sabato 11 novembre 2017

Puglia, trovato l'altare dell'Atena Iliaca

Il luogo del ritrovamento dell'altare del tempio di Minerva
(Foto: quotidianodipuglia.it)
Castro, in Puglia, si conferma uno scrigno di tesori. Un team di archeologi guidato da Francesco D'Andria ha, infatti, riportato alla luce l'altare del tempio di Minerva. E non si tratta di una scoperta come un'altra, ma dell'unico esemplare di altare monumentale in tutto e per tutto simile a quello dei templi greci rinvenuti in Puglia.
Basti pensare che per trovarne uno simile bisogna spostarsi a Metaponto, città lucana oggetto di campagne di scavo sistematiche, che hanno restituito i celebri templi greci e, davanti ad essi, i relativi altari. L'altare appena trovato si distingue dagli altari tipici messapici, che erano buche scavate nella terra dove si bruciavano e si offrivano le libagioni, perché è un altare costruito, del tipo di quelli che, in età romana, si sarebbero evoluti diventando molto più grandi: si pensi, per esempio, all'Ara Pacis e all'altare di Pergamo.
A Castro si è ripreso a scavare da qualche settimana, su concessione del Ministero, sotto l'egida della Soprintendenza e la direzione scientifica di D'Andria, ma il tempo è stato sufficiente per identificare l'altare - una struttura in blocchi squadrati ben lavorati lunga almeno 6 metri e larga due e mezzo, dove venivano fatti i sacrifici alla dea - e una serie impressionante di reperti legati al rituale: ossa degli animali immolati, oggetti offerti come ex voto, coppette per le libagioni. Insomma, una ricchezza di informazioni che testimoniano della vita quotidiana del santuario.
Sui bastioni del comune adriatico si susseguono campagne di scavo dal 2000 e grazie ad esse, oltre alle fortificazioni messapiche databili al IV secolo a.C., è stato individuato proprio il santuario di Minerva, al quale è dovuto il nome antico della città, Castrum Minervae. Si tratta - è ormai assodato - dello stesso tempio dedicato all'Atena Iliaca, l'Atena troiana, di cui fa menzione Virgilio nel III libro dell'Eneide quando parla dell'arrivo sulle coste dell'Italia di Enea e delle sue navi.
L'altare risale alla seconda metà del IV secolo a.C. ed è contemporaneo della statua di culto della dea, rinvenuta nel 2015, preceduta qualche anno prima da una piccola statuetta in bronzo. Entrambe raffigurano l'Atena di Troia, quella che indossa l'elmo frigio, a ulteriore riprova dei collegamenti con l'eroe in fuga sbarcato, secondo il mito, proprio a Castro. Questa collezione di reperti, conservata nel Museo inaugurato nel 2016 e ospitato all'interno del castello, ora si arricchisce di altri importanti elementi rinvenuti in questi giorni, fra cui spicca una bella maschera in bronzo, di stile tarentino, sempre del IV secolo a.C., che rappresenta forse una figura femminile, agghindata con una specie di nodo sulla testa. Probabilmente era un'offerta votiva fatta alla divinità e tali dovevano essere pure due teste di terracotta, una più piccola e l'altra più grande, appartenenti probabilmente a due divinità femminili, che sono state recuperate recentemente.
Dell'altare sono stati scavati solo un paio dei sei metri di lunghezza perché il resto si trova sotto il manto stradale e nel lotto di terreno adiacente, dove - D'Andria ne è sicuro - c'è il tempio vero e proprio, che, appunto, nel culto greco, si ergeva alle spalle del recinto dove venivano fatti i sacrifici. Ora, quindi, si apre un'altra importante partita, quella dell'esproprio o dell'acquisto di quegli ulteriori 300 mq, di proprietà privata, in modo da poter realizzare un'altra campagna di scavi per portare alla luce le fondazioni, il perimetro e ulteriori elementi del santuario.
Altro aspetto significativo da sottolineare è che l'attuale campagna di scavi è stata finanziata dal Comune di Castro, guidato dal sindaco Luigi Fersini, ma soprattutto da un privato, Francesco Lazzari, figlio del geologo Antonio al quale è intitolato il Museo Archeologico del castello, diventato in breve tempo meta di migliaia di turisti.

Fonte:
quotidianodipuglia.it

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