L'Egitto ci ha lasciato tre grandi testi funerari che, pur differenti tra loro, possono essere un esempio delle credenze e delle usanze egizie legate al mondo ultramondano. La moderna archeologia indica questi testi come: i Testi delle Piramidi, i Testi dei Sarcofagi e il Libro dei Morti.
I Testi delle Piramidi (il titolo è moderno) erano prevalentemente scritti all'interno delle piramidi e si datano ad un periodo compreso tra la V e la VI Dinastia. Ricomparvero, poi, 2000 anni dopo nelle tombe dei personaggi più importanti della XXVI e della XXVII Dinastia. Questi testi sono composti da numerose formule magiche che permettevano al sovrano di passare felicemente nell'aldilà. I privati erano esclusi dall'utilizzo di queste formule, mentre vi erano inclusi i funzionari, le cui tombe si trovavano nei pressi della piramide del loro sovrano.
Tra la fine del III e gli inizi del II millennio a.C., però, le cose cominciarono a cambiare anche grazie al tramonto della vecchia società aristocratica e alla maggiore importanza assurta da nuovi centri di potere di origine provinciale. Questo portò, ben presto, all'adozione di un nuovo rituale funerario, codificato nei Testi dei Sarcofagi, scritti, appunto, all'interno dei sarcofagi. Questi testi ponevano, al centro di tutto, la sopravvivenza oltre la morte che, stavolta, non era solo appannaggio del faraone e dei suoi più stretti collaboratori, ma è, piuttosto, un destino che accomuna tutti gli uomini.
In questo contesto nacque il Libro dei Morti, che sottolinea ancora di più la presenza di un giudizio nell'aldilà, in cui ognuno dovrà rendere conto delle azioni compiute in vita. Tra i tre libri, però, non esistono fratture evidenti, quanto, piuttosto, una certa continuità. Il pensiero egiziano, infatti, era contrario a fratture e cambiamenti netti. Il Libro dei Morti è una raccolta di formule funerarie attestatasi durante la XVIII dinastia. Il nome con il quale questa raccolta è conosciuta, si deve all'egittologo Richard Karl Lepsius (1810-1884). Il suo titolo più antico era peret em heru, tradotto come "(Formule per) uscire di giorno (o al giorno)". Le formule contenute nel libro, infatti, davano al defunto la certezza di uscire dal sepolcro durante il giorno per ritornarvi, poi, la sera, al tramonto.
Il Libro dei Morti presenta anche delle illustrazioni, che mostrano l'anima del defunto prendere il volo sotto forma di un uccello con testa umana (il cosiddetto ba, "anima"), attraversare il pozzo che mette in comunicazione la tomba con il mondo dei vivi e, una volta uscito al giorno, lo mostra posarsi sui rami di un albero vicino alla sepoltura. Oltre a queste illustrazioni, il Libro illustrava anche come essere traghettati verso i Campi di Iaru, quel Paradiso al quale aspiravano tutti gli abitanti della terra del Nilo.
Il Libro dei Morti era redatto su papiri, che i parenti del defunto acquistavano nelle "librerie" presenti presso le grandi e piccole necropoli a partire dal Nuovo Regno (XVIII Dinastia). Ogni libro recava il nome del defunto nella pagina introduttiva e nel testo. Sono pervenuto, sino a noi, testi in cui manca il nome del proprietario e sono presenti degli spazi bianchi che consentivano di inserire il nome non appena il libro fosse stato acquistato. Il legame fra il libro ed il suo proprietario era molto importante proprio a causa del contenuto magico del libro stesso.
Il papiro pubblicato da Lepsius era composto di 162 capitoli di varia lunghezza. Le edizioni più antiche del Libro dei Morti erano redatte in caratteri geroglifici incolonnati da destra verso sinistra. Più tardi venne utilizzata la scrittura ieratica su delle righe, anche se le edizioni redatte in geroglifico non scomparvero mai. Capitoli del Libro si potevano inscrivere anche su singoli oggetti del corredo funerari, come gli ushabti, il cui compito era quello di sostituire il defunto nell'aldilà, qualora questi fosse stato chiamato a compiere lavori pensati. Il Capitolo 30, invece, veniva scritto sullo "scarabeo del cuore" perchè quest'ultimo non testimoniasse contro il suo padrone.
Il British Museum vanta il più consistente corpus di documenti riguardanti il Libro dei Morti. Tra questi il Papiro Greenfield che, con i suoi 37 metri di lunghezza è l'esemplare più lungo che si conosca. Il Papiro Greenfield fu rinvenuto a Deir el-Bahari, nella cachette di Nestanebtasheru, una donna vissuta durante la XXI Dinastia. Interessantissimo è anche il Libro dei Morti di Hunefer, scriba della XIX Dinastia, ricco di rappresentazioni vignettistiche a corredo delle formule magiche.
