domenica 27 marzo 2011

La Magna Mater a Roma


Per gli antichi Romani, la Magna Mater non era una dea estranea. Secondo la nota leggenda, infatti, i Romani discendevano dal troiano Enea. Troia si trovava in Asia Minore che era anche la patria della Magna Mater. Il culto tributato a questa divinità aveva un carattere orgiastico e dionisiaco. Durante le danze venivano suonati e percossi fortemente alcuni strumenti musicali, come i cembali o il timpano, strumento caratteristico della Magna Mater. I sacerdoti della Magna Mater erano chiamati arcigalli ed erano soliti flagellarsi e mutilarsi in onore di Cibele, la Magna Mater asiatica, appunto. Dopo le danze e le urla, i sacerdoti usavano girare rapidamente su se stessi ed emettere vaticini. Cibele era onorata, a Roma, con due culti. Quello romano, pubblico, si articolava nei Ludi Megalensi, dal 4 al 10 aprile, durante i quali si svolgevano rappresentazioni teatrali davanti al tempio dedicato alla dea. In seguito, alle rappresentazioni teatrali si aggiunsero gare e corse nel Circo Massimo. Era prevista anche l'offerta di un piatto di erbe chiamato moretum e l'invito reciproco dei Romani a banchetti che si svolgevano di sera. Il culto originario, invece, era officiato esclusivamente dagli arcigalli con cerimonie che iniziavano il 15 marzo e terminavano il 28. Il 15 marzo si svolgeva una solenne processione dei cannofori, una corporazione di portatori di canne che si recavano al tempio di Cibele, sul Palatino. Questa cerimonia era chiamata "Canna Intrat" e si rifaceva ad un antico rito agrario officiato per impetrare la pioggia. A questa cerimonia seguiva un periodo di penitenza, denominato "Castus Matris", il digiuno della Madre, che durava fino al 22 marzo, quando una processione onorava la dea e il suo amante Attis. La corporazione dei dendrofori (portatori dell'albero-fallo), esponeva nel tempio della dea un pino reciso dai componenti della corporazione. Poi lo privavano quasi completamente dei rami, lo avvolgeano in bende di lana rosso sangue, lo decoravano con ghirlande di viola e con strumenti musicali e vi aggiungevano una statuetta di Attis, attorno alla quale si svolgeva il compianto per la sua morte (cerimonia detta "Arbor Intrat"). Il giorno del sangue (detto "Dies Sanguinis" o più comunemente "Sanguem") era celebrato il 24 marzo. I fedeli si percuoteva, si ferivano, si flagellavano a sangue. Il sangue era il punto centrale della cerimonia e ricordava quello sparso da Agdisti e di Attis, da cui nacquero un melograno e le viole. In questo caso il sangue sottolineava la rinascita dopo la morte. Il pino veniva quindi sepolto fino al nuovo anno e seguiva una notte di veglia. Il 25 marzo era chiamato "Hilaria" e celebrava la simbolica rinascita del dio e l'entrata della primavera. Attis rinasceva e veniva celebrato con la presenza di una luce nel tempio. Il 26 marzo era il giorno del riposo ("Requetio"). Alla festa della "Lavatio", l'aspersione della statua di Cibele, prendevano parte i quindecemviri, il 27 marzo. Cibele veniva portata, su un carro, al fiume Almone. Nella testa della statua era incastonata la pietra sacra che il 4 aprile del 204 a.C. era giunta a Roma con il simulacro della dea. Il carro era spinto nel fiume e il sacerdote preposto ai riti, l'arcigallo, bagnava e poi asciugava la statua. Quindi la cospargeva di cenere. Livio e Varrone scrivono che, durante la seconda guerra punica, un'interpretazione sibillina profetizzò che Annibale si sarebbe allontanato dall'Italia e da Roma solo se si fosse portato in città la Madre degli Dei. Fu così che il Senato ufficializzò il culto di Cibele nel 204 a.C., facendone venire il simulacro di Pessinunte, una pietra nera, probabilmente un meteorite, per accogliere la quale venne costruito il tempio sul Palatino. Il 6 aprile 204 a.C. le navi con il simulacro aniconico di Cibele approdarono alle foci del Tevere. Momentaneamente la dea venne "ospitata" nel tempio della Vittoria. La scelta di edificarle un tempio sul Palatino fu senza dubbio ben studiata, in quanto su questo colle giacevano le memorie più antiche della fondazione di Roma e i culti ancestrali della città. Il tempio di Cibele venne completato solo nel 191 a.C., alla vigilia dello scontro con Antioco III che avrebbe aperto a Roma le porte dei regni ellenistici. Sono note altre due ricostruzioni del tempio, a causa di incendi avvenuti poco dopo il 111 a.C. e durante l'età augustea. Era un tempio corinzio a pianta rettangolare, con pronao più piccolo della cella. Nella cella vi era un colonnato lungo le pareti e un plinto per la statua di culto che, con tutta probabilità, era collocata in un'edicola nella parete di fondo. Il tempio si elevava su un imponente podio in opera cementizia di quasi 9 metri di altezza. Caratteristica del tempio di Cibele era una vasca per scopi rituali, collocata, durante la prima fase dell'edifici, nell'angolo sud est della scalinata. Il primo incendio di cui si ha notizia fu appiccato dall'edile Quinto Memmio, che si impossessò della pietra nera. Il tempio fu restaurato da Metello Numidico e dotato della sopraelevazione, mentre la vasca quadrata fu nascosta per costruirne un'altra in opera cementizia e più grande della precedente, ad ovest del podio. Il secondo incendio si ebbe nel 3 d.C., in circostanze mai chiarite, dopo di che si perdono le tracce del culto della pietra nera. Il culto della Magna Mater Cibele, caratterizzato da eccessi e da automutilazioni, una volta giunto a Roma venne subito incanalato verso il solco della normale prassi del culto latino. Il Senato proibì da subito ai cittadini romani di partecipare alle cerimonie e di far parte del collegio sacerdotale della dea. Ma fu proprio la censura a salvare il culto romano di Cibele, al contrario di quanto accadde per i Baccanali, ed a perpetrarlo senza soluzione di continuità. I resti del tempio, oggi, sono ridotti al podio in poera quadrata con scalinata al centro del lato frontale, sul quale è cresciuto un boschetto di lecci. Scavi recenti hanno individuato, ad est del tempio, le fondazioni e i resti del podio del tempio della Vittoria (294 a.C.). Sono state rinvenute molte terrecotte votive della prima fase del tempio.

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