Tito Livio narra che a succedere al primo re di Roma, Romolo, fu Numa Pompilio, uomo giusto e timorato degli dèi. Il suo regno fu pacifico e prosperoso. Numa istituì diversi riti religiosi, tra i quali, forse il più importante, fu quello dei salii, sacerdoti saltellanti del dio Marte (la parola saliens vuol dire danzante), e la carica di flamens, sacerdoti che si occupavano del culto di una sola divinità.
Dagli inizi e durante tutto l'impero, Roma ebbe due collegi di salii. Il culto dei salii palatini era concentrato su Marte e su un antico scudo miracoloso chiamato ancile. Questo scudo si diceva che fosse stato consegnato da Marte Gradivo a Numa Pompilio e che fosse pegno dell'invincibilità di Roma. Esso, per prudenza, era nascosto tra altri undici scudi (ancilia) identici. Questi scudi erano stati fabbricati da Mamurio Veturio, fabbro al quale si era rivolto Numa, appartenente alla gens Veturia, e riposti nella Reggia, dove erano custoditi dal Flamine Diale.
I salii collini erano, invece, devoti al dio Quirino, nome sabino di Marte, derivante dal termine sabino per indicare la lancia. Dunque esistevano due collegi di salii separati, prima che le comunità sabina e romana si fondessero, intorno al 600 a.C.. I Sabini occupavano il Quirinale, i Romani il Palatino.
Molte delle caratteristiche dei due collegi dedicati a divinità guerresche, hanno portatogli studiosi a supporre che la loro nascita fosse collegata alle scorribande di guerrieri consacrate a Marte. Ciascuno dei due collegi erano composti da 12 membri a vita, provenienti da famiglie patrizie, i cui genitori dovevano essera ancora viventi. Questo ha fatto pensare che, in origine, la divisione sociale tra patrizi e plebei si basava quasi esclusivamente su ragioni militari: solo i patrizi, infatti, erano abbastanza ricchi da potersi permettere l'acquisto delle armi per partecipare alle guerre.
A capo di ogni collegio era posto un magister, termine di origine militare che, nelle iscrizioni in lingua etrusca, si riferisce ad una magistratura oppure a un comando militare. Al magister si affiancava un Presul, incaricato di dirigere le danze mostrando agli altri salii le movenze ed i passi da fare. Il Vates dirigeva, invece, il coro. La benevolenza della divinità, specie per quel che riguarda istituzioni sociali e politiche di origine recente, era una pratica ricercata e comune. Nella cultura superstiziosa dell'antica Roma, la soppressione di un clto, poi, sarebbe stato considerato un atto sacrilego, fonte di guai per l'intera comunità a causa dell'irritazione della divinità oltraggiata. Per questo alcune caratteristiche dell'istituzione dei salii possono riverberare, in un certo modo, usanze militari romane precedenti la costituzione del sistema tribale. Forse alla guerra erano soliti partecipare solo giovani patrizi che non fossero capi famiglia. Essi si costituivano in una sorta di bande di guerrieri di dodici uomini (i dodici membri dei collegi), che si dedicavano a Marte in cambio del suo sostegno nelle battaglie.
Collegi simili ai salii esistevano anche in altre città latine, quali Ariccia, Alba, Lavinium, Tusculum, Tivoli e Anagni. Sembra, quindi, che queste tradizioni belliche fossero diffuse in tutto il Lazio.
Livio, Dionigi di Alicarnasso e Plutarco affermano che i salii indossavano una tunica multicolore decorata in porpora e con un bronzo a copertura del petto (Livio). Forse si tratta di un pettorale quadrato, come quelli ritrovati nelle tombe dell'Esquilino. Sulla tunica si indossava la trabea, una sorta di toga a strisce scarlatte, bordata in porpora e fissata con una spilla. Plutarco aggiunge che i salii indossavano cinture ed elmi bronzei e brandivano pugnali corti. Dionigi, invece, dice che il loro armamento era composto di corte lance o aste.
L'elemento che più caratterizzava i salii era, però, l'ancile, uno scudo ovale in bronzo con motivi decorativi sulla parte esterna. I lati di questi scudi erano provvisti di incavi e la sua forma ricorda vagamente un otto. Molti hanno pensato, proprio a causa di questa forma, che lo scudo potesse rifarsi a modelli micenei, ma si tratta, in realtà, di un modello comune in diverse parti del Mediterraneo. Purtroppo non sono stati ritrovati ancilia o scudi aventi una forma simile, abbiamo solo piccoli scudi votivi in bronzo che hanno questa forma e che risalgono al 700 a.C. oppure ad epoche successive. Questi ex voto sono stati ritrovati soprattutto nel Piceno e nelle regioni confinanti, il che suggerisce che l'uso dell'ancile si sia diffuso attraverso gli Appennini giungendo nel Lazio nel VII secolo a.C..
