L'uomo in ceppi di Baratti (Foto: Giorgio Baratti) |
Dalle sabbie del Golfo di Baratti, nella necropoli etrusca di Populonia, è emersa la straordinaria tomba di un uomo incatenato, forse uno schiavo o un prigioniero sepolto con pesanti anelli alle caviglie e al collo.
A Baratti sta lavorando l'équipe dell'Univesità degli Studi di Milano, guidata da Giorgio Baratti. Gli scavi sono condotti in regime di concessione ministeriale nell'area centrale della spiaggia del Golfo di Baratti. La sepoltura è molto semplice, a fossa, scavata all'interno di un'antica duna sabbiosa. E' stata rinvenuta intatta e in ottimo stato di conservazione. Lo scheletro rinvenuto appartiene ad un giovane uomo, deposto supino, con le caviglie avvolte da due pesanti anelloni di ferro, uno per gamba, e con l'impronta di un oggetto sotto la nuca, forse di legno, che doveva essere collegato a un collare di ferro che si trovava in prossimità del cranio.
Probabilmente l'individuo era uno schiavo e venne sepolto con le catene attorno al suo corpo e, probabilmente, anche con del materiale deperibile (corda o cuoio) che ne completavano il "corredo". La scoperta è tanto più straordinaria in quanto la datazione è stata riferita ad un'epoca precedente alla seconda metà del IV secolo a.C., nel pieno contesto della Populonia etrusca.
La tomba dell'uomo in ceppi fu realizzata all'interno di un'area di necropoli caratterizzata da una fitta rete di sepolture, tanto da essere stata intercettata successivamente da un'altra sepoltura scavata lo scorso anno, disposta con andamento diametralmente opposto e direttamente al di sopra, che presentava un ricco corredo databile alla metà del IV secolo a.C.
Durante l'Età del Bronzo in questa baia, in un ambiente completamente diverso dall'attuale, si estraeva il sale che una rarissima struttura, qui identificata, trasformava in pani. Questo insediamento produttivo venne abbandonato alle soglie del I millennio a.C. e sepolto dagli agenti atmosferici. Poi sul promontorio nacque la nuova città etrusca.
Nel III secolo a.C., esigenze logistiche e strutturali di Populonia, oramai controllata da Roma, videro questo settore del golfo interessato dalla costruzione di una possente opera viaria di cui fino ad oggi si ignorava l'esistenza e che gli scavi hanno identificato per un lungo tratto. Lo scasso della strada venne riempito, caso eccezionale, con strati di scorie, resti di forni e altri elementi del ciclo della lavorazione dei metalli, disposti a strati con precisa maestria.
A Baratti sta lavorando l'équipe dell'Univesità degli Studi di Milano, guidata da Giorgio Baratti. Gli scavi sono condotti in regime di concessione ministeriale nell'area centrale della spiaggia del Golfo di Baratti. La sepoltura è molto semplice, a fossa, scavata all'interno di un'antica duna sabbiosa. E' stata rinvenuta intatta e in ottimo stato di conservazione. Lo scheletro rinvenuto appartiene ad un giovane uomo, deposto supino, con le caviglie avvolte da due pesanti anelloni di ferro, uno per gamba, e con l'impronta di un oggetto sotto la nuca, forse di legno, che doveva essere collegato a un collare di ferro che si trovava in prossimità del cranio.
Probabilmente l'individuo era uno schiavo e venne sepolto con le catene attorno al suo corpo e, probabilmente, anche con del materiale deperibile (corda o cuoio) che ne completavano il "corredo". La scoperta è tanto più straordinaria in quanto la datazione è stata riferita ad un'epoca precedente alla seconda metà del IV secolo a.C., nel pieno contesto della Populonia etrusca.
La tomba dell'uomo in ceppi fu realizzata all'interno di un'area di necropoli caratterizzata da una fitta rete di sepolture, tanto da essere stata intercettata successivamente da un'altra sepoltura scavata lo scorso anno, disposta con andamento diametralmente opposto e direttamente al di sopra, che presentava un ricco corredo databile alla metà del IV secolo a.C.
Durante l'Età del Bronzo in questa baia, in un ambiente completamente diverso dall'attuale, si estraeva il sale che una rarissima struttura, qui identificata, trasformava in pani. Questo insediamento produttivo venne abbandonato alle soglie del I millennio a.C. e sepolto dagli agenti atmosferici. Poi sul promontorio nacque la nuova città etrusca.
Nel III secolo a.C., esigenze logistiche e strutturali di Populonia, oramai controllata da Roma, videro questo settore del golfo interessato dalla costruzione di una possente opera viaria di cui fino ad oggi si ignorava l'esistenza e che gli scavi hanno identificato per un lungo tratto. Lo scasso della strada venne riempito, caso eccezionale, con strati di scorie, resti di forni e altri elementi del ciclo della lavorazione dei metalli, disposti a strati con precisa maestria.
Fonte:
Articolo adattato da un testo di Giorgio Baratti per archeostorie.it
Articolo adattato da un testo di Giorgio Baratti per archeostorie.it
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