lunedì 28 dicembre 2009

Dolce dono degli dèi, re del Symposium

Fino al 10 gennaio 2010 è allestita, a Firenze, nel Museo Archeologico Nazionale, la mostra "Symposion" che mira a cercare le radici culturali dell'identità comune legata alla coltivazione della vite ed alla produzione del vino.
La mostra è molto didattica nelle spiegazioni dell'origine del vino, della sua produzione in Grecia, Etruria ed a Roma, del suo consumo e del suo commercio ma è anche l'occasione per mostrare dei reperti di straordinaria importanza, come il corredo da simposio della Tomba 1 della Necropoli di San Cerbone a Populonia ed il celeberrimo Vaso François.
La mostra vera e propria parte dalle origini, dalle prime testimonianze archeologiche di una produzione di vino: il sito neolitico di Hajji Firuz Tepe, nei monti Zagros settentrionali, in Iran (IV millennio a.C.), da cui provengono tracce di acido tartarico, componente del vino contenuto negli acini d'uva, e di resina vegetale. Questa è la traccia, nonchè la testimonianza, più antica della produzione del vino.
I reperti in mostra spaziano dal mondo greco (kylikes, coppe su basso piede; oinochoai, brocche dalle quali si versava il prezioso liquido; kantharoi, coppe su alto piede ed alti manici). Questi reperti sono legati al vino sia per la loro funzione specifica che per la loro decorazione, scene tratte dal mondo del simposio, il momento conviviale in cui la mescita del vino era il momento fondamentale. E, soprattutto, scene dionisiache, perchè fu proprio Dioniso ad importare in Grecia la coltivazione della vite e la produzione del vino. Sui vasi, con Dioniso, compaiono cortei di satiri e menadi che raccolgono l'uva e preparano il vino.
In Etruria Dioniso diventa Fufluns e l'idea del simposio passa nella raffinata società italica. Le tombe etrusche contenevano splendidi e ricchissimi corredi di vasi in bucchero fine o pesante, in ceramica etrusca sovradipinta, destinati al simposio come vasellame di metallo simile ai simpula, che servivano per attingere il vino dai grandi crateri dipinti. In Etruria il simposio, al contrario che in Grecia, era aperto ad uomini e donne indistintamente.
Dal mondo romano la mostra espone una lastra "campana", vale a dire una lastra fittile di rivestimento parietale, nella quale compaiono dei satiri vendemmianti, un soggetto assai popolare per questo genere di oggetti. E' anche esposta la ricostruzione di un impianto di produzione del vino, come doveva essere presente in una villa "rustica", i cui esemplari sono sparsi un pò in tutta l'Italia centrale.
La rassegna si conclude con una sezione dedicata al commercio ed al trasporto e contiene una selezione di anfore vinarie di età romana, di varia provenienza, forma ed epoca, rinvenute intatte nel recente scavo delle Navi di Pisa. Al II piano del Museo, all'interno dell'esposizione, molti sono i reperti attinenti la sfera del vino. Vasi in bucchero, oinochoai e vasi dipinti. Tra questi ultimi lo splendido Vaso François, un enorme cratere ritrovato in una tomba di Vulci. Il cratere era il vaso dal quale si attingeva il vino per versarlo nelle singole kylikes, coppe. Sul Vaso François sono rappresentati i principali miti del repertorio greco legati alle ideologie aristocratiche che gli Etruschi fecero proprie. All'epoca romana risale la statua bronzea dell'idolino di Pesaro, un Efebo lampadoforo che, in mano, recava a mò di reggi-lampada, tralci di vite.

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