venerdì 25 novembre 2011

La mummia del gatto del Museo di Parma

La mummia di gatto del Museo di Parma
Giovedì 15 dicembre 2011, presso il Museo Archeologico Nazionale di Parma, sarà esposta, per la prima volta la mummia di un gatto e, al contempo, il veterinario radiologo dell'Università di Parma, Giacomo Gnudi e l'archeologa del Museo, responsabile della sezione egizia, Roberta Conversi, presenteranno al pubblico i dati emersi dallo studio della mummia.
Il reperto è di ottima fattura, non un feticcio qualsiasi. Le radiografie, conservate sempre nel Museo di Parma, hanno rivelato che, all'interno della fasciatura c'è un giovane esemplare di gatto, dell'età di 4 o 5 mesi, risalente a 2000 anni fa. E' un reperto legato ai culti della dea gatta Bastet, apportatrice di fertilità, salute e gioie terrene.
Questa mummia fu acquistata da un antiquario del XIX secolo. Il gatto era considerato protettore della casa per la sua capacità di cacciare i topi. A partire dalla XXII Dinastia (945-715 a.C.), il gatto è considerato incarnazione degli dei. L'esemplare femmina rappresenta la dea Bastet sulla terra. I templi a questa divinità felina sono sparsi un pò ovunque in tutto l'Egitto. Il primo a sorgere si trova nella città di Bubastis, lungo il Nilo.
Nei primi tempi il gatto era mummificato e sepolto all'interno del tempio, in fosse comuni. Dal III secolo a.C., i gatti cominciano ad essere allevati vicino ai templi per poterli mummificare e vendere ai fedeli che li lasciavano come offerte ai templi. Sono state recuperate migliaia di mummie di gatti morti prematuramente o innaturale, in quanto sacrificati. E' questo il caso della mummia di gatto conservata nel Museo di Parma, le cui bende sono disposte in modo da formare motivi geometrici. Gli occhi sono dipinti con inchiostro nero su piccoli pezzi di benda di lino.
Le radiografie eseguite da Giacomo Gnudi mostrano che il gatto è stato fasciato in modo da occupare il minor spazio possibile: le costole sono compresse, gli arti anteriori sono molto vicini al torace. Una frattura sul cranio conferma la morte innaturale.

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