venerdì 13 aprile 2018

I segreti dei tessuti di Pompei...

Pompei, frammento tessile in oro e porpora mineralizzato
(Fonte: lastampa.it)
Un frammento di tessuto in oro e porpora, risale al I secolo d.C.. Allora era un tesoro inestimabile. Lo hanno trovato a Pompei, ed è un "testimone" preziosissimo della storia, ci racconta usi, costumi e mode del tempo: è arrivato a noi "grazie" all'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.. Per ricucire la storia si studiano i tessuti, perché "sono la cosa più vicina all'uomo, stanno a contatto con la sua pelle. Ci dicono molto sulla vita e le abitudini". A spiegarlo è Francesca Coletti, archeologa che, a 32 anni, è docente all'Università di Roma "La Sapienza" del corso di Archeologia e Archeometria del Tessuto, unico nel suo genere in Italia, dedicato allo studio e all'analisi del tessuto antico attraverso le tecniche scientifiche.
"I tessuti veicolano tutte le caratteristiche identitarie della persona, - spiega l'archeologa. - ne rivelano il ruolo e lo status sociale, la religione e tante altre cose". Coletti è la prima a studiare i tessuti di Pompei per il progetto di ricerca, condiviso dal dipartimento di Archeologia della Sapienza e il Parco Archeologico della città campana, "Cultura tessile a Pompei", diretto dal Professor Marco Galli.
E se il clima mediterraneo non permette il mantenimento dei tessili nel tempo, perché l'umidità, gli agenti atmosferici, contribuiscono al loro deterioramento, Pompei rappresenta un caso unico in Italia. "E' per l'eruzione del Vesuvio e li processo dicarbonizzazione che i frammenti (oltre 200) sono giunti a noi. - Spiega Coletti. - Questi costituiscono la collezione più grande di tessuti rinvenuti in Italia del periodo romano. I materiali sono i più vari, in fibra animale e vegetale, dal lino, alla lana, dalla canapa all'oro". Il frammento di porpora e oro realizzato con un'armatura a tela decorato con fili o lamine auree è il più antico rinvenimento nel suo genere nella parte occidentale dell'impero, e maggiormente in uso nell'area orientale. "Ciò ci conferma che assieme ai prodotti, ai commerci, ai tessuti stessi, anche le mode dell'epoca erano mobili e attraversano il Mediterraneo".
Pompei, il bimbo con la tunica della Casa del Bracciale d'Oro
(Foto: lastampa.it)
Delle vesti si possono studiare anche le forme, la manifattura, grazie ai calchi di gesso, che oltre ad "immortalare" i corpi ne rivelano le trame e le decorazioni dei vestiti. Il Direttore generale del Parco Archeologico Massimo Osanna, protagonista del rilancio di Pompei, di calchi ne ha fatti restaurare 103, poi li ha sottoposti all'esame del Dna e anche alla Tac. Tra questi c'è il calco del bimbo della "casa del bracciale d'oro", che indossa la tipica tunica senza maniche e regolabile con un nodo dietro al collo.
"Questo studio permette di ricavare informazioni e confermare ciò che vediamo in altre fonti, come l'iconografia del tempo. - Conclude la Coletti. - Infatti la stessa veste del bambino la ritroviamo a Roma nei bassorilievi dell'Ara Pacis". Con la Tac hanno trovato sul corpo del bambino anche una cinta in pelle con una fibbia di metallo. "La ricerca è una delle nostre missioni principali. - Dice Osanna. - Abbiamo potenziato un laboratorio di ricerche applicate, partendo dai resti organici, tra cui anche i tessuti. Lo studio di questi assieme ai calchi è fondamentale. Emergono i tipi indumenti del periodo romano, di qualità variegata e ci raccontano la società di allora".
Osanna ha avviato gli scavi nei 22 ettari del sito ancora da esplorare: e adesso è riemersa anche una borsa in pelle con decorazioni floreali e dentro ci sono i fili d'oro. "Anche attraverso la moda dell'epoca ne esce fuori un ritratto di una società molto avanzata nella prima fase imperiale romana. - Conclude Osanna. - La moda, i tessuti assieme ai calchi, confermano che Pompei era un network del Mediterraneo, che può dare prossimità del passato rispetto alla nostra cultura."

Fonte:
lastampa.it

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