martedì 20 marzo 2018

Iraq, novità dagli scavi italiani di Abu Tbeirah

Iraq, area di scavo di Abu Tbeirah (Foto: Corriere della Sera)
Gli archeologi del team di Abu Tbeirah hanno individuato e stanno scavando un porto risalente al III millennio a.C.. Lo scavo consentirà, secondo gli esperti, di scrivere un nuovo capitolo della storia della Mesopotamia e della sua civiltà, nata dalle acque del Tigri e dell'Eufrate, superando l'immaginario comune che identifica le antiche città mesopotamiche attorniate da distese di campi di cereali, irrigati da canali artificiali.
La missione archeologica italo-irachena ad Abu Tbeirah, diretta da Licia Romano e Franco D'Agostino, presenterà l'importante risultato della campagna condotta nell'Iraq meridionale, il 21 marzo presso il Rettorato, con un'iniziativa promossa dalla Fondazione Sapienza.
Le città sumeriche erano tutte organizzate attorno al polo templare/palatino e collegate tra loro tramite canali, dotate per questo di un porto che consentisse la gestione dei contatti e dei commerci. Pur nota dalle fonti cuneiformi, questo tipo di struttura è stata solo a volte individuata dalle tecnologie satellitari, ma a tutt'oggi mai scavata. Gli archeologi e specialisti della Sapienza hanno indagato il sito di Abu Tbeirah, posto vicino all'antica linea di costa del golfo arabico, una posizione peculiare all'interno di un ambiente paludoso e a ridosso del mare, che ha influenzato fortemente la vita dell'insediamento, come dimostra la grande struttura portuale appena individuata.
Iraq, sigillo da Abu Tberiah (Foto: Twitter)
"Il porto situato nella parte nord oveste del Tell di Abu Tbeirah, è un bacino artificiale, una zona più depressa, circondata da un massiccio terrapieno con un nucleo di mattoni d'argilla - raccontano Licia Romano e Franco D'Agostino - con due accessi che lo mettevano in comunicazione con la città e che sono chiaramente visibili anche dalle immagini satellitari di Google. Si tratta del porto più antico sinora scavato in Iraq, visto che le uniche testimonianze di strutture portuali indagate archeologicamente provengono da Ur, ma sono di duemila anni più tarde".
La connessione del sito con le paludi sumeriche era già stata rilevata grazie alla cultura materiale portata alla luce durante gli scavi precedenti, condotti dalla Missione, ed ora è confermata nel porto di Abu Tbeirah, una versione in scala maggiore di alcune peculiari strutture connesse alle dighe dei villaggi delle Marshland attuali. Anche sulla base di questo confronto, i ricercatori non escludono che il porto individuato ad Abu Tbeirah non fosse deputato esclusivamente alla funzione di ormeggio delle barche e di gestione dei commerci con le altre città, ma che fungesse anche da riserva d'acqua e immensa vasca di compensazione delle piene del fiume, nonché da fulcro di varie attività dell'insediamento connesse all'utilizzo della risorsa idrica.
"Le indagini proseguiranno durante le prossime stagioni di scavo, vista la grandezza del complesso portuale: il bacino, di forma oblunga, è di 130x40 metri circa, doveva avere una capienza probabilmente superiore a 12 piscine olimpioniche. - Precisano i ricercatori. - Questo spiega le numerose nuove linee di ricerca che questa scoperta porta con sé, in particolare l'interesse si focalizzerà non soltanto sul funzionamento di questa struttura, ma, grazie alla collaborazione con i dipartimenti di Biologia Ambientale e di Scienze della Terra, anche sul territorio che circondava il sito. Recenti indagini sull'antica canalizzazione che connetteva i siti mesopotamici, portate avanti da Jaafar Jotheri, dell'Università di Qadisiyah e membro della missione, hanno evidenziato la particolarità del sito di Abu Tbeirah, che nelle immagini satetellitari appare chiaramente circondato da paleo-canali che si dipartono come raggi dalla città e che ci ricordano molto i canali delle Marshland (le attuali paludi create dal delta del Tigri e dell'Eufrate)".
La scoperta del porto apre nuovi scenari di ricerca sulla vita delle città del sud della Mesopotamia, ma anche sulle ragioni del loro abbandono. La forte connessione con le paludi del delta, quindi con un ambiente estremamente sensibile ai cambiamenti climatici e al regime delle precipitazioni, potrebbe chiarire i motivi della riduzione e poi scomparsa dell'insediamento di Abu Tbeirah alla fine del III millennio a.C., un momento in cui in diverse parti del mondo si registra un cambiamento climatico importante, il cosiddetto 4.2 ka BP (4200 anni dal presente) event.
Lo scavo del contesto archeologico è iniziato nel 2017 grazie ai finanziamenti della Sapienza e del Ministero degli Affari Esteri italiano e proseguiranno anche con il supporto della generosa donazione della Fondazione Bardelli.

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