giovedì 1 agosto 2013

Sardus Pater, il padre dei Sardi

Il tempio di Antas dedicato a Sardus Pater
Sardus Pater, mitico fondatore della Sardegna nonché figlio dell'Eracle libico fa la sua prima comparsa in pubblico nel tempio di Antas a Fluminimaggiore, a lui dedicato. L'edificio sacro si trova in un luogo sacro, un tempo, l'antica strada che univa le antiche città di Sulcis (oggi S. Antioco) e Neapolis. La sua figura è chiaramente riconoscibile grazie al copricapo piumato. La divinità è raffigurata in compagnia di Iolao, nipote di Eracle. Tradizione fenicia e greca si fondono insieme.
Le decorazioni che abbellivano il tempio di Antas sono riemerse non dalla terra, ma dalle casse in cui erano rimaste custodite per più di 50 anni, quando Sabatino Moscati rivelò al mondo una parte importante della storia della Sardegna e di uno dei suoi più importanti monumenti, risalente ad un periodo compreso tra il II e il I secolo a.C., quando Roma esce vittoriosa dal lungo conflitto con la rivale Cartagine.
Il materiale custodito per così tanto tempo è stato preso in esame dalla Dottoressa Giuseppina Manca di Mores, archeologa e vice presidente dell'Associazione Nazionale Archeologi che, per conto della Soprintendenza di Cagliari, sta studiando le terrecotte architettoniche che proteggevano e decoravano il tetto del tempio, custodite nei magazzini della Soprintendenza.
Sardus Pater, bronzetto di
IX secolo a.C. da Antas
E' dal 2008 che la Dottoressa Manca Di Mores sta ricomponendo i frammenti delle terrecotte. Questo le ha consentito di anticipare la datazione dei reperti all'età repubblicana. Questi fanno indovinare figure femminili e maschili alate, donne che portano vasi d'acqua, grifi, arpie e gocciolatoi a testa leonina. Il frontone del tempio reca un'immagine di Ercole con la famosa leontè, la pelle di leone che lo caratterizza in quasi tutte le sue rappresentazioni. Con lui un secondo personaggio maschile, nudo, con la doppia corona piumata in testa, in cui la Dottoressa Manca di Mores ha riconosciuto la figura di Iolao in sincretismo con Sid/Sardus Pater.
Le fonti riportano due tradizioni sulla fondazione della Sardegna. La prima, di origine fenicia e riportata da Sallustio e Pausania, racconta che Sardus, figlio di Makeride (il Melqart fenicio identificato, in seguito, con l'Eracle greco) fondò la Sardegna che da lui prese il nome. La seconda tradizione, di origine greca e riportata da Diodoro Siculo e Pausania, vuole Iolao essere l'eroe fondatore dell'isola. Costui sarebbe arrivato in Sardegna a capo dei Tespiadi, nati dall'unione di Eracle con le 50 figlie del re di Tespie, in Beozia. Al Sardus fondatore è legato il dio Sardus Pater, dio eponimo dei sardi e venerato ad Antas, dove aveva il santuario più importante dell'isola, detto Sardopatòros ieròn in greco antico, come testimonia anche un'iscrizione di III secolo d.C., attribuita all'imperatore Caracalla che ricostruì interamente l'edificio. Ad Antas era venerata anche un'altra antichissima divinità, il punico Sid, figlio di Melqart e di Tanit che, a sua volta, aveva preso il posto di una divinità paleosarda molto antica di nome Babi.
Particolare del tempio di Sardus Pater ad Antas
Pausania, nella sua "Descrizione della Grecia" del II secolo d.C. fa cenno anche all'esistenza, tra i doni dedicati ad Apollo nel celebre tempio di Delfi, una statuetta di bronzo di Sardus Pater. Questa statua, secondo Pausania, era stata inviata dai "Barbari che sono all'Occidente ed abitano la Sardegna", vale a dire i Sardi.
Sardus Pater, secondo l'iconografia ufficiale, è raffigurato con una corona di piume sulla testa. Così appare anche su alcune monete romane. La figura che campeggiava sul frontone del tempio, pertanto, era il risultato del sincretismo tra Sardus Pater-Sid con Makeride-Eracle ed è la prima raffigurazione direttamente legata al tempio dei racconti mitici di fondazione e colonizzazione precedenti l'epoca imperiale romana. Diverse sono le attestazioni sarde di nomi composti con Sid: Meleksid, Bodsid (Olbia), YatonSid (il monte Sirai). Il termine Sid sembra possa collegarsi ad una radice semitica che riporta al verbo "cacciare" ed infatti attributi del dio erano giavellotti e punte di freccia metalliche scoperte anch'esse ad Antas.
Moneta di Sardus Pater fatta coniare da M. Azio Balbo
pretore della Sardegna nel 59 a.C.
Gli studiosi ritengono, pertanto, che la figura di Sardus Pater sia una sintesi di vari elementi religiosi nei quali si fondono anche quelli relativi ad una divinità paleosarda guerriera e cacciatrice. La raffigurazione più antica di questa divinità paleosarda è un bronzetto ritrovato proprio nel tempio di Antas e datato al IX secolo a.C., in cui il dio compare senza vesti e con una lancia nella mano sinistra. In questo bronzetto Sardus Pater non indossa il consueto copricapo piumato.
Le terrecotte appartengono ad un'unica fase costruttiva del tempio, quella di età romano-repubblicana. La ricerca del tempio di Sardus Pater è stata appassionante. Fino al XVI secolo ed oltre non si conosceva l'ubicazione esatta del tempio, menzionato dall'Anonimo di Ravenna nel VII secolo d.C. e in un documento del XII secolo con relative cartine geografiche. Mancava, comunque, l'indicazione delle distanze tra le località citate sulle cartine.
Fu Giovanni Francesco Fara, vescovo di Sassari a cercare di localizzare quest'importante edificio che, nel 1580, collocava sul caput Neapolis, oggi Capo Pecora. Giuseppe Manno, che scrisse la "Storia di Sardegna", nel 1815, lo collocava tra il Capo Pecora e il Capo Frasca. Nel 1839 Alberto Lamarmora incarica Gaetano Cima di recarsi nella valle di Antas per sovrintendere alle operazioni di ricerca dei frammenti mancanti all'epigrafe del frontone che furono attribuiti ad Antonino Pio (138-161 d.C.) oppure a Marco Aurelio (161-180 d.C.).
Panoramica sul tempio di Sardus Pater
Nel 1954 una studentessa dell'Università di Cagliari che stava ultimando la sua tesi di laurea sui culti e templi punici e romani in Sardegna, giunse ad Antas e tra i blocchi e le architetture dirute del tempio scoprì un frammento dell'epistilo sfuggito alle ricerche precedenti che, completato con un ulteriore blocco iscritto rinvenuto nel 1967, consentì alla Dottoressa Giovanna Sotgiu di ricostruire per intero l'iscrizione del frontone.
Nel 1966 si recuperò una tabella di bronzo, dai materiali del tempio sparsi sul terreno. Questa tabella recava una dedica a Sardus Pater, un primo indizio del culto di Sardus praticato ad Antas. Nel 1967 venne alla luce un altro frammento dell'iscrizione che si ricomponeva dando l'integrale titolatura del tempio: "Temp[l(um) D]ei fSa]rdi Patris Babfi] (Tempio del Dio Sardus Pater Babi)". Tra il 1967 e il 1968 venne alla luce, sotto la scalinata romana del tempio, un luogo di culto cartaginese dedicato a Sid al quale facevano riferimento circa venti epigrafi puniche.

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