domenica 25 ottobre 2009

Per un bicchiere di birra


Dopo la caduta dell'impero romano d'Occidente, le popolazioni dell'impero continuarono a mantenere le usanze romane, integrandole con le nuove provenienti dai popoli che si erano insediati nei territori dell'impero.
Arrivarono, dunque, anche nuove usanze alimentari e, tra queste, la birra che, con il vino, all'inizio del Medioevo venne sempre più integrata nella dieta delle famiglie. A sud delle Alpi prevalse il consumo del vino, a nord quello della birra.
Scandinavi, Germani e Celti portarono la "loro" bevanda, derivata dall'orzo e considerata propria dei guerrieri e simbolo di prosperità e trinfo, nelle terre conquistate ed occupate.
Nell'impero carolingio solo tre gruppi sociali continuavano a praticare la viticultura: gli aristocratici, i vescovi ed i monaci, in particolare nelle vicinanze dei centri urbani più popolosi. E questo accadeva soprattutto al nord, dove il clima era assai sfavorevole alla crescita della vite.
I monasteri, perciò, cominciarono ad incrementare la produzione della birra soprattutto nel nord Europa, dal momento che era una bevanda che i fedeli potevano bere anche durante la Quaresima, perchè considerata più un alimento che una semplice bevanda. La birra, infatti, era d'ausilio nei lunghi giorni di digiuno e penitenze prescritti dalla chiesa. La cosiddetta Merzenbier, la birra di marzo, deriva dalle birre ad alto tasso di alcol, con un elevato estratto di orzo non fermentato che i monaci usavano bere durante la Quaresima, quando il vino era loro severamente proibito. I religiosi ne potevano consumare anche due o tre litri al giorno.
Fino all'XI secolo fu la chiesa a monopolizzare il commercio della birra, conservando segreti i metodi di lavorazione. I monaci dell'Europa settentrionale producevano la cosiddetta cerevisia monachorum, la "birra dei monaci", partendo da acqua, orzo, lievito e gruyt o gruut, un insieme di spezie, frutti di bosco e aromi dal sapore piccante. L'abbazia benedettina di San Gallo, nell'attuale Svizzera, fu uno dei primi centri monastici dove si iniziò a produrre birra.
Già nel X secolo ci sono testimonianze della produzione di tre tipi differenti di birra: una dal sapore particolarmente gradevole, chiamata prima melior e riservata alle alte cariche ecclesiastiche ed ai nobili in visita all'abbazia; un'altra con minore quantità di alcol, chiamata secunda e riservata ai monaci; una terza, leggera, destinata all'alimentazione dei poveri e dei pellegrini, chiamata tertia.
Nell'anno 974 l'imperatore Ottone II concesse alla città di Liegi, nell'attuale Belgio, il diritto di fabbricazione della birra, con l'intento di esigere maggiori imposte dalla produzione e vendita della bevanda. L'introduzione del luppolo, già conosciuto nel IX secolo ma non utilizzato, mise fine al monopolio del gruyt dei monasteri. Iniziò, in questo modo, la "guerra del luppolo" tra i poteri ecclesiastici e quelli laici. Gli artigiani della birra che, contrariamente ai monaci, pagavano le imposte per il prodotto lavorato e le autorità civili, che da parte loro non riscuotevano alcuna imposta dal commercio del gruyt, unirono le loro forze.
Dal luppolo celtico, detto bior, deriva il termine inglese beer, bière francese, bier tedesco ed il termine italiano che, però, alcune fonti vorrebbero derivare dal latino bibere, cioè bere. I termini spagnolo-castigliano cerveza e portoghese cerveja derivano dalla parola latina cerevisia, con la quale gli antichi Romani chiamavano la bevanda, derivata dall'unione di Cerere, dea dell'agricoltura, e vis, che significa forza.
Dal XIII secolo la produzione di birra venne affidata agli artigiani delle corporazioni ed alle autorità civili, che stabilirono i criteri di composizione della birra. Nel 1487 il duca di Baviera, Alberto IV, promulgò, a Monaco, un decreto sulla purezza della birra, nel quale si definivano i quattro unici ingredienti della bevanta autorizzati per la sua produzione (malto d'orzo, acqua, luppolo e lievito).

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