Altra caratteristica propria dei salii era l'elmo a punta chiamato apex, un esempio del quale è stato ritrovato in un contesto tardo repubblicano: è in argento e, quindi, non può essere riferito ad un modello arcaico, probabilmente replica semplicemente uno dei primi elmi di questo tipo. Forse solo le stecche laterali, il frontale e le borchie, anticamente, erano in metallo, il berretto era probabilmente in cuoio. La punta di ulivo alla sommità dell'elmo potrebbe essere stata utilizzata, un tempo, come sostegno per un pennacchio.
Il periodo bellico era solitamente aperto in marzo, mese dedicato, appunto, a Marte. Il primo del mese i salii Palatini sfilavano in processione con i dodici ancilia, rappresentanti l'autorità giuridica, e le dodici hastae Martiae, che rappresentavano l'autorità militare. Nell'incedere intonavano, senza l'ausilio di strumenti musicali, ma battendo il ritmo percuotendo gli scudi con un bastoncino, canti particolari in latino arcaico. In questi canti, detti Carmina Saliana, si invocava su Roma la protezione degli dèi. I canti erano anche detti assamenta od axamenta, forse perchè cantati solo con la voce (assa voce). Alla sera, terminata la festa, lance e scudi erano nuovamente riposti nella Regia e nel tempio di Giove i salii consumavano un abbondante e raffinato pasto, divenuto proverbiale. Il 14 marzo, poi, presidedevano alle gare di cavalli chiamate Equirria, che servivano per purificare i cavalli destinati alla guerra. In onore del fabbro che confezionò gli undici scudi falsi, queste feste erano anche dette Mamuralia e corrispondevano, nell'antico calendario romano, al capodanno. Mamurio Veturio era rappresentato come un vecchio vestito di pelli che incarnava l'anno trascorso e veniva cacciato, a colpi di bastone, dalla folla che, poi, accoglieva l'anno nuovo. Il 23 marzo i salii presiedevano al Tubilustrium, festa di purificazione delle trombe, che chiudeva l'apertura della stagione di guerra. I salii erano incaricati anche di chiudere quest'ultima nel mese di ottobre, con le festività di purificazione del Tigillum Sororium, dell'Armilustrium e dell'October Equum, che purificavano uomini e cavalli.
Dagli inizi e durante tutto l'impero, Roma ebbe due collegi di salii. Il culto dei salii palatini era concentrato su Marte e su un antico scudo miracoloso chiamato ancile. Questo scudo si diceva che fosse stato consegnato da Marte Gradivo a Numa Pompilio e che fosse pegno dell'invincibilità di Roma. Esso, per prudenza, era nascosto tra altri undici scudi (ancilia) identici. Questi scudi erano stati fabbricati da Mamurio Veturio, fabbro al quale si era rivolto Numa, appartenente alla gens Veturia, e riposti nella Reggia, dove erano custoditi dal Flamine Diale.
I salii collini erano, invece, devoti al dio Quirino, nome sabino di Marte, derivante dal termine sabino per indicare la lancia. Dunque esistevano due collegi di salii separati, prima che le comunità sabina e romana si fondessero, intorno al 600 a.C.. I Sabini occupavano il Quirinale, i Romani il Palatino.
Molte delle caratteristiche dei due collegi dedicati a divinità guerresche, hanno portatogli studiosi a supporre che la loro nascita fosse collegata alle scorribande di guerrieri consacrate a Marte. Ciascuno dei due collegi erano composti da 12 membri a vita, provenienti da famiglie patrizie, i cui genitori dovevano essera ancora viventi. Questo ha fatto pensare che, in origine, la divisione sociale tra patrizi e plebei si basava quasi esclusivamente su ragioni militari: solo i patrizi, infatti, erano abbastanza ricchi da potersi permettere l'acquisto delle armi per partecipare alle guerre.
A capo di ogni collegio era posto un magister, termine di origine militare che, nelle iscrizioni in lingua etrusca, si riferisce ad una magistratura oppure a un comando militare. Al magister si affiancava un Presul, incaricato di dirigere le danze mostrando agli altri salii le movenze ed i passi da fare. Il Vates dirigeva, invece, il coro. La benevolenza della divinità, specie per quel che riguarda istituzioni sociali e politiche di origine recente, era una pratica ricercata e comune. Nella cultura superstiziosa dell'antica Roma, la soppressione di un clto, poi, sarebbe stato considerato un atto sacrilego, fonte di guai per l'intera comunità a causa dell'irritazione della divinità oltraggiata. Per questo alcune caratteristiche dell'istituzione dei salii possono riverberare, in un certo modo, usanze militari romane precedenti la costituzione del sistema tribale. Forse alla guerra erano soliti partecipare solo giovani patrizi che non fossero capi famiglia. Essi si costituivano in una sorta di bande di guerrieri di dodici uomini (i dodici membri dei collegi), che si dedicavano a Marte in cambio del suo sostegno nelle battaglie.
Collegi simili ai salii esistevano anche in altre città latine, quali Ariccia, Alba, Lavinium, Tusculum, Tivoli e Anagni. Sembra, quindi, che queste tradizioni belliche fossero diffuse in tutto il Lazio.
Livio, Dionigi di Alicarnasso e Plutarco affermano che i salii indossavano una tunica multicolore decorata in porpora e con un bronzo a copertura del petto (Livio). Forse si tratta di un pettorale quadrato, come quelli ritrovati nelle tombe dell'Esquilino. Sulla tunica si indossava la trabea, una sorta di toga a strisce scarlatte, bordata in porpora e fissata con una spilla. Plutarco aggiunge che i salii indossavano cinture ed elmi bronzei e brandivano pugnali corti. Dionigi, invece, dice che il loro armamento era composto di corte lance o aste.
L'elemento che più caratterizzava i salii era, però, l'ancile, uno scudo ovale in bronzo con motivi decorativi sulla parte esterna. I lati di questi scudi erano provvisti di incavi e la sua forma ricorda vagamente un otto. Molti hanno pensato, proprio a causa di questa forma, che lo scudo potesse rifarsi a modelli micenei, ma si tratta, in realtà, di un modello comune in diverse parti del Mediterraneo. Purtroppo non sono stati ritrovati ancilia o scudi aventi una forma simile, abbiamo solo piccoli scudi votivi in bronzo che hanno questa forma e che risalgono al 700 a.C. oppure ad epoche successive. Questi ex voto sono stati ritrovati soprattutto nel Piceno e nelle regioni confinanti, il che suggerisce che l'uso dell'ancile si sia diffuso attraverso gli Appennini giungendo nel Lazio nel VII secolo a.C..
Altra caratteristica propria dei salii era l'elmo a punta chiamato apex, un esempio del quale è stato ritrovato in un contesto tardo repubblicano: è in argento e, quindi, non può essere riferito ad un modello arcaico, probabilmente replica semplicemente uno dei primi elmi di questo tipo. Forse solo le stecche laterali, il frontale e le borchie, anticamente, erano in metallo, il berretto era probabilmente in cuoio. La punta di ulivo alla sommità dell'elmo potrebbe essere stata utilizzata, un tempo, come sostegno per un pennacchio.
Il periodo bellico era solitamente aperto in marzo, mese dedicato, appunto, a Marte. Il primo del mese i salii Palatini sfilavano in processione con i dodici ancilia, rappresentanti l'autorità giuridica, e le dodici hastae Martiae, che rappresentavano l'autorità militare. Nell'incedere intonavano, senza l'ausilio di strumenti musicali, ma battendo il ritmo percuotendo gli scudi con un bastoncino, canti particolari in latino arcaico. In questi canti, detti Carmina Saliana, si invocava su Roma la protezione degli dèi. I canti erano anche detti assamenta od axamenta, forse perchè cantati solo con la voce (assa voce). Alla sera, terminata la festa, lance e scudi erano nuovamente riposti nella Regia e nel tempio di Giove i salii consumavano un abbondante e raffinato pasto, divenuto proverbiale. Il 14 marzo, poi, presidedevano alle gare di cavalli chiamate Equirria, che servivano per purificare i cavalli destinati alla guerra. In onore del fabbro che confezionò gli undici scudi falsi, queste feste erano anche dette Mamuralia e corrispondevano, nell'antico calendario romano, al capodanno. Mamurio Veturio era rappresentato come un vecchio vestito di pelli che incarnava l'anno trascorso e veniva cacciato, a colpi di bastone, dalla folla che, poi, accoglieva l'anno nuovo. Il 23 marzo i salii presiedevano al Tubilustrium, festa di purificazione delle trombe, che chiudeva l'apertura della stagione di guerra. I salii erano incaricati anche di chiudere quest'ultima nel mese di ottobre, con le festività di purificazione del Tigillum Sororium, dell'Armilustrium e dell'October Equum, che purificavano uomini e cavalli.
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