I Testi delle Piramidi (il titolo è moderno) erano prevalentemente scritti all'interno delle piramidi e si datano ad un periodo compreso tra la V e la VI Dinastia. Ricomparvero, poi, 2000 anni dopo nelle tombe dei personaggi più importanti della XXVI e della XXVII Dinastia. Questi testi sono composti da numerose formule magiche che permettevano al sovrano di passare felicemente nell'aldilà. I privati erano esclusi dall'utilizzo di queste formule, mentre vi erano inclusi i funzionari, le cui tombe si trovavano nei pressi della piramide del loro sovrano.
Tra la fine del III e gli inizi del II millennio a.C., però, le cose cominciarono a cambiare anche grazie al tramonto della vecchia società aristocratica e alla maggiore importanza assurta da nuovi centri di potere di origine provinciale. Questo portò, ben presto, all'adozione di un nuovo rituale funerario, codificato nei Testi dei Sarcofagi, scritti, appunto, all'interno dei sarcofagi. Questi testi ponevano, al centro di tutto, la sopravvivenza oltre la morte che, stavolta, non era solo appannaggio del faraone e dei suoi più stretti collaboratori, ma è, piuttosto, un destino che accomuna tutti gli uomini.
In questo contesto nacque il Libro dei Morti, che sottolinea ancora di più la presenza di un giudizio nell'aldilà, in cui ognuno dovrà rendere conto delle azioni compiute in vita. Tra i tre libri, però, non esistono fratture evidenti, quanto, piuttosto, una certa continuità. Il pensiero egiziano, infatti, era contrario a fratture e cambiamenti netti. Il Libro dei Morti è una raccolta di formule funerarie attestatasi durante la XVIII dinastia. Il nome con il quale questa raccolta è conosciuta, si deve all'egittologo Richard Karl Lepsius (1810-1884). Il suo titolo più antico era peret em heru, tradotto come "(Formule per) uscire di giorno (o al giorno)". Le formule contenute nel libro, infatti, davano al defunto la certezza di uscire dal sepolcro durante il giorno per ritornarvi, poi, la sera, al tramonto.
Il Libro dei Morti presenta anche delle illustrazioni, che mostrano l'anima del defunto prendere il volo sotto forma di un uccello con testa umana (il cosiddetto ba, "anima"), attraversare il pozzo che mette in comunicazione la tomba con il mondo dei vivi e, una volta uscito al giorno, lo mostra posarsi sui rami di un albero vicino alla sepoltura. Oltre a queste illustrazioni, il Libro illustrava anche come essere traghettati verso i Campi di Iaru, quel Paradiso al quale aspiravano tutti gli abitanti della terra del Nilo.
Il Libro dei Morti era redatto su papiri, che i parenti del defunto acquistavano nelle "librerie" presenti presso le grandi e piccole necropoli a partire dal Nuovo Regno (XVIII Dinastia). Ogni libro recava il nome del defunto nella pagina introduttiva e nel testo. Sono pervenuto, sino a noi, testi in cui manca il nome del proprietario e sono presenti degli spazi bianchi che consentivano di inserire il nome non appena il libro fosse stato acquistato. Il legame fra il libro ed il suo proprietario era molto importante proprio a causa del contenuto magico del libro stesso.
Il papiro pubblicato da Lepsius era composto di 162 capitoli di varia lunghezza. Le edizioni più antiche del Libro dei Morti erano redatte in caratteri geroglifici incolonnati da destra verso sinistra. Più tardi venne utilizzata la scrittura ieratica su delle righe, anche se le edizioni redatte in geroglifico non scomparvero mai. Capitoli del Libro si potevano inscrivere anche su singoli oggetti del corredo funerari, come gli ushabti, il cui compito era quello di sostituire il defunto nell'aldilà, qualora questi fosse stato chiamato a compiere lavori pensati. Il Capitolo 30, invece, veniva scritto sullo "scarabeo del cuore" perchè quest'ultimo non testimoniasse contro il suo padrone.
Il British Museum vanta il più consistente corpus di documenti riguardanti il Libro dei Morti. Tra questi il Papiro Greenfield che, con i suoi 37 metri di lunghezza è l'esemplare più lungo che si conosca. Il Papiro Greenfield fu rinvenuto a Deir el-Bahari, nella cachette di Nestanebtasheru, una donna vissuta durante la XXI Dinastia. Interessantissimo è anche il Libro dei Morti di Hunefer, scriba della XIX Dinastia, ricco di rappresentazioni vignettistiche a corredo delle formule magiche.
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