Il Papiro Tulli è un vecchio manoscritto, piuttosto contenuto nelle dimensioni, scritto in ieratico, variante corsiva del geroglifico convenzionale, e datato al regno del faraone Tuthmosis III (1475 a.C.). Il documento parla dell'apparizione in cielo di una strana sfera di fuoco e le singolari conseguenze che questa avrebbe prodotto.
Il nome deriva al Papiro deriva dal suo acquirente, Alberto Tulli, capo conservatore della sezione egizia delle collezioni del Museo Vaticano, che nel 1934 acquistò questo reperto. Nessuno ha mai visto, in realtà, questo Papiro. Alcuni dicono, addirittura, che Tulli lo abbia semplicemente trascritto in geroglifico dall'originale ieratico, in possesso di un antiquario cairota e troppo costoso per le sue tasche.
Il primo cenno a questo Papiro si trova nella rivista statunitense "Doubt", in cui la ricercatrice Tiffany Thayer, in un articolo del 1953, pubblicava per la prima volta la trascrizione dello ieratico e la traduzione di quello che era conosciuto come Papiro Merceologico o Papiro Tulli. La traduzione dal geroglifico era dovuta all'egittologo italiano Boris de Rachewiltz, che aveva scoperto il documento tra le antiche carte di Alberto Tulli nel Museo Vaticano.
Secondo de Rachewiltz il documento era semplicemente un piccolo frammento di papiro in cattivo stato di conservaione, pieno di lacune. In esso si fa cenno, secondo de Rachewiltz, al faraone Tuthmosis III pur senza nominarlo esplicitamente.
Alcuni studiosi obiettano che il Papiro sembra essere redatto da una persona che ha appreso i geroglifici con metodi del XX secolo, cosa che sembra riflettersi in alcuni errori grammaticali che, certamente, gli esperti scribi faraonici non avrebbero commesso.
La cosa che ha fatto più insospettire gli esperti è che la lacunosità del testo non danneggia la sua comprensione, come se le parti illeggibili fossero state collocate "ad arte" per simulare un documento antico.
I documenti faraonici che, al pari del Papiro di Tulli, menzionano le stelle ed i meteoriti, sono numerosi. Tra essi la Stele di Gebel Barkal, conservata oggi nel Museo di Khartoum, in Sudan. La Stele fu scoperta tra alcune macerie situate di fronte ad una colonna del grande Tempio di Amon ai piedi della montagna di Gebel Barkal. La Stele è alta 173 centimetri, larga 87 e spessa 15. Essa glorifica il dio Amon come protettore del faraone durante le campagne d'Asia. In alcune righe si descrive, con abbondanza di particolari, l'apparizione di una stella luminosa che si presentò nel campo di battaglia, attaccò i nemici del faraone, i nubiani, per poi sparire all'orizzonte.
Nel 2006 il Papiro Tulli venne sottoposto ad analisi di appassionati e studiosi tramite la community italiana egittologia.net. Si tradusse il testo ex novo, traendolo dall'immagine pubblicata da de Rachewiltz. Durante la traduzione, Franco Brussino, esperto di egittologia, notò la somiglianza tra alcuni passi del papiro e frasi provenienti da testi noti. La ricerca approdò all'"Egyptian Grammar" di sir Alan H. Gardiner, pubblicata nel 1927. Pare proprio che il burlone che ha voluto, in tal modo, gabbare gli accademici per decenni si sia proprio ispirato a questo testo, famosissimo tra gli egittologi.
Il nome deriva al Papiro deriva dal suo acquirente, Alberto Tulli, capo conservatore della sezione egizia delle collezioni del Museo Vaticano, che nel 1934 acquistò questo reperto. Nessuno ha mai visto, in realtà, questo Papiro. Alcuni dicono, addirittura, che Tulli lo abbia semplicemente trascritto in geroglifico dall'originale ieratico, in possesso di un antiquario cairota e troppo costoso per le sue tasche.
Il primo cenno a questo Papiro si trova nella rivista statunitense "Doubt", in cui la ricercatrice Tiffany Thayer, in un articolo del 1953, pubblicava per la prima volta la trascrizione dello ieratico e la traduzione di quello che era conosciuto come Papiro Merceologico o Papiro Tulli. La traduzione dal geroglifico era dovuta all'egittologo italiano Boris de Rachewiltz, che aveva scoperto il documento tra le antiche carte di Alberto Tulli nel Museo Vaticano.
Secondo de Rachewiltz il documento era semplicemente un piccolo frammento di papiro in cattivo stato di conservaione, pieno di lacune. In esso si fa cenno, secondo de Rachewiltz, al faraone Tuthmosis III pur senza nominarlo esplicitamente.
Alcuni studiosi obiettano che il Papiro sembra essere redatto da una persona che ha appreso i geroglifici con metodi del XX secolo, cosa che sembra riflettersi in alcuni errori grammaticali che, certamente, gli esperti scribi faraonici non avrebbero commesso.
La cosa che ha fatto più insospettire gli esperti è che la lacunosità del testo non danneggia la sua comprensione, come se le parti illeggibili fossero state collocate "ad arte" per simulare un documento antico.
I documenti faraonici che, al pari del Papiro di Tulli, menzionano le stelle ed i meteoriti, sono numerosi. Tra essi la Stele di Gebel Barkal, conservata oggi nel Museo di Khartoum, in Sudan. La Stele fu scoperta tra alcune macerie situate di fronte ad una colonna del grande Tempio di Amon ai piedi della montagna di Gebel Barkal. La Stele è alta 173 centimetri, larga 87 e spessa 15. Essa glorifica il dio Amon come protettore del faraone durante le campagne d'Asia. In alcune righe si descrive, con abbondanza di particolari, l'apparizione di una stella luminosa che si presentò nel campo di battaglia, attaccò i nemici del faraone, i nubiani, per poi sparire all'orizzonte.
Nel 2006 il Papiro Tulli venne sottoposto ad analisi di appassionati e studiosi tramite la community italiana egittologia.net. Si tradusse il testo ex novo, traendolo dall'immagine pubblicata da de Rachewiltz. Durante la traduzione, Franco Brussino, esperto di egittologia, notò la somiglianza tra alcuni passi del papiro e frasi provenienti da testi noti. La ricerca approdò all'"Egyptian Grammar" di sir Alan H. Gardiner, pubblicata nel 1927. Pare proprio che il burlone che ha voluto, in tal modo, gabbare gli accademici per decenni si sia proprio ispirato a questo testo, famosissimo tra gli egittologi.
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