domenica 22 novembre 2015

Il ritorno del magnifico cratere





E' stato finalmente restaurato, dopo tre anni di assenza dal suo paese, il famoso cratere di Trebeniste, risalente al VI-V secolo a.C.. Questo significa che presto il prezioso reperto potrà tornare ad essere visitato nel museo di Belgrado, dopo essere stato curato in Italia.
Il cratere, in bronzo, risale all'Età del Bronzo recente ed era utilizzato per trasportare il vino. Fu scoperto dall'archeologo Nikola Vulic nel villaggio di Gorenica, non lontano da Trebeniste, in Macedonia, e fa parte del patrimonio del Museo Nazionale di Belgrado. E' un reperto eccezionale ed un esempio raro di bronzo del VI secolo a.C. ben conservato nel corso del tempo.
Il reperto fu ritrovato nella sepoltura di un principe guerriero della gente illirico-balcanica ed è senz'altro segno del valore e del prestigio raggiunto da quest'uomo tra la sua gente. Il cratere è alto 81,5 centimetri ed ha un diametro di 44,5. E' sicuramente frutto di una bottega greca dell'isola di Egina, 500 chilometri distante dal luogo in cui fu deposto. Egina è una piccola isola del golfo Saronico, nota per il santuario di Athena Afaia, costruito nel V secolo a.C. i cui frontoni erano decorati da statue ma nota, altresì per essere stata, nel VI secolo a.C., la maggiore potenza marinara della Grecia, rivale della stessa Atene.
La bellezza di questo splendido reperto è rappresentata innanzitutto dall'alto collo con due anse a volute, poi dal tripode con una decorazione ricca e raffinata, ottenuta per fusione e incisione. Al centro delle volute ioniche che decorano le anse del cratere, vi è un busto di Gorgone alata con lingua estroflessa. A fianco della Gorgone due lunghe serpi. Il collo è decorato con quattro cavalli e cavalieri lanciati, ventre a terra, al galoppo, realizzati a parte, in rilievo, per poi essere applicati. L'effige della Gorgone è ripetuta sulle zampe del treppiede, che hanno sagome e artigli da fiera.
Che il cratere sia stato prodotto ad Egina è frutto della scoperta dei restauratori italiani, quando hanno ripulito l'oggetto dalle terre di fusione ed hanno rilevano una compatibilità tra la presenza di due minerali con la terra presente sull'isola greca, dove le fonti attestano l'opera di officine per la lavorazione del bronzo nel VI e V secolo.

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