sabato 6 luglio 2013

Le sorprese del Palatino

Uno dei reperti ritrovati nei recenti scavi sul Palatino
(Foto: La Repubblica)
(Fonte: La Repubblica) Nell'ultima campagna, terminata lo scorso febbraio, avevano riportato alla luce i resti del primo santuario di Giove Statore, il dio adorato fin dai tempi di Romolo per aver bloccato la ritirata dei Romani, impedendo ai Sabini, dopo il famoso ratto, di entrare nel Palatium, la residenza del re.
Per studiare le origini e lo sviluppo di quell'area sacra e svelare le pagine più antiche della storia del Palatino, da qualche settimana gli archeologi de La Sapienza sono tornati a scavare sul monte dove, secondo la tradizione, Roma ebbe origine, guidati da Paolo Carafa che con Andrea Carandini curerà la pubblicazione scientifica dei risultati.
Lo scavo sul Palatino (Foto: La Repubblica)
I nuovi scavi, finanziati dall'Università La Sapienza, che termineranno a fine luglio, indagano tre settori distinti della pendice settentrionale del Palatino: quello del santuario forse dedicato a Iuppiter Stator ("colui che ferma", in latino) sulla Via Sacra, una fascia mai esplorata a ridosso della Via Nova, che delimitava l'Atrium Vestae e l'area posteriore della Casa delle Vestali. Già migliaia i reperti trovati e schedati, da frammenti di vasi dell'VIII secolo a.C. a bellissime lastre in terracotta con immagini di templi e paesaggi in rilievo, risalenti al I secolo a.C., quando venivano usate per decorare case e edifici pubblici. Reperti che, nella maggior parte dei casi, sembrano dare corpo ad alcune delle tesi già pubblicate dagli archeologi.
Nell'area del tempio di Giove Statore, ad esempio, sono stati ritrovati oggetti di culto risalenti ad un'epoca tra il VI e il III secolo a.C., come riproduzioni di altari e vasi miniaturistici, che ne confermerebbero la funzione. "In quel periodo, e fino al III secolo a.C., l'area si presentava come un santuario all'aperto circondato da mura di cinta con un altare nel mezzo. - Spiega Nikolaos Arvanitis, coordinatore dello scavo. - Ora, però, vogliamo ricostruire la storia precedente del luogo e studiarne l'evoluzione nel tempo".
Un altro dei reperti rinvenuti nell'area di scavo
(Foto: La Repubblica)
Già, perché se pare confermato che tra il III e il II secolo a.C. il santuario a cielo aperto fu sostituito da un maestoso edificio pubblico, potrebbe invece essere rivista la tesi secondo cui, proprio lì, nel I secolo a.C. sorse una prestigiosa domus, forse proprio l'ultima dimora di Cesare, come era stato ipotizzato dagli archeologi nel febbraio scorso. "Stiamo rivalutando l'ipotesi che si trattasse di una domus - spiega Carafa - l'estensione dell'atrium e di quello che credevamo essere il tablinium (e cioè la "sala di rappresentanza") potrebbe indicare, invece, l'esistenza di un grande edificio pubblico anche nel I secolo a.C.".
Nel settore a ridosso della via Nova che delimitava l'Atrium Vestae - riconvertito dopo l'incendio del 64 d.C. da zona residenziale a quartiere di servizi con due grandi magazzini alimentari - potrebbe invece riemergere dal terreno più profondo un nuovo tratto delle mura che intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. avrebbero circondato l'intero monte. Si prosegue, quindi, nel solco delle scoperte che segnarono i più famosi scavi di Carandini sul Palatino, cercando nuovi tasselli per la ricostruzione del perimetro di mura di cinta che avrebbe difeso il monte all'epoca.
Non solo. Anche gli scavi della Casa delle Vestali, che hanno già toccato il terreno vergine (e cioè lo strato più profondo), parrebbero mettere in luce come i confini del santuario siano rimasti immutati nei secoli (nonostante le molteplici riedificazioni della struttura) rispetto a quelli originari risalenti all'VIII secolo a.C. che hanno lasciato visibili tracce nell'argilla.

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