sabato 2 aprile 2011

Il ritrovato criptoportico di Alife


Il criptoportico di Alife, in provincia di Caserta, uno degli esempi più importanti del suo genere, di età augustea, è stato finalmente sterrato. Nel corso dei secoli, infatti, al suo interno si erano depositati detriti e altri materiali. Durante l'ultima guerra fu persino adibito a rifugio per la popolazione, che doveva sfuggire alle retate dei tedeschi e ai bombardamenti del 1943. I criptoportici coevi erano adibiti ad uso pubblico e privato, come strutture sottostanti a edifici di superficie come tribunali, mercati, serbatoi per la raccolta dell'acqua. Questo vero e proprio monumento testimonia la grandezza passata di Alife. E' costituito da tre bracci che si dipanano su una superficie di 689 mq per un'altezza di circa 6 metri dal piano di calpestio. Lo sterro ha permesso, inoltre, di recuperare anche dei reperti importanti per lo studio della struttura e del periodo in cui fu costruita: anfore per il trasporto del vino (in particolare l'amineo, menzionato in un'iscrizione sull'intonaco di un pilastro del criptoportico), attrezzi agricoli e da falegnameria. Il vasellame e le ossa animali permettono di indagare l'alimentazione degli antichi alifani, basata soprattutto sullo sfruttamento intensivo dell'allevamento di maiali, pecore, buoi e animali da cortile. Si consumava anche pesce d'acqua dolce e di mare (tra cui le ostriche di Baia), si cacciavano fagiani e piccioni selvatici. L'etimologia del nome Alife è tuttora incerta. In lingua sabellica si doveva dire Alipha; su una moneta d'argento del IV secolo a.C., il nome è grecizzato in Alioha. Per i Romani è Allifae, ed è così nominata, se pure con qualche variante, da Silio Italico, Plinio il Giovane, Cicerone e Orazio. La forma attuale del nome compare nel Medioevo, in una pergamena dell'XI secolo. L'origine della cittadina è osca o sannita. Coniava una propria moneta, un didramma di argento, e fu a lungo in conflitto con Roma (dal 343 al 290 a.C.), finquando fu distrutta durante le guerre sannitiche, per essere, poi, riedificata come oppidum, con tanto di decumano e cardo massimo. Fu incorporata, in seguito, nella Repubblica Romana in qualità di praefectura sine suffragio e poi divenne municipium con un proprio governo di decurioni, decemviri, questori, censori, edili e pontefici. Durante le guerre puniche, la vittoria dei Romani contro Annibale portò gloria e onore anche ad Alife che, in seguito, divenne colonia militare e accolse una colonia di plebei romani. In questo periodo fu guidata dalle famiglie dei Ponzi, degli Apulei e degli Acili Glabrioni, che raggiunsero il rango senatorio già durante i primi anni dell'impero. Del calendario cittadino si conservano frammenti dei giorni 11-19 agosto e 22-29 agosto. E' ricordato un circo del quale si è persa ogni traccia. Tuttora è possibile vedere le mura romane che circondavano Alife. Il vescovado di Alife è piuttosto antico: il primo vescovo noto si chiamava Clarus ed era in carica nel 499. Il territorio fu anche interessato da un'intensa fioritura monastica dal 719 al 774, con la fondazione di numerosi monasteri. Durante il IX secolo Alife fu più volte coinvolta nelle lotte tra i signori longobardi e subì gravi danni dal terremoto dell'847, venne saccheggiata dai saraceni e, nell'860, riconquistata dall'imperatore Ludovico II. Alife tornò a riprendersi nel X secolo, divenne contea e riacquistò il vescovado. Nell'XI secolo fu conquistata dalla casa normanna dei Quarrel Drengot. Il primo conte di questa stirpe fu Rainulfo, cui successe il figlio Roberto di Alife. Rainulfo II, figlio di quest'ultimo, chiese e ottenne, nel 1131, dall'antipapa Anacleto II le reliquie di San Sisto I, papa e martire, che divenne, in tal modo, il protettore della città e della diocesi. A San Sisto fu dedicata la Cattedrale che, oggi, è dedicata a Santa Maria Assunta. Nel 1135 Alife venne occupata dalle truppe regie ma fu ripresa, nel 1137, da Rainulfo che aveva, nel frattempo, acquisito il ducato di Puglia. Nell'età sveva non cessarono le lotte per il possesso della città: nel 1205 il castello respinse l'ennesimo assedio, ma la città fu data alle fiamme. In questi anni fu governata dal conte Siffrido, di origine germanica, finchè Federico II non prese il controllo diretto della città nel 1221, facendone anche riparare il castello normanno. Qui passò Carlo d'Angiò prima di sconfiggere Manfredi a Benevento nel 1266. Nel 1269 è conte di Alife Filippo, figlio di Baldovino, imperatore di Costantinopoli. Nel Trecento sia la città che la contea passarono nelle mani di diverse famiglie. Per un periodo di tempo Alife appartenne anche all'Ordine degli Ospitalieri di Gerusalemme. Nel 1320 era presente, ad Alife, anche un insediamento ebraico. Nel Seicento Alife fu feudo della famiglia Gaetani. Un ennesimo terremoto, verificatosi nel 1688, abbattè diverse case e danneggiò la cattedrale. Nel 1716 furono ritrovate, in quest'ultima, le reliquie di San Sisto.

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