Veio è stata sempre una città che ha svolto funzioni di cerniera tra il mondo degli Etruschi e quello dei Latini. Nel momento più florido della città, la sua estensione raggiungeva, da una parte, il Lucus Feroniae, antico centro laziale coagulatosi attorno al santuario della dea sabina Feronia, dall'altra il lago di Bracciano. Per un tratto, poi, l'agro veientano comprendeva anche un breve passaggio prospiciente la costa tirrenica, tra la foce del fiume Arrone ed il fiume Tevere.
Le testimonianze più antiche del territorio di Veio risalgono al Bronzo Finale. La vera storia, però, comincia in età villanoviana (IX secolo a.C.), quando fu occupato il pianoro in cui fu edificata la città vera e propria. Questo pianoro tufaceo trova i suoi confini con il Fosso della Valchetta, che molti ritengono essere l'antico Cremera, ed il Fosso Piordo o Fosso della Mola, nella bassa valle del Tevere.
La Dott.ssa Francesca Boitani, della Soprintendenza Archeologica per i Beni Archeologici dell'Etruria Medionale, ha datato un tratto di mura che circondavano l'antica città all'inizio dell'VIII secolo a.C., ma l'impiano vero e proprio delle mura urbane risale a due secoli dopo. Gli ultimi anni di scavo hanno permesso un'eccezionale scoperta all'interno dell'abitato urbano, quella della tomba di un personaggio di rilievo, forse il fondatore della comunità, sepolto in una tomba a fossa del IX secolo a.C.. L'area abitativa, inoltre, si caratterizza per un impianto urbanistico ben definito già dalla metà del VI secolo a.C., mentre le fasi di occupazione arrivano fino al V.
Scavi recenti, da parte della Soprintendenza, in quello che è stato chiamato il "Ceramico" della Veio protostorica, hanno portato al ritrovamento di alcune coppe greche di importazione, risalenti al 770 a.C., in argilla figulina con decorazione geometrica, che sono il segno ben chiaro di traffici di vino e dell'usanza del simposio anche nella comunità etrusca, usanza e rito importati, con tutta evidenza, dalla Grecia. Dal VII secolo a.C. le necropoli si estendono su tutti i poggi circostanti il pianoro.
Veio è famosa, al pari di altre città etrusche, per alcune tombe dipinte che sono la testimonianza concreta delle prime pitture parietali etrusche. Una tra le più famose tombe dipinte è la cosiddetta Tomba delle Anatre, in località Riserva del Bagno. Essa fa parte di un complesso di cinque sepolture, forse destinate a personaggi della locale aristocrazia. La Tomba delle Anatre è datata al 680-670 a.C. ed è stata, per lungo tempo, considerata la più antica sepoltura etrusca. Poi, nel 2006, sempre a Veio, venne scoperta una nuova sepoltura, battezzata Tomba dei Leoni Ruggenti, che è stata datata al VII secolo a.C.. In questa sepoltura vi erano le tracce di due deposizioni, una maschile ed un femminile, e di un ricco corredo con carro a due ruote.
Dal Tumulo Chigi, scavato, nel 1882, da Rodolfo Lanciani, provengono l'Olpe Chigi, esempio di tarda ceramica protocorinzia, ed una gran quantità di altri vasi di corredo che sono attualmente in fase di studio. Dallo stesso contesto, secondo analisi recenti, proviene anche il cosiddetto "alfabetario di Formello", una piccola anfora di bucchero con un'iscrizione di proprietà ed i simboli di un alfabeto.
Nel VI-V secolo a.C., anche nel territorio di Veio si assiste ad una contenimento del lusso esibito nelle sepolture, fenomeno comune a tutto il Latium Vetus, accompagnato dal ritorno all'incinerazione dei defunti.
Il maggior tempio di Veio è quello di Portonaccio, dal quale provengono le statue acroteriali in terracotta qui ritrovate nel 1916: Apollo, Eracle e la cerva cerinite, Ermes, Latona con un bambino e, probabilmente, un piccolo Apollo. Queste statue possono oggi ammirarsi al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Dal territorio di Veio, del resto, provengono notizie circa valenti coroplasti che furono chiamati ad operare anche a Roma. Tarquinio il Superbo, nel 509 a.C., chiamò un veiente esperto di coroplastica per creare il famoso gruppo con quadriga in terracotta che doveva essere posto sul tetto del tempio dedicato a Giove Capitolino. La maggior parte delle scritture votive, però, era dedicata a Menerva, da assimilarsi alla latina Minerva. Gli archeologi pensano che il culto a questa divinità femminile fosse localizzato presso il sacello a oikos nel tempio di Portonaccio, dedicato ad Apollo ed Ercole. Il culto del santuario è attestano fino all'inizio del II secolo a.C..
