In passato, in Africa, veniva coltivata una specie di finocchio selvatico, utilizzato per la contraccezione e il controllo delle nascite. Questa pianta era presente sulle antiche monete provenienti dalla Cirenaica. Essa era esclusiva della costa nordafricana ed era anche considerata uno dei rimedi medici più potenti, il suo nome era silfio.
Il silfio possedeva un sapore eccezionale e, tra le sue qualità vi era quella che anticipava di duemila anni le moderne pillole anticoncezionali. Questa spezia, infatti, utilizzata anche come cibo, era consumata anche per i suoi effetti abortivi e antifecondativi, permettendo un certo controllo delle nascite.
A Cirene la produzione era a livelli industriali, al punto che l'economia della zona era quasi esclusivamente basata sulla coltivazione ed esportazione di questa pianta. I commercianti romani ritenevano il silfio un dono di Apollo, che valeva tanto oro quanto pesava. Ne veniva anche estratta una resina gommosa chiamata Laserpicium, esportata in tutto l'impero. Tracce di silfio sono state ritrovate anche in India e in Cina, anche se, in questi paesi, esistevano specie simili.
Il silfio apparteneva al genere delle Ferula, di cui ancor oggi esiste un rappresentante nella forma dell'Assafetida. Quest'ultima è una spezia molto utilizzata nella cucina asiatica e indiana come sostituto dell'aglio e della cipolla ma anche come pianta curativa di asma e bronchiti nonchè con proprietà digestive. Anche l'Assafetida ha leggere proprietà abortive e anticoncenzionali, che condivide con il finocchio e la carota. Queste peculiarità erano già conosciute nel Medioevo, al punto che, per un certo periodo, l'infuso di finocchio fu vietato alle donne pena l'accusa di stregoneria.
Ma nessuna delle piante le cui proprietà anticoncezionali e abortive erano e sono note, aveva la potenza del Silfilo che, probabilmente, conteneva dei fitoestrogeni così potenti da provocare l'espulsione dell'embrione fecondato. Secondo Plinio il Vecchio il silfio poteva essere utilizzato per curare le calvizie, la tosse, la gola irritata, la febbre, l'indigestione, i dolori articolari e le verruche. Era, inoltre, un rimedio ecezionale per i veleni e conteneva gli effetti della lebbra.
Anche gli Egizi conoscevano e utilizzavano il silfio per la cura della psoriasi e di altre gravi malattie della pelle. Plinio ritiene che il segreto di questa pianta era, però, quello di prevenire gravidanze indesiderate e proprio questo segreto ne decretò il successo nel mondo antico.
A partire dal III secolo d.C. il silfio scomparve progressivamente, probabilmente a causa del predominio dell'Impero Romano sul mondo allora conosciuto e dal crescente potere della nascente chiesa cattolica. Naturalmente sono da considerare anche fattori ambientali, quali il progressivo inaridimento della Cirenaica e la costante espansione del Deserto del Sahara, che portò a cambiamenti climatici estremi che limitarono l'area coltivabile alle coste dell'Africa settentrionale fino alla scomparsa totale della pianta. Gli storici ritengono che la raccolta intensiva della pianta, che cresceva solamente allo stato selvatico, come ricorda Teofrasto, portò a una riduzione degli esemplari più giovani, che venivano raccolti prima della maturità. A livello politico, poi, pare esserci stata una precisa volontà di reprimere il commercio della spezia, dal momento che il clero di Alessandria impose sulla Cirenaica il controllo delle istituzioni religiose dalla fine del III secolo d.C.. Il cristianesimo copto prima e la successiva invasione islamica hanno fatto perdere le tracce di questa pianta, ora considerata estinta, ma forse sopravvissuta in rari esemplari in nicchie ecologiche dimenticate.
Il silfio possedeva un sapore eccezionale e, tra le sue qualità vi era quella che anticipava di duemila anni le moderne pillole anticoncezionali. Questa spezia, infatti, utilizzata anche come cibo, era consumata anche per i suoi effetti abortivi e antifecondativi, permettendo un certo controllo delle nascite.
A Cirene la produzione era a livelli industriali, al punto che l'economia della zona era quasi esclusivamente basata sulla coltivazione ed esportazione di questa pianta. I commercianti romani ritenevano il silfio un dono di Apollo, che valeva tanto oro quanto pesava. Ne veniva anche estratta una resina gommosa chiamata Laserpicium, esportata in tutto l'impero. Tracce di silfio sono state ritrovate anche in India e in Cina, anche se, in questi paesi, esistevano specie simili.
Il silfio apparteneva al genere delle Ferula, di cui ancor oggi esiste un rappresentante nella forma dell'Assafetida. Quest'ultima è una spezia molto utilizzata nella cucina asiatica e indiana come sostituto dell'aglio e della cipolla ma anche come pianta curativa di asma e bronchiti nonchè con proprietà digestive. Anche l'Assafetida ha leggere proprietà abortive e anticoncenzionali, che condivide con il finocchio e la carota. Queste peculiarità erano già conosciute nel Medioevo, al punto che, per un certo periodo, l'infuso di finocchio fu vietato alle donne pena l'accusa di stregoneria.
Ma nessuna delle piante le cui proprietà anticoncezionali e abortive erano e sono note, aveva la potenza del Silfilo che, probabilmente, conteneva dei fitoestrogeni così potenti da provocare l'espulsione dell'embrione fecondato. Secondo Plinio il Vecchio il silfio poteva essere utilizzato per curare le calvizie, la tosse, la gola irritata, la febbre, l'indigestione, i dolori articolari e le verruche. Era, inoltre, un rimedio ecezionale per i veleni e conteneva gli effetti della lebbra.
Anche gli Egizi conoscevano e utilizzavano il silfio per la cura della psoriasi e di altre gravi malattie della pelle. Plinio ritiene che il segreto di questa pianta era, però, quello di prevenire gravidanze indesiderate e proprio questo segreto ne decretò il successo nel mondo antico.
A partire dal III secolo d.C. il silfio scomparve progressivamente, probabilmente a causa del predominio dell'Impero Romano sul mondo allora conosciuto e dal crescente potere della nascente chiesa cattolica. Naturalmente sono da considerare anche fattori ambientali, quali il progressivo inaridimento della Cirenaica e la costante espansione del Deserto del Sahara, che portò a cambiamenti climatici estremi che limitarono l'area coltivabile alle coste dell'Africa settentrionale fino alla scomparsa totale della pianta. Gli storici ritengono che la raccolta intensiva della pianta, che cresceva solamente allo stato selvatico, come ricorda Teofrasto, portò a una riduzione degli esemplari più giovani, che venivano raccolti prima della maturità. A livello politico, poi, pare esserci stata una precisa volontà di reprimere il commercio della spezia, dal momento che il clero di Alessandria impose sulla Cirenaica il controllo delle istituzioni religiose dalla fine del III secolo d.C.. Il cristianesimo copto prima e la successiva invasione islamica hanno fatto perdere le tracce di questa pianta, ora considerata estinta, ma forse sopravvissuta in rari esemplari in nicchie ecologiche dimenticate.
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