domenica 20 dicembre 2009

Chiusi, "biografia" di un'antica città etrusca

Il nome attuale della città di Chiusi, in Toscana, deriva dal latino Clusium che, attraverso Cousiom, derivava a sua volta dall'etrusco Clevsi.
In etrusco Clevsins o Clevsina è attestato come cognomen, anche in latino, nella forma Clepsina (Gaius Genucius Clepsina, console nel 276 e nel 270 a.C., e Lucius Genucùlus Clepsina, fratello del primo, console nel 271 a.C.).
Tito Livio riferisce che, tempi addietro, la città si chiamava Camars. Sulla stele etrusca di Saturnia, risalente al VI secolo a.C., compare la forma Kamarte che non è mai stata attestata prima. Il Pallottino pensava che Kamarte potesse collegarsi ai Camertes Umbri.
Stando ai Fasti Trionfali del 588 a.C., il re di Roma Lucio Tarquinio Prisco celebrò il suo secondo trionfo dopo aver sconfitto in battaglia un forte esercito etrusco inviato in aiuto ai Latini che si erano coalizzati per bloccare le mire espansionistiche dei Romani. Dionigi di Alicarnasso aggiunge che l'esercito etrusco era formato da contingenti di varie città etrusche: Chiusini, Arretini, Volterrani, Rosellani e Vetuloniesi.
Nel 509 a.C., dopo la sua caccia da Roma, Tarquinio il Superbo fuggì con i figli Arrunte e Tito nell'etrusca Cere. L'anno successivo l'ex famiglia reale si stabilì a Chiusi, dove regnava Porsenna. Tito Livio fornisce il nome completo di questo re: Larte Porsenna (in latino Lars Porsenna). I prenomi etruschi Larth e Aranth (o Arunth) erano tra i più diffusi, in Etruria. Il gentilizio Porsenna presenta la terminazione "-na" dei nomi di famiglia etruschi.
Tito Livio informa che, nel 508 a.C., Porsenna prese a marciare contro Roma per instaurare nuovamente in essa la stirpe dei Tarquini. Il panico invase la città del Tevere ed il Senato, poichè il nome di Porsenna era ben noto. Plinio il Vecchio, infatti, informa che il potere del re etrusco di Chiusi si estendeva anche su Volsinii e sul suo territorio, al punto da venir appellato "re dell'Etruria". La storia di Porsenna e dell'assedio di Roma può essere, dunque, alla luce di quanto si sa, essere letto come il tentativo di instaurare la supremazia sul Lazio e sulla via per Capua e la Campania. Probabilmente Porsenna riuscì comunque ad ottenere una resa condizionata di Roma, che portò ad un'occupazione temporanea della città da parte del re di Chiusi. In questo lasso temporale si deve inscrivere la spedizione militare guidata da Arrunte Porsenna, figlio del re di Chiusi, contro Aricia. La città chiese ed ottenne l'aiuto degli alleati Latini grazie ai quali sconfisse gli assedianti etruschi. Arrunte Porsenna perì nello scontro ed i sopravvissuti trovarono rifugio a Roma che, appare chiaro proprio da questo episodio, era ancora sotto la supremazia di Chiusi. Questi rifugiati si stabilirono nell'area che fu poi detta, proprio dalla loro origine, vicus Tuscus (quartiere etrusco).
Plinio richiama un passo di Terenzio Varrone che descrive nei dettagli il favoloso sepolcro di Porsenna, un'opera monumentale costituita da un corpo centrale con un labirinto inestricabile di cunicoli e formato da più piani di piramidi e cuspidi sovrapposte.
Nel 391 a.C., quando la grandezza di Roma cominciò ad essere più evidente, Livio riporta notizia di una richiesta di aiuto da parte degli ambasciatori chiusini contro la calata di orde galliche. Si diceva che queste orde fossero state chiamate da Arrunte, cittadino di Chiusi, per vendicarsi di Lucumone, giovane di nobile famiglia di cui era tutore, che gli aveva sedotto la moglie. Comunque sia andata, i chiusini, spaventati dall'imprevisto ed improvviso pericolo che si presentava con guerrieri di alta statura ed assai numerosi, sebbene non avessero alcun patto di alleanza con i Romani, inviarono al Senato dell'Urbe un'ambasceria per chiedere aiuto e sostegno. Molti studiosi ritengono che questo episodio sia piuttosto inverosimile. Ma Livio continua, informando che i Romani inviarono tre legati, i tre figli di Marco Fabio Arnbusto, vale a dire Numerio, Cesone e Quinto) a parlamentare con i Galli che avrebbero consentito alla pace in cambio di una parte dell'agro dei chiusini, che avevano più terra di quanta ne potessero coltivare. Avendo rifiutato il patto, i Romani dichiararono guerra ai Galli che finirono per ritirarsi.
Diodoro Siculo e Dionigi di Alicarnasso, invece, sostengono che Roma avrebbe inviato solo due ambasciatori a Chiusi, il cui intento era spiare le mosse dei Galli. Avendo gli stessi, poi, partecipato agli scontri con questi ultimi, furono salvati dalla condanna a morte solo dal prestigio della gens alla quale appartenevano. Questi furono, secondo gli scrittori romani, gli antefatti che portarono al saccheggio di Roma da parte dei Galli nel 390 a.C..
Durante la terza guerra sannitica, Livio riferisce di una grave sconfitta subìta dai Romani presso Chiusi, nel 295 a.C.: l'intera legione comandata dal propretore Lucio Cornelio Scipione (console nel 298 a.C. e bisnonno di Publio Cornelio Scipione l'Africano), venne annientata dai mercenari Galli al soldo degli Etruschi. Poco dopo un altro contingente romano saccheggiò il territorio chiusino, costringendo la lega etrusca a muoversi per difendere il territorio della dodecapoli. Fu proprio questa decisione a determinare la definitiva vittoria dei Romani sui Sanniti, nel 295 a.C.. Gli Etruschi, allora, stipularono una tregua quarantennale con la clausola del pagamento a Roma di una penale di cinquecentomila assi per ciascuna città della lega. Vel Lathites era il nome del capo della lega etrusca, colui che comandò l'esercito etrusco nella "battaglia romana" (rumit-rine-mi). Era, questi, un appartenente alla famiglia Leinies di Volsinii. Il suo gentilizio Lathites indica che egli fu adottato dai Lathites (o Latithes o Latites) di Chiusi.
Durante il successivo periodo di espansione romana, Chiusi non subì grandi vessazioni. Nel 205 a.C., in qualità di alleata, contribuì alla costruzione della flotta di Scipione l'Africano con il legno di abete per lo scafo delle navi ed una notevole quantità di frumento. Plinio il Vecchio informa che Silla vi dedusse una colonia.

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