A partire dal V secolo a.C. crebbero i motivi di attrito tra Veio e Roma, soprattutto per il possesso di Fidenae, città alleata di Veio. Nel 477 a.C. la gens romana dei Fabii venne clamorosamente annientata nella battaglia del Cremera. La posta in gioco era il controllo della navigazione sul fiume Tevere. Nel 420 a.C. Veio chiese aiuto, contro Roma, a tutte le città etrusche riunite al Fanum Voltumnae, vicino Orvieto, ma l'aiuto fu negato. Forse la ragione può essere trovata nel fatto che Veio era governata da un re, mentre le altre città avevano una forma di governo conforme al modello repubblicano. Un'altra tesi vuole che le città etrusche fossero impegnate contro degli invasori Galli, che minacciavano di scendere da nord. Alleate di Veio rimasero Fidenae, Falerii e Capena.
L'attacco finale è databile al 406 a.C., mentre la presa di Veio è comunemente datata al 396 a.C., dopo un assedio di 10 anni. Livio narra che Veio fu presa solo perchè vi fu un traditore che permise alle truppe romane di entrare in città attraverso un cunicolo che sbucava all'interno del tempio di Giunone Regina, localizzato a sud-est del pianoro. Marco Furio Camillo, che guidava le truppe romane, saccheggiò il santuario e ne trasferì la statua di culto a Roma per mezzo del rito della evocatio, avvenuta con il "consenso" di Giunone, espresso - narrano le fonti - con un cenno del capo.
Una parte del territorio veientano venne asegnata a cittadini romani. Gli scampati al massacro del 396 a.C. ottennero anch'essi la cittadinanza romana e non furono ridotti in schiavitù, ma diedero origine alle tribù Stellatina, Tromentina, Sabatina e Arniensis. Nel III secolo a.C. si provvide a completare la via Clodia e la via Flaminia. La via Cassia è databile al 150 a.C.. Dalla fine del III secolo a.C. vi sono circa cento anni di silenzio delle fonti storiche, fino ad arrivare a Giulio Cesare che assegnò lotti del territorio di Veio ai suoi veterani.
Veio ritorna a vivere con Ottaviano Augusto, nel 27 a.C., quanto diventa municipio e si trova ad ospitare i veterani della XXII Legione Deiotariana, di stanza in Egitto. L'elemento etrusco, nel frattempo, va lentamente scomparendo dall'onomastica locale. Il periodo più florido è quello tiberio-claudio, nel quale si produsse una notevole quantità di epigrafi e ritratti imperiali. La città arriva ad avere anche un teatro ed una porticus Augusta, nonchè un complesso termale.
Nel IV secolo d.C. si completa il declino di Veio. Nell'VIII secolo d.C. vengono qui insediate alcune domuscultae, aziende agrarie collocate nella campagna romana dai papi e affidate alla gestione diretta dei proprietari. Papa Adriano I (772-795) fondò la Domusculta Capracorum, in località Santa Cornelia. Compito di queste fattorie era quello di costituire una sorta di riserva alimentare per Roma ed anche un presidio militare e strategico. Il fenomeno durò fino al X secolo, dopo le incursioni arabe, che ne segnarono il declino.
Nel 1992 è stato istituito il Museo dell'Agro Veientano, Museo Civico del Comune di Formello, in cui è possibile viaggiare nel tempo, dal IX secolo a.C. fino al XVII secolo, attraverso ceramiche, bacili di bronzo, segnacoli in tufo giallo, monete, bolli doliari, teste, mani, braccia di ex voto, statue di marmo di età imperiale, iscrizioni che vanno da quelle funerarie a quelle dell'arte cristiana.
Le testimonianze più antiche del territorio di Veio risalgono al Bronzo Finale. La vera storia, però, comincia in età villanoviana (IX secolo a.C.), quando fu occupato il pianoro in cui fu edificata la città vera e propria. Questo pianoro tufaceo trova i suoi confini con il Fosso della Valchetta, che molti ritengono essere l'antico Cremera, ed il Fosso Piordo o Fosso della Mola, nella bassa valle del Tevere.
La Dott.ssa Francesca Boitani, della Soprintendenza Archeologica per i Beni Archeologici dell'Etruria Medionale, ha datato un tratto di mura che circondavano l'antica città all'inizio dell'VIII secolo a.C., ma l'impiano vero e proprio delle mura urbane risale a due secoli dopo. Gli ultimi anni di scavo hanno permesso un'eccezionale scoperta all'interno dell'abitato urbano, quella della tomba di un personaggio di rilievo, forse il fondatore della comunità, sepolto in una tomba a fossa del IX secolo a.C.. L'area abitativa, inoltre, si caratterizza per un impianto urbanistico ben definito già dalla metà del VI secolo a.C., mentre le fasi di occupazione arrivano fino al V.
Scavi recenti, da parte della Soprintendenza, in quello che è stato chiamato il "Ceramico" della Veio protostorica, hanno portato al ritrovamento di alcune coppe greche di importazione, risalenti al 770 a.C., in argilla figulina con decorazione geometrica, che sono il segno ben chiaro di traffici di vino e dell'usanza del simposio anche nella comunità etrusca, usanza e rito importati, con tutta evidenza, dalla Grecia. Dal VII secolo a.C. le necropoli si estendono su tutti i poggi circostanti il pianoro.
Veio è famosa, al pari di altre città etrusche, per alcune tombe dipinte che sono la testimonianza concreta delle prime pitture parietali etrusche. Una tra le più famose tombe dipinte è la cosiddetta Tomba delle Anatre, in località Riserva del Bagno. Essa fa parte di un complesso di cinque sepolture, forse destinate a personaggi della locale aristocrazia. La Tomba delle Anatre è datata al 680-670 a.C. ed è stata, per lungo tempo, considerata la più antica sepoltura etrusca. Poi, nel 2006, sempre a Veio, venne scoperta una nuova sepoltura, battezzata Tomba dei Leoni Ruggenti, che è stata datata al VII secolo a.C.. In questa sepoltura vi erano le tracce di due deposizioni, una maschile ed un femminile, e di un ricco corredo con carro a due ruote.
Dal Tumulo Chigi, scavato, nel 1882, da Rodolfo Lanciani, provengono l'Olpe Chigi, esempio di tarda ceramica protocorinzia, ed una gran quantità di altri vasi di corredo che sono attualmente in fase di studio. Dallo stesso contesto, secondo analisi recenti, proviene anche il cosiddetto "alfabetario di Formello", una piccola anfora di bucchero con un'iscrizione di proprietà ed i simboli di un alfabeto.
Nel VI-V secolo a.C., anche nel territorio di Veio si assiste ad una contenimento del lusso esibito nelle sepolture, fenomeno comune a tutto il Latium Vetus, accompagnato dal ritorno all'incinerazione dei defunti.
Il maggior tempio di Veio è quello di Portonaccio, dal quale provengono le statue acroteriali in terracotta qui ritrovate nel 1916: Apollo, Eracle e la cerva cerinite, Ermes, Latona con un bambino e, probabilmente, un piccolo Apollo. Queste statue possono oggi ammirarsi al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Dal territorio di Veio, del resto, provengono notizie circa valenti coroplasti che furono chiamati ad operare anche a Roma. Tarquinio il Superbo, nel 509 a.C., chiamò un veiente esperto di coroplastica per creare il famoso gruppo con quadriga in terracotta che doveva essere posto sul tetto del tempio dedicato a Giove Capitolino. La maggior parte delle scritture votive, però, era dedicata a Menerva, da assimilarsi alla latina Minerva. Gli archeologi pensano che il culto a questa divinità femminile fosse localizzato presso il sacello a oikos nel tempio di Portonaccio, dedicato ad Apollo ed Ercole. Il culto del santuario è attestano fino all'inizio del II secolo a.C..
A partire dal V secolo a.C. crebbero i motivi di attrito tra Veio e Roma, soprattutto per il possesso di Fidenae, città alleata di Veio. Nel 477 a.C. la gens romana dei Fabii venne clamorosamente annientata nella battaglia del Cremera. La posta in gioco era il controllo della navigazione sul fiume Tevere. Nel 420 a.C. Veio chiese aiuto, contro Roma, a tutte le città etrusche riunite al Fanum Voltumnae, vicino Orvieto, ma l'aiuto fu negato. Forse la ragione può essere trovata nel fatto che Veio era governata da un re, mentre le altre città avevano una forma di governo conforme al modello repubblicano. Un'altra tesi vuole che le città etrusche fossero impegnate contro degli invasori Galli, che minacciavano di scendere da nord. Alleate di Veio rimasero Fidenae, Falerii e Capena.
L'attacco finale è databile al 406 a.C., mentre la presa di Veio è comunemente datata al 396 a.C., dopo un assedio di 10 anni. Livio narra che Veio fu presa solo perchè vi fu un traditore che permise alle truppe romane di entrare in città attraverso un cunicolo che sbucava all'interno del tempio di Giunone Regina, localizzato a sud-est del pianoro. Marco Furio Camillo, che guidava le truppe romane, saccheggiò il santuario e ne trasferì la statua di culto a Roma per mezzo del rito della evocatio, avvenuta con il "consenso" di Giunone, espresso - narrano le fonti - con un cenno del capo.
Una parte del territorio veientano venne asegnata a cittadini romani. Gli scampati al massacro del 396 a.C. ottennero anch'essi la cittadinanza romana e non furono ridotti in schiavitù, ma diedero origine alle tribù Stellatina, Tromentina, Sabatina e Arniensis. Nel III secolo a.C. si provvide a completare la via Clodia e la via Flaminia. La via Cassia è databile al 150 a.C.. Dalla fine del III secolo a.C. vi sono circa cento anni di silenzio delle fonti storiche, fino ad arrivare a Giulio Cesare che assegnò lotti del territorio di Veio ai suoi veterani.
Veio ritorna a vivere con Ottaviano Augusto, nel 27 a.C., quanto diventa municipio e si trova ad ospitare i veterani della XXII Legione Deiotariana, di stanza in Egitto. L'elemento etrusco, nel frattempo, va lentamente scomparendo dall'onomastica locale. Il periodo più florido è quello tiberio-claudio, nel quale si produsse una notevole quantità di epigrafi e ritratti imperiali. La città arriva ad avere anche un teatro ed una porticus Augusta, nonchè un complesso termale.
Nel IV secolo d.C. si completa il declino di Veio. Nell'VIII secolo d.C. vengono qui insediate alcune domuscultae, aziende agrarie collocate nella campagna romana dai papi e affidate alla gestione diretta dei proprietari. Papa Adriano I (772-795) fondò la Domusculta Capracorum, in località Santa Cornelia. Compito di queste fattorie era quello di costituire una sorta di riserva alimentare per Roma ed anche un presidio militare e strategico. Il fenomeno durò fino al X secolo, dopo le incursioni arabe, che ne segnarono il declino.
Nel 1992 è stato istituito il Museo dell'Agro Veientano, Museo Civico del Comune di Formello, in cui è possibile viaggiare nel tempo, dal IX secolo a.C. fino al XVII secolo, attraverso ceramiche, bacili di bronzo, segnacoli in tufo giallo, monete, bolli doliari, teste, mani, braccia di ex voto, statue di marmo di età imperiale, iscrizioni che vanno da quelle funerarie a quelle dell'arte cristiana.
Museo dell'Agro Veientano
nel Museo Civico del Comune di Formello - piazza S. Lorenzo 7, Formello
Orario: giovedì-venerdì ore 10.00-13.00 e 15.00-18.00; sabato ore 9.00-13.00 e 15.00-19.00; domenica ore 9.00-13.00
Info: Tel. 06.90194240-239 - http://www.comunediformello.it/
e-mail: museo@comunediformello.it
nel Museo Civico del Comune di Formello - piazza S. Lorenzo 7, Formello
Orario: giovedì-venerdì ore 10.00-13.00 e 15.00-18.00; sabato ore 9.00-13.00 e 15.00-19.00; domenica ore 9.00-13.00
Info: Tel. 06.90194240-239 - http://www.comunediformello.it/
e-mail: museo@comunediformello.it
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