce di colore rosso e giallo, riconducibili ad una semplice decorazione pittorica a fasce, la più antica finora documentata a Tarquinia.
Il corredo funebre, spostato a causa delle infiltrazioni dell'acqua e frammentato per il crollo di parte della copertura della sepoltura, è stato in gran parte recuperato ed è sottoposto attualmente a restauro. Tra i reperti figurano vasi d'impasto non tornito e di argilla depurata, ornamenti personali e vasellame in lamina di bronzo. Particolarmente numerosi dei piccoli anelli di bronzo, disseminati in tutto l'ambiente.
Lo spazio antistante all'ingresso dell'ipogeo, delimitato in parte da grandi blocchi calcarei, fu in seguito riutilizzato per una seconda sepoltura, probabilmente più recente, anch'essa accompagnata da un corredo recuperato in frammenti.
Il sepolcro ipogeo, di ridotte dimensioni e del tipo a "fenditura superiore", scavato nel banco calcareo ricco di resti fossili e marini, si trova ai margini del pianoro dei Monterozzi, in una zona periferica del complesso monumentale, con una veduta suggestiva sull'antica città. In quest'area le indagini condotte dalla Fondazione Lerici tra gli anni '50 e '70 del Novecento non avevano segnalato testimonianze archeologiche di rilievo.
All'interno della sepoltura è stata trovata una sola banchina modanata destinata alla sepoltura. Durante le operazioni di pulizia delle pareti e del letto funebre sono emerse tracce di colore rosso e giallo, riconducibili ad una semplice decorazione pittorica a fasce, la più antica finora documentata a Tarquinia.
Il corredo funebre, spostato a causa delle infiltrazioni dell'acqua e frammentato per il crollo di parte della copertura della sepoltura, è stato in gran parte recuperato ed è sottoposto attualmente a restauro. Tra i reperti figurano vasi d'impasto non tornito e di argilla depurata, ornamenti personali e vasellame in lamina di bronzo. Particolarmente numerosi dei piccoli anelli di bronzo, disseminati in tutto l'ambiente.
Lo spazio antistante all'ingresso dell'ipogeo, delimitato in parte da grandi blocchi calcarei, fu in seguito riutilizzato per una seconda sepoltura, probabilmente più recente, anch'essa accompagnata da un corredo recuperato in frammenti.
Il sepolcro ipogeo, di ridotte dimensioni e del tipo a "fenditura superiore", scavato nel banco calcareo ricco di resti fossili e marini, si trova ai margini del pianoro dei Monterozzi, in una zona periferica del complesso monumentale, con una veduta suggestiva sull'antica città. In quest'area le indagini condotte dalla Fondazione Lerici tra gli anni '50 e '70 del Novecento non avevano segnalato testimonianze archeologiche di rilievo.
Fonte:
finestresullarte.info
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