martedì 11 ottobre 2011

Il palazzo del Gran Re

Vista dell'Apadana di Dario a Susa
Il palazzo che il re persiano Dario si fece costruire a Susa si alzava su una terrazza artificiale di circa 13 ettari, che sovrastava la pianura. Vi si accedeva attraverso una larga carreggiata in mattoni crudi che lo metteva in collegamento con la vicina collina da cui era separato da un profondo fossato.
Là dove terminava la carreggiata, sulla terrazza, si apriva una porta monumentale che dava accesso ad una  sala centrale a quattro colonne, fiancheggiata da due piccoli locali. Sulla base delle colonne, un'iscrizione di
Serse, che portò a termine l'impresa paterna, lasciò qui un'iscrizione per ricordare che Dario aveva tutto il merito della costruzione. I rilievi posti all'ingresso, forse due tori alati, sono scomparsi. Una delle due statue colossali, poste ai lati del passaggio, è stata ritrovata acefala.
Una spianata di 246 metri di lunghezza per 155 di larghezza, conduceva alla residenza reale. La spianata era in mattoni crudi e organizzata attorno a tre cortili. Inoltre era ornata di rilievi in mattoni smaltati. Si accedeva alla dimora del re attraverso la corte orientale, che era la più grande. La facciata nord di questa era aperta da tre passaggi, ornata da un fregio di leoni. La terza corte ospitava l'appartamento reale. Sul lato sud una  facciata a gradini permetteva di entrare in due ambienti che si aprivano, a loro volta, su una sala più piccola circondata da annessi. Da una parte all'altra del passaggio che conduceva a questo locale - ritenuto la camera da letto del sovrano - erano interrate due tavolette di fondazione in pietra, con iscrizione in elamita e in accadico. In questi testi Dario spiegava la motivazione che lo aveva spinto a costruire questo palazzo, costruzione dovuta ad Ahura Mazda, e come l'avesse ornato di materiali preziosi: oro, argento lapislazzuli, turchesi, cornaline, legno di cedro e di ebano, avorio, affluiti da tutte le parti dell'impero.
La sala delle udienze, conosciuta come apadana, era addossata alla facciata settentrionale della residenza reale. Fu il modello di quella di Persepoli, costruita più tardi sulla stessa pianta. Era composta di una sala quadrata ipostila, protetta da quattro torri collocate ai suoi angoli. Tra queste torri si estendevano portici sui tre lati liberi. L'insieme formava un quadrato di 109 metri di lato. Il tetto della sala centrale era sostenuto da 36 colonne su base quadrata, alte 21 metri. Il capitello di queste colonne è stato ricostruito al Louvre.
La residenza reale era decorata da rilievi di mattoni ricoperti, alcuni, di smalti colorati purtroppo non ritrovati. Il fregio ricordava molto quello del palazzo di Babilonia, pur con alcune differenze: i mattoni smaltati qui erano composti da una base di silicio che ha consentito allo smalto di resistere nel tempo senza incrinarsi; gli animali, reali o immaginari che fossero, non hanno la connotazione religiosa propria dei loro omologhi babilonesi.
Il motivo più noto della decorazione del palazzo, ripreso anch'esso più tardi a Persepoli, è quello delle file di arcieri vestiti in abiti di corte decorati magnificamente da rosette e identificati come gli Immortali descritti da Erodoto. Si ignora, però, se effettivamente quelli rappresentati siano i soldati scelti che accompagnavano il re o soltanto guardie di stanza al palazzo.
La statua colossale di Dario fu scoperta dalla Delegazione archeologica francese in Iran nel 1972. La statua fiancheggiava uno dei lati della porta del palazzo achemenide sulla collina dell'acropoli. Benchè acefaale era imponente: la base doveva misurare 2,40 metri e doveva superare i 3,50 metri di altezza. Una seconda statua, di cui non rimangono che frammenti, custodiva l'altro lato. Il re è raffigurato frontalmente, in piedi, con la gamba sinistra in avanti. Indossa l'abito tipico dei Persiani, con lunghe maniche e sorregge, nella mano destra, uno scettro corto, simbolo del potere. Dalla cintura gli fuoriesce un pugnale con una larga custodia asimmetrica decorata da un triplo fregio con leoni alati. Sulle estremità della cintura e sulle pieghe della veste sono incisi dei geroglifici egizi. Le pieghe a destra sono coperte da un'iscrizione cuneiforme in persiano antico, in elamita e in accadico. La statua è sostenuta da un pilastro colossale. Un'iscrizione sulla faccia superiore della predella, in caratteri geroglifici, informa il lettore che la statua era destinata, in origine, al tempio di Atum a Eliopoli. Sui lati lunghi i 24 popoli dell'impero persiano, identificati dal loro costume originale, sono rappresentati inginocchiati al di sopra dei loro nomi. La pietra usata è la grauwacke, una sorta di arenaria metamorfosata che sembra provenire dall'Egitto.

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