(Foto: ansa.it/sardegna/notizie) |
Una città romana sommersa con il suo reticolo di cardi e decumani che si estende per una ventina di ettari sotto il mare del Golfo di Hammamet in Tunisia. Si chiama Neapolis e l'hanno scoperta gli archeologi sardi, tunisini e algerini che hanno partecipato, dal 2 al 15 luglio, ad una missione archeologica, la nona di una serie cominciata nel 2010, finanziata dal Consorzio Uno per gli Studi universitari di Oristano.
Più che una città, come hanno spiegato ad Oristano gli archeologi Raimondo Zucca e Pier Giorgio Spanu del Dipartimento di Storia, Scienze dell'Uomo e della Formazione dell'Università di Sassari e il Professor Mounir Fantar, dell'Institut National du patrimoine di Tunisi, quella individuata già nelle precedenti missioni e ora ampiamente documentata è una sorta di zona industriale della già ben nota Colonia Iulia Neapolis, ed è caratterizzata dalla presenza di un gran numero di vasche dove si procedeva alla salagione di grandi quantità di pesce (in particolare sardine ma anche piccoli tonni) che poi venivano sistemate all'interno di anfore di terracotta, caricate sulle navi ed esportate in vari paesi del Mediterraneo.
L'avventura era cominciata nel 2009 sulla base di una proposta del Professor Zucca, che dopo aver studiato la Neapolis sarda, di fronte al Golfo di Oristano, mirava a studiare anche la gemella ed omonima città africana. I rilievi anche subacquei ed aerei eseguiti nel corso della missione appena conclusa hanno permesso di completare la planimetria della città sommersa, che rappresenta circa un terzo dell'intera Colonia Iulia Neapolis.
Grazie alla scoperta di un grosso frammento di lastra calcarea utilizzata per un'iscrizione plateale, la missione ha anche permesso di individuare tra le rovine della città di terraferma quella che potrebbe essere la ventisettesima piazza forense romana (la quarta in territorio africano) con il suo tempio dedicato a Giove Capitolino, la sua Curia e la sua Basilica giudiziaria. Secondo gli archeologi che hanno partecipato alla missione, quel pezzo della città di Neapolis sarebbe stato sommerso dall'acqua a causa di un rovinoso terremoto che sarebbe avvenuto più o meno a metà del IV secolo d.C.. La decima missione, già programmata per la seconda metà di agosto, approfondirà proprio questi aspetti anche con la partecipazione di archeosismologi e geomorfologi subacquei.
Più che una città, come hanno spiegato ad Oristano gli archeologi Raimondo Zucca e Pier Giorgio Spanu del Dipartimento di Storia, Scienze dell'Uomo e della Formazione dell'Università di Sassari e il Professor Mounir Fantar, dell'Institut National du patrimoine di Tunisi, quella individuata già nelle precedenti missioni e ora ampiamente documentata è una sorta di zona industriale della già ben nota Colonia Iulia Neapolis, ed è caratterizzata dalla presenza di un gran numero di vasche dove si procedeva alla salagione di grandi quantità di pesce (in particolare sardine ma anche piccoli tonni) che poi venivano sistemate all'interno di anfore di terracotta, caricate sulle navi ed esportate in vari paesi del Mediterraneo.
L'avventura era cominciata nel 2009 sulla base di una proposta del Professor Zucca, che dopo aver studiato la Neapolis sarda, di fronte al Golfo di Oristano, mirava a studiare anche la gemella ed omonima città africana. I rilievi anche subacquei ed aerei eseguiti nel corso della missione appena conclusa hanno permesso di completare la planimetria della città sommersa, che rappresenta circa un terzo dell'intera Colonia Iulia Neapolis.
Grazie alla scoperta di un grosso frammento di lastra calcarea utilizzata per un'iscrizione plateale, la missione ha anche permesso di individuare tra le rovine della città di terraferma quella che potrebbe essere la ventisettesima piazza forense romana (la quarta in territorio africano) con il suo tempio dedicato a Giove Capitolino, la sua Curia e la sua Basilica giudiziaria. Secondo gli archeologi che hanno partecipato alla missione, quel pezzo della città di Neapolis sarebbe stato sommerso dall'acqua a causa di un rovinoso terremoto che sarebbe avvenuto più o meno a metà del IV secolo d.C.. La decima missione, già programmata per la seconda metà di agosto, approfondirà proprio questi aspetti anche con la partecipazione di archeosismologi e geomorfologi subacquei.
Fonte:
ansa.it/sardegna/notizie
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