martedì 5 giugno 2012

Bizantini di Sicilia a S. Pietro in Deca

S. Pietro in Deca, edificio ottagonale
Gli scavi archeologici hanno confermato che un'azienda agricola nonché monastero, in Sicilia vanta una vita millenaria. Il complesso è un insediamento economico-religioso sviluppatosi tra il V ed il XVI secolo.
L'isola, anticamente, è stata colonizzata dai Greci, poi dai Romani e, infine, nel medioevo, era il centro dei possedimenti normanni in Italia. I precedenti quattro secoli di dominio bizantino sono molto poco conosciuti e stanno cominciando a riaffiorare grazie al lavoro dell'Istituto di Studi Greci Bizantini dell'Università di Vienna.
Per un decennio i ricercatori dell'Istituto si sono concentrati sui terreni agricoli nei pressi della cittadina di Torrenova, a circa 120 chilometri da Messina, che mostravano delle preesistenze monastiche delle quali sopravvive un edificio ottagonale dotato di cupola conosciuto come Conventtazzo, che ha subito due importanti modifiche. Il complesso mostra una continuità d'uso dalla tarda antichità fino all'epoca moderna. Si tratta, forse, di un antico Monastero Basiliano. Il ritrovamento, casuale, di una moneta d'oro della zecca di Siracusa nella muratura di una monofora esterna, dimostrò che questa struttura fu sicuramente utilizzata nel IX secolo sotto il regno di Michele II, imperatore di Bisanzio.
La moneta trovata
nella muratura
Le indagini sono iniziate nel 2001 con l'ausilio della più avanzata tecnologia che ha consentito un'analisi non invasiva del territorio, con l'identificazione di strutture edilizie celate nel terreno. Sono state riportate alla luce le mura di una chiesa della lunghezza di 20 metri e della larghezza di otto, all'interno della quale è stata trovata una base in muratura che si pensa fosse una scala. La chiesa, di cui sono stati ritrovati i resti è stata datata al periodo normanno (dal 1061 in avanti). Gli scavi successivi, con grande sorpresa degli archeologi, hanno rivelato anche l'abside di un edificio più antico, forse con funzione rituale. I reperti riportati alla luce risalgono al IV-VII secolo a.C. e sono costituiti da ceramica nordafricana, ossa di animali, tratti di mura testimonianze dell'esistenza, prima del monastero, di un ignoto complesso edilizio e sepolture.
Numerose monete, ritrovate durante lo scavo, hanno dimostrato l'estrema vivacità del complesso monastico che le fonti scritte attestano fino al 1585 e che è chiamato San Pietro in Deca. Nel XVI secolo la lingua e la cultura greca nel territorio erano quasi del tutto scomparse, San Pietro in Deca, invece, commissionò, proprio nel 1549, al monaco Teofilatto Contostablina, un messale in greco tuttora conservato. Si tratta di un codice vaticano greco, in cui il copista, al foglio numero 200, ha registrato la data di compimento dell'opera: venerdì 22 febbraio 1549.
I primi segni di decadenza del monastero si ebbero in conseguenza dello spostamento forzato della fiera che si svolgeva nell'antistante piana, a causa delle frequenti incursioni dei pirati nordafricani